ONE DIMENTIONAL MAN – Oppressioni di ieri e di oggi Non esiste nulla di più superficiale di ciò che è profondo “ Mi sembra di ricordare che un po’ diversa mi sentivo, sotto sotto. Ma se non sono la stessa, allora domando e dico: chi cavolo sono? Ah, questa sì che è una domanda da centoventidue milioni!”. Lewis Carrol, In un lago di lacrime, in “Alice nel paese delle meraviglie”, p. 29 “ - Sarebbe stato meglio se non avessi pianto tanto! -, disse Alice nuotando in tondo alla ricerca di un approdo. - Adesso sarò messa in castigo, credo : mi faranno annegare nelle mie stesse lacrime! Ma già, tutto il mondo , oggi, è roba dell’altro mondo !- ”. Lewis Carrol, In un lago di lacrime, in “Alice nel paese delle meraviglie”, p. 33 “ Il Coniglio ben presto si accorse di Alice , che continuava a scrutare per terra, e la richiamò all’ordine con tono collerico : - Insomma, Marianna, che ci fai da queste parti?Vattene subito a casa e portami un paio di guanti e un ventaglio !Spicciati! - . E Alice ne fu così terrorizzata che corse come una saetta nella direzione da lui indicata, senza neppure tentare di chiarire l’equivoco”. Lewis Carrol, Senza Billyetto non si entra, in “ Alice nel paese delle meraviglie”, p.53 “ Un lato ti farà diventare più alta e l’altro lato più piccola.- Un lato di che? L’altro lato di che?- pensò Alice fra sé e sé. Del fungo, disse il bruco. (…). Alice rimase pensierosa a contemplare il fungo per un po’, cercando di scoprire quali erano i suoi due lati : impresa non da poco , essendo il fungo perfettamente rotondo”. Lewis Carrol, Larvato consiglio di Bruco, in “Alice nel paese delle meraviglie”, p. 75 (*) Non esiste nulla di più superficiale di ciò che è profondo : ciò che è profondo , in qualche modo emerge; ciò che è profondo, in qualche modo esplode; ciò che è profondo, in qualche modo salta fuori e prende il suo posto. Siamo come un ascesso : non possiamo sapere cosa c’è dentro , finché non lo buchiamo; possiamo prendere coscienza del suo contenuto solo dopo averlo aperto, scoperchiato. Sarà la superficie a dirci che cosa c’era dentro. Il nostro ascesso è il linguaggio , fatto di parole e non – parole , spesso di cupi silenzi. Il linguaggio, per natura annidato nelle nostre profondità e avvolto di mistero, incatenato da una certa tendenza all’implosione , per natura si volge all’esplosione, diversamente non potrebbe essere. La superficie è innanzitutto linguaggio , dunque. E il linguaggio è un gioco strano , una guerriglia : Alice conduce una lotta dura e severa contro i giochi linguistici ( * ), forse contro la filosofia , in nome della vittoria ( supremazia finale – tragica ) del poetico sul logico ( contro la pretesa assoluta del logico). La filosofia inventa se stessa – inventa il suo linguaggio ( Uno – Molteplice; Profondo – Superficiale ) – e inventa la sua autodistruzione linguistica – non di senso certamente – approdando alla poesia. E questa poesia della filosofia diventa una specie di meta – linguaggio , che si auto – alimenta attraverso alcuni archetipi di posizione: depotenziamento della parola , rottura – spaccatura del corpo , identificazione terra- infinito, “ramarrità” dell’esistenza, paradossalità del rapporto non esssere – immensità. Accanto e oltre la filosofia, solo la poesia è stata in grado di spaccare – forare – bucare l’ascesso. La poesia, nella sua nudità anti – accademica , ci restituisce il sacro, l’inviolabile. Troppo spesso il logico della logica oscura il sacro, riducendolo a pura espressione di margine. C’è anche un poetico della logica, ed è forse questo che Alice continua disperatamente a cercare. Povere mie parole. Stracci, o frecce di sole? (Giorgio Caproni) La vita è ricordarsi di un risveglio triste in un treno all’alba: aver veduto fuori la luce incerta aver sentito nel corpo rotto la malinconia … ( Sandro Penna) Io come sono solo sulla terra coi miei errori, i miei figli,l’infinito. ( Giorgio Caproni) Giunto fra un incrociar di lenti carri stetti fra un indugiar di lenti affetti sotto il cielo mirando i caldi tetti esitavo nel sole tra i ramarri. ( Sandro Penna) Sta forse nel non essere l’immensità di Dio? ( Giorgio Caproni) Monte Orfano, 24 novembre 2010 Giacomo Paris