Lezione 9 - 25 ottobre 2005

Matematiche complementari I – Capitolo 3 Teoria e storia delle equazioni di secondo grado.
AA. 2005-2006
Lezione 9 - 25 ottobre 2005
3.2. Alcuni esempi tratti dai documenti. (Continuazione)
3.2.11. La soluzione dell’equazione x2 + px + q = 0 secondo Steiner. Ancora nel
XIX secolo il fascino della geometria era molto grande, tanto da invogliare lo
Steiner a proporre una soluzione geometrica per l’equazione di secondo grado (con
coefficiente direttore 1), nel caso di realtà delle radici. Di fatto la sua proposta è a
metà tra l’approccio geometrico ‘puro’ o sintetico alla maniera di Euclide e quello
Jacob Steiner
(1796-1863)
analitico, dato che nel XIX secolo la geometria analitica è assai sviluppata.
Si consideri quindi l’equazione x2 + px + q = 0, con p ≠ 0.
Nel piano un sistema di riferimento cartesiano ortogonale
U P
M
O
N
QB
di origine O e si considerino i punti C 0,
A
1
2
e U(0,1). Si
disegni ora la circonferenza di centro C e raggio CO e la
retta t per U tangente alla circonferenza (quindi la retta y =
1), che risulta parallela all’asse delle ascisse. Sia P −
Q −
1
,1 , punto posto sulla tangente t, ed il punto
p
q
,0 . Sia r la retta che congiunge i punti PQ e siano M e N i punti di intersezione di PQ con
p
la circonferenza. La retta s1 che congiunge U e M interseca l’asse delle ascisse in A e la retta s2
congiungente U e N interseca l’asse delle ascisse in B. Le ascisse α e β, rispettivamente di A e B,
sono soluzioni dell’equazione assegnata.
Infatti i triangoli UMP e AMQ hanno gli angoli UMP = AMQ, perché opposti al vertice, UPM =
MQA perché angoli alterni interni delle parallele x (asse delle ascisse) e t tagliate dalla retta PQ.
Quindi i triangoli UMP e AMQ sono simili. Pertanto UP : UM = AQ : AM, o anche UP : AQ = UM :
AM. Si consideri ora la congiungente OM. Il triangolo MOU è rettangolo perché iscritto in una
semicirconferenza, quindi l’angolo OMU è retto, vale a dire OM è l’altezza relativa all’ipotenusa
nel triangolo rettangolo AOU e quindi UM e AM sono, rispettivamente, le proiezioni di OU e OA
sull’ipotenusa AU. Per il primo Teorema di Euclide si ha OU2 = UM AU e OA2 = AM AU.
Dividendo membro a membro si ha OU2 : OA2 = UM : AM. Grazie alla prima proporzione si può
ora affermare che OU2 : OA2 = UP : AQ vale a dire 1 : α 2 = −
- 60 -
1
q
: α+
. Svolgendo i calcoli si ha
p
p
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−
α2
p
=α +
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q
, vale a dire α2 + αp + q = 0, provando così che α è una radice dell’equazione data.
p
Per provare la stessa cosa per β, si procede come prima, vale a dire si considerano i triangoli simili
QNB e UNP, per i quali si può stabilire la similitudine QB : BN = UP : UN, ovvero QB : UP = BN :
UN. Si osserva che ON è l’altezza relativa all’ipotenusa UB nel triangolo rettangolo OBU e come
prima si ha OB2 : OU2 = BN : NU, da cui OB2 : OU2 = QB : UP, quindi β 2 : 1 = β +
Svolgendo i calcoli si ha −
β2
p
=β+
q
1
:− .
p
p
q
, da cui β2 + pβ + q = 0.
p
Per trovare soluzioni reali la retta r deve distare da C non più di
1
. Tale retta per due punti
2
1
y −1
p
assegnati ha equazione
=
, vale a dire (px +1) = (q – 1)(y – 1), cioè
q 1 0 −1
− +
p p
x+
px + 1 + (1-q)y + q - 1= 0, vale a dire px + (1-q)y + q = 0 Il quadrato della distanza di C da r è dato
da
1
p ⋅ 0 + (1 − q ) ⋅ + q
2
p 2 + (q − 1) 2
è maggiore di
(q + 1) 2
2
2
4( p + (q − 1) )
2
=
1 q
− +q
2 2
2
(q + 1) 2
=
. Se il quadrato della distanza di C da r
p 2 + (q − 1) 2 4( p 2 + (q − 1) 2 )
1
, la retta r non interseca la circonferenza. Per avere intersezioni bisogna che
4
≤
1
, quindi che q2 + 2q + 1 ≤ p2 + q2 – 2q + 1, cioè che p2 – 4q ≥ 0, ritrovando così
4
il discriminante che ora assume un interessante significato geometrico.
E’ evidente che se p,q < 0, oppure se p > 0 e q < 0, allora i punti P e Q hanno ascisse di segno
discorde (nel primo caso P positiva e Q negativa; nel secondo P negativa e Q positiva), quindi la
retta r interseca sempre la circonferenza, dato che p2 – 4q è la somma di due numeri positivi.
Si noti anche come questo approccio mescoli proprietà di geometria analitica con altre di natura
euclidea. Infine la costruzione proposta da Steiner ha il pregio di permettere di determinare le
soluzioni di un’equazione di secondo grado con la sola riga, una volta assegnata una circonferenza
fissa.
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Matematiche complementari I – Capitolo 4 Teoria e storia delle equazioni di terzo e quarto grado.
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Capitolo 4. Teoria e storia delle equazioni di terzo e quarto grado.
4.1. Equazioni di terzo grado.
Presentiamo qui il procedimento ormai classico, attribuibile a Cardano e Tartaglia, per la
risoluzione dell’equazione di terzo grado. Non si adoperano però i procedimenti originali, di natura
retorica, ma l’odierna scrittura simbolica.
4.1.1 La trasformazione a radici aumentate. Si consideri l’equazione di terzo gradi completa
ax3 + bx2 + cx + d = 0
dove a, b, c e d sono numeri reali o complessi. Si compie una prima trasformazione, (a radici
aumentate) sostituendo a x il valore y+h, ottenendo
a(y+h)3 + b(y+h)2 + c(y+h) + d = 0.
Si svolgono i calcoli e così si ha
ay3 + 3ahy2 + 3ah2y + ah3 + by2 + 2bhy + bh2 + cy + ch + d = 0.
Riordinando in base alle potenze di y, si ottiene
ay3 + (3ah + b)y2 + (3ah2 + 2bh + c)y + ah3 + bh2 + ch + d = 0.
Posto f(x) = ax3 + by2 + cy + d, si ha f(y+h) =
f "'
(h) 3 f " (h) 2 f '
(h)
y +
y +
y + f (h) , formula che
3!
2!
1!
ricorda da vicino lo sviluppo di Taylor di una funzione, arrestato al termine di terzo ordine.
Imponendo che h = −
b
, si annulla il coefficiente di y2 e pertanto l’equazione risultante diviene
3a
ay 3 + 3a −
b
3a
2
+ 2b −
b
b
+c y+a −
3a
3a
3
+b −
b
3a
2
+c −
b
+ d = 0.
3a
Non importa effettuare il calcolo, dividendo per a si ottiene l’equazione:
y3 + py + q = 0.
Ovviamente una volta risolta questa equazione, per ogni soluzione α di essa si determina β = α b
, soluzione dell’equazione completa.
3a
D’ora in poi si considererà come equazione ‘generica’ di terzo grado quella del tipo precedente
x3 + px + q = 0.
4.1.2 Casi particolari. Ci sono casi particolari per q = 0 oppure (vel) p = 0. Nel primo caso si ha una
soluzione x = 0 e le altre due soluzioni si ottengono risolvendo l’equazione x2 + p = 0, in
se p > 0, in
.
- 62 -
oppure ,
Matematiche complementari I – Capitolo 4 Teoria e storia delle equazioni di terzo e quarto grado.
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Se p = 0, allora si ha l’equazione x3 + q = 0 ed in tale caso si procede sfruttando un prodotto
notevole che esprime la somma di due cubi come il prodotto di un binomio per un trinomio. Infatti
se γ è un numero reale o complesso tale che γ3 = q, si ha x3 + q = x3 + γ3 = (x + γ)(x2 – γx + γ2). Per
la legge di annullamento del prodotto si trovano le radici dei due fattori: per il primo fattore la
radice è –γ; per il secondo fattore le radici sono x = γ
1− i 3
1+ i 3
∨x=γ
.
2
2
Se q è un numero reale, allora γ è un numero reale e le altre due radici sono complesse coniugate.
Se q è un numero complesso, allora le tre radici sono complesse, in accordo con quanto visto nel
Corollario 3 del § 1.2.
Se infine p = 0 e q = 0, allora l’equazione x3 = 0 ha tre soluzioni coincidenti con 0.
4.1.3. L’equazione x3 = 1. Si tratta di un caso particolarissimo di equazione di terzo grado a
coefficienti reali. Le radici di tale equazione vengono dette radici cubiche (o terze) dell’unità.
Procedendo come indicato prima si trasforma l’equazione data nell’equazione x3 – 1 = 0, e
scomponendo il polinomio al primo membro dell’eguaglianza si ha (x – 1)(x2 + x + 1) = 0. Si
ottengono in tale modo le radici x = 1 ∨ x =
−1 + i 3
−1− i 3
∨x=
. E’ consuetudine indicare tali
2
2
radici, rispettivamente, coi simboli ε0, ε1 e ε2. In particolare ε1 e ε2 sono dette radici cubiche
primitive dell’unità. Come si vede ε1 e ε2 sono numeri complessi coniugati. Si tratta di soluzioni
1
3
1
3
dell’equazione data perché (ε1) = ε1 (ε1) = − + i
⋅ − +i
2
2
2
2
3
2
2
=
1
3
1 3
3
1
3
1
3
1 3
= − +i
⋅ − −i
= − +i
⋅ − −i
= + = 1 . Si è svolto in modo
2
2
4 4
2
2
2
2
2
4 4
‘complicato’ il cubo di un binomio per mostrare che (ε1)2 = ε2. Dato che ε2 è il numero complesso
coniugato di ε1 e che il coniugio è un automorfismo di
una parte 1 =
(1) =
ε2 ε1. Dunque ε1 =
, si ha (con le notazioni usate nel §1.2.), da
((ε1)3) = ( (ε1))3 = (ε2)3, dall’altra
((ε1)3) =
(ε1)
((ε1)2) = ε2 ( (ε2)) =
((ε1)2) = ( (ε1))2 = (ε2)2. Quindi
anche ε2 è soluzione dell’equazione e il quadrato di ε2 è ε1.
ε1
Il grafico seguente mostra come sono collocati le radici
i
dell’unità sul piano di Caspar Wessell(1745-1818)- Jean
1
Argand(1768-1822)-Gauss. I punti indicati sono i vertici di
un triangolo equilatero iscritto nella circonferenza unitaria
ε2
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Matematiche complementari I – Capitolo 4 Teoria e storia delle equazioni di terzo e quarto grado.
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del piano complesso. Il fatto che le due radici primitive dell’unità siano l’una la coniugata dell’altra
si evidenzia con la loro simmetria rispetto all’asse delle ascisse (l’asse reale).
Le radici primitive dell’unità possono anche scriversi in forma trigonometrica
2
2
4
4
come ε1 = cos π + isen π ; ε 2 = cos π + isen π . Per le formule di De
3
3
3
3
Moivre, la moltiplicazione di due numeri complessi si ottiene in forma
trigonometrica come il numero che ha per modulo il prodotto dei moduli e
per argomento la somma degli argomenti, pertanto (ε1)2 si ottiene da ε1 con
una rotazione di ampiezza
Abraham De Moivre
(1677-1754)
2
π e (ε1)3 con una ulteriore rotazione della stessa ampiezza, ottenendo
3
1. Ciò spiega perché ε1 sia soluzione. Lo stesso vale per ε2, ma stavolta la rotazione è di
4
π , per
3
cui (ε2)2 = ε1 e 1 = (ε2)3.
Come visto in 4.1.2. le radici cubiche dell’unità entrano nel calcolo delle soluzioni dell’equazione
x3 = a: basta trovare una soluzione di essa, α, e le altre due soluzioni (in ossequio al Corollario 2 del
§ 1.2.) si trovano moltiplicando tale numero per le radici primitive dell’unità. Infatti se α3 = a, si ha
(αε1)3 = α3(ε1)3 = a 1 = a e (αε2)3 = α3(ε2)3 = a 1 = a.
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