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IL DANNO RISARCIBILE TRA INTERESSE NEGATIVO ED INTERESSE
POSITIVO
1. Il problema della delimitazione del danno risarcibile nell’ambito
delle fattispecie di responsabilità precontrattuale assurge ormai ad uno
degli snodi fondamentali del discorso sull’istituto, all’interno di un quadro
che a quest’ultimo attribuisce un’importanza sempre più significativa e del
quale appare opportuno tratteggiare, innanzi tutto, gli aspetti principali.
Infatti, e sotto un primo profilo, l’area della responsabilità
precontrattuale, in quanto assoggettata in pieno alla regola di buona fede,
non poteva che restare coinvolta in quel ribollire giurisprudenziale che,
ancora nell’ultimo biennio, ha segnato un record qualitativo: dalla sentenza
n. 5273/07 in tema di exceptio doli generalis, alla sentenza n. 15669/2007
in materia di obbligazioni che, ex fide bona, sopravvivono alla cessazione
del vincolo contrattuale, fino alla sentenza delle Sezioni Unite n. 23726 sul
divieto di frammentazione in plurime, distinte domande dell’azione
giudiziaria per l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria.
Il fattore che appare, peraltro, veramente decisivo nel ruolo
guadagnato, o riguadagnato, dall’istituto della responsabilità
precontrattuale sembra essere quello della riconosciuta attitudine del
medesimo a costituire la regola di governo di quelle situazioni di
accentuato contatto sociale tra due sfere giuridiche, come tali, e proprio
perché tali, suscettibili di esporre le sfere in contatto a più frequenti, ed
incisive occasioni di danno.
In quest’ordine di idee, appare particolarmente importante, a voler
proporre un breve cenno di comparazione, la ben nota previsione del § 311
del BGB, la cui introduzione, secondo quanto segnalato dalla dottrina
italiana che per prima si è occupata della Modernisierung dello
Schuldrecht si spiega proprio in relazione all’esigenza di affermare
chiaramente l’insorgenza di obblighi di protezione a seguito del contatto
negoziale, che poteva ritenersi non rientrante nell’ambito della previsione
del pari 241, 2° co., laddove questo sembra presupporre un rapporto già
costituito1.
D’altra parte, anche l’avant projet di riforma del droit des
obligations all’interno della sistematica del code civil esprime un’opzione
chiara nel senso dell’assoggettamento anche delle trattative e della
formazione del contratto alla regola della buona fede (art. 1104 c.c.), così,
1
Così A. di Majo, La Modernisierung del diritto delle obbligazioni in Germania, Europa dir. priv., 2004, pp. 355 ss.
1
questa è l’espressione che utilizzano i redattori sul punto, dell’exposé des
motifs colmando una lacuna della regolamentazione codicistica previgente,
sia pure con una scelta chiaramente esplicitata come diversa da quella nel
senso di una regolamentazione minuziosa quale quella contenuta nella
materia del diritto dei consumatori e nei progetti di armonizzazione
europea. Certo, sul punto, gli autori dell’exposé (Delebecque e D.
Mazeaud) sembrano circoscrivere alla sola area classica della rottura delle
trattative l’impatto dell’introduzione della regola di buona fede, ma si può
ragionevolmente ritenere che, una volta che fosse introdotta davvero la
previsione generale secondo la quale “L’initiative, le déroulement et la
rupture des pourparlers sont libres mais ils doivent satisfaire aux
exigences de la bonne foi”, si potranno delineare, anche nell’elaborazione
giurisprudenziale francese, spazi applicativi non dissimili da quelli
prefigurati dall’indirizzo delle Sezioni Unite italiane del quale si è
poc’anzi riferito.
Infine, anche i modelli di armonizzazione del diritto privato europeo
dei contratti sembrano attribuire una particolare importanza agli obblighi
precontrattuali di informazione e di protezione: e qui il riferimento
d’obbligo è al Draft Common frame of reference che sceglie, al contrario
del modello francese, la strada della regolamentazione analitica e quasi
esasperata degli obblighi gravanti sulle parti nell’ambito delle trattative,
introducendo anche una previsione in materia di rimedi risarcitori, che
sembra delineare un quadro prospettico molto simile a quello che potrà
originare dallo sviluppo dei principi enunciati dalle Sezioni Unite della
Suprema Corte nella già menzionata coppia di sentenze.
Dal punto di vista della qualificazione della responsabilità
precontrattuale, quegli orientamenti, e questi modelli, dovrebbero
consentire, in effetti, di superare la costruzione, la cui persistenza non può
che risultare, a questo punto, addirittura incomprensibile, che ravvisa, nei
casi di violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative, una
responsabilità aquiliana: ed infatti, sulla base della premessa metodologica
secondo la quale la forma della costruzione giuridica deve essere
modellata sull’essenza reale del fenomeno da regolamentare, non può che
apparire gravemente illogica la pretesa di ascrivere all’area della
responsabilità del passante la situazione di danno che si ingeneri
nell’ambito di quella peculiare situazione di contatto sociale originata
2
appunto dalle trattative e che la disciplina normativa assoggetta ad una
specifica regola di comportamento, qual è la buona fede2.
L’elaborazione giurisprudenziale esibisce, poi, ulteriori ragioni che
concorrono nell’affermare l’importanza dell’istituto della responsabilità
precontrattuale.
Così, ed avremo modo di tornare diffusamente sul punto,
l’affermazione, che ormai si delinea con sufficiente chiarezza, anche se
non in termini univoci, nella giurisprudenza di legittimità (il riferimento è,
come si sarà inteso, alle sentenze delle Sezioni Unite nn. 26724 e 26725
del 19 dicembre 2007), della configurabilità di ipotesi di responsabilità
precontrattuale pure nel caso di conclusione di un contratto valido, allarga
significativamente, ed attribuisce importanti aperture sistematiche,
all’istituto della responsabilità precontrattuale.
Sotto un distinto angolo visuale, e benché questo secondo aspetto
non abbia trovato in effetti ancora chiara esplicitazione a livello di
precedenti giurisprudenziali, anche il tema della responsabilità
precontrattuale, e segnatamente proprio quello della delimitazione
dell’obbligazione risarcitoria a fronte di fatti che la possano integrare, pare
destinato ad essere influenzato dal nuovo sistema del danno non
patrimoniale delineato dalla recentissima sentenza n. 26972/08 delle
Sezioni Unite: e questo tanto più se, come appare in effetti preferibile, nel
solco delle notazioni in precedenza svolte, si attribuisca alla responsabilità
precontrattuale la natura di responsabilità da inadempimento di
un’obbligazione preesistente. Si consideri, del resto, al riguardo che il
tema del c.d. consenso informato, attorno al quale si aggregano buona
parte dei casi di responsabilità professionale del medico, può spesso
prestarsi ad essere ricondotto ad un profilo di responsabilità
precontrattuale, almeno tutte le volte in cui l’attività informativa posta in
essere dal professionista assuma un rilievo autonomo rispetto all’obbligo
di prestazione, con il corollario applicativo, di notevolissima importanza
pratica, della configurabilità di una responsabilità risarcitoria del medico,
della quale si tratta, a quel punto, di indagare l’ambito ed i limiti
quantitativi, anche nel caso di intervento riuscito bene, ma che non sia
stato appunto preceduto da un’adeguata attività informativa.
Ce n’è davvero quanto basta per ritenere che il tema della
delimitazione del danno risarcibile in sede di responsabilità precontrattuale
2
Tale risultato ermeneutico è stato per la prima volta compiutamente argomentato da L. Mengoni, Sulla natura della
responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., II, 360 s. Sul punto, ampiamente, da ultimo, Castronovo, in C.
Castronovo – S. Mazzamuto, Manuale di diritto privato europeo, Milano, 2007, II, 343 325 s.
3
si sia ormai considerevolmente arricchito e complicato rispetto alla
originaria impostazione jheringiana, dalla quale appare comunque
opportuno prendere le mosse al fine di ricostruire le linee di sviluppo della
riflessione dottrinale e del dibattito giurisprudenziale in materia.
2. E’ noto, ed è stato anche di recente autorevolmente rammentato3,
che alla responsabilità per culpa in contrahendo Jhering4 riannodava
l’obbligo di risarcire quello che egli qualifica, con una formula poi
largamente entrata nell’uso, come negatives Vertragsinteresse, nel senso
che si tratterebbe dello Interesse am Nichtabsclusss des Contracts
(interesse a non concludere il contratto), come tale contrapponendolo al
positives Vertragsinteresse, inteso quest’ultimo come Interesse an der
Erfüllung des Contracts.
La formula del negatives Vertagsinteresse, nel pensiero di Jhering, e
come è stato notato5, pur essendo adoperata dal medesimo Autore, come
espressione indicativa della entità del danno (in altre parole, quale criterio
di quantificazione dello stesso, sembra assumere, nella prospettiva
dell’opera jheringiana, il significato e la finalità di “contrapporre
direzionalmente la situazione giuridica creditoria, che si accompagna alla
conclusione di un valido contratto (positives Vetragsinteresse) e si
concreta nella pretesa all’altrui diligente esecuzione della relativa
prestazione, alla situazione creditoria collegata alla (inutilità della
trattativa, perché sfociata nella) stipula di un contratto invalido per colpa
della controparte (negatives Vertagsinteresse) ed avente pertanto ad
oggetto l’altrui contegno diligente sino ad evitare tale invalidità”6.
Naturalmente, posta tale premessa, la diversità dell’interesse tutelato
non può che riflettersi sulla determinazione del danno risarcibile, anche se
non nel senso, secondo quanto invece si è spesso ritenuto, di limitare
necessariamente il risarcimento dell’interesse negativo in una misura
inferiore rispetto all’interesse positivo: ed infatti, già nel contesto
dell’originaria impostazione di Jhering, la concreta misura del
risarcimento, comprensiva sia del danno emergente che del lucro cessante,
dipenderà dalle circostanze del caso concreto, tanto che, come pure è stato
di recente notato, e sul punto si tornerà tra breve, l’ammontare del
3
Il riferimento è a G. D’Amico, La responsabilità precontrattuale, in Roppo, Trattato del contratto, V – 2, Milano,
2006, 981 ss.: da questo luogo saranno tratti i brani riportati nel testo tra virgolette.
4
Nel suo celeberrimo scritto Culpa in contraendo oder Schadenersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten
Verträgen, in Jherings Jahrbücher, 4 (1861), 1 ss.
5
Da ultimo da G. D’Amico, op. cit., 981.
6
Così G. D’Amico, op.loc. cit.
4
risarcimento dell’interesse negativo potrebbe talora eguagliare o
addirittura superare quello dell’interesse positivo.
La giurisprudenza, anche quella più recente, della Suprema Corte,
sembra avere tenuto ben presente l’esigenza di una rigorosa distinzione
direzionale, per riprendere la formulazione dottrinale appena richiamata,
tra area dell’interesse positivo ed area dell’interesse negativo, laddove in
particolare ha sottolineato che “in tema di responsabilità ex articolo 1337
del c.c., l'ammontare del danno va determinato tenendo conto della
peculiarità dell'illecito e delle caratteristiche della responsabilità stessa, la
quale, nel caso d'ingiustificato recesso dalle trattative, postula il
coordinamento tra il principio secondo il quale il vincolo negoziale sorge
solo con la stipulazione del contratto e l'altro secondo il quale le trattative
debbono svolgersi correttamente. Pertanto, non essendo stato stipulato il
contratto e non essendovi stata la lesione dei diritti che dallo stesso
sarebbero nati, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello
conseguente all'inadempimento contrattuale; mentre, essendosi verificata
la lesione dell'interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative, il
danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono
derivate dall'aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei
mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni
contrattuali perdute” (cfr. Cass. civ., Sez. III, 10/06/2005, n.12313).
Tale contrapposizione, se effettivamente appare coerente anche con
la contrapposizione tra obbligo di protezione, quale oggetto del contegno
dovuto in sede di responsabilità precontrattuale, ed obbligo di prestazione,
quale oggetto della condotta dovuta in sede di responsabilità da
inadempimento di un’obbligazione preesistente, non può però essere intesa
nel senso di una necessaria misura inferiore dell’obbligo risarcitorio
ricollegantesi ad una violazione di obblighi precontrattuali rispetto a quelli
contrattuali, ben potendo accadere che sia avviata una trattativa nella
prospettiva della conclusione di un affare idoneo a determinare un certo
vantaggio patrimoniale e, dunque, con un corrispondente investimento,
laddove a posteriori il possibile profitto si palesa comunque inferiore; né
potendosi comunque trascurare l’ipotesi dell’affare cui ci si volge per
ragioni diverse da quelle dell’immediata convenienza patrimoniale.
Non v’è dubbio, tuttavia, che il rimedio risarcitorio per responsabilità
precontrattuale nasca sul terreno della violazione di un obbligo di
protezione della sfera della controparte a non essere coinvolta in trattative
inutili.
5
3. Un discorso sul profilo dei rimedi, anche all’interno della
riflessione sul principio di non interferenza tra regole di validità e regole di
comportamento, non può prescindere dalla considerazione dell’ambito
operativo che proprio le citate sentenze nn. 26724 e 26725 del 2007
assegnano all’istituto della responsabilità precontrattuale.
Infatti, quest’ultimo istituto a seguito dell’orientamento accreditato,
anche se non inaugurato, dalle sentenze citate7 , si candida, qualora
l’orientamento stesso dovesse consolidarsi8 come rimedio in grado di
governare anche le situazioni del contratto valido, ma pregiudizievole per
la parte che abbia subito l’altrui comportamento contrario a buona fede
nelle trattative e nella formazione del contratto, così ritagliandosi uno
spazio di particolare rilievo all’interno della gamma delle tutele spettanti
alla parte creditrice di obbligazioni di informazione e di comportamento
che si inscrivano all’interno della fase delle trattative.
Dal punto di vista sistematico, ciò attribuisce una rinnovata centralità
all’istituto della responsabilità precontrattuale; e non occorrono, del resto,
molte parole per rendersi conto che nel delineare questo fenomeno di
accresciuta importanza dell’istituto della responsabilità precontrattuale
concorrono anche fattori di portata più generale.
Restano, certo, questioni irrisolte di notevole rilievo, legate, in
particolare, alla possibilità che l’applicazione della responsabilità
precontrattuale anche all’ipotesi del contratto valido, ma sconveniente
(perché concluso a valle di un comportamento contrario a buona fede di
uno dei contraenti), possa determinare una generalizzata prospettazione di
pretese risarcitorie intese ad accreditare, a posteriori, una sorta di regola,
di evidente portata eversiva sul piano sistematico, di equivalenza oggettiva
delle prestazioni; ed infatti la parte, che lamentasse di avere concluso un
contratto sconveniente, potrebbe tentare di sostenere sub specie di obbligo
risarcitorio da violazione della regola di buona fede, di avere diritto ad una
somma di danaro tale da riequilibrare i termini dello scambio fino alla
7
Sul punto, infatti, le due sentenze si ricollegano dichiaratamente a Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, in Foro It., 2006,
I, 1105, con nota di E. Scoditti, Regole di comportamento e regole di validità: i nuovi sviluppi della responsabilità
precontrattuale
8
Potrebbero indurre a dubitarne il fatto che, nell’economia della decisione delle Sezioni Unite, si tratta, in effetti, di un
obiter (rispetto alla questione di diritto sottoposta), così come l’esistenza di sentenze coeve o di poco antecedenti,
rispetto a quelle delle Sezioni Unite, che sono tornate a sostenere la tesi classica del non - cumulo tra responsabilità
precontrattuale e responsabilità contrattuale: così, in particolare, Cass. 25 luglio 2006 n. 16937, in Contratti, 2007, 550
s.; Id. 5 febbraio 2007 n. 2479.
6
soglia della propria convenienza9. E se questo davvero dovesse essere lo
scenario che si delinea, si tratterebbe, senza dubbio, dell’ulteriore
conferma del fenomeno, ormai di ricorrente verificazione, secondo il quale
i rimedi – in questo caso l’uso dell’istituto della responsabilità
precontrattuale – modellano sopra di sé gli istituti, ed i principi.
In questa prospettiva, appare allora assai opportuna la
puntualizzazione secondo la quale “la responsabilità precontrattuale…per
definizione non può avere come punto di riferimento la prestazione come
adempimento, la cui inesattezza o mancanza costituisce presupposto della
responsabilità per inadempimento”, venendo invece in considerazione, in
ambito di responsabilità precontrattuale, “tutti i costi strumentali alla
stipulazione, dei quali si rivela un’ingiustificata inutilità che una condotta
secondo buona fede avrebbe consentito all’altra parte di evitare”10.
Su questa premessa, soltanto nell’ipotesi normativamente disciplinata
del dolo incidente (art. 1440 c.c.), qualificata, a sua volta, dall’esistenza
non di una semplice violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona
fede nelle trattative, ma da veri e propri raggiri, la prestazione risarcitoria
potrà commisurarsi alla differenza tra l’assetto economico dello scambio
in effetti raggiunto dalle parti e quello che, in assenza dei raggiri, si
sarebbe conseguito, assumendo, invece, in ogni altro caso la responsabilità
precontrattuale la funzione di riallocazione dei costi strumentali alla
stipulazione che la condotta contraria a buona fede abbia cagionato.
Non appare allora sufficiente a fondare il principio del “non cumulo”
tra responsabilità precontrattuale e responsabilità contrattuale l’argomento,
svolto dalla Corte di Cassazione in una sentenza di poco antecedente a
quelle delle Sezioni Unite, secondo il quale la prima può configurarsi solo
laddove le trattative “non sfocino nell’alveo di una successiva convenzione
negoziale, alla cui stipula, per converso consegue che per ciò solo esse
perdono ogni autonomia e ogni giuridica rilevanza”, convergendo, dal
9
Si veda, sul punto, Miriello, La buona fede oltre l’autonomia contrattuale: verso un nuovo concetto di nullità?, cit.,
293, il quale osserva che “l’estensione della responsabilità precontrattuale all’ipotesi di contratto valido ed efficace
produce conseguenze sulla quantificazione del danno che non sarà più il danno negativo, cioè l’interesse a non perdere
tempo in trattative inutili, ma sul modello tedesco della Erfüllungsinteresse il danno positivo differenziale conseguito
alla violazione dell’interesse a non subire imposizioni ingiuste sul piano del contenuto del contratto, pari alla differenza
tra i vantaggi e le conseguenze economiche che il contratto stipulato produce e quelli che il contratto avrebbe prodotto
se fosse stato stipulato se non vi fosse stato il comportamento scorretto”; tale posizione, salvo quanto si dirà nel testo
sull’area del danno risarcibile in sede di responsabilità precontrattuale, non pare tuttavia tenere conto del fatto che, a
livello applicativo, l’individuazione dei vantaggi che il contratto, in assenza della violazione della regola di buona fede,
avrebbe consentito di conseguire, finisce per commisurare appunto l’entità della prestazione risarcitoria alla differenza
tra corrispettivo concretamente conseguito, o pagato, e quello che si sarebbe conseguito, o pagato, in un contesto di
scambio razionale e quindi determinato alla stregua di parametri obiettivi di mercato.
10
Così Castronovo, La responsabilità precontrattuale, cit., 339.
7
punto di vista risarcitorio, “in quella struttura contrattuale che essa sì, essa
sola, potrà (in ipotesi) costituire fonte di responsabilità risarcitoria”11.
In tal modo non si coglie, infatti, che la possibilità di enucleare un
interesse tutelabile attraverso l’azione di responsabilità precontrattuale,
pure in presenza di un contratto già concluso, resta affidata alla distinzione
tra ciò che è violazione dell’obbligo di protezione, posto a carico delle
parti in quella fase di contatto sociale qualificato, rappresentata dalle
trattative, e ciò che è invece, infrazione dell’obbligo di prestazione, come
tale riconducibile, invece, all’area della responsabilità contrattuale:
distinzione che, se colgono nel segno le considerazioni in precedenza
svolte, dovrebbe anche scongiurare esiti sistematicamente incongrui della
riconosciuta compatibilità tra responsabilità precontrattuale e conclusione
di un contratto valido.
Claudio Scognamiglio
11
Così Cass. 25-7-2006 n. 16937, cit.
8
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