SIMULAZIONE DI SECONDA PROVA • DIRITTO ED ECONOMIA

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SIMULAZIONE DI SECONDA PROVA • DIRITTO ED ECONOMIA POLITICA
INFELICITÀ DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
di Amartya K. Sen, 27 gennaio 2013 - Il Sole - 24 Ore
Perché l’Europa è tanto nei guai? In effetti
ha due problemi da affrontare: l’inflessibilità
della moneta unica nella zona euro e la
gestione della recessione attraverso la
politica di austerità scelta da potenti leader
politici e finanziari europei. Nella zona euro,
l’integrazione e l’unione monetaria realizzate
prima di avere il sostegno di una più stretta
unione politica e fiscale non suscitano solo
infortuni economici ma anche rapporti ostili tra
i popoli dei vari paesi.
Di conseguenza, lo scenario di crisi e di
salvataggi in cambio di tagli draconiani ai servizi
pubblici ha suscitato malumori. Se errori nella
successione delle misure prese e nelle decisioni
politiche contingenti hanno peggiorato il
disamore internazionale per l’Europa, è il pegno
da pagare per la via che si è imboccata. La
visione di un’unità europea crescente che era
nata a Ventotene e a Milano negli anni Quaranta
è stata assecondata male da piani di salvataggio
che non solo hanno precipitato milioni di
cittadini in una miseria nera, ma hanno anche
generato una divisione di cui si poteva far a
meno tra tedeschi prepotenti, secondo i greci,
e greci fannulloni, secondo i tedeschi.
Per finire, vorrei accennare alla riforma
economica di cui molti paesi europei, e non
solo la Grecia o l’Italia, hanno senz’altro
un gran bisogno. Uno degli aspetti peggiori
dell’austerità è stato di rendere questa riforma
impraticabile confondendo due programmi:
l’austerità dei tagli spietati e la riforma di
una cattiva amministrazione (evasione fiscale
diffusa, favori concessi da funzionari pubblici
per lucro personale e anche insostenibili
convenzioni sull’età pensionabile). I requisiti
della presunta disciplina finanziaria li hanno
amalgamati, sebbene qualunque analisi della
giustizia sociale porti a politiche distinte per
ciascun programma.
L’amalgama è il frutto di una confusione
intellettuale che porta al disastro politico
perché collega un bisogno forte e sensato a una
follia intempestiva, e nelle campagne politiche
unisce gli oppositori dell’austerità a quelli delle
riforme indispensabili. L’Europa deve cambiare
ora. Nessun paese scaccerà da solo la potente
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La crisi finanziaria iniziata nel 2007 si è estesa dagli Usa all’Europa, ha coinvolto la sfera
produttiva e, nei Paesi mediterranei è diventata crisi dei debiti sovrani. La gravità della situazione
ha provocato un acceso dibattito tra economisti sulle cause della crisi, sul ruolo avuto su di essa
da parte della teoria economica e, soprattutto, sulle scelte di politica economica da effettuare da
parte dei governi nazionali. In presenza di una crisi così profonda occorre rilanciare la domanda
ma se i consumi sono bassi, gli investimenti difficoltosi e le esportazioni ridotte, allora l’unica
componente della domanda che può aumentare è la spesa pubblica. Un aumento della spesa
pubblica, però, non finanziato con un aumento delle imposte, aggrava la situazione del debito
pubblico dei Paesi maggiormente indebitati.
Da qui la contrapposizione tra chi auspica comunque una politica fiscale espansiva nella
convinzione che ciò rimetta in moto il processo di crescita economica e, aumentando il PIL,
si riduca il rapporto debito/PIL, e chi invece auspica una politica di rigore, ossia una riduzione
della spesa pubblica per ridurre il debito pubblico le cui grandi dimensioni sono giudicate una
componente pericolosa in una situazione di crisi. Questa seconda opzione è stata accolta a livello
europeo e ciò ha condotto a politiche di bilancio fortemente restrittive.
Leggi con attenzione i seguenti brani, che espongono le tesi di due dei maggiori economisti
(ambedue premi Nobel) contrari alle politiche di rigore varate in Europa, ed esegui poi quanto
richiesto.
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illusione di cui i leader politici sembrano
prigionieri, né la Grecia, né il Portogallo e
nemmeno l’Italia, eppure bisognerà trovare una
voce collettiva per porre fine a tanta miseria e a
tanta infelicità.
È interessante notare come buona parte della
macroeconomia moderna ha costruito modelli
incentrati su casi specifici, in cui non emergono
inefficienze del mercato e dove quindi
l’intervento pubblico ha scarse possibilità di
prevenire una crisi o accelerare una ripresa.
La crisi ha messo in evidenza le deficienze
dei modelli macroeconomici correnti. Per
una teoria scientifica la prova è la predizione:
sottoposti alla prova più importante – dove
la risposta contava molto per noi – i modelli
hanno fallito, e fallito miseramente.
La mia critica non si limita al fatto che il sapere
convenzionale – che non solo non ha previsto
la crisi, ma che diceva che una crisi del genere
non sarebbe potuta accadere – non è stato
in grado di anticipare l’evoluzione della crisi
nemmeno dopo che la bolla è scoppiata, dal
momento che asseriva che gli effetti sarebbero
stati limitati. Il difetto di fondo dell’approccio
dominante è legato alla sua origine, un
modello basato su assunti grossolanamente
semplificatori che sostengono che l’economia
è efficiente nel senso di Pareto, posizione
che giustifica il ruolo limitato dello Stato.
Come immaginabile, dal momento che,
per costruzione o per presupposto, molte
questioni fondamentali vengono escluse o
ignorate, questi modelli non offrono molte
indicazioni su cosa si può fare per aiutare
l’economia a ripartire. Le politiche di bilancio
possono essere efficaci, soprattutto quando
il mercato del lavoro non mostra segnali di
miglioramento, né ora né nel futuro prossimo,
e quando le persone e le aziende sono in
difficoltà finanziarie. Gli investimenti pubblici,
invece di «estromettere» gli investimenti
privati, potrebbero addirittura incoraggiarli.
In tempi normali, gli effetti di un eccesso di
austerity possono venire bilanciati da una
politica monetaria «accomodante», ma non
è così oggi, con i tassi di interesse a zero.
Programmi di spesa ben disegnati possono
addirittura riuscire a ridurre il debito nel lungo
termine. Politiche ridistributive, da individui ad
alto reddito con bassa propensione marginale
al consumo in favore di individui a basso
reddito, in difficoltà finanziarie e anziani, con
un’alta propensione marginale al consumo,
possono incrementare la domanda complessiva
e ridurre la disoccupazione. La Fed avrebbe
dovuto riconoscere che i difetti di fondo della
cartolarizzazione, per esempio nel caso dei
mutui immobiliari, rendevano difficile (forse
nemmeno auspicabile) rimettere in moto quel
mercato.
I modelli di credito avrebbero dovuto dire loro
che era necessario concentrarsi maggiormente
sulle banche più piccole, quelle attive su base
regionale e da cui dipende il finanziamento di
tante piccole e medie imprese; e avrebbero
potuto dare loro indicazioni sul modo migliore
per orchestrare una ricapitalizzazione delle
banche in grado di rimettere in moto il flusso
del credito.
L’attenzione dovrebbe essere concentrata sul
cercare di capire perché i mercati a volte non
funzionano bene e in che modo Governi con
informazioni limitate possono intervenire per
migliorare il loro funzionamento. Un approccio
del genere dovrà includere necessariamente
un’analisi del rischio, delle informazioni e delle
istituzioni in un contesto di disuguaglianza,
globalizzazione e trasformazioni strutturali,
con una maggiore sensibilità a quegli assunti
(inclusi gli assunti matematici) che presumono
di fatto quello che dev’essere dimostrato
(per esempio riguardo ai benefici della
diversificazione del rischio, degli effetti delle
ridistribuzioni). Questo approccio dovrà essere
basato sulla consapevolezza che in presenza di
informazioni imperfette e mercati del rischio
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MACROECONOMIA OLTRE L’AUSTERITY
Joseph Stiglitz, 28 aprile 2013 - Il Sole - 24 Ore
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incompleti, le economie di mercato non sono
necessariamente efficienti o stabili. Questi
problemi non sono capricci trascurabili, su cui
sorvolare in omaggio alle virtù del capitalismo.
Anche cambiamenti di così modesta portata
sarebbero un buon inizio: la posta in palio è
importantissima e il costo di aver prestato
troppa attenzione ai modelli sbagliati degli
economisti è stato enorme.
1. Nel primo brano si afferma che i leader europei hanno affrontato la crisi economica con una
politica di rigore. Quali sono stati gli strumenti utilizzati a tale fine?
Di fronte al rischio di una crisi sistemica nell’area euro, l’Unione europea ha deciso di affiancare
agli strumenti di controllo della finanza pubblica dei Paesi membri, basati su interventi a
posteriori come il Patto di stabilità e crescita, altri strumenti di carattere preventivo.
Questa esigenza ha prodotto una ristrutturazione dei poteri politici all’interno dell’Unione: al
Consiglio europeo è stato affidato il potere di fissare gli obiettivi di finanza pubblica ritenuti
essenziali per garantire la sopravvivenza della moneta unica; alla Commissione è stato assegnato
un forte potere di attuazione degli obiettivi individuati dal Consiglio.
Il recepimento della regola sul pareggio di bilancio può essere verificato dalla Corte di giustizia
dell’Unione europea, con sentenza vincolante che può essere seguita da sanzioni finanziarie
qualora lo Stato membro interessato non vi si sia conformato.
I Paesi dell’area euro si impegnano ad adottare le decisioni del Consiglio nel quadro di una
procedura per i disavanzi eccessivi a meno che una maggioranza qualificata non vi si opponga.
2. Nel primo brano si fa riferimento al processo di formazione dell’Unione europea iniziata negli
anni Quaranta del secolo scorso. Quali furono le motivazioni di tale costruzione di una Europa
unita?
Negli anni Quaranta del secolo scorso prese corpo l’idea del superamento delle antiche divisioni
tra gli Stati europei, in vista della loro integrazione in una struttura politica superiore.
Le motivazioni erano varie. Sul piano economico, ci si rendeva conto che solo la creazione di
un’economia di dimensione europea avrebbe potuto reggere il confronto con le altre economie
mondiali. Sul piano dei rapporti tra gli Stati europei, si pensava che solo l’integrazione avrebbe
risolto definitivamente i contrasti tra loro (soprattutto tra la Francia e la Germania) per l’egemonia
continentale. Infine, sul piano dei rapporti con il resto del mondo, si pensava che un’Europa unita
avrebbe potuto essere una forza di pace.
3. Secondo l’autore del primo brano le politiche di austerità adottate in Europa hanno
comportato reazioni favorevoli o contrarie nelle quali, però, si sono fuse questioni di politica
economica con quelle di riforma della pubblica amministrazione. Secondo l’autore, infatti, una
politica fiscale espansiva o restrittiva deve comunque fare i conti con il cattivo funzionamento
della pubblica amministrazione. In Italia la P.A. rappresenta sicuramente un freno alla crescita
economica, benché la Costituzione affermi con chiarezza le caratteristiche che l’attività
amministrativa deve avere. Quali sono queste caratteristiche?
L’art. 97 Cost afferma l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, il che significa che tutti i
cittadini devono essere trattati nello stesso modo, senza discriminazioni o favoritismi. L’imparzialità
non significa però che la Pubblica Amministrazione, dovendo essere imparziale, non possa fare
delle scelte di politica amministrativa. Al contrario, il raggiungimento dell’interesse pubblico può
comportare che gli amministrati siano trattati alcuni in un modo e altri in un altro.
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SVOLGIMENTO
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L’art. 97, primo comma, Cost., stabilisce inoltre che i pubblici uffici devono essere organizzati in
modo che sia garantito il buon andamento, cioè l’efficienza, della funzione amministrativa senza,
peraltro, indicare come ciò debba essere fatto.
Il buon andamento richiederebbe che la Pubblica Amministrazione fosse organizzata in modo
esclusivamente tecnico. Invece, essa è subordinata al potere esecutivo dello Stato, delle Regioni
e degli Enti locali. Questo rapporto tra esecutivo e Pubblica Amministrazione è tutt’altro che
facile. Il potere esecutivo è, tra tutti i poteri pubblici, il più altamente politico. Al contrario, la Pubblica
Amministrazione, secondo la Costituzione, deve operare imparzialmente, con riguardo solo alla
legge e all’interesse pubblico.
5. Nel secondo brano si afferma che la banca centrale americana avrebbe dovuto riconoscere i
difetti delle cartolarizzazioni. Quali sono questi difetti?
Le cartolarizzazioni sono state introdotte per ridurre il rischio che assume chi presta denaro
a persone che possono essere in condizioni di non poterlo restituire. Grazie ad esse, infatti,
il rischio si frantuma in tante piccole parti e ciò aumenta la capacità, da parte delle banche, di
prestare denaro e di finanziare così la crescita del sistema economico produttivo.
Questi strumenti finanziari, però, sono molto complessi e ciò favorisce una mancanza di
trasparenza. Poiché gli amministratori delle società che gestiscono questi strumenti sono
remunerati in base ai risultati ottenuti, ossia in relazione alla valutazione dei titoli, essi hanno
tutto l’interesse a far aumentare la valutazione e ciò, grazie alla scarsa trasparenza degli
strumenti adottati, riesce loro agevolmente.
Si sono così create attività finanziarie complesse e opache, impedendo di fatto una corretta
valutazione del merito di credito e finendo spesso per determinare un’eccessiva assunzione di
rischi.
6. Nel secondo brano viene fatta una affermazione che può sembrare paradossale: “Programmi
di spesa ben disegnati possono addirittura riuscire a ridurre il debito nel lungo termine”. Com’è
possibile che l’aumento della spesa pubblica, senza aumentare le entrate pubbliche, procuri una
riduzione del debito pubblico nel lungo periodo?
La politica di bilancio espansiva comporta un deficit di bilancio che è una grandezza flusso.
Le entrate e la spesa pubblica, infatti, si esplicano in un arco di tempo (un anno) e quindi la loro
differenza costituisce, appunto, una grandezza flusso.
Se la politica di bilancio espansiva riesce a raggiungere il suo obiettivo, ossia l’aumento
dell’occupazione e del reddito, l’anno successivo a quello in cui la manovra è stata realizzata
aumentano le entrate nel bilancio dello Stato a causa dell’aumentato reddito e il deficit, in tal
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4. Nel secondo brano si afferma che “In tempi normali, gli effetti di un eccesso di austerity
possono venire bilanciati da una politica monetaria «accomodante», ma non è così oggi, con i
tassi di interesse a zero”. Cosa vuol dire che la politica monetaria può essere accomodante?
Se la politica di bilancio è espansiva ed è efficace, aumenta il reddito nazionale; tale aumento,
però, viene in parte riassorbito dalla riduzione degli investimenti dovuta al fatto che aumentando
il reddito, a parità di offerta di moneta, aumenta anche il saggio di interesse e ciò provoca una
riduzione degli investimenti. Per evitare questa riduzione degli investimenti, la banca centrale può
aumentare l’offerta di moneta, accompagnando così la politica fiscale. Con l’aumento dell’offerta
di moneta il saggio di interesse non cresce e perciò gli investimenti non diminuiscono. In questo
momento, però, i saggi di interesse nel mondo sono molto bassi e la politica monetaria non può
svolgere questa funzione.
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modo, non si riproduce e il Tesoro può provvedere a rimborsare il valore dei titoli. Il debito
pubblico, che è una grandezza stock, nel corso degli anni tende a ridursi sia perché diminuisce
il suo valore assoluto sia perché si riduce il rapporto debito/Pil in ragione dell’aumento del
denominatore della frazione.
8. Nel primo brano si fa riferimento alla zona euro: di cosa si tratta? Quando si è costituita?
La zona euro è il risultato dell’Unione Economia e monetaria prevista dal Trattato firmato a
Maastricht il 7 febbraio 1992. A partire dal 1° gennaio 2002, nei 19 Paesi dell’Unione europea che
hanno progressivamente aderito all’unione monetaria la valuta circolante comune è l’euro, che ha
sostituito le singole monete nazionali.
La creazione della moneta unica ha avuto grande rilievo, non solo simbolico, in vista della
creazione di un’unità politica europea. Infatti, il governo della moneta (stabilità dei prezzi,
controllo dell’inflazione, parità dei cambi ecc.) richiede che l’Unione europea si doti di poteri
politici di governo adeguati.
9. L’Unione europea ha competenze che si sono andate espandendo nel corso degli anni. Come
è avvenuta questa espansione?
Le competenze dell’Unione europea sono andate allargandosi nel corso degli anni con le
modifiche introdotte nei Trattati originari e attraverso:
a. il ricorso alla teoria dei poteri impliciti, elaborata dalla Corte di Giustizia;
b. l’introduzione, con il Trattato di Maastricht, del principio di sussidiarietà.
In base alla teoria dei poteri impliciti, l’Unione può porre in essere tutti quegli interventi che sono
necessari per il perseguimento degli obiettivi per i quali è stata creata.
Il principio di sussidiarietà comporta che l’Ue intervenga solo nei casi in cui i suoi obiettivi non
possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e, a motivo delle dimensioni
o degli effetti dell’azione prevista, possano essere meglio realizzati a livello europeo. Con
questa regola fondamentale si è voluto difendere l’identità dei singoli Stati membri contro il
pericolo di un eccessivo accentramento di funzioni in capo agli organi europei. In realtà questo
principio, benché ispirato a una esigenza di decentramento politico e amministrativo, può
invece, paradossalmente, finire per offrire un importante strumento per scardinare il riparto di
competenze basato sulla enumerazione dei compiti, consentendo un ampliamento degli interventi
comunitari.
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7. Ambedue i brani mettono in evidenza la necessità di un intervento sul mercato dei pubblici
poteri anche nell’attuale fase di globalizzazione. Questo richiede il passaggio da un ordine
giuridico chiuso a un ordine giuridico aperto: cosa stanno a indicare queste espressioni?
Il “modello giuridico chiuso” è fondato su un principio di corrispondenza tra governati e governanti
dove i primi, attraverso il suffragio universale, scelgono i secondi, i quali sono chiamati a porre le
norme a cui tutti devono sottostare.
Con la globalizzazione viene meno la struttura giuridico-politica tipica della modernità e fondata
su uno Stato sovrano, onnipotente, creatore del diritto vigente all’interno dei suoi confini e con
un unico sistema di fonti del diritto. Il singolo Stato non è più il protagonista assoluto della sfera
giuridica, poiché la realtà che deve governare è mutata e si pone in un contesto transnazionale.
In questo scenario, si assiste all’emergere e all’affermarsi di nuovi attori, di istituzioni mondiali a
cui gli Stati partecipano e che svolgono un ruolo importante nella produzione delle norme che
trovano applicazione a livello globale.
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10. Nel primo brano si afferma che: “Nella zona euro, l’integrazione e l’unione monetaria
realizzate prima di avere il sostegno di una più stretta unione politica e fiscale non suscitano
solo infortuni economici ma anche rapporti ostili tra i popoli dei vari paesi.” Un’unione
monetaria comporta la perdita di uno strumento di politica economica, ossia la politica
monetaria con finalità anticiclica. Spiega cos’è la politica monetaria e chi la pone in essere.
La politica monetaria è attuata dalla banca centrale.
La politica monetaria espansiva nella fase recessiva del ciclo: aumento della base monetaria
La Banca centrale può spingere la domanda facendo aumentare l’offerta di moneta. In tal modo,
si verifica una riduzione del saggio di interesse che spinge gli imprenditori a effettuare un maggior
numero di investimenti: la domanda cresce, aumenta il reddito e si riduce la disoccupazione.
La politica monetaria recessiva nella fase espansiva del ciclo
Se la Banca centrale riduce l’offerta di moneta, il saggio di interesse tende ad aumentare e
ciò provoca una riduzione degli investimenti, il reddito cresce in modo meno impetuoso e la
pressione sui prezzi si allenta.
APPROFONDIMENTI
1. La globalizzazione, dal punto di vista giuridico, ha ridefinito i rapporti tra politica ed economia
attraverso il risorgere di un fenomeno giuridico non statale: la lex mercatoria. Illustra questo
processo chiarendo, in particolare, quali sono le conseguenze di questo fenomeno nell’attuale
contesto storico.
L’espressione lex mercatoria si ricollega al fenomeno, sviluppatosi nel Medioevo, di creazione
del diritto a opera dei mercanti. Si tratta di un processo nato dallo stratificarsi degli usi e
delle consuetudini del commercio e progressivamente istituzionalizzato, con l’affermarsi delle
corporazioni, negli Statuti.
Questo corpo di norme veniva preso in considerazione come diritto “universale” destinato a
regolare i rapporti tra i mercatores indipendentemente dalla loro nazionalità, dai luoghi dello
scambio e dalle regole che in essi erano vigenti.
Con il trascorrere dei secoli, tuttavia, e con la nascita e lo sviluppo degli Stati, il potere legislativo
ha assunto progressivamente un ruolo sempre maggiore avanzando la pretesa di esercitare la sua
piena potestà sui soggetti e sulle relazioni che avevano un collegamento con il proprio territorio.
Si afferma un diritto che, anche nella disciplina dei rapporti economici, attribuisce alla legge,
emanata nelle forme fissate dall’istituzione statale, un rango preminente rispetto agli usi o alle
consuetudini, nonché il ruolo di arbitro volto a valutare la rilevanza di questi ultimi sul piano
strettamente giuridico formale.
È solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che iniziano nuovamente a modificarsi gli assetti
istituzionali nella formazione del diritto. Nella nuova era dell’economia globale le esigenze
operative dell’economia e della finanza richiedono continuamente modelli di accordo e forme
giuridiche nuove che non trovano corrispondenza piena nei contratti tipici. Se ne creano, quindi,
di nuovi che in poco tempo si diffondono in tutto il mondo.
La lex mercatoria torna, quindi, a essere un diritto sovranazionale riconosciuto e applicato dai
privati, creato senza la mediazione del potere legislativo e fondato sulle regole naturali dello
svolgimento dei rapporti sociali.
Sono di nuovo gli operatori economici a definire un insieme di regole che si pongono su un piano
di prevalenza o parità con le leggi nazionali o le convenzioni internazionali.
È un diritto globale senza Stato il quale sembra arretrare dal suo fondamentale compito di porre
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Approfondisci adesso uno dei seguenti temi, collegati al brano che hai appena letto.
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norme giuridiche, mostrando una palese incapacità di guidare il cambiamento al passo con le
nuove istanze sociali.
2. Illustra i motivi per i quali i pubblici poteri devono intervenire nel sistema economico di
mercato.
I motivi per i quali i pubblici poteri intervengono nel sistema economico di mercato sono i seguenti
a. In primo luogo, i soggetti pubblici sono necessari per assicurare le precondizioni necessarie
per il funzionamento del mercato: la definizione dei diritti di proprietà dei privati e la garanzia
del rispetto dei contratti.
b. In secondo luogo, i soggetti pubblici sono necessari per aumentare l’efficienza del mercato
qualora esso non riesca a garantire un’allocazione ottima delle risorse scarse e si verifica
quindi un fallimento del mercato. Tra le cause di fallimento del mercato troviamo la concorrenza
insufficiente, i beni pubblici, le esternalità, le asimmetrie informative.
c. I soggetti pubblici devono intervenire nel sistema economico per stabilizzare le fluttuazioni
del reddito e assicurare così la piena occupazione e la stabilità dei prezzi.
3. Nel secondo brano si afferma che: “Questo approccio dovrà essere basato sulla
consapevolezza che in presenza di informazioni imperfette e mercati del rischio incompleti, le
economie di mercato non sono necessariamente efficienti o stabili.” Approfondisci il concetto
di informazione asimmetrica e spiega in quali mercati la presenza di tale situazione ha effetti
rilevanti.
Si ha informazione asimmetrica, in un mercato, quando uno dei suoi due lati possiede
informazioni che l’altro lato non possiede.
L’economista George Akerlof (premio Nobel nel 2001), in un famoso articolo pubblicato nel 1970,
ha messo in evidenza un caso molto importante di asimmetria informativa, quella relativa alla
qualità dei beni.
Il mercato in cui è presente un’asimmetria informativa relativamente alla qualità dei beni scambiati,
invece di selezionare e premiare chi vende le cose migliori, premia chi vende le cose peggiori.
Si dice perciò che, nei casi di asimmetria informativa relativamente alla qualità dei beni, opera
una selezione avversa (al contrario).
Un simile meccanismo opera nel mercato del credito e nel mercato del lavoro.
Nel primo mercato, infatti, le banche non sanno se i clienti che chiedono loro dei prestiti sono
affidabili o meno. In una simile situazione di asimmetria informativa le banche, se sono portate a
prestare denaro al tasso di interesse più elevato, finiscono per finanziare i clienti meno affidabili,
che sono quelli disposti a pagare interessi più elevati perché sanno che difficilmente restituiranno
quanto è stato loro prestato.
Nel mercato del lavoro, analogamente, l’imprenditore non conosce le capacità del lavoratore.
L’imprenditore, se tende a pagare il salario più basso possibile, finisce per assumere i lavoratori
meno capaci, che sono i soli disposti a lavorare per salari bassi.
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d. L’ultima ragione dell’intervento pubblico nel sistema economico riguarda la redistribuzione del
reddito. Una volta scelto il criterio per definire come giusta una distribuzione del reddito, se
il mercato realizza una distribuzione del reddito diversa da quella ritenuta giusta, i soggetti
pubblici - ancora una volta utilizzando il potere d’imperio di cui sono titolari - possono
intervenire per raggiungere un’allocazione delle risorse più vicina a quella reputata giusta.