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Trattative, lettere di intenti, minuta e puntazione
TRATTATIVE
Le trattative sono la prima tappa formazione progressiva del contratto, formula coniata da Carnelutti con
cui si è inteso individuare il cammino verso l’incontro delle volontà delle parti e la conclusione del
contratto. Le parti infatti possono pervenire all’accordo finale al termine di una trattativa o molteplici
trattative che devono pur sempre svolgersi secondo i canoni della buona fede ex art. 1337 c.c., pena il
risarcimento del danno da “illecito precontrattuale”. Per individuare il momento discriminante tra mere
trattative e conclusione del regolamento negoziale con la conclusione del contratto si pensò di attribuire
rilevanza al momento in cui le parti avessero raggiunto l'accordo sugli elementi astrattamente essenziali (c.
d. contenuto minimo essenziale) ed indipendentemente dalla determinazione di quelli accidentali
(CARNELUTTI). Tale soluzione, incentrata sulla distinzione degli elementi di un contratto in essenziali ed
accessori, fu però giudicata troppo rigorosa e arbitraria. In particolare, si osservò che elementi
astrattamente accessori potrebbero ben avere un peso decisivo ai fini del consenso. Ulteriore passo avanti
fu fatto da quella dottrina che fissò la conclusione del contratto al momento in cui le parti raggiungono
l'accordo sugli elementi concretamente essenziali (id est, determinanti), ai fini del consenso. Da ultimo è
stato rilevato che la conclusione ed il perfezionamento del contratto hanno luogo solo allorché le parti
manifestano – sic et simpliciter – la propria volontà di vincolarsi giuridicamente.
Trattative non serie: iniziare a trattare senza avere intenzione di concludere il contratto, ma avendo
semplicemente lo scopo di disturbare la trattativa altrui ovvero allo scopo di conoscere notizie che
riguardano la controparte costituisce violazione del dovere di buona fede.
Recesso ingiustificato: quando chi ha creato nella controparte un legittimo affidamento in ordine alla
conclusione del contratto recede ingiustificatamente cagionando un danno alla controparte si ha violazione
del dovere di buona fede (Cass. 11394/1997).
In realtà la proposta contrattuale se non è ferma ex art. 1329 c.c. può essere liberamente revocata fino alla
conclusione del contratto. Quindi la trattativa che si svolge su proposte difformi che devono essere
condotte ad unità non obbliga per il solo fatto di esser stata avviata alla conclusione del contratto, ma
obbliga a non ingenerare affidamenti illegittimi nella controparte. Infatti chi manifesta la propria intenzione
di contrarre è responsabile, in caso di recesso, non tanto per il semplice fatto del recesso, quanto per non
aver sufficientemente soppesato l’eventualità del recesso stesso (Cass. 5830/1999). Ciò sta a significare che
chi non è certo dell’esito delle trattative e le inizia con riserve, ha il dovere di buona fede di manifestare le
proprie perplessità affinché la controparte sia resa edotta di tali circostanze e non limiti a quell’unica
trattativa la possibilità di pervenire alla conclusione del contratto.
Ovviamente l’affidamento non può ingenerarsi se la trattativa on ha riguardato gli elementi essenziali del
contratto, salvo ipotesi particolari da valutarsi con attenzione come nel caso di contraenti abituali.
Conoscenza delle cause di invalidità: l’art. 1338 c.c. prevede un caso tipico che si concretizza quando una
parte conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto non ne ha dato
notizia all’altra che confidava sulla sua validità (Cass. 92/6294), salvo che questa potesse conoscerla usando
l’ordinaria diligenza. Per invalidità si intende sia la nullità sia l’annullabilità, mentre la giurisprudenza
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esclude dal novero di tali cause l’inesistenza e l’inefficacia del contratto (Cass. 1204/1975), salvo il caso
della probabilità di avvera mento della condizione risolutiva che deve essere denunciata. In caso di
invalidità da violazione di norma imperativa, c’è responsabilità se non si dà notizia dei fatti che causano
l’invalidità della stessa o della norma in sé, se di difficile conoscenza (BIANCA) o sempre, per chi ritiene che
l’invalidità deriva in ogni caso da violazione di legge (SACCO) o mai se si ritiene inescusabile l’ignorantia
legis (Cass. 6113/2001 e 8661/2001).
Reticenza e obblighi di informazione. Oltre che essere posta a presidio dell’aspettativa della conclusione del
contratto l’obbligo di buona fede è posta in primo luogo a sostegno della correttezza e lealtà delle
trattative. Pertanto pur se il contratto si conclude validamente può esservi responsabilità precontrattuale
qualora ad esempio un contraente avvia causato un ritardo nella conclusione (Cass. 10249/1998) o sia stato
reticente tacendo all’altro informazioni rilevanti ai fini della contrattazione, come nel caso di mancata
informativa (Cass. 19024/2005), o in generale, di chi sia consapevole che la controparte intende contrarre
perché determinata da un motivo erroneo o comunque crei le ragioni di una sua debolezza
approfittandone per ottenere migliori condizioni contrattuali (SACCO). In questi casi di + al limite del dolo
incidente (art. 1440 c.c.) che però presuppone i raggiri. Anche il terzo che influenzi la contrattazione (ad es.
con lettera di patronage o nel caso di una banca collocando presso i propri clienti obbligazioni di una
società) dando informazioni non adeguatamente controllate poi rivelatesi false deve risarcire il danno (si
discute se ex art. 1337 o ex art. 2043 c.c.).
RISARCIMENTO DEL DANNO
Il danno si identifica con le spese sostenute (danno emergente) e con la provata perdita di occasioni di
concludere lo stesso o altro tipo di contratto con terzi (lucro cessante) (Cass. 1632/2000).
Il risarcimento secondo la tesi tradizionale riguarderebbe il c.d. interesse negativo (a non iniziare le
trattative) e incontrerebbe il limite costituito dall’interesse positivo nel senso che il quantum debeatur non
potrebbe mai essere superiore a quello che sarebbe stato corrisposto in caso di conclusione del contratto e
successivo inadempimento, ma la soluzione del problema dipende sia dai vari possibili tipi di violazione
della buona fede (SACCO) sia da un corretto inquadramento degli interessi delle parti in gioco (Cass.
23289/2006).
NATURA DELLA RESPONSABILITÀ.
È discussa la natura della responsabilità precontrattuale. Escluso che si tratti di un tertium genus
(GAZZONI), taluni la ricomprendono in quella contrattuale altri in quella extracontrattuale. La prima tesi
afferma che l’obbligo di buona fede violato è quello stesso di cui all’art. 1375 c.c., ha riguardo ad un
rapporto tra soggetti individuati e dunque presuppone un rapporto giuridico in essere, che nasce con il
contatto sociale conseguente all’inizio delle trattative (SCOGNAMIGLIO). In senso contrario si è pero
osservato che l’obbligazione impone un dato comportamento per realizzare un interesse del creditore
mentre l’obbligo di buona fede preesiste alle trattative, imponendosi erga omnes, mira a tutelare un
interesse superiore che è quello al corretto e leale svolgimento della libertà contrattuale e attesta circa
l’esistenza, se violato, dell’ingiustizia del danno (SACCO). Di qui la ricomprensione della responsabilità
nell’ambito di quella extracontrattuale (Cass. 3101/2002).
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L’adesione all’una o all’altra tesi comporta notevoli conseguenze sul piano della disciplina, in termini di
onere della prova, prescrizione dell’azione, messa in mora, rilevanza della colpa e dell’incapacità naturale
(art. 2046 c.c.), danno risarcibile (Cass. 15050/2004).
TRATTATIVE E CONCLUSIONE
Non sempre è facile stabilità quando le trattative sono concluse in modo positivo, poiché a volte esse si
svolgono attraverso complessi successivi accordi anche scritti, cosicché si parla di formazione progressiva
del consenso (Cass. 11934/2002). Se l’accordo riguarda l’insieme degli elementi essenziali alla stregua del
tipo legale può darsi che sia nato un contratto (Cass. 4815/1998) ed è allora quaestio facti stabilire se tale
contratto sia preliminare o definitivo.
PUNTUAZIONE, LETTERA DI INTENTI, MINUTA CONTRATTUALE
L’atto scritto contenente l’enunciazione degli elementi può esser stato redatto dalle parti con limitata
funzione probatoria (ai fini della responsabilità da eventuale recesso ingiustificato) delle trattative svoltesi
positivamente fino a quel momento, senza dunque alcun carattere di definitività (Cass. 822/2000,
4853/1998, 547/1998). Tale enunciazione, definita puntuazione, o minuta contrattuale, o lettera di intenti,
è un semplice documento ricognitivo, un promemoria con riguardo allo stato delle intese raggiunte,
definito nella pratica commerciale internazionale “memorandum di intesa” (o memorandum of
understanding MoU); in altre parole è lo strumento tipico del contratto a formazione progressiva (BIANCA).
Tale strumento è peraltro utilissimo nella formazione del contratto, soprattutto nelle ipotesi in cui non è
possibile un immediato incontro delle volontà ma la conclusione del negozio e l’incontro delle volontà delle
parti sono subordinate a lunghe trattative.
Sebbene parte della dottrina (RAVAZZONI) propende per la distinzione del concetto di minuta da quello di
puntuazione, riservando al primo il significato di documentazione dell’andamento delle trattative, ed al
secondo quello di sintesi degli accordi provvisori, risulta decisamente prevalente la tesi dell’equivalenza
delle due espressioni.
Ciò può accadere anche quando l’accordo sia stato raggiunto su tutti gli elementi essenziali del contratto,
ma siano ancora in discussione altri aspetti come le modalità di pagamento o magari solamente esecutivi
come il luogo o il tempo dell’adempimento. Le trattative infatti poi proseguono e la pretesa a ridiscutere i
punti sui quali era stato raggiunto l’accordo è legittima solo qualora si sia in presenza di un sopravvenuto
radicale cambiamento degli interessi in gioco (Cass. 81/1944). Nel caso in cui si giunga alla definizione
dell’accordo, le intese parziali documentate nella minuta restano superate dalle statuizioni contenute nel
contratto (preliminare o definitivo). Sarebbe tuttavia un errore sostenere che la minuta redatta perda,
successivamente alla conclusione del contrato, ogni utilità e valore. Occorre infatti sottolineare che questa
potrà essere presa in considerazione ai fini dell’interpretazione del contratto, soprattutto nelle ipotesi di
equivocità del tenore letterale delle espressioni contenute nell’accordo definitivo.
La differenza tra puntuazione e contratto preliminare consiste nella valenza che le parti hanno voluto dare
alle dichiarazioni contenute nello scritto. Infatti nella puntuazione le parti, a fini probatori, fissano,
nell'ambito di una trattativa ancora in corso, le clausole contrattuali sulle quali è già stato raggiunto un
accordo, ha carattere interlocutorio e preparatorio della futura ed eventuale conclusione di un negozio
(Cass. 4265/1995). Invece nel contratto preliminare, essendosi concluse le trattative con la negoziazione
degli elementi essenziali del contratto, le parti assumono l'impegno alla stipula del contratto definitivo che
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sarà caratterizzato da quegli stessi elementi essenziali già contrattati; per tale motivo esso deve contenere
gli elementi essenziali del futuro contratto, tra cui un oggetto che sia determinato o determinabile (Cass.
8810/2003).
Puntuazione : trattativa ancora in corso e fissazione di clausole su cui è raggiunto accordo
=
contratto preliminare : trattativa conclusa e impegno a stipulare contratto definitivo
PRESUNZIONE DI AVVENUTO PERFEZIONAMENTO DEL CONTRATTO
La parte che intenda dimostrare che non si tratti di un contratto concluso, ma di una semplice minuta con
puntuazione completa di clausole, deve superare la presunzione semplice di avvenuto perfezionamento
del contratto, e ciò in virtù del principio secondo cui “anche un documento dimostrante con completezza un
assetto negoziale può essere soltanto preparatorio di un futuro accordo, una volta dimostrata
l'insussistenza di una volontà attuale di accordo contrattuale” (Cass. 10276/2002).
Comunque è considerata ammissibile la prova testimoniale volta ad accertare se le parti, nel tradurre per
iscritto l'accordo sugli elementi essenziali abbiano voluto limitarsi a documentare l'iter della formazione del
contratto ovvero abbiano inteso conferire efficacia vincolante all'accordo fino a quel momento raggiunto
(Cass. 2223/1959)
Ciò non esclude che la minuta possa avere valore di un contratto già concluso quando risulti che le parti
abbiano inteso vincolarsi definitivamente (Cass. 11429/1992 e Cass. 4942/1980). Occorre altresì
considerare che, ad esempio nella contrattazione collettiva, la locuzione «ipotesi di accordo» viene
utilizzata per indicare la necessità di una fase di ratifica della conclusa stipulazione negoziale: ratifica che
può, in genere, avere efficacia retroattiva, ma può anche configurarsi come condizione sospensiva
dell'efficacia dell'accordo, rappresentata dall'approvazione dell'accordo stesso da parte delle assemblee dei
lavoratori o degli iscritti al sindacato stipulante (C. 11464/2004).
È da distinguere quindi l’ipotesi in cui le parti hanno raggiunto l’accordo sugli elementi essenziali del
contratto e hanno altresì ritenuto esaurite le trattative (e quindi concluso il contratto), ma non hanno
regolato taluni punti non essenziali, dall’ipotesi in cui esse si sono riservate di decidere su quei punti.
Nel primo caso infatti possono intervenire le fonti eteronome ex art. 1374 c.c. perché un contratto è già
nato e quindi la pattuizione è completa sul piano degli elementi essenziali (Cass. 13263/2001). Nel secondo
caso un contratto non può dirsi concluso nemmeno considerandolo sottoposto a condizione sospensiva
restando irrilevante l’indagine circa la essenzialità o meno in astratto dei punti riservati. La riserva di
trattative ulteriori determina la essenzialità in concreto di quelle date pattuizioni (Cass. 16016/2003). La
distinzione tra clausole essenziali in astratto e clausole essenziali in concreto è del resto tracciata anche
dall’art. 1419 c.c. in punto di clausole che condizionano e meno la conclusione del contratto. Si deve
dunque distinguere tra completezza e perfezionamento. Perfino la redazione di un documento completo
nelle clausole essenziali ed accessorie di un assetto di interessi costituisce solo una presunzione semplice di
perfezionamento contrattuale, potendosi dare la prova contraria. Vale al riguardo l’art. 1362 c.c. riferito
all’interpretazione non del contenuto dell’assetto ma della volontà di vincolarsi (Cass. 910/2005).
Trib. Genova, Sez. III, 02/05/2007
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La redazione di un documento sottoscritto dalla parti e contenente la regolamentazione, completa delle
clausole essenziali ed accessorie, di un assetto di interessi negoziale, costituisce presunzione semplice di
perfezionamento di un contratto, con conseguente onere a carico della parte che intenda dimostrare che
non si tratta di un contratto già concluso, bensì di una semplice minuta con puntuazione completa di
clausole, di vincere tale presunzione, allegando i necessari elementi (Corte di Appello di Roma, 17/6/2002;
Cass. n. 10276 del 16/7/2002).
FIGURE AFFINI
La puntuazione o minuta differisce:
- dal preliminare perché le parti subordinano il perfezionarsi del vincolo all'accordo su tutti i punti del
contratto (Cass. 4265/1995; Cass. 7871/1990);
- dalla proposta che deve essere completa (mentre la minuta contempla dati limitati o generici del
contratto in formazione) e diretta a provocare l'accettazione (mentre la minuta ha carattere interlocutorio)
(Cass. 517/1970);
- dalla proposta ferma e dalla opzione perché queste devono contenere necessariamente tutti gli elementi
essenziali del futuro contratto (C. 77/1993).
Una scrittura privata bilaterale, anche quando contenga quasi tutti gli elementi di un futuro contratto, non
assume il carattere di contratto preliminare né di proposta contrattuale se, per la qualità dei firmatari, per
costante qualificazione dei diversi punti alla stregua di "intese" appare come semplice esternazione della
volontà di trattare e come puntualizzazione dei termini della trattativa (Cass. 4570/1988; App. Roma,
9.3.1987; T. Roma, 19.7.1986).
La "lettera di intenti" va qualificata, al pari della puntuazione, come atto precontrattuale, qualora emerga
che tale intesa sia stata sottoscritta al fine di manifestare o formalizzare l'intento di trattare e di
puntualizzare i termini della trattativa (T. Milano, 26.6.1989).
EFFETTI DELLA PUNTUAZIONE E RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE
Le parti comunque conservano la libertà di recesso dalle trattative la quale trova un limite soltanto nella
responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c. Sostanzialmente concorde la dottrina
relativamente all'assoluta libertà dei contraenti d'interrompere le trattative, anche se documentate in una
minuta (SCOGNAMIGLIO). Isolata, in dottrina, l'opinione (TAMBURRINO) secondo la quale gli accordi
parziali documentati dalla minuta avrebbero valore di rinunzia convenzionale alla facoltà di revoca.
Cass. Sez. Un. 9.5.1983 n. 3152: L’enunciazione in un documento scritto degli elementi essenziali di un
contratto non risulta diretta a consacrare un accordo reciprocamente vincolante, ma a provare le trattative
prenegoziali fino ad un dato momento svoltesi: siffatta intesa interlocutoria non segna il perfezionarsi del
contratto stesso, sicchè ciascuna delle parti resta libera di non addivenire alla sua conclusione, salva
l’eventuale ricorrenza di responsabilità precontrattuale.
Trib. Milano, 26/06/1989: La lettera di intenti va qualificata, al pari della cosiddetta puntuazione o minuta
di contratto, come un mero atto precontrattuale, qualora, dall'accertamento della volontà delle parti, risulti
che tale intesa sia stata sottoscritta al fine di manifestare o formalizzare l'intento di trattare e di
puntualizzare i termini della trattativa.
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Trib. Genova, 15/05/2008 in tema di mediazione: non è ritenuta idonea a far sorgere il diritto alla
provvigione la semplice minuta o puntuazione, in quanto, a differenza del preliminare, che genera l'obbligo
delle parti di prestare il consenso alla stipula del contratto definitivo e il cui contenuto è stabilito in ogni
particolare, la minuta o puntuazione, restante nell'area delle trattative, lascia alle parti la libertà di recesso,
con il solo limite della responsabilità precontrattuale ai sensi dell'art. 1337 c.c., avendo la semplice funzione
di documentare l'intesa raggiunta su alcuni punti del contratto da concludere in un momento successivo,
quando si sarà raggiunto l'accordo sugli altri punti ancora oggetto di trattative. In tale ottica, è compito del
giudice di merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata,
effettuare l'indagine volta ad accertare se le parti siano rimaste nell'ambito delle trattative o abbiano
concluso un contratto preliminare. (Cass. 18779/05; Cass. 12022/02; Cass. 13067/04).
Trib. Genova, Sez. I, 18/06/2007 in tema di vendita: Non costituisce atto idoneo ad integrare gli estremi di
un contratto preliminare di vendita l’atto contenete la generica volontà delle parti di avviare le trattative in
ordine al trasferimento di alcuni beni genericamente indicati, laddove manchi qualsiasi riferimento al dato
catastale che ne renda possibile la identificazione, alcuna specifica indicazione delle modalità di pagamento
del prezzo, nonché un cenno, seppure minimo, dell’epoca in ci sarebbe dovuto avvenire siffatto
pagamento, ovvero essere formalizzato il trasferimento. Per le sue esposte ragioni l’atto in considerazione,
dovendosi ritenere quale semplice minuta o puntuazione, è inidoneo, in quanto tale, a consentire
l’esercizio dell’azione di cui all’art. 2932 c.c. (nella specie, inoltre, pur volendo considerare l’atto idoneo alla
funzione prospettata dalle parti, la vendita avrebbe avuto ad oggetto anche beni di proprietà di terzi
estranei all’accordo, tale che sarebbe stato comunque necessario un mandato da conferirsi per iscritto trattandosi di beni immobili - con il quale il proprietario avrebbe attribuito ad altri l’incarico della vendita
del proprio bene immobile).
App. Genova, Sez. III, 28/10/2005: Mentre con il contratto preliminare le parti si obbligano a prestare il
loro consenso alla conclusione del contratto definitivo, i cui elementi essenziali e accidentali siano stati
contestualmente precisati e i cui effetti si produrranno al momento della stipulazione, con la sottoscrizione
della minuta o puntuazione di contratto - la quale ha la sola funzione di documentare l'intesa raggiunta su
alcuni punti del contratto da concludere quando si sarà successivamente raggiunto l'accordo anche sugli
altri punti ancora da trattare - conservano la libertà di recesso dalle trattative, la quale trova un limite solo
nella responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c.
App. Napoli, Sez. III, 07/04/2005: A differenza del contratto preliminare ove le parti si obbligano a prestare
il loro consenso alla conclusione del contratto definitivo, i cui elementi essenziali ed accidentali siano stati
contestualmente precisati ed i cui effetti si produrranno al momento della sua stipulazione, con la
sottoscrizione della cosiddetta minuta o "puntuazione" di contratto - la quale ha la sola funzione di
documentare l'intesa raggiunta su alcuni punti del contratto da concludere quando si sarà successivamente
raggiunto l'accordo anche sugli altri punti da trattare - le parti conservano la libertà di recesso dalle
trattative la quale trova un limite soltanto nella responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c.
Cass. civ., Sez. II, 07/04/2004, n.6871: In tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l'intesa
raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto l'accertamento del quale è riservato all'apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di
legittimità se non per vizio di motivazione - non è configurabile un impegno con funzione meramente
preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale.
(La Corte, nel formulare il principio surrichiamato, ha confermato la sentenza impugnata che, in
considerazione della reciprocità delle concessioni, pattuite dalle parti in modo manifesto e definitivo, aveva
ritenuto perfezionatasi una vera e propria transazione e non semplicemente un impegno ancora in itinere).
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