SIMULAZIONE DI SECONDA PROVA • DIRITTO ED ECONOMIA

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SIMULAZIONE DI SECONDA PROVA • DIRITTO ED ECONOMIA POLITICA
INFELICITÀ DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
di Amartya K. Sen, 27 gennaio 2013 - Il Sole - 24 Ore
Perché l’Europa è tanto nei guai? In effetti
ha due problemi da affrontare: l’inflessibilità
della moneta unica nella zona euro e la
gestione della recessione attraverso la
politica di austerità scelta da potenti leader
politici e finanziari europei. Nella zona euro,
l’integrazione e l’unione monetaria realizzate
prima di avere il sostegno di una più stretta
unione politica e fiscale non suscitano solo
infortuni economici ma anche rapporti ostili tra
i popoli dei vari paesi.
Di conseguenza, lo scenario di crisi e di
salvataggi in cambio di tagli draconiani ai servizi
pubblici ha suscitato malumori. Se errori nella
successione delle misure prese e nelle decisioni
politiche contingenti hanno peggiorato il
disamore internazionale per l’Europa, è il pegno
da pagare per la via che si è imboccata. La
visione di un’unità europea crescente che era
nata a Ventotene e a Milano negli anni Quaranta
è stata assecondata male da piani di salvataggio
che non solo hanno precipitato milioni di
cittadini in una miseria nera, ma hanno anche
generato una divisione di cui si poteva far a
meno tra tedeschi prepotenti, secondo i greci,
e greci fannulloni, secondo i tedeschi.
Per finire, vorrei accennare alla riforma
economica di cui molti paesi europei, e non
solo la Grecia o l’Italia, hanno senz’altro
un gran bisogno. Uno degli aspetti peggiori
dell’austerità è stato di rendere questa riforma
impraticabile confondendo due programmi:
l’austerità dei tagli spietati e la riforma di
una cattiva amministrazione (evasione fiscale
diffusa, favori concessi da funzionari pubblici
per lucro personale e anche insostenibili
convenzioni sull’età pensionabile). I requisiti
della presunta disciplina finanziaria li hanno
amalgamati, sebbene qualunque analisi della
giustizia sociale porti a politiche distinte per
ciascun programma.
L’amalgama è il frutto di una confusione
intellettuale che porta al disastro politico
perché collega un bisogno forte e sensato a una
follia intempestiva, e nelle campagne politiche
unisce gli oppositori dell’austerità a quelli delle
riforme indispensabili. L’Europa deve cambiare
ora. Nessun paese scaccerà da solo la potente
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La crisi finanziaria iniziata nel 2007 si è estesa dagli Usa all’Europa, ha coinvolto la sfera
produttiva e, nei Paesi mediterranei, è diventata crisi dei debiti sovrani. La gravità della situazione
ha provocato un acceso dibattito tra economisti sulle cause della crisi, sul ruolo avuto su di essa
da parte della teoria economica e, soprattutto, sulle scelte di politica economica da effettuare da
parte dei governi nazionali. In presenza di una crisi così profonda occorre rilanciare la domanda
ma se i consumi sono bassi, gli investimenti difficoltosi e le esportazioni ridotte, allora l’unica
componente della domanda che può aumentare è la spesa pubblica. Un aumento della spesa
pubblica, però, non finanziato con un aumento delle imposte, aggrava la situazione del debito
pubblico dei Paesi maggiormente indebitati.
Da qui la contrapposizione tra chi auspica comunque una politica fiscale espansiva nella
convinzione che ciò rimetta in moto il processo di crescita economica e, aumentando il PIL,
si riduca il rapporto debito/PIL, e chi invece auspica una politica di rigore, ossia una riduzione
della spesa pubblica per ridurre il debito pubblico le cui grandi dimensioni sono giudicate una
componente pericolosa in una situazione di crisi. Questa seconda opzione è stata accolta a livello
europeo e ciò ha condotto a politiche di bilancio fortemente restrittive.
Leggi con attenzione i seguenti brani, che espongono le tesi di due dei maggiori economisti
(ambedue premi Nobel) contrari alle politiche di rigore varate in Europa, ed esegui poi quanto
richiesto.
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illusione di cui i leader politici sembrano
prigionieri, né la Grecia, né il Portogallo e
nemmeno l’Italia, eppure bisognerà trovare una
voce collettiva per porre fine a tanta miseria e a
tanta infelicità.
È interessante notare come buona parte della
macroeconomia moderna ha costruito modelli
incentrati su casi specifici, in cui non emergono
inefficienze del mercato e dove quindi
l’intervento pubblico ha scarse possibilità di
prevenire una crisi o accelerare una ripresa.
La crisi ha messo in evidenza le deficienze
dei modelli macroeconomici correnti. Per
una teoria scientifica la prova è la predizione:
sottoposti alla prova più importante – dove
la risposta contava molto per noi – i modelli
hanno fallito, e fallito miseramente.
La mia critica non si limita al fatto che il sapere
convenzionale – che non solo non ha previsto
la crisi, ma che diceva che una crisi del genere
non sarebbe potuta accadere – non è stato
in grado di anticipare l’evoluzione della crisi
nemmeno dopo che la bolla è scoppiata, dal
momento che asseriva che gli effetti sarebbero
stati limitati. Il difetto di fondo dell’approccio
dominante è legato alla sua origine, un
modello basato su assunti grossolanamente
semplificatori che sostengono che l’economia
è efficiente nel senso di Pareto, posizione
che giustifica il ruolo limitato dello Stato.
Come immaginabile, dal momento che,
per costruzione o per presupposto, molte
questioni fondamentali vengono escluse o
ignorate, questi modelli non offrono molte
indicazioni su cosa si può fare per aiutare
l’economia a ripartire. Le politiche di bilancio
possono essere efficaci, soprattutto quando
il mercato del lavoro non mostra segnali di
miglioramento, né ora né nel futuro prossimo,
e quando le persone e le aziende sono in
difficoltà finanziarie. Gli investimenti pubblici,
invece di «estromettere» gli investimenti
privati, potrebbero addirittura incoraggiarli.
In tempi normali, gli effetti di un eccesso di
austerity possono venire bilanciati da una
politica monetaria «accomodante», ma non
è così oggi, con i tassi di interesse a zero.
Programmi di spesa ben disegnati possono
addirittura riuscire a ridurre il debito nel lungo
termine. Politiche ridistributive, da individui ad
alto reddito con bassa propensione marginale
al consumo in favore di individui a basso
reddito, in difficoltà finanziarie e anziani, con
un’alta propensione marginale al consumo,
possono incrementare la domanda complessiva
e ridurre la disoccupazione. La Fed avrebbe
dovuto riconoscere che i difetti di fondo della
cartolarizzazione, per esempio nel caso dei
mutui immobiliari, rendevano difficile (forse
nemmeno auspicabile) rimettere in moto quel
mercato.
I modelli di credito avrebbero dovuto dire loro
che era necessario concentrarsi maggiormente
sulle banche più piccole, quelle attive su base
regionale e da cui dipende il finanziamento di
tante piccole e medie imprese; e avrebbero
potuto dare loro indicazioni sul modo migliore
per orchestrare una ricapitalizzazione delle
banche in grado di rimettere in moto il flusso
del credito.
L’attenzione dovrebbe essere concentrata sul
cercare di capire perché i mercati a volte non
funzionano bene e in che modo Governi con
informazioni limitate possono intervenire per
migliorare il loro funzionamento. Un approccio
del genere dovrà includere necessariamente
un’analisi del rischio, delle informazioni e delle
istituzioni in un contesto di disuguaglianza,
globalizzazione e trasformazioni strutturali,
con una maggiore sensibilità a quegli assunti
(inclusi gli assunti matematici) che presumono
di fatto quello che dev’essere dimostrato
(per esempio riguardo ai benefici della
diversificazione del rischio, degli effetti delle
ridistribuzioni). Questo approccio dovrà essere
basato sulla consapevolezza che in presenza di
informazioni imperfette e mercati del rischio
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MACROECONOMIA OLTRE L’AUSTERITY
Joseph Stiglitz, 28 aprile 2013 - Il Sole - 24 Ore
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incompleti, le economie di mercato non sono
necessariamente efficienti o stabili. Questi
problemi non sono capricci trascurabili, su cui
sorvolare in omaggio alle virtù del capitalismo.
Anche cambiamenti di così modesta portata
sarebbero un buon inizio: la posta in palio è
importantissima e il costo di aver prestato
troppa attenzione ai modelli sbagliati degli
economisti è stato enorme.
1. Nel primo brano si afferma che i leader europei hanno affrontato la crisi economica con una
politica di rigore. Quali sono stati gli strumenti utilizzati a tale fine?
2. Nel primo brano si fa riferimento al processo di formazione dell’Unione europea iniziata
negli anni Quaranta del secolo scorso. Quali furono le motivazioni di tale costruzione di una
Europa unita?
3. Secondo l’autore del primo brano le politiche di austerità adottate in Europa hanno
comportato reazioni favorevoli o contrarie nelle quali, però, si sono fuse questioni di
politica economica con quelle di riforma della pubblica amministrazione. Secondo l’autore,
infatti, una politica fiscale espansiva o restrittiva deve comunque fare i conti con il cattivo
funzionamento della pubblica amministrazione. In Italia la P.A. rappresenta sicuramente un
freno alla crescita economica, benché la Costituzione affermi con chiarezza le caratteristiche
che l’attività amministrativa deve avere. Quali sono queste caratteristiche?
5. Nel secondo brano si afferma che la banca centrale americana avrebbe dovuto riconoscere i
difetti delle cartolarizzazioni. Quali sono questi difetti?
6. Nel secondo brano viene fatta una affermazione che può sembrare paradossale: “Programmi
di spesa ben disegnati possono addirittura riuscire a ridurre il debito nel lungo termine”.
Com’è possibile che l’aumento della spesa pubblica, senza aumentare le entrate pubbliche,
procuri una riduzione del debito pubblico nel lungo periodo?
7. Ambedue i brani mettono in evidenza la necessità di un intervento sul mercato dei pubblici
poteri anche nell’attuale fase di globalizzazione. Questo richiede il passaggio da un ordine
giuridico chiuso a un ordine giuridico aperto: cosa stanno a indicare queste espressioni?
8. Nel primo brano si fa riferimento alla zona euro: di cosa si tratta? Quando si è costituita?
9. L’Unione europea ha competenze che si sono andate espandendo nel corso degli anni. Come
è avvenuta questa espansione?
10.Nel primo brano si afferma che: “Nella zona euro, l’integrazione e l’unione monetaria
realizzate prima di avere il sostegno di una più stretta unione politica e fiscale non suscitano
solo infortuni economici ma anche rapporti ostili tra i popoli dei vari paesi.” Un’unione
monetaria comporta la perdita di uno strumento di politica economica, ossia la politica
monetaria con finalità anticiclica. Spiega cos’è la politica monetaria e chi la pone in essere.
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Prof. Giuseppe Bacceli
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4. Nel secondo brano si afferma che “In tempi normali, gli effetti di un eccesso di austerity
possono venire bilanciati da una politica monetaria «accomodante», ma non è così oggi, con i
tassi di interesse a zero”. Cosa vuol dire che la politica monetaria può essere accomodante?
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APPROFONDIMENTI
Approfondisci adesso uno dei seguenti temi, collegati al brano che hai appena letto.
1. La globalizzazione, dal punto di vista giuridico, ha ridefinito i rapporti tra politica ed economia
attraverso il risorgere di un fenomeno giuridico non statale: la lex mercatoria. Illustra
questo processo chiarendo, in particolare, quali sono le conseguenze di questo fenomeno
nell’attuale contesto storico.
2. Illustra i motivi per i quali i pubblici poteri devono intervenire nel sistema economico di
mercato.
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3. Nel secondo brano si afferma che: “Questo approccio dovrà essere basato sulla
consapevolezza che in presenza di informazioni imperfette e mercati del rischio incompleti,
le economie di mercato non sono necessariamente efficienti o stabili.” Approfondisci il
concetto di informazione asimmetrica e spiega in quali mercati la presenza di tale situazione
ha effetti rilevanti.
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