“IL DUPLICE LINGUAGGIO DI LUDWIG WITTGENSTEIN” PROF. MAURO DI GIANDOMENICO Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein Indice 1 UN TRACTATUS CON SETTE TWEET. -------------------------------------------------------------------------------- 3 2 LA LOGICA E LA STRUTTURA DEL MONDO----------------------------------------------------------------------- 6 3 LA TEORIA ATOMICA DEL LINGUAGGIO -------------------------------------------------------------------------- 8 4 IL LINGUAGGIO DELLA VERITÀ ------------------------------------------------------------------------------------- 10 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein 1 Un Tractatus con sette tweet. Non avrebbe mai potuto immaginare lo strano ed eccentrico filosofo austro-inglese Ludwig Wittgenstein, nato a Vienna nel 1889 e morto nel 1951, che la laconicità del suo più celebre libro, il Tractatus logico-philosophicus, pubblicato a Londra nel 1922 sarebbe stata inconsapevolmente adottata da Jack Dorsey, il creatore del celebre microblogging Twitter. Pensate che le sue sette proposizioni centrali occupano mediamente 60 caratteri ciascuno (contro i 140 ammessi da Twitter per ogni tweet). Né avrebbe ipotizzato che, per penetrare a fondo i collegamenti tra quelle sette proposizioni e le altre 519 esplicative, si sarebbe ricorsi al meccanismo interpretativo di un ipertesto a struttura gerarchica. Eppure tutto questo è avvenuto e sta ad indicare, anche per vie trasversali, l’importanza delle ricerche di uno dei filosofi più famosi del XX secolo. Naturalmente, la sua influenza fondamentale si fa sentire nel terreno filosofico-linguistico (anche se non solo in esso), e, più in particolare, possiamo riconoscere che le sue due principali pubblicazioni, il Tractatus, appunto, e le Ricerche filosofiche, pubblicate postume nel 1953, sono all’origine di due scuole filosofiche tra loro opposte, il neopositivismo del Circolo di Vienna, nato negli anni ’20 del secolo scorso, con obiettivo l’analisi del linguaggio scientifico, e la filosofia del linguaggio ordinario, sviluppatasi ad Oxford negli anni ’40, sempre dello scorso secolo. Accenniamo, prima di tutto alla struttura generale del Tractatus. Il libro è articolato in sette proposizioni fondamentali: 1) Il mondo è tutto ciò che accade. 2) Ciò che accade, il fatto, è il sussistere dello stato di cose. 3) L’immagine logica dei fatti è il pensiero. 4) Il pensiero è la proposizione munita di senso. 5) La proposizione è una funzione di verità delle·proposizioni elementari. 6) La forma generale della funzione di verità è: [p, ξ, N, (ξ)]. Questa è la forma generale della proposizione. 7) Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere. Ognuna di queste proposizioni è capofila di una serie di sotto-proposizioni che, a loro volta, generano altre sotto-sotto-proposizioni esplicative, a cascata, costituendo, così, una ramificazione che da esplicativa diventa dimostrativa. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein Tutte le proposizioni del Tractatus sono numerate secondo un sistema decimale molto intuitivo, che del resto Wittgenstein spiega in nota. Ecco l’inizio: 1. Il mondo è tutto ciò che accade. 1.1 Il mondo è la totalità dei fatti non delle cose. 1.11 Il mondo è determinato dai fatti e dall’essere essi tutti i fatti. 1.12 Ché la totalità dei fatti determina ciò che accade, ed anche la totalità di ciò che non accade. 1.13 I fatti nello spazio logico sono il mondo. 1.2 Il mondo si divide in fatti. 1.21 Una cosa può accadere o non accadere e tutto l’altro restare uguale. 2. Ciò che accade, il fatto, è il sussistere dello stato di cose. 2.01 Lo stato di cose è un nesso d’oggetti. (Enti, cose). 2.011 E’ essenziale alla cosa poter essere la parte costitutiva d’uno stato di cose. 2.012 ……………….. 2.0121 ……………….. Trasformiamo questa sequenza in grafo ed abbiamo lo schema di lettura interpretativa dell’intero Tractatus: Sarebbe perciò un errore voler seguire il pensiero di Wittgenstein leggendo le proposizioni nell’ordine sequenziale dato. In effetti, il modo più efficace di leggere il Tractatus è di cogliere Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein alcuni punti fondamentali che aiutano poi a spiegare tutti gli altri. Però questi punti non sono tutti contenuti nelle sette proposizioni centrali, né si identificano con esse. I problemi trattati da Wittgenstein sono assai numerosi. Il libro contiene infatti: una teoria della logica, che riguarda i termini “senso” e “significato” con un uso di questi termini diverso da quello di Frege; una teoria del mondo come insieme di fatti atomici, che sono gli elementi minimali richiesti dal discorso logico; una teoria del rapporto fra linguaggio e mondo, ossia una descrizione del modo in cui si può usare il linguaggio in maniera corretta dal punto di vista semantico; infine, una teoria delle leggi scientifiche che vengono interpretate come “reti” con le quali si può indagare qualcosa del mondo senza mai coglierlo nella sua totalità Senza parlare, poi, delle tematiche etiche che in esso emergono. Non faremo, però, né una parafrasi né una silloge del Tractatus, ma ci limiteremo ad illustrare quegli aspetti più in linea con il filo del discorso teoretico che stiamo ora intessendo con le nostre lezioni, dedicate alla filosofia del linguaggio scientifico, riservandoci di affrontare in un secondo momento l’indagine sulla filosofia del linguaggio comune. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein 2 La logica e la struttura del mondo Il tentativo di ordinamento nel campo della logica attuato alla fine dell’Ottocento (ricordate Frege?) aveva portato con sé la considerazione del linguaggio logico come qualcosa di riducibile ad un numero determinato di segni, che non possono essere a loro volta ulteriormente divisi. Questo concetto in Wittgenstein è legato a quello di atomismo logico che, come ogni ipotesi atomistica, ammette a priori l’esistenza di qualcosa di indiviso, per non lasciare che tutto si dissolva in una uniformità senza differenze. Ora, pensiamo ad un mondo diviso nelle sue costituenti più originarie e nel quale nulla può essere fuori dal complesso degli atomi e delle loro combinazioni, e domandiamoci quale sarà la conoscenza che di questo mondo può avere un essere che si curvi su di esso e lo osservi come venendo da un altro universo. Da qui parte Wittgenstein: “Il mondo – proposizione 1 del Tractatus - è tutto ciò che accade”. Siccome tutto ciò che accade è un insieme di fatti, “ il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose” (p. 1,1). I fatti si distinguono in complessi e atomici. I fatti complessi sono il risultato della combinazione di due o più fatti atomici: ad esempio, il fatto complesso “Socrate era un saggio ateniese”·è costituito di due fatti atomici “Socrate era un saggio” e “Socrate era ateniese”. I fatti atomici si caratterizzano come fatti semplici, che, però, sono scomponibili in oggetti semplici, enti o cose che siano. Gli oggetti rappresentano l’aspetto fisso, immutabile del mondo, quindi costituiscono la sua sostanza (p. 2.021). Con questo, però Wittgenstein non intende dire che l’esistenza degli oggetti, o enti, o cose, può essere accertata empiricamente, ma piuttosto che la si deve ammettere per necessità logica, giacché, se il mondo fosse privo di una sostanza, cioè di elementi ultimi, non sarebbe possibile averne alcuna rappresentazione vera o falsa che sia. Data la loro natura, quindi, gli oggetti possono essere pensati soltanto come parti costitutive di ciò che accade. Tuttavia, la funzione che essi esplicano nei fatti in cui intervengono non è fissa, per cui non può essere determinata a priori. Le variazioni che tale funzione subisce si riflettono sulla considerazione che i fatti atomici assumono, cosicché ciascuno di essi, nel suo darsi, è quello che è, indipendentemente dal rapporto che ha o può avere con altri fatti. Tra i fatti che costituiscono il mondo, secondo Wittgenstein, ce ne sono alcuni che hanno una struttura simile: in essi gli oggetti si Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein connettono tra loro alla stessa maniera. Ora, ciò che consente di rilevare tale caratteristica non è la struttura dei fatti, ma la sua possibilità. Sennonché, la possibilità della struttura dei fatti coincide con la loro forma logica, per cui è in virtù della forma logica che riusciamo a cogliere l’affinità tra i fatti atomici. In logica, comunque, osserva Wittgenstein “nulla è accidentale” (p. 2.012); pertanto, se la forma inerisce ai fatti, perché rappresenta la possibilità logica della loro struttura, essa è presente anche negli oggetti, che di tale struttura sono gli elementi costitutivi. D’altra parte, la forma o possibilità logica è essenziale per gli oggetti, in quanto è la condizione stessa del loro reciproco connettersi e, quindi, della loro pensabilità. Scrive Wittgenstein “Come non ci è affatto possibile concepire oggetti spaziali fuori dello spazio, oggetti temporali fuori del tempo, così non ci è possibile concepire alcun oggetto fuori della possibilità di combinarsi con altri oggetti” (p. 2.0121) Tale possibilità è il suo spazio logico. che si può immaginare anche vuoto, ma da cui non si può prescindere quando si pensa all’oggetto. In conseguenza di tutto ciò, lo specchio delle cose è il linguaggio, e, dal momento che esso è basato su procedimenti logici, la logica si configura come il linguaggio perfetto, mentre il linguaggio comune non è che un procedimento logico mascherato. Insomma, il mondo è un insieme di fatti atomici costituenti una struttura, ai quali corrispondono biunivocamente le rappresentazioni umane nello spazio logico. Al variare dei fatti atomici, variano anche le loro rappresentazioni linguistiche e, se è possibile far variare tutti i fatti atomici in tutti i modi possibili, allora tutta la realtà del mondo viene esaurita nel discorso. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein 3 La teoria atomica del linguaggio In base alla struttura della realtà che Wittgenstein delinea, appare chiaro che il linguaggio può fungere da sua immagine solo a condizione che sia in grado di “rispecchiare” le modalità secondo cui gli oggetti in essa si combinano insieme. Per questa ragione egli sostiene che “ciò che l’immagine deve avere in comune con la realtà per poterla raffigurare, esattamente o erroneamente, secondo la propria maniera, è la forma di raffigurazione propria dell’immagine” (p. 2.17). cioè la sua forma logica, la possibilità di struttura. Certamente può apparire strano che realtà tanto diverse tra loro, come il linguaggio da una parte, e la totalità dei fatti dall’altra ( cioè il pensiero da un lato, e il mondo dall’altro), abbiano affine proprio l’aspetto per il quale ciascuna di esse ha una fisionomia autonoma e ben definita. Wittgenstein però ritiene di poter superare la difficoltà, in primo luogo affermando che anche l’immagine, o raffigurazione linguistica, è un fatto e, in secondo luogo, ricorrendo al concetto di proiezione. La proiezione geometrica di una figura su di una superficie, ad esempio, dà origine a una figura diversa da quella proiettata, però ha in comune con essa alcune proprietà fondamentali. La medesima cosa avviene per il linguaggio nei confronti della realtà: esso rappresenta la totalità dei fatti essenzialmente per quegli aspetti per i quali questa è pensabile. E’ la teoria “raffigurativa” della realtà. Cerchiamo di chiarire questo punto. Un enunciato non possiede una forma specifica di raffigurazione, ma ha quello che tutte le immagini devono comunque avere in comune con la situazione rappresentata: la forma logica. Diversi tipi di immagine hanno in comune con la realtà certi aspetti della propria forma di raffigurazione (la scultura gli aspetti tridimensionali, la pittura i colori, il disegno le proporzioni ecc.). L'enunciato, cioè l’immagine costituita da simboli, non può condividere con la realtà questi aspetti concreti ma deve pur sempre avere qualcosa in comune con essa, almeno la forma più astratta, e cioè la sua forma logica. Anche gli altri tipi di immagini, come scultura e pittura, hanno in comune con la situazione rappresentata la forma logica, oltre agli aspetti concreti sopra accennati. L’enunciato tuttavia ha in comune con la realtà raffigurata solo la forma logica: il modo in cui gli elementi dell’enunciato stanno in rapporto tra loro rispecchia in maniera essenziale il modo in cui gli oggetti stanno in relazione tra loro nella situazione rappresentata. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein In questo quadro si inserisce la teoria wittgensteiniana della nominazione. Pur richiamandosi spesso a Frege, Wittgenstein rifiuta alcune sue tesi, in particolare che i nomi abbiano sia un senso che un riferimento. Egli sostiene infatti una tesi alternativa: i nomi si riferiscono direttamente agli oggetti, senza alcuna mediazione cognitiva o concettuale. La sua analisi dei nomi è fondamentale per l’intero sistema. Infatti Wittgenstein indica un compito, quello di arrivare ad enunciati analizzati nelle loro componenti ultime, enunciati atomici o elementari. La forma logica degli enunciati elementari è un insieme di nomi connessi tra di loro. I nomi si riferiscono direttamente agli oggetti semplici. In conseguenza di ciò, come la realtà consta di fatti che si compongono dì fatti atomici (i quali, a loro volta, sono costituiti di oggetti semplici), così il linguaggio è formato di proposizioni complesse o molecolari che sono il risultato dell’unione di proposizioni elementari o atomiche, e queste scaturiscono dalla combinazione dei nomi. Tra gli oggetti. come elementi indissociabili dei fatti, e i nomi, come segni primitivi della proposizione, c’è dunque una relazione tale per cui ad ogni oggetto della realtà corrisponde un nome nel linguaggio e viceversa. Siccome i nomi stanno per i loro oggetti - “Il nome significa l’oggetto. L’oggetto è il suo significato. (“A” è lo stesso segno che “A”)” (p. 3.203) -, il modo in cui essi sono uniti in una proposizione indica come i loro oggetti sono connessi in un fatto atomico (p. 3.21). Pertanto, il senso di una proposizione consiste nella sua forma logica, cioè nella relazione che intercorre tra i membri che la costituiscono, perché tale relazione assicura ad essa di descrivere possibili fatti. La verità di una proposizione, invece, oltre che dall’identità della sua forma logica con quella del fatto, dipende anche dall’effettivo accadere di ciò che essa rappresenta. “Per riconoscere se l’immagine è vera o falsa, la si deve confrontare con la realtà” (p. 2.223). Quindi la verifica del senso di una proposizione si compie prendendo in considerazione una sola forma logica, quella della proposizione, mentre la verifica della sua verità si compie tenendo presente due forme logiche: quella della proposizione e quella del fatto che essa raffigura. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein 4 Il linguaggio della verità Per l’atomismo logico l’analisi dell’enunciato deve portare a un enunciato non ulteriormente analizzabile, l’enunciato “atomico” o “elementare”. Una volta definiti gli enunciati atomici, tutte gli altri enunciati saranno definiti in loro funzione e la loro verità dipenderà dalla verità o falsità degli stessi enunciati atomici. Ricorderete che per il principio di composizionalità di Frege, il valore di verità degli enunciati composti dipende dal valore di verità degli enunciati componenti. Nel Tractatus Wittgenstein rende questa idea più definita con il metodo delle tavole di verità, cioè con un metodo di decisione per cui, dato il valore di verità degli enunciati componenti, è sempre possibile decidere in un numero finito di passi quale sia il valore di verità degli enunciati composti. Il metodo delle tavole di verità è il contributo principale, di Wittgenstein alla logica del ’900: esse si possono presentare con uno schema del genere: 1° 2° 3° pq p q V F F F p q V V V F VV VF FV FF VV peq po q 4° p V q F V V se p allora q Nella prima colonna con i simboli p e q in alto, abbiamo le quattro possibilità di combinazione di Vero/Falso degli enunciati p e q. Possiamo chiamare queste quattro possibilità “stati di cose” o “situazioni possibili”. Si può ipotizzare che p e q siano enunciati atomici non ulteriormente analizzabili. Nelle altre tre colonne abbiamo enunciati composti, ove il connettivo indica il modo di composizione: e, o, se…allora. Il valore di verità dell’enunciato composto dipende dal valore di verità degli enunciati componenti; nel primo caso p q avrà valore vero solo se entrambi gli enunciati componenti hanno valore vero. L'enunciato è dunque funzione della verità degli enunciati componenti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein Nel discorso quotidiano spesso usiamo i connettivi senza riflettere molto sul loro significato preciso; basta però trovarsi in situazioni critiche, come l’aula di un tribunale, per capire l’importanza di un uso preciso di espressioni come “non”, “e”, “o” ecc. La logica rende rigorose le definizioni dei connettivi e permette anche un accordo preciso sul loro significato. Dobbiamo ora accennare ad un ultimo aspetto, in questa lezione, del pensiero wittgensteiniano sul linguaggio. Per di più, si tratta di un aspetto del Tractatus che ha dato molto filo da torcere ai filosofi successivi: è la distinzione di Wittgenstein tra i diversi tipi di enunciati, una volta definito il concetto di senso come condizioni di verità. Infatti da esso consegue che le uniche espressioni linguistiche fornite di senso sono quelle che raffigurano fatti atomici, vale a dire le proposizioni elementari o atomiche: “Le possibilità di verità delle proposizioni elementari significano le possibilità di sussistenza e d’insussistenza degli stati di cose” (p. 4.3). Analogamente, le sole sequenze di nomi che sono vere o false, insomma che hanno significato, sono quelle che, oltre ad essere fornite di senso, rappresentano un fatto atomico esistente o inesistente. Secondo Wittgenstein anche le proposizioni complesse o molecolari possono avere un senso ed essere fornite di significato, purché siano funzioni di verità delle proposizioni atomiche in quanto appunto enunciati che descrivono stati di cose. Qui però sorge un grave problema che riguarda la logica. Difatti, se per una proposizione non c’è la possibilità di esprimersi in forma logica, cioè di assicurarsi che la proposizione sia pensabile, secondo Wittgenstein, quest’ultima è priva di senso. Tali sono gli enunciati che non possono essere confrontati con la realtà: essi sono privi della capacità di rappresentare la struttura relazionale che è propria di tutto ciò che può essere pensato. Ed è proprio il caso degli “enti” logici: chi di voi ha visto un quantificatore universale a passeggio per le vie della città, oppure una implicazione logica girare in auto alla ricerca di un parcheggio? Dunque la logica è formata da enunciati privi di senso? Per portare a compimento il progetto di costruire un linguaggio che risponda adeguatamente alla funzione per cui viene usato, a Wittgenstein resta da chiarire appunto, la natura delle proposizioni della logica. Egli riconosce che gli enunciati della logica non descrivono alcunché: sono una specie di grado zero dell’enunciato perché sono o sempre veri (tautologie) o sempre falsi (contraddizioni), indipendentemente da come stanno le cose nel mondo, sono cioè proposizioni che indicano il modo in cui un enunciato è connesso con un altro. Essi perciò hanno un senso non perché raffigurano i fatti, ma perché pongono in evidenza l’identità di significato esistente tra Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein sequenze di nomi fra loro diverse. La loro peculiarità consiste nel rendere esplicite le forme logiche delle proposizioni che rappresentano i fatti. Vediamo i due esempi: Tautologia: “piove o non piove” (p p) Contraddizione: “piove e non piove” (p /\ p). Attenzione, però! A differenza degli enunciati sensati che hanno condizioni di verità, tautologie e contraddizioni sono vere o false “senza condizioni”. Per Wittgenstein, quindi, esistono due classi fondamentali di proposizioni possibili: le une, le proposizioni atomiche, che basano il loro valore di verità sull’identità della loro forma logica con quella del fatti atomici, le altre, le tautologie (e le contraddizioni) che sono valide solo sul piano logico-formale e che non hanno alcuna relazione diretta con i fatti accertabili empiricamente. Il solo linguaggio fornito di senso perciò è quello costituito di proposizioni elementari atomiche e di tautologie (e contraddizioni). Ma, oltre agli enunciati forniti di senso e quelli privi di senso, vi è una terza categoria che si trova nel mirino di Wittgenstein: sono gli enunciati insensati, e cioè gli enunciati della filosofia, dell’etica, dell’estetica e della metafisica, che non descrivono alcunché. Ma nemmeno sono assimilabili agli enunciati della logica. Essi sono dunque non semplicemente privi di senso, ma addirittura insensati. La differenza tra di essi è soprattutto la seguente: gli enunciati della metafisica pretendono di descrivere il mondo e sono quindi fuorvianti. Gli enunciati della filosofia sono un nonsenso palese, tale per cui chi li ha seguiti li riconosce come tali e apprende come usare correttamente il linguaggio. Dire ciò che si può dire; tacere di ciò di cui non si può parlare. La filosofia è come una scala che, una volta percorsa, si può abbandonare. In realtà, la filosofia, secondo Wittgenstein, assolve due compiti: l’uno, negativo, per cui pone in luce l’inconsistenza critica della maggior parte dei problemi che il pensiero tradizionale ha cercato di risolvere, mostrando che scaturiscono dall’inadeguata comprensione della logica del linguaggio che essa usa; l’altro, positivo, per cui stabilisce i confini entro i quali il pensiero può svolgere la propria attività in maniera rigorosa e corretta. Inequivocabile, perciò, è la conseguenza che scaturisce dal Tractatus: sì può dire solo ciò che rientra nell’ambito di competenza delle scienze naturali. D’altro canto, siccome “la logica riempie il mondo, i limiti del mondo sono anche i suoi limiti” (p. 5.61). Infatti, i limiti del mondo. ossia di tutto ciò che accade o dei fatti, non sono che i Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 13 Università Telematica Pegaso Il duplice linguaggio di Ludwig Wittgenstein limiti del linguaggio in cui possiamo parlare del mondo. Inoltre, “ciò che noi non possiamo pensare, noi non lo possiamo pensare; né, di conseguenza, noi possiamo dire ciò che noi non possiamo pensare” (ibid.). In questo ordine di idee i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio pensiero. Ma il linguaggio raffigura il mondo: quindi, nota Wittgenstein, “i limiti del linguaggio (del solo linguaggio che io comprendo) significano i limiti del mio mondo” (p. 5.62). Qualsiasi tentativo che sia rivolto ad oltrepassare i limiti del mondo, del pensiero, del linguaggio, è ingiustificato, giacché la totalità dei fatti che possono essere rappresentati rende ragione tanto di ciò che esiste quanto di ciò che non esiste. Tuttavia, è infondato dire che il mondo è il “mio” mondo, ovvero che il linguaggio è il “mio” linguaggio, perché, osserva Wittgenstein, ciò implicherebbe di nuovo il riferimento ad un limite reso possibile solo dal fatto che io mi pongo fuori del ”mio” mondo e del “mio” linguaggio, ovvero dalla supposizione che esistano un mondo ed un linguaggio diversi dal “mio” mondo o dal “mio” linguaggio. “Il soggetto che pensa, immagina, non v’è” (p. 5.631). “Ove, nel mondo, vedere un soggetto metafisico?”, (p. 5.633). L’unica realtà incontestabile è il linguaggio: nulla al di fuori di esso può essere pensato con senso. La conclusione di Wittgenstein è un ascetismo linguistico che non ha pari nella filosofia contemporanea. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 13