Ciao ciao tv generalista Digitale a passo di carica

N°3. 11-24febbraio2008
pag.trenta
Multimedia
Amobee Media System,
una start up di Israele, fornirà
video gratuiti ai 29,1 milioni
di utenti Umts italiani
di Vodafone in cambio
di messaggi commerciali
L’ERA DELLA CONVERGENZA
Trend. La Dtt è in crescita con un ritmo annuo superiore al 20%
Ciao ciao tv generalista
Digitale a passo di carica
È allarme rosso nei paesi europei per gli ascolti dei vecchi canali tradizionali
ENZOLIMA
P
er la vecchia televisione
generalista è allarme rosso. Nei principali mercati
europei, Gran Bretagna, Spagna,
Francia e Italia, la perdita di ascolto
dei canali generalisti terrestri, ovvero
la televisione tradizionale, continua a
segnare anche nel 2007 perdite significative a vantaggio dei canali delle
nuove piattaforme digitali, satellite
a pagamento, digitale terrestre e Iptv.
La Gran Bretagna che è il paese con la
più alta penetrazione di televisione digitale, a fine 2007 oltre il 90%, i canali
generalisti perdono il 3,2 % rispetto
al 2006. In Francia si ha la perdita più
0,83% per i canali unicamente tdt.
Analizzando la quota di ascolto
registrata nell’universo dei possessori
di decoder tdt, i canali trasmessi unicamente sulla piattaforma digitale terrestre
salgono al 4,64%. Considerando che in
Italia l’offerta di nuovi canali digitali
terrestri è, a detta degli stessi editori,
non particolarmente attrattiva, ovvero, povera, si scopre che il vero caso
di successo è il canale per bambini
Boing, del gruppo Mediaset. Boing è
un canale gratuito che registra uno share
sul totale individui dello 0,33%. Valore
che lo colloca come il canale solo tdt
più visto, ed al quarto posto tra i canali
tematici di tutta la televisione italiana
digitale per ascolti, alle spalle di Fox
Crime, Disney Channel e Sky sport 1.
Questo a dimostrazione che l’offerta di
contenuti attrattivi premia la piattaforma digitale terrestre che, a sua volta,
rappresenta la salvezza per la vecchia
televisione analogica.
Boing (Mediaset)
unico caso di successo
nell’offerta digitale
terrestre italiana
consistente, il 3,7%, mentre in Spagna
la più contenuta, l’1,1%.
L’avanzare della televisione digitale
è sostenuta, in tutti e quattro i paesi in
esame, dalla televisione digitale terrestre che ha ormai superato la piattaforma satellitare e cresce ad un ritmo
annuo superiore al 20%.
Questa è in realtà una buona notizia
per le vecchie reti generaliste terrestri.
Perché mentre il satellite e l’Iptv normalmente rappresentano la concorrenza in termini di editore e di offerta di
canali, la televisione digitale terrestre
è l’evoluzione naturale della vecchia tv
analogica. In teoria gli spettatori persi
sull’analogico possono essere ripresi
sul digitale terrestre anche attraverso
una maggiore offerta di canali ed evitare la loro migrazione verso le offerte
a pagamento del satellite o dell’Iptv.
In Italia, dove la televisione digitale
ha superato il 45% di diffusione e la
tdt il 19,2%, i canali generalisti hanno
perso nel 2007 l’1,7% di share rispetto
all’anno precedente. La situazione italiana va letta ed interpretata in maniera
diversa rispetto ai cugini europei. La
tenuta dei canali tradizionali è dovuta
principalmente a una scarsa offerta di
contenuti gratuiti sulla piattaforma
digitale terrestre. Mentre l’ascolto
perso va a tutto vantaggio della piattaforma satellitare a pagamento (Sky).
A leggere bene i pochi dati disponibili
relativi agli ascolti del digitale terrestre
italiano, pubblicati su autorizzazione
di Auditel nel Secondo Rapporto sulla
televisione digitale terrestre realizzata
dall’associazione Dgtvi, è interessante
vedere la composizione dell’ascolto
digitale terrestre. L’ascolto complessivo tdt è del 2,69%, di cui 1,86% per
i canali generalisti in simulcast e lo
Dtt, il 40% si mette in moto
Una commissione dell’Agcom sceglierà i fornitori
Ancora un passo avanti nell’allargamento del mercato televisivo
digitale. L’Agcom ha nominato la
commissione incaricata di scegliere i fornitori di contenuti indipendenti e le emittenti in deficit di copertura, che accederanno al 40% della
capacità trasmissiva dei multiplex di
Rai Elettronica Industriale (Mediaset) e Telecom Italia Broadcasting
(Telecom). La commissione è
composta da Giovanna De Minico, docente di Diritto comparato
all’Università di Napoli Federico II,
Mauro Miccio, docente di Comunicazione pubblica e di impresa
all’Università di Roma Tre, Augusto
Preta, docente di Teorie e Tecniche
dei Nuovi Media all’Università di
Sassari, Mario Egidio Schinaglia,
ex presidente del Consiglio di
Stato; Francesco Siliato, docente di
Sociologia dei processi culturali e
della Comunicazione al Politecnico
di Milano.“La nomina - ha commentato Stefano Mannoni, Agcom - è un
importante momento di implementazione del must carry, nel rispetto
degli impegni presi dall’Authority
su un accesso non discriminatorio
alle risorse”. La stessa Agcom e il
Ministero delle Comunicazioni hanno definito i criteri di accesso alla
selezione: saranno titolati i soggetti
- anche consorzi o cooperative - in
possesso dell’autorizzazione di
fornitore di contenuti nazionale o
che acquisiscano tali requisiti entro
60 giorni dall’eventuale aggiudicazione; emittenti nazionali analogiche
senza la copertura minima prevista
dalla legge Maccanico (l’80% del
territorio e i capoluoghi di provincia); emittenti locali analogiche
prive di impianti Dtt che coprano
almeno l’80% del proprio bacino; i
fornitori di contenuti via cavo o via
satellite. È la prima volta in Italia si
adottano procedure pubbliche non
discriminatorie per l’assegnazione
di frequenze televisive, come previsto dalla Ue.
SENTIERIdelVIDEO
www.corrierecomunicazioni.it
Che Italia fredda
di fronte alle sorprese Ue
sul fronte pubblicità!
La nuova direttiva Media senza frontiere
introduce enormi novità per il settore
... Ma preferiamo parlare di nomine Rai
N
on si riette abbastanza sulle prossime
conseguenze della nuova direttiva “Media
senza frontiere” (ex “Tv senza frontiere”,
n. 2007/65) sul mercato televisivo italiano. Ci sono
in particolare cinque innovazioni che riguardano il
mercato pubblicitario che modicheranno radicalmente la raccolta pubblicitaria nel momento in cui
gli investitori cominciano a chiedere se non conviene
puntare di più sulla pay tv, sul satellitare, sul digitale
terrestre, su Internet. La prima di queste innovazioni
è il fatto che le telepromozioni saranno considerate nalmente - pubblicità. La loro mancata inclusione fra
la pubblicità è stato indubbiamente un vantaggio per
Mediaset e anche per Rai. Tuttavia le altre innovazioni
hanno anche un altro segno: si introducono infatti
forme di pubblicità oggi non consentite, come lo Split
Screen (una parte dello schermo ritagliata per una
pubblicità mentre il programma continua), il Product
placement (prodotto mostrato durante un programma
con la sua marca) e la pubblicità interattiva. Inoltre,
viene liberalizzata la pubblicità sulle pay tv.
È facile immaginare che gli effetti di questa direttiva
andranno in direzione di un rafforzamento della pay
(che già oggi è il 30% del mercato), di un indebolimento dei broadcaster generalisti (e della Rai più che
Mediaset) e dell’introduzione di meccanismi di cattura dell’attenzione che abbasseranno ulteriormente la
qualità della programmazione. La torta pubblicitaria
resterà quella che è, vista una crisi neanche troppo
strisciante; essa sarà frammentata più che in passato,
alcune barriere contro la tv spazzatura, con tutto il
rispetto per la spazzatura vera di Napoli e dintorni,
verranno a cadere.
Le inuenze più rilevanti sono tuttavia sul terreno
economico: il ruolo della pay è destinato a crescere
ancora; essa è ormai indispensabile per giungere ai
giovani e giovani adulti, mentre la platea televisiva
invecchia a vista d’occhio. Sarà privilegiata la convergenza rispetto al “nazional-popolare”; in controtendenza ad una spinta verso la gratuità, che vede i
contenuti come commodity, molto forte nella stampa
quotidiana di fronte all’offensiva della free press. Sarà
accentuata la produzione di contenuti multipiattaforma
e users generated. Ci chiederemo allora se “servizio
pubblico” sarà la banalità di molte trasmissioni attuali, o qualche canale culturale e informativo di tipo
satellitare, fatto seriamente. Ma di tutto ciò non si
parla: sembra che il problema principale sia la legge
sulla Rai, il rinnovo del Consiglio della Rai, le nomine
alle Rai. Dimenticando che la tv non è che il 20% del
mercato delle telecomunicazioni.
Di ENRICO MENDUNI
Professore di Media e Comunicazione
all’Università Roma Tre di Roma
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