Huffington Post 18/08/2014
Giovanni Giammarino
Direttore d'orchestra e musicologo
Ascolto psicoanalitico e ascolto
musicale
Premessa: il panorama bibliografico della psicoanalisi mostra una attenzione rivolta
principalmente alle comunicazioni verbali, associative o interpretative, lasciando nell'ombra il
problema del come ascoltare. Le teorie della attenzione fluttuante di Freud, del terzo orecchio di
Reik o della rêverie di Bion, sono appena abbozzate e quindi insufficienti a contenere una così
vasta gamma di esperienze di ascolto che si fanno nella stanza di analisi. Nella pratica clinica,
grazie alla attenzione rivolta alle comunicazioni non-verbali, l'informazione si è arricchita di
messaggi infra-verbali producendo i concetti di "attenzione fluttuante", "identificazione
proiettiva", "controtransfert", "empatia", "rêverie", "holding" ed "enactment", elaborati a
prescindere dai segni linguistici. Ma lo specifico della psicoanalisi ha continuato ad essere
individuato nella parola secondo una inclinazione razionalistica di fondo ereditata dal principio
freudiano di "portare l'Io dove era l'Es", rimanendo così ancorato alla comprensione intellettuale
e alla verbalizzazione di fatti irrazionali.
Come può quindi una simile pratica terapeutica, non a caso definita talking cure, essere
associata ad una arte, soprattutto alla musica, per la quale la parola è superflua e che sembra
andare in direzione opposta riportando l'Io all'Es, al mondo della sincronia, della condensazione,
del piacere sensoriale? La crescente rivalutazione del non-verbale ha sempre più ridotto lo scarto
esistente tra musica e psicoanalisi.
L'avvicinamento alla musica sensibilizza l'orecchio psicoanalitico esercitandolo a dare valore
informativo alla forma fonetica delle parole, al significante più che al significato. Sviluppando
una maggiore perspicacia uditiva all'evento sonoro, invita l'orecchio a scostarsi dai contenuti
verbali e a privilegiare i messaggi trasmessi involontariamente dalla vocalità addestrandolo ad
ascoltare le voci dell'inconscio che, al pari dei lapsus, si infiltrano nella lingua scavalcandone
l'elaborazione cosciente. Inoltre la musica possiede la capacità di stimolare percorsi mentali
alternativi, suggerire deviazioni al pensiero, promuovere una mobilità delle idee favorendo così
l'attraversamento di aree psichiche meno frequentate di altre. L'ascolto musicale indica un
pensare a coté, un esperire a latere, cogliendo tangenzialmente fatti interni non altrimenti
esprimibili. La questione ormai da anni sul tavolo della ricerca è quella di applicare la musica alla
psicoanalisi per addestrare i nostri mezzi mentali a contattare ciò che non può essere detto
esplorando, sul piano clinico, il campo del pre-verbale. Dal segno musicale, secondo ripete
Langer, dotato di indeterminatezza semantica, allusivo e polivalente, si può elaborare una "nuova
chiave", sviluppando un dispositivo semiotico aperto verso la polisemia dei sogni e
dell'inconscio. Tale funzione, donatrice di senso, va modellata quindi, più che sulla precisione del
linguaggio verbale, lasciando ben pochi margini alla libertà ermeneutica, sulla flessibilità di un
ascolto sensibilizzato dalla musica per meglio seguire il dinamismo della vita affettiva.
Huffington Post 18/08/2014
I rapporti tra psicoanalisi e musica sono stati precoci ma non facili proprio per questa ricerca di
un contenuto affettivo latente, nascosto sotto il contenuto manifesto, non essendovi traccia di
alcun contenuto latente nella musica. Il senso del musicale è tutto nel suono. La musica, allo
stesso tempo forma e contenuto, tende a cancellare la cesura significante/significato e quella di
manifesto/latente. Essa è simbolo che si autopresenta. Ecco perché l'approccio psicoanalitico
classico, centrato sullo svelamento di un mondo rimosso, ingegnosamente mascherato da
involucro artistico, ha finito per arenarsi non riuscendo a scovarvi contenuti intellegibili.
La sottovalutazione del valore informativo del significante è stata la conseguenza di una
epistemologia investigativa fondata su una "filosofia del sospetto". L'evoluzione della teoria
psicoanalitica ha portato alla revisione di un simile atteggiamento conoscitivo, configurando il
concetto di inconscio - fra tutti W.R. Bion e I. Matte Blanco - come mondo caotico, asimbolico,
che gradualmente si mentalizza, o come "modo di essere omogeneo" regolato da una logica
strutturalmente diversa da quella della coscienza. Da qui lo spostamento dalla psicoanalisi
classica, lontano dalla decrittazione di un codice che camuffa realtà inconfessabili, verso una
costruzione di linguaggi da prestare all'inconscio che, per la sua natura caotica,
multidimensionale, simmetrica, è impensabile e indicibile. In psicoanalisi l'attenzione si sta
sempre più spostando dal latente al virtuale, cioè non si mira più a scoprire contenuti rimossi,
ma a promuovere un dispiegamento dell'asimbolico nel simbolico o, Matte Blanco docet, di un
infinto dentro una "logica finitaria". E affinché un modo di essere impensabile si traduca in
messaggi comprensibili, bisogna predisporre un campo mentale idoneo alla costruzione di forme
in grado di significarlo, forme da costruire di volta in volta proprio come nella creatività artistica.
Si sta quindi sempre più facendo strada, accanto a quella così detta investigativa, una
epistemologia costruttivistica e, coerentemente con questa, una psicoanalisi ispirata all'arte.
Tutto ciò implica un ribaltamento dei rapporti tra psicoanalisi e arte passando da una teoria dei
meccanismi inconsci che avrebbe potuto far luce sulla genesi dell'opera, alla concezione di arte
come esercizio di pensiero che può sostenere la psicoanalisi nell'elaborare forme sempre più
ricche e capaci di simbolizzare l'asimbolico, di prestare una lingua a un mondo che non ne
possiede alcuna. Secondo il Perrotti, attraverso le forme musicali si comunicherebbe quella
tensione emozionale, non traducibile in parole, che ritroviamo nel grido, nel riso e nel pianto,
vale a dire che la musica offrirebbe una struttura logico-lnguistica a questi aspetti spontanei
dell'espressività vocale correlati ad alcuni affetti primari quali paura, dolore e gioia e che sono
emozioni universali caratterizzando i fondamentali processi di sviluppo della nostra vita psichica
e che hanno un versante patologico nell'angoscia, nella depressione e nella mania. Eggebrecht
avvisa di come la musica introduca un principio d'ordine nel disordine emozionale e produca una
esperienza che meglio di altre favorisce la conquista sensibile di un senso identificando il
principio della musica occidentale come una coppia di opposti, emozione e mathesis, secondo
unacoincidentia oppositorum di passione e calcolo, creatività e distruttività: nel produrre un
suono se ne annulla il precedente, il nuovo annulla lo stato precedente. Questa complessa
semanticità affettiva pone con forza la dicotomia significato-senza significato ben investigata dal
Lager accettando l'idea che tutta l'attività mentale si basi su forme simboliche e sostenendo, in
contrasto con Wittgenstein, che le facoltà di significazione e di conoscenza dell'uomo vanno oltre
la parola e il campo logico. Contro i neopositivisti Lager non crede che la capacità di simbolizzare
si riduca a quella dei simboli logici.
Huffington Post 18/08/2014
L'esperienza umana non è e non può essere tutta contenibile nei nostri discorsi, il limite della
conoscenza non essendo lo stesso dei mezzi linguistici di cui si dispone ma, al contrario, una
ampia regione dell'universo psichico sfugge ai meccanismi semantici verbali e razionali ed è ben
compresa nei modi simbolici dell'arte (Lager). L'arte quindi costituendo un vero e proprio mezzo
comunicativo e conoscitivo atto a significare quei fatti umani, affettivi specialmente, non
esprimibili con i sistemi simbolici organizzati. Questa "nuova chiave", come lo stesso Lager
definisce, è rappresentata meglio di ogni altra arte dalla musica, così adatta a svolgere funzioni
semantiche non linguistiche essendo la più astratta ma, al contrario, presentando anche una
forma pura, scevra da qualsivoglia contenuto. Essa è simbolo non consumato che non si
esaurisce nel rappresentare qualcos'altro, ma rimane insaturo, alludendo ad una quantità infinita
di oggetti. La musica è forma significante che rimanda costantemente ad infinite significanze e
acquistando senso compiuto solo nell'incontro con il suo fruitore aprendo uno spazio
significante, un'area psichica ove possono germinare tanti significati sentimentali possibili, legati
alla personale esperienza dell'ascoltatore e dell'esecutore. La musica non trasmette sentimenti, li
stimola, riflettendo così le forme verbalmente inesprimibili del sentire: la struttura dinamica
della nostra vita affettiva. Tutti i sentimenti hanno in comune un certo grado di intensità,
velocità di decorso, ritmo, dinamica e di un carattere più o meno energico. E sono proprio tutti
questi aspetti inerenti alla vita emozionale che vengono ad incarnarsi nelle forme simboliche
musicali ove non dobbiamo cercare l'espressione ma l'insorgere, il crescere o diminuire, il
decorso di un flusso emozionale con tutta la sua concitazione e sfumature.
I cosiddetti "affetti vitali" (Daniel Stern) sono caratterizzati da una esperienza psichica in
divenire e sono per questo descritti da verbi e non trovano espressione nel lessico e nei concetti
delle teorie esistenti a differenza degli "affetti categoriali" (Daniel Stern) come felicità, tristezza,
paura, rabbia ecc. essendo considerati correntemente stati affettivi e descritti da sostantivi. Uno
dei mezzi tecnici con i quali la musica esprime più semplicemente gli "affetti vitali" è il modo
armonico rappresentando il carattere energico, vitale appunto, dei sentimenti espressi, non la
loro identità. H. Racker anche riflette in modo davvero intrigante circa le correlazioni tra musica
e mondo affettivo, considerando il piacere procurato dalla musica correlato al piacere provato
dall'infante nel cogliere i suoni che segnalano l'imminente arrivo della madre prima che si renda
ella visibile.
Insomma: se il suono riesce ad espandere i confini della visione, a far percepire ciò che non si
vede, anche i simboli musicali sono da ritenere più adatti ad ampliare le facoltà percettive. Tali
simboli non hanno precisi referenti esterni ma alludono piuttosto ad oggetti indefiniti, vaghi,
lontani, come se preparassero la psiche ad una conoscenza che faccia a meno della concretezza,
della tangibilità, della corporeità di un oggetto. La musica impegna la mente nella
rappresentazione dell'invisibile sollecitandola ad addentrarsi con una materia impalpabile,
eppure viva e presente, a sentire quindi l'esistenza di realtà che non possono essere toccate o
viste, non solo esterne, ma anche interne. La musica quindi è simbolo che facilita il contatto con
il nucleo formativo del sentire umano. Essa è simbolo capace di designare realtà psichiche in
fieri che nascono e muoiono nell'animo. Musica è forma evocatrice, non di stati mentali già
strutturati, ma di processi psichici in formazione altrimenti difficili da cogliere per questo loro
dinamismo.