L’Associazione Progetto Famiglia DCA, costituita nel 2004 e formata da famiglie di
pazienti affetti da Disturbi della Condotta Alimentare ed operatori della Salute
Mentale medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociosanitari, è da allora operante
presso il Policlinico Umberto I nel campo della Formazione e della Ricerca per i
DCA.
L’Associazione che si occupa di Formazione/Informazione, Prevenzione primaria e
Ricerca per i Disturbi della Condotta Alimentare ha attivato un percorso di
informazione e conoscenza sui DCA già per molte famiglie e diversi operatori
sociosanitari così come nel settore scolastico ottenendo in questi anni grande
interesse e consenso.
L’Associazione attualmente diretta dai professori Emilia Costa e Camillo Loriedo in
Convenzione con il Policlinico Umberto I intende continuare ad operare sia
all’interno del Policlinico Universitario, sia per tutti i Servizi Socio/Sanitari della
Regione Lazio che lo richiedono, in quanto il settore dei Disturbi della Condotta
Alimentare, pur essendo in grande espansione è assolutamente carente nella risposta
ai bisogni dei cittadini sia per la formazione degli operatori che per il sostegno alle
famiglie.
La lunga esperienza e competenza dei dirigenti e dei membri dell’Associazione che
hanno saputo attuare, organizzare e dirige il primo centro pubblico per i DCA con
degenza, day hospital ed ambulatorio, che rappresenta un centro pilota per tali
disturbi, propone il seguente progetto informativo-formativo-organizzativo sui DCA
per utenti ed operatori.
DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE
Il rapporto con il cibo
La relazione con il cibo può essere vista come una modalità espressiva, legata ai
diversi contesti culturali secondo i vari periodi della storia. Il rapporto con il cibo è
inoltre condizionato dal modo in cui ognuno di noi percepisce il proprio corpo ed il
mondo in cui questo si muove ed intesse le sue relazioni nel mondo.
La dimensione antropologica del cibo si presenta necessaria ai fini della migliore
comprensione dei Disturbi della Condotta Alimentare (DCA) e può essere di
indicazione nella diagnosi e nel trattamento degli stessi.
Infatti nell’ambito di ogni gruppo sociale, esiste un codice prescrittivo riguardante sia
la preparazione che la consumazione del cibo.
Il rituale dell’alimentazione è quindi costituito da un complesso di segni, ciascuno
con un proprio valore simbolico che comunica, agisce e condiziona.
Secondo Levi Strass (1966) la funzione “segnica” delle abitudini alimentari che
contraddistinguono ciascun gruppo etnico indica che la cultura gastronomica di una
società costituisce : “…un linguaggio nel quale questa società traduce
inconsciamente la propria struttura o addirittura rivela, sempre senza saperlo le
proprie contraddizioni”. In altre parole attraverso il rapporto che abbiamo con il cibo
possiamo comprendere il nostro carattere, la nostra visione del mondo, le nostre
relazioni, la nostra cultura (Costa 1983)
La cultura gastronomica ed il rito dell’alimentazione rappresentano dei sistemi
composti da segni che non hanno valore assoluto, ma acquisiscono un significato
sulla base della relazione e/o dell’opposizione con altri segni.
La varietà di elaborazione degli alimenti si dispiega lungo un percorso che parte dal
cibo crudo fino a giungere al cibo cotto. La presenza di determinati ingredienti ed
elementi, quali l’acqua, il fuoco, il fumo, i condimenti, incluso l’ordine di
presentazione delle vivande, rappresentano il percorso che dalla natura porta alla
cultura.
Il momento del pasto, quando i membri di un dato gruppo si riuniscono intorno al
desco e condividono il rito di consumare specifici alimenti, preparati in un modo
caratteristico del gruppo d’appartenenza, connota l’unità del nucleo familiare.
Nella famiglia nucleare attuale, il modello tradizionale della consumazione del pasto,
tutti insieme, ad orari prestabiliti e noti a tutti, è stato sostituito da modalità
diversificate di assunzione del cibo, che spesso non consentono una buona
comunicazione in famiglia, con possibilità di assaporare e gustare cibi e
conversazione; in sintesi la buona convivialità di un tempo che assumeva a diverse
funzioni educazionali ed affettive va sfumando, pur rimanendo valido il concetto che
le regole implicite a tale modello indicano i criteri di inclusione/esclusione dal
gruppo familiare.
Aimez (1982) definisce anoressici, bulimici, obesi, tossicomani e alcolisti come
“delinquenti alimentari” cogliendo appieno la potenzialità disgregazionale della
sintomatologia sul gruppo familiare d’appartenenza.
Il consumo dei pasti tuttavia, al di fuori degli orari prefissati dalle regole vigenti
all’interno del gruppo familiare e sociale di appartenenza, è uno dei mezzi utilizzati
dagli adolescenti per affermare la loro individualità, anche lo sciopero della fame è da
sempre uno strumento di lotta e condizionamento sociale utilizzato dai più deboli per
richiedere il rispetto dei propri diritti e la dove non si hanno diritti, il riconoscimento
degli stessi.
Così i pazienti di oggi chiedono attraverso la malattia alla famiglia di rispettare il
proprio diritto alla crescita sviluppando la sua propria identità ed autonomia,
gradualmente diversificandosi da madre e padre per diventare sempre più sé stessi
(Costa 1983).
Cenni storici sull’Anoressia e Bulimia Nervosa
A ritroso nel tempo: dalle sante anoressiche agli artisti della fame
Fino alle osservazioni di Morton nel 1689 non c'è traccia del Disturbo Anoressia nella
letteratura medica: occorre saperla riconoscere in aree diverse da quelle
medico-biologiche.
Ad esempio nella letteratura religiosa: se rivisitiamo la vita di tante sante medioevali
riconosceremo in esse un'anoressia ante litteram, così come possiamo immaginare
una storia di isteria in tante "streghe" destinate al rogo nei secoli bui.
Le sante del Medio Evo, pervase da una spiritualità mistica ed ascetica, animate da
una vibrante tensione verso Dio, da un desiderio di innalzare l'anima al cielo
mediante la mortificazione della carne, potevano trovare la morte proprio
nell'esasperato rifiuto del cibo.
Se "l'uomo è ciò che mangia", la santa anoressica non è o, per lo meno, tenta di non
essere in un certo modo. E in questa assoluta negazione, attraverso il digiuno, di tutto
ciò che è materiale, la santa non solo soffre, si punisce, sceglie di non essere, ma nega
anche la sua femminilità. Il suo corpo di donna, "strumento del diavolo" secondo la
cultura del tempo, va annientato; le sue pulsioni sessuali, che la riportano alla terra,
vanno contrastate. Cessano così le ricorrenze mensili che ciclicamente ricordano a
ogni donna la sua precisa identità sessuale e la sua possibilità di procreare, e
finalmente la santa può accedere a un'agognata condizione "asessuata", in cui è puro
spirito, né maschio né femmina, insensibile a quegli stimoli (dolore, fame, sete,
sonno, libido) che zavorrano alla terra il corpo dell'essere umano. Tale scelta estrema,
che va ben oltre la regola monastica e che pone colei che digiuna in una condizione di
superiorità rispetto agli altri, può allora assumere il significato di un atto di superbia e
venire giudicato come un'intemperanza alla disciplina religiosa che invita alla
moderazione. E infatti tra le sante anoressiche figurano donne tutt'altro che modeste,
talora addirittura indomabili: S. Giovanna D'Arco che alla testa di un esercito liberò
Orléans dagli Inglesi e permise così l'incoronazione di Carlo VII a Re di Francia, S.
Caterina da Siena che si nutriva di sole ostie ma dava ordini ai Papi e poi S. Chiara
d'Assisi, S. Orsola e molte altre.
In altri casi donne che sceglievano "liberamente" la vita monacale o che vi erano
costrette da interessi familiari si difendevano con l'anoressia dal richiamo della carne
e delle cose terrene, diventando in seguito brave ed efficienti badesse.
Tra l'anoressia d'ispirazione (e giustificazione) religiosa del Medio Evo e la sindrome
di pertinenza psichiatrica dei nostri giorni, intercorrono secoli costellati da "fanciulle
miracolose" e artisti della fame". Già dal XVI secolo si hanno notizie di visitatori e
curiosi che in gran numero accorrevano al cospetto (ma sarebbe meglio dire al
capezzale) di fanciulle che, si diceva, digiunavano da mesi o addirittura da anni. Tali
"pellegrini", che volevano verificare con i loro occhi la veridicità di leggende che
varcavano i confini delle città, portavano doni e lasciavano denaro. Nel giro di poco
tempo le "fanciulle miracolose" si trasformano in un vero e proprio business: per
vederle bisognava pagare un biglietto di ingresso e se venivano sorprese nell'atto
segreto di mangiare rischiavano il carcere, la gogna, talvolta la morte: il miracolo
sfumava nella frode.
Più tardi si diffonde la moda degli artisti della fame: con ormai dichiarato scopo di
lucro, si esibiscono nei circhi e nelle fiere di paese gli "scheletri viventi", digiunatori
che, come fenomeni da baraccone, richiamano pubblico sotto i tendoni e soldi nelle
casse degli impresari.
Nell'era scientifica l'AM non è più "santa" come nel Medio Evo o "miracolosa" come
in epoche successive, ma diventa una vera e propria malattia. Una patologia
prevalentemente femminile e con tendenza all'aumento nei paesi economicamente più
sviluppati.
Comunque solo nel 1689 il medico Richard Morton pubblicò il primo trattato che
parla di Anoressia Nervosa, condizione che l’autore riporta come una consunzione
nervosa causata da tristezza e preoccupazione ansiosa descrivendo due casi: “la figlia
della signora Duke” che si ammalò di anoressia a diciotto anni ed un ragazzo
descritto come “il figlio del Reverendo Mister Steele che si ammalò all’età di 16 anni
e solo due anni dopo ambedue chiesero l’aiuto di Morton.
Simili casi furono descritti nel 1767 da Robert Whytt, all’Università di
Edimburgh, e nel 1768 da De Valangin del Royal College di Londra. Particolare
interesse riveste il caso di una giovane donna che volendo dimagrire si nutriva solo di
tè e pane con burro.
Solo dopo 100 anni appare un nuovo lavoro sul trattamento dell’anoressia ad
opera del Dr. Louis-Victor Marcè dell’Hopital Bicetre di Parigi: “appunti su una
forma di delirio ipocondriaco derivato da una dispepsia e caratterizzato
principalmente dal rifiuto degli alimenti”. L’autore individuò la natura psichiatrica
della patologia di cui colse anche la profondità della psicopatologia.
Nell’anno 1873 il disturbo alimentare riceve la denominazione che tutt’ora
conserva “Anoressia Nervosa” ad opera di due studiosi che descrivono separatamente
la patologia: Charles Lasegue medico presso La Pitié Hospital a Parigi che descrive
“l’Anoressia Isterica” e Sir William W. Gull, medico al Guy’s Hospital di Londra che
parla di “Anoressia Nervosa (Apepsia Isterica, Anoressia Isterica)”
L’interesse per l’anoressia nervosa continua per tutto il diciannovesimo secolo
soprattutto presso gli autori tedeschi e francesi: Charcot, Lasegue (1889).
Nella prima metà del ventesimo secolo Pierre Janet considera l’Anoressia Nervosa
un disordine psicologico puro e ne distingue due sottotipi: il tipo ossessivo ed il tipo
isterico.
Nel 1914 l’Anoressia Nervosa fu di nuovo interpretata come una patologia fisica,
Morris Simmonds descrisse una insufficienza pituitaria come causa della severa
perdita di peso di alcuni pazienti; interessando così gli endocrinologi su tale
patogenesi rimasta in auge fino al 1930. Purtroppo però i pazienti trattati con estratti
pituitari non migliorarono di molto.
Solo nel 1930 Berkam descrisse 117 pazienti anoressiche la cui sintomatologia
regrediva in seguito a trattamento psicoterapico. Nello stesso anno Venables propone
una interpretazione psicologica in nove casi di Anoressia Nervosa.
Nel 1967 Thoma teorizza che l’anoressia nervosa è il risultato dell’”ambivalenza
orale”.
Infine le moderne teorie di Bruch, Crisp e Russel (1970/80) propongono che la
base dell’inedia nell’Anoressia nervosa rappresenta una lotta per l’autonomia, la
competenza, il controllo e il rispetto verso se stessi.
In accordo con questo punto di vista studi successivi di autori diversi hanno messo
in evidenza come il fallimento della madre nel riconoscere e confermare l’espressione
del bisogno d’indipendenza del bambino porta ad una confusione nel mondo
interiore, che può essere espressa in tre fattori patognomonici per la diagnosi di
Anoressia Nervosa:
1. distorsione dell’immagine corporea caratterizzata dal fatto che la
paziente si vede e si sente sempre molto più grossa di quanto sia nella realtà
2. incapacità di identificare e rispondere alle sensazioni interne del senso di
fame e di sazietà
3. senso di inutilità e mancanza di autostima
Ulteriori studi hanno messo in evidenza il ruolo del padre nello sviluppo
dell’identità psicosociale dell’adolescente anoressica (Costa 1990) ed il ruolo della
famiglia nello sviluppo e nella risoluzione del sintomo anoressico (Costa – Loriedo
2000).
In questo modello di sviluppo mentale la psicopatologia fondamentale
dell’Anoressia Nervosa ha le sue radici nelle esperienze biologiche e
psicopatologiche individuali e familiari che sono l’espressione della difficoltà nel
diventare adulti.
La diversa interpretazione data all'AM secondo i costumi conduce alla riflessione
sul problema di fondo che ci pone l'anoressica: che è quello del corpo, del piacere,
dell’autostima e dell'autonomia. Da ciò scaturisce la domanda se questa "malattia"
che è stata valutata nei tempi in modo diverso può essere considerata "sociale", cioè
legata ad un dato tipo di cultura (Costa - 1983). Fondamentalmente, se pensiamo ai
divieti a cui è stata sottoposta l'autonomia della donna nelle diverse epoche ed alle
restrizioni al godimento del corpo, non è difficile immaginare come la donna possa
utilizzare il comportamento anoressico come mezzo di comunicazione e di rapporto
per acquisire sull'ambiente circostante e su sé stessa capacità di "controllo" e
"potere" secondo le modalità permesse dalla vigente cultura.
Tramite il digiuno la donna sperimenta la possibilità di controllo del proprio
corpo, che non viene più ad essere "gestito" dagli altri, e contemporaneamente
l'autonomia rispetto alle ingerenze degli altri; si "accorge" di una possibilità: che
attraverso la regolamentazione delle funzioni corporee si sviluppa il potere della
mente, che questo potere può essere usato su se stessa e sull'ambiente umano
modificando la relazione con gli altri, quando non portatrice di gratificazione e
quando non permette di utilizzare il proprio corpo secondo il desiderio ed il piacere.
La bulimia Nervosa al contrario dell’Anoressia viene descritta molto più tardi,
inizialmente come “ una minacciosa variante dell’anoressia nervosa” (Russel 1979),
a causa dei sintomi bulimici che si potevano manifestare anche nelle anoressiche.
Infatti precedentemente la bulimia veniva spesso confusa con l’anoressia, l’isteria ed
altre malattie psichiatriche. Si deve comunque a Russel l’inserimento nosografico del
disturbo nel 1980 nel sistema diagnostico DSM-III. Anche se in quel periodo la
bulimia veniva ancora descritta in modo poco chiaro come “sindrome dei
grassi/magri”, “iperoressia nervosa”, ecc. Mentre con la nuova edizione DSM-III-R
verrà chiamata Bulimia Nervosa ed inizierà ad assumere
le sue tipiche
caratteristiche, relative però ai disturbi della fanciullezza e dell’adolescenza.
Ed è solo nel 1994, con la pubblicazione del manuale diagnostico DSM-IV
aggiornato, che la Bulimia acquista una sua propria identità con criteri diagnostici più
peculiari, che ne evidenziano anche due sottotipi: il tipo purgativo ed il tipo non
purgativo, divenendo una sindrome specifica e venendo collocata nella sezione degli
adolescenti e degli adulti. Inoltre vengono individuati tratti di personalità di tipo
multimpulsivo con disinibizione sessuale, propensione al furto ed alla menzogna,
comportamenti disturbati nelle relazioni sociali.
La Bulimia dal greco limos e bous, fame da bue, è caratterizzata da irresistibile
bramosia di cibo, in prevalenza alimenti calorici, con perdita di controllo sul
comportamento alimentare ed episodi accessuali di abboffate, durante le quali si può
anche avere un senso di derealizzazione con ridotta consapevolezza. Spesso la
necessità di prevenire l’aumento di peso comporta frequenti condotte di eliminazione
quali vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi con gravi
compromissioni psichiche ed organiche e tendenza alla cronicizzazione.
Comunque per molto tempo ed ancora oggi la Bulimia Nervosa, nonostante il
notevole aumento di incidenza, doppio rispetto all’anoressia, viene sottostimata, in
quanto non presentando visibili effetti somatici come questa, si sottrae
all’osservazione superficiale che non evidenzia le manifestazioni psichiche e
comportamentali disconoscendone gravità e pericolosità.
Inoltre va tenuto presente che circa il 35% di forme anoressiche, se non curate per
tempo, tende a trasformarsi in forme bulimiche, come anche che il sottotipo che
prevale dell’anoressia nervosa è quello con abbuffate/condotte di eliminazione. In
sintesi assistiamo oggi ad una netto incremento delle forme bulimiche con prevalenza
nel sesso femminile con rapporto dal 6/10:1 rispetto a quelle maschili.
Definizione di Anoressia e Bulimia Nervosa
L'Anoressia Nervosa è un disturbo del comportamento alimentare con esordio tipico
in età adolescenziale-giovanile prevalente nel sesso femminile caratterizzato da
abnorme riduzione del peso corporeo, distorsione dell’immagine corporea, paura
morbosa di ingrassare, amenorrea.
Definita da G. Walle "davvero rara" nel non lontano 1973, l'A.M. ha mostrato un
progressivo aumento di incidenza, connotandosi come patologia "emergente" del
nostro tempo soprattutto nelle società tecno-consumistiche.
I molteplici quesiti posti dall'A.N. circa la patogenesi, la diagnosi, la prognosi,
l’approccio terapeutico destano negli studiosi un interesse sempre crescente
indirizzandoli verso due principali aree di ricerca: la collocazione nosografica del
disturbo e la definizione dei meccanismi etiopatogenetici sottostanti.
Il tentativo di inquadramento nosografico di questa patologia oscilla, come dimostra
la letteratura più recente, tra due opposte tendenze: da una parte la volontà di
unificare i sintomi nell'ambito di un quadro psicopatologico primario, dall'altra quella
di ricondurli a specifiche patologie preesistenti o concomitanti prevalentemente di
tipo nevrotico o psicotico.
Studi recenti (Costa 2003/2005) mostrano come l'A.N. in età adolescenziale si
differenzia da quella dell'età adulta e molto spesso non si configura come patologia a
sé stante, ma quale manifestazione di disagio legata a condizioni o tratti
psicopatologici preesistenti o concomitanti, quali: tratti ossessivi, isterici, depressivi,
borderline. Tratti che possono persistere dopo la risoluzione del sintomo anoressico,
costituendosi come patologie residuali che necessitano di ulteriore trattamento.
Mentre l’AN in età adulta più spesso si presenta come espressione di fattori reattivi a
condizioni stressanti, supportata da particolari tratti di personalità.
La Bulimia Nervosa è un disturbo del comportamento alimentare con esordio tipico
in età adolescenziale-giovanile prevalente nel sesso femminile caratterizzato
ricorrenti abbuffate, paura di perdere il controllo, paura morbosa di ingrassare,
distorsione dell’immagine corporea, bassi livelli di autostima, condotte
compensatorie . Ma come per l’Anoressia anche la Bulimia non si caratterizza solo
con l’alterazione del comportamento alimentare ma con una complessità di
espressioni psicopatologiche che riguardano gli impulsi, l’affettività, le cognizioni
che sottendono il disturbo e indicano una struttura di personalità profondamente
disturbata. Nei casi più gravi anche i comportamenti di compenso non risultano
sufficienti ed i rituali di eliminazione del cibo diventano parossistici con
compromissione della funzionalità globale, e difficoltà nella terapia e nella prognosi.
Come nell’anoressia il rapporto con il cibo e l’immagine corporea esprimono disagi e
conflitti personali, familiari e relazionali che richiedono un approccio multifattoriale
con operatoti di diverse specialità e programmi efficaci per la prevenzione delle
ricadute e cronicizzazioni.
La Diagnosi di Anoressia e Bulimia Nervosa
L'Anoressia Nervosa si caratterizza per l'ostinato e categorico rifiuto di alimentarsi
dettato dalla paura morbosa di ingrassare ("fobia del peso" di Crisp - 1975) che si
osserva nelle pazienti anche quando, come spesso accade, le loro condizioni fisiche
sono al limite della cachessia: “come uno scheletro appena rivestito di pelle" (Morton
-1689).
Altri sintomi fondamentali sono l'interruzione dei cicli mestruali, il cui equivalente
maschile consiste nella perdita della libido, la distorsione dell’immagine corporea, la
perdita dell’autostima. Si possono associare inoltre alterazioni dei parametri
biochimici, endocrini ed immunologici.
La Bulimia Nervosa si caratterizza con ricorrenti abbuffate e sensazione di perdere
il controllo durante gli episodi, pura morbosa di ingrassare, distorsione dell’immagine
corporea, bassi livelli di autostima, condotte compensatorie per controllare il peso
come l’esercizio fisico eccessivo ed intere giornate di digiuno o l’uso di
anoressizzanti, diuretici, vomito autoindotto, lassativi o enteroclismi. I sintomi
comuni all’Anoressia sono la paura morbosa di ingrassare, la distorsione
dell’immagine corporea, la bassa autostima, le condotte compensatorie, le alterazioni
dei parametri biochimici, endocrini ed immunologici.
A partire da un quadro clinico che pone l'A.N. e la B.N. a cavallo tra somatico e
psichico e giustifica l'interesse da parte di studiosi di diverse discipline (psichiatri,
psicologi, neurologi, endocrinologi, internisti), molteplici criteri diagnostici sono stati
elaborati nel corso del tempo nell'intento di facilitare il riconoscimento della
patologia e di assegnarle un'identità nosografia. Tuttavia oggi la comunità
internazionale fa riferimento all’ultima edizione del manuale internazionale
“Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” (DSM IV TR - Masson
2000) collegato all'altro sistema diagnostico ICD 10, dove l’A.N. è definita da:
a) rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo considerato normale per
l'età e la statura (p.e. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto
dell'85% di quello previsto; o, in età evolutiva, mancanza dell'aumento di peso
rispetto all’altezza, che porta a un peso corporeo inferiore all'85% di quello atteso).
b) intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare, anche quando si é sottopeso.
c) disturbi nel modo di sentire il peso e le forme del proprio corpo o eccessiva
influenza del peso e delle forme del corpo sulla valutazione di sé, o diniego ad
ammettere la gravità della perdita di peso attuale.
d) nelle donne che hanno già avuto il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre
cicli mestruali consecutivi (si considera una donna amenorroica se i suoi cicli
mestruali avvengono solo dopo somministrazione di ormoni, p.e. di estrogeni).
La Diagnosi evidenzia due sottotipi di Anoressia Mentale:
Tipo restrittivo: durante l'episodio di Anoressia Nervosa la persona non presenta
frequenti episodi di abbuffate o di comportamenti purgativi (p.e. vomito autoindotto o
abuso-uso improprio di lassativi o diuretici)
Tipo bulimico: durante l'episodio di Anoressia Nervosa la persona presenta frequenti
episodi di abbuffate o di comportamenti purgativi (p.e. vomito autoindotto o
abuso-uso improprio di lassativi o diuretici o enteroclismi).
La Bulimia Nervosa è invece definita da:
a) Episodi ricorrenti di abbuffate. Un'abbuffata è definita dai due seguenti caratteri
(entrambi necessari):
- Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (p.e. nell'arco di due ore), una
quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior
parte della gente mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze
simili.
- Un senso di mancanza di controllo sull'atto di mangiare durante l'episodio
(p.e., sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o
quanto si sta mangiando).
b) Comportamenti ricorrenti di compenso indirizzati a prevenire aumenti di peso,
come: vomito autoindotto; abuso-uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci;
o esercizio fisico eccessivo.
c) Abbuffate e contromisure improprie capitano, entrambe, in media, almeno due
volte la settimana per tre mesi.
d) La valutazione di sé è debitamente influenzata dalle forme e dal peso del corpo.
e) Il disturbo non capita soltanto nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.
La Diagnosi prevede due sottotipi
Tipo Purgativo: la persona ha l'abitudine di provocarsi il vomito o quella di usare in
modo inadeguato lassativi o diuretici.
Tipo Non purgativo: la persona usa altri comportamenti impropri di compenso, come
il digiuno o l'esercizio fisico eccessivo, ma non ha l'abitudine di provocarsi il vomito
né quella di usare in modo inadeguato lassativi o diuretici o enteroclismi.
Disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati" (NAS)
Molte altre forme che possono sembrare subcliniche o infracliniche non presentano i
sintomi completi per le diagnosi di Anoressia e Bulimia Nervosa e vengono
classificate come NAS secondo i seguenti Criteri:
1)Per il sesso femminile tutti i criteri dell’AN in presenza di un ciclo mestruale
regolare.
2)Tutti i criteri dell’AN sono soddisfatti, e malgrado la pregressa perdita di peso, il
peso attuale risulta nei limiti della norma.
3)Tutti i criteri della Bulimia nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le
abboffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a due episodi
per settimana per tre mesi.
4)Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte
compensatorie dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione di vomito
dopo aver mangiato due biscotti).
5)Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle, grandi quantità di cibo.
6)Ricorrenti condotte di abbuffate in assenza delle regolari condotte compensatorie
inappropriate tipiche della BN.
Come ormai dimostrato nella letteratura internazionale, la paura morbosa di
ingrassare è un sintomo comune sia all'Anoressia sia alla Bulimia e le abbuffate
compulsive, patognomoniche della Bulimia, caratterizzano pure il tipo Bulimico
dell'Anoressia.
Si evidenzia cioé come Anoressia e Bulimia siano solo in apparenza opposte e
speculari, e soprattutto come i vari disordini alimentari non rappresentino entità
cliniche tra loro distinte e separate, bensì uno spettro continuo esteso dall'anoressia
restrittiva all'obesità estrema, con ampie intersezioni tra una forma e l'altra.
Molti autori ritengono restrittivi i criteri del Manuale Diagnostico Internazionale
DSM in quanto evidenzierebbe solo una dimensione clinica trascurando quella
dimensionale più personale; in realtà facendo la diagnosi sui vari assi proposti dal
manuale ed utilizzando le scale aggiuntive relazionali, psicodinamiche e sociali la
diagnosi si può sviluppare in modo complesso e personalizzato.
Altri possibili comportamenti sintomatici da individuare per la Prevenzione
Alcuni dei seguenti comportamenti alimentari o sintomi possono precedere
l’insorgenza del Disturbo Alimentare; devono pertanto essere monitorati da genitori
ed insegnanti sia per prevenire l’insorgenza del disturbo, sia in seguito per prevenire
recidive e cronicizzazioni.
• Selezionare il cibo (levare il grasso – raschiare il condimento)
• Atteggiamenti non adatti con le posate (mangiare con le mani o usare un
cucchiaino per la zuppa)
• Alternanza tra le portate (mangiare le diverse portate contemporaneamente o
alternandole)
• Nascondere il cibo (farlo cadere sotto il tavolo o metterlo nel tovagliolo o nelle
tasche dei vestiti)
• Disgusto per il cibo (smorfie, sospiri, tenersi lo stomaco, tenere la sedia lontana
dal tavolo)
• Difficoltà di parola durante il pasto (non rispondere – rispondere a monosillabi –
verbalizzazione eccessiva)
• Preferenza di cibi a basso contenuto calorico (verdure ad inizio pasto, altri cibi
alla fine, versare acqua o caffé sui cereali al posto del latte)
• Mangiare esageratamente lento
• Mangiare esageratamente veloci
• Comportamenti rituali verso il cibo (sminuzzare il cibo in pezzi piccolissimi –
mescolare laboriosamente – selezionare combinazioni inusuali di cibi – bere a
piccoli sorsi una quantità eccessiva di liquidi – misurazione degli alimenti e dei
condimenti)
• Attività eccessiva durante il pasto
• Movimento durante il pasto per aumentare il consumo energetico (girare intorno
al tavolo – alzarsi e risedersi senza motivo – fare esercizi)
• Voler preparare e/o cucinare da soli il proprio cibo
• Nascondersi per mangiare
• Modalità di cottura particolari (molto cotto, poco cotto, bruciacchiato)
• Rifiuto di ogni condimento, anche di una goccia d’olio
Altri comportamenti:
• Nervosismo
• Irritabilità
• Aggressività
• Negativismo
• Autolesionismo
• Deficit di attenzione
• Fughe scolastiche
• Difficoltà di comunicazione
• Difficoltà di relazione
• Alterazioni del ciclo sonno/veglia
EPIDEMIOLOGIA
La frequenza dell'AN è stimata dall’1 al 2% e quella della BN dal 2 al 3% a seconda
delle casistiche considerate; comunque gli studi di "prevalenza" riportano valori che
oscillano in un ampio intervallo compreso tra l’ 1% ed i1 10 % o il 2 e 15% della
popolazione generale ed arriverebbero al 30% per i NAS. Le indagini effettuate sulla
popolazione non clinica con l'ausilio di strumenti psicometrici hanno inoltre rilevato
una percentuale non trascurabile di forme subcliniche: l'8% delle giovani donne cui
erano stati sottoposti i reattivi mentali presentava infatti un punteggio elevato o
superiore al cut off in assenza di segni clinici di malattia o in condizioni di peso solo
lievemente inferiori o superiori alla norma. Tale situazione fa presupporre in tali casi
un aumento del rischio di ammalare.
L'incidenza dei disturbi sembra infatti in aumento come mostrano numerosi studi
internazionali retrospettivi condotti su popolazioni cliniche. Ed é ormai consolidato
che tale incremento non è solo apparente, dovuto cioè all'affinamento delle tecniche
diagnostiche e quindi al più facile riconoscimento delle patologie, ma è reale e
riguarda anche la fascia di età più giovanile e quella più adulta.
L'AN e la BN non sono state, tuttavia, segnalate nei paesi del Terzo Mondo, dove il
pericolo della fame incombe costantemente e le carestie si ripercuotono ciclicamente
sulla popolazione. Sono invece patologie tipiche dei paesi economicamente sviluppati
(Europa occidentale, Nordamerica, Giappone) e sono diffuse sia nelle classi sociali
privilegiate, sia in quelle meno privilegiate.
I disturbi sono prevalentemente femminile (rapporto F/M=9:1) nell’A.N. e 6:1 per la
BN; e l'emergenza dei sintomi è nella maggior parte dei casi compresa tra i 12 e i 18
anni e comunque sotto i 25 con picchi sui 18/20 anni per la B.N. . È stato di recente
segnalato che sono in aumento casi a esordio più tardivo, talora dopo il matrimonio o
alla prima gravidanza, mentre rara è la prima segnalazione alla menopausa o ancora
dopo.
L'AN e la B.N. si presentano più spesso in famiglie in cui altri componenti soffrono
di disturbi del comportamento alimentare. Inoltre l'aumentata diffusione della
patologia in indossatrici, ballerine, sportive, attività in cui fondamentale è la cura del
corpo potrebbe anche essere dovuta a influenza indotta; si pensa infatti che tali
professioni esercitino un notevole richiamo sulle anoressiche o sulle potenziali
anoressiche; come del resto le rigide regole di controllo alimentare dell’A.N.
possono essere influenzate dall’attuale mito delle diete, della magrezza, bellezza ed
efficienza.
ETIOPATOGENESI
Molti fattori sono stati chiamati in causa nella patogenesi dell'A.N. e B.N. nel
tentativo di definire un unico modello eziologico capace di spiegare l'origine di
questa complessa malattia. In realtà però, come le manifestazioni cliniche variano da
paziente a paziente sia in senso qualitativo che quantitativo e così pure l'evoluzione
della malattia, anche i vari fattori, ai quali è stato riconosciuto un sicuro valore
patogeno, hanno un diverso peso da caso a caso, variamente combinandosi e
sovrapponendosi tra loro e connotando così l'AN e la BN. come malattie a patogenesi
multifattoriale. Come avviene per numerose altre malattie psichiatriche e non
(depressione, ipertensione arteriosa, ulcera peptica, diabete mellito, ecc.), l'AN e la
B.N. sarebbero cioè la "via finale comune" di un insieme di fattori patogenetici
diversi, che interagiscono tra loro in vario modo e che determinano la patologia solo
in una parte degli individui esposti.
Fattori genetici. L'incidenza della malattia è maggiore, in pazienti con sorelle e madri
con disturbi del comportamento alimentare, rispetto alla popolazione generale.
Questo fatto, che si riteneva finora imputabile a fattori ambientali, potrebbe anche
essere dovuto a predisposizione genetica come dimostrato dal tasso di concordanza
per le anoressiche gemelle molto più elevato nelle monozigoti rispetto alle dizigoti.
Non è però ancora ben chiaro "che cosa" sia ereditato: se lo specifico disordine
alimentare, un particolare tratto di personalità associata al disordine o una generica
vulnerabilità ai disturbi psichiatrici.
Età. Nella pubertà l'adolescente assiste a una rapida e sconvolgente trasformazione, a
livello somatico, psichico e sessuale del proprio corpo. Un corpo, sino a quel
momento di bambino, di cui nel corso dell'infanzia si è lentamente costruita
l'immagine mentale e di cui poco per volta ha preso consapevolezza. Questo
equilibrio faticosamente raggiunto, cui corrisponde il senso di identità e continuità,
viene bruscamente modificato alla pubertà, tanto che le trasformazioni psichiche e la
rappresentazione mentale del nuovo corpo stentano a cambiare a breve termine.
Dilaniato tra la nostalgia per il corpo infantile e il sentimento di estraneità per il corpo
attuale da una parte e la spinta biologica al cambiamento e l'emergenza delle pulsioni
sessuali dall'altra, l'adolescente scarica questa sua ansia puberale sul proprio corpo,
utilizzandolo come mezzo di comunicazione e rapporto con gli altri. Non è un caso
quindi che un disturbo del comportamento alimentare, che ha nel corpo la tematica
centrale, si manifesti proprio in questa età, oppure, che un disturbo psichico sotteso,
scatenato dalla crescita e dallo sviluppo corporeo puberale, si esprima in questo
periodo sotto forma di disturbo del comportamento alimentare.
Sesso. La pubertà femminile rappresenta rispetto a quella maschile, un evento ben
più complesso e sconcertante: rapido aumento del peso corporeo, trasformazioni
somatiche molto evidenti, menarca, rischio di gravidanza e spesso limitazioni alla
libertà. A questa persona, che non è più una bambina/o, ma non è ancora una
donna/uomo, viene cioè assegnata, suo malgrado, un'identità sessuale ben definita,
che facilmente espone al rischio della dipendenza e non dell’agognata autonomia; da
cui la negazione del corpo, e con esso della sessualità, e femminilità /maschilità di
ruolo che caratterizza l’A.N., da cui la perdita di controllo del corpo, le abboffate, il
senso di vuoto, il sentirsi grassi, la promiscuità ed ambiguità, la colpa, vergogna e
disgusto che caratterizzano la B.N.
Fattori familiari. La famiglia gioca sicuramente un ruolo preminente nell'insorgenza e
nel mantenimento di questa patologia. Secondo l'ottica sistemico-relazionale, infatti,
la famiglia dell'anoressica è tipicamente rigida e resistente a ogni cambiamento e può
essere caratterizzata da una "struttura invischiata" (Minuchin) in cui non esistono
netti confini tra genitori e figli, fino all'instaurarsi talvolta di triangoli perversi", e in
cui i vincoli che legano i vari membri gli uni agli altri hanno la precedenza
sull'autonomia e sulla realizzazione personale dei singoli componenti. In genere la
promozione sociale e la riuscita scolastica rappresentano i traguardi più ambiti dai
genitori e non a caso, a fronte di una personalità estremamente fragile, le pazienti
risultano essere state ragazze modello, precoci, brave a scuola, obbedienti e diligenti
fino all'esordio della malattia. La madre dell'anoressica è tipicamente una figura
centrale e dominante, spesso senza averne l'aria; in apparenza sottomessa al marito e
affettuosamente sollecita verso i figli, è in realtà autoritaria e sostanzialmente fredda,
ha spiccate tendenza al controllo e all'intrusione e facilmente, con la sua
iperprotettività, invade il mondo interiore della figlia limitandone il raggiungimento
dell'indipendenza. All'opposto il padre, occupa in genere uno spazio periferico, è
remissivo e poco disponibile, spesso assente, e attribuisce grande valore alle
apparenze e alla bellezza e prestanza fisica. In questo complesso sistema di
interazioni, la patologia della paziente costituisce, nella grande maggioranza dei casi,
un elemento di stabilizzazione delle disturbate dinamiche familiari. Analogamente
nella B.N. troviamo madri fredde e poco oblative anche nell’affettività fisica
(abbracci, carezze, baci), padri per lo più assenti, che per colmare la loro mancanza
“viziano” saltuariamente i figli, pretendendo poi da loro il massimo; genitori spesso
separati e conflittuali che non permettono ai figli di superare la fase di
individuazione/separazione. Così che i figli rimangono con un perenne senso di vuoto
da colmare, insoddisfazione per il proprio aspetto fisico, molto importante
nell’adolescenza e conseguente vulnerabilità, che può essere aumentata dal rinforzo
sociale sugli ideali, tipici di oggi, sulla snellezza. Quindi su una sofferenza di base
con un profondo senso di inadeguatezza costituiscono il percorso su cui i media
costruiscono aspirazioni ed ideali che nell’adolescenza trovano terreno sensibile e
recettivo.
Fattori socio-culturali: l'Anoressia Nervosa ha una peculiare distribuzione geografica
che riflette le condizioni di sviluppo sociale ed economico delle varie zone del
mondo. È infatti praticamente sconosciuta nelle aree più depresse perché "qualunque
ne sia lo scopo e il significato, il rifiuto del cibo sarebbe uno strumento privo di
efficacia in una ambiente di povertà e di carenza di cibo" (H. Bruch, 1979). Al
contrario è in costante aumento, di pari passo con la crescita della ricchezza
economica, in quelle società che esaltano, attraverso i mass-media, la pubblicità, il
continuo pullulare di palestre e istituti di bellezza, la cura del corpo e la magrezza
come sinonimo di bellezza ed efficenza, proponendoli come valori massimamente
desiderabili. La recente diffusione dell'AM nelle classi meno privilegiate e negli
immigrati in società opulente potrebbe essere interpretata come un disagio
nell'adattarsi alla nuova condizione di ricchezza senza un'adeguata elaborazione
culturale. La civiltà consumistica dell’”usa e getta”, del culto della bellezza, del
trionfo dell'apparenza, avrebbe, cioè, un peso non indifferente, in associazione con
altri fattori, nel generare nelle categorie culturalmente meno elevate personalità più
fragili e sentimenti di inadeguatezza. In presenza dei suddetti modelli e dei sempre
nuovi e impegnativi ruoli sociali che la donna si trova a rivestire e in condizioni di
sovrabbondanza di cibo questa "scelta del sintomo" non sembra casuale.
Fattori ''dispercettivi''. Già da diverso tempo, grazie alle primitive osservazioni di H.
Bruch e agli studi che da queste hanno preso il via, si è accertato che nella patogenesi
dell'AM entrano in gioco alterazioni psicologiche nel modo di sentire i propri stimoli
interni e il proprio corpo. La fame oltre a essere una situazione organica di deficit di
alimentazione, cui il corpo risponde, mettendo in atto tutta una serie di meccanismi
alternativi per la produzione di energia e il mantenimento dell'omeostasi, è anche una
sensazione psicologica, cioè l'elaborazione mentale di una condizione fisica.
Nei pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare è stata rilevata
un'alterata percezione della fame come del resto di altre sensazioni provenienti dal
corpo: la sazietà, la stanchezza, lo stimolo sessuale. All'origine del cattivo uso della
funzione nutritiva non ci sarebbe quindi la "perdita dell'appetito" come lascia
intendere l'etimologia del termine anoressia, quanto invece il mancato riconoscimento
della sensazione di fame.
Sensazione che non è solo innata, bensì largamente acquisita e regolata
dall'esperienza. In questo processo di apprendimento avrebbero una parte essenziale
le relazioni interpersonali dei primi anni di vita: se la risposta dell'ambiente ai bisogni
del bambino è soddisfacente e appropriata, egli impara a riconoscere i suoi stintoli e a
soddisfarli adeguatamente. Se ciò non avviene, s'instaura un deficit funzionale, non
organico, per cui, pur in presenza di una fisiologica motilità gastrica, le "contrazioni
da fame" i pazienti affetti da anoressia, come pure da bulimia e obesità, negano di
provare il bisogno di nutrirsi.
Ma non sono, solo gli stimoli fisiologici, ad essere percepiti in maniera erronea; vari
studi hanno infatti dimostrato (H. Bruch 1962) che i pazienti affetti da disturbi del
comportamento alimentare sovrastimano le dimensioni del proprio corpo rispetto alla
popolazione di controllo, mettendo così in luce una distorsione dell'immagine
corporea.
Altri fattori. Separazioni e perdite, rottura dell'equilibrio familiare, gravidanza,
malattie fisiche possono assumere il ruolo di "fattori scatenanti" nell'induzione
dell'Anoressia Mentale, specie nel sottotipo bulimico.
I "guadagni secondari" legati alla malattia: attenzione dei familiari, evitamento di
situazioni ansiogene e il feed-back: riduzione di peso-aggravamento, dispercezioni,
ulteriore perdita di peso, aggravamento, introversione e ritiro sociale, ulteriore perdita
di peso, possono essere considerati "fattori perpetuanti" la sindrome.
Infine la prescrizione di diete imposte o terapie ormonali o le rialimentazioni forzate
possono configurarsi in determinati casi come "fattori iatrogeni".
Da questo insieme di fattori causali e concausali emerge, non nuoce ripeterlo, la
complessità della patogenesi dell'Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa e la
difficoltà di definire un modello eziologico unitario.
L'AM come la BN può iniziare come una "normale" cura dimagrante che a poco a
poco e quasi insensibilmente acquista connotati morbosi (dolori gastrici, vomito,
stipsi ostinata) e trapassa infine in una forma patologica conclamata e grave.
Le pazienti, con il digiuno o l’abboffata, il vomito e l'abuso di anoressizzanti,
lassativi e diuretici, dimagriscono fino a raggiungere livelli estremi di magrezza (in
alcuni casi il peso si attesta tra a 20-30 Kg) di cui tipicamente negano la gravità,
oppure come per la BN riescono a mantenere lo stesso peso o poco più della norma,
camuffando così anche per lunghi periodi la malattia. Non si osserva infatti solo il
patognomico rifiuto di cibo o le abboffate, bensì un profondo sconvolgimento
dell'intera condotta alimentare: le anoressiche mostrano preferenze scarsamente
comprensibili per determinati cibi e ingiustificate preclusioni per altri, richiedono di
pranzare separatamente o ad orari diversi dai familiari, pretendono di cucinarsi da
sole i loro pasti o di decidere il menù per l'intera famiglia. Spesso, soprattutto nel tipo
Bulimico, le pazienti cedono al bisogno imperioso di abbuffarsi per poi avere forti
sensi di colpa e provocarsi il vomito e/o l'evacuazione mediante lassativi o clisteri.
Precocemente a causa dei mutamenti del corpo e dei traumi emotivi, o tardivamente
per il deficit nutritivo, nell’AM, si instaura un blocco dell'asse ipotalamo
-ipofisi-gonadi la cui manifestazione più eclatante è rappresentata dall'amenorrea che,
nel 50% dei casi, precede la perdita di peso. Se la carenza ormonale, evidenziabile
con il dosaggio ematico di gonadotropine e ormoni ovarici, si protrae a lungo, si può
associare: osteopenia, edemi declivi, sottile peluria al viso ed al corpo. Possono
inoltre coesistere alterazioni neurovegetative tipo: bradicardie, ipotensione, estremità
fredde, arrossate o cianotiche, stipsi (dovuta anche al minore apporto di cibo);
alterazioni della crasi ematica: leucopenia con linfocitosi, anemia normocromica,
normocitica e alterazioni di parametri biochimici: ipoglicemia, ipoproteinemia,
ipercolesterolemia e, se il vomito è frequente, ipocalcemia. Reperto tipico, segnalato
fin dalle prime descrizioni della malattia, è l'iperattività motoria cui fa riscontro,
paradossalmente, un senso paralizzante di inefficacia che pervade ogni pensiero e
ogni attività. Lo studio del sonno evidenzia una riduzione della fase REM a causa di
lunghi periodi di veglia nella seconda parte della notte.
Attraverso il digiuno e il dimagrimento che ne deriva, queste pazienti provano a se
stesse che possono esercitare un controllo sul proprio corpo tramite la negazione della
fame, della stanchezza, del desiderio sessuale, sui propri bisogni in generale,
svincolandosi così da quegli "obblighi" (di nutrirsi, di riposarsi, di riprodursi) cui la
natura assogetta l'essere umano. Esse affermano in tal modo l'indifferenza alle
necessità materiali e l'autonomia rispetto agli altri esseri che a tali necessità
soggiacciono. Quando, nel corso di un'abbuffata compulsiva, questa sorta di
onnipotenza viene meno, le pazienti sentono che il dominio di sé è perso, e che va
ristabilito a qualsiasi costo, liberando il corpo di quel cibo avvertito come ostile e
minaccioso. Il corpo emaciato, fonte di un'identità fittizia che le anoressiche
costruiscono, è usato come mezzo di comunicazione e di controllo sull'ambiente
circostante. A dispetto dell'apparente e ostentata indifferenza quindi, le anoressiche
con l'esibizione della loro magrezza richiamano, senza volerlo espressamente,
l'interesse degli altri sul loro disagio.
Al contrario nella BN le pazienti spesso riescono a mantenere una facciata esterna di
relativo benessere e nascondere i comportamenti bulimici ed il loro dolore,
mostrando sintomi di tipo depressivo, alle volte anche gravi.
In altri casi prevale il comportamento multimpulsivo con labilità dell’umore,
disinibizione sessuale, gesti autolesivi e dimostrativi, comportamenti antisociali, che
spesso ricevono la Diagnosi di Disturbo Borderline o Disturbo Istrionico o Disturbo
Antisociale di Personalità, rivelando anche scarsa integrazione relazionale e sociale.
In tutti i casi si ritrova in queste pazienti un nucleo di sofferenza di base legato ad un
senso di inadeguatezza che si esprime con una fissazione sull’immagine corporea, da
cui l’esigenza di mostrare all’esterno una immagine di snellezza ed efficienza che
condiziona un circolo vizioso che dall’ideale di snellezza porta all’insoddisfazione di
sé, alla dieta, alla perdita di peso con alterazione del senso della fame e della sazietà,
al digiuno, al vomito, alla paura di ingrassare, all’iperalimentazione con sentimenti
conseguenti di colpa, vergogna e disgustosi sé stessa. In pratica le pazienti sono
fragili, vulnerabili e non reggono le forti regole di controllo alimentare che
impongono a sé stesse, cedendo all’impulso che porta alle abboffate per soddisfare la
propria
voglia
di
sentirsi
bene
affettivamente,
di
“riempirsi”.
PROGETTO ASSISTENZIALE
L’attività assistenziale viene suddivisa in quattro moduli che prevedono relativi obbiettivi e
subobiettivi assistenziali:
a) Fase della valutazione
Criteri di selezione
Colloquio di valutazione
valutazione delle condizioni fisiche
valutazione del rischio
valutazione della psicopatologica specifica
valutazione della psicopatologia pregressa
valutazione della psicopatologia associata
valutazione delle circostanze che hanno condotto alla richiesta
valutazione dell’invio
valutazione della compliance
analisi della domanda
valutazione della famiglia
valutazione del regime assistenziale
test specifici
scale di valutazione
scale di autovalutazione
test di personalità
Collaborazione multidisciplinare
Valutazione medica
Valutazione Psichiatrica
Preparazione alla fase di trattamento
comunicazione della diagnosi
comunicazione delle indicazioni di trattamento
e del regime assistenziale
patto di collaborazione con la paziente e con i familiari
b) Fase dell’emergenza: trattamento in ricovero
L’ammissione
La valutazione del rischio
Collaborazione multidisciplinare
internista
gastroenterologo
nutrizionista
dietologo
endocrinologo
ginecologo
neurologo
La valutazione medica dei parametri antropometrici
peso
altezza
BMI
circonferenze
plicometria
impedenziometria
calorimetria
indici biologici
temperatura
polso
pressione
markers endocrini
FSH, LH, Ormoni ovarici, TSH, T3, T4, GH, Prolattina, Cortisolo,
grelina, leptina,
markers immunologici
IL2, IL6, IL12, TNFa
Valutazione psicologica e psichiatrica
valutazione della paziente
valutazione della famiglia
reazioni dell’équipe
i reattivi di personalità
le scale psicometriche
I provvedimenti di emergenza
Il programma nutrizionale
il contratto
il diario alimentare
la dieta
il tentativo dell’autocontrollo
gli integratori orali
l’integrazione infusionale
l’alimentazione enterale
l’alimentazione parenterale
La modulazione degli apporti
la correzione dei difetti (proteine, potassio, fosforo, magnesio, vitamine)
la prevenzione del refeeding da eccesso (glucosio, sodio, acqua)
Il controllo
la sorveglianza
il personale specializzato
l’addestramento all’autocontrollo
la tecnica dello specchio
la tecnica della fotografia
I trattamenti farmacologici
Il decorso
gli espedienti restrittivi
gli espedienti compensativi
l’iperattività finalizzata
l’effetto fisico e psichico della alimentazione correttiva
il salto di qualità
la normalizzazione dei parametri
Lo svezzamento
La partecipazione ai Gruppi
Gruppi specifici per l‘AN (compliance, autostima, immagine corporea,
riabilitazione psicomotoria, riabilitazione cognitiva), Psicoterapia individuale, di
gruppo, di famiglia. Gruppi di Psicoeducazione per familiari
La riabilitazione alimentare
La rivalutazione
degli aspetti motivazionali
delle dinamiche relazionali
La preparazione al programma post-dimissione
la preparazione al nuovo contratto
le modalità di passaggio al day-hospital o al trattamento ambulatoriale
La dimissione
Tempi e costi del ricovero
c) Fase dello scompenso: il day hospital
La prevenzione del ricovero
Sorveglianza dei parametri
Valutazione continuativa del rischio
Alimentazione parzialmente assistita
Frequenza assidua e frequenza occasionale
La gestione del dopo ricovero
La preparazione della famiglia
La responsabilità condivisa
La preparazione alla semigestione
La partecipazione ai Gruppi
Gruppi per anoressiche
Gruppi per familiari
Il trattamento delle condotte di eliminazione
La riabilitazione alimentare
La valutazione comparativa del comportamento alimentare in day hospital e a
domicilio
La preparazione alla gestione alimentare autonoma
I tasks individuali, familiari e la loro esecuzione
d) Fase del compenso: il trattamento ambulatoriale
La psicoterapia familiare
Il trattamento di gruppo
Il trattamento individuale
Lo schema di trattamento prevede il passaggio, in base a specifiche valutazioni legate
alle condizioni psicofisiche dei soggetti, da una fase all’altra e attraverso le relative
tipologie di trattamento, per configurare una assistenza a ciclo continuo, ma con
risposte individualizzate e differenziate.
Va previsto inoltre un controllo catamnestico dei casi trattati a distanza di 6, 12, 24
mesi, per valutare costi e efficacia del trattamento e per ricalibrare lo schema
assistenziale in base ai risultati.
Nel caso frequente di disturbi psichiatrici residui, dovuti alla comorbidità di regola
associata, si prosegue con gli interventi necessari per la prevenzione di eventuali
recidive e cronicizzazioni.
Definizione di Percorsi e Procedure
I Disturbi del Comportamento Alimentare richiedono per loro natura un trattamento
multidisciplinare integrato. Per questa ragione i programmi assistenziali previsti non
prescindono in alcun caso dalla partecipazione attiva e continuativa di operatori delle
varie discipline mediche. Anche gli aspetti psicosociali della patologia alimentare
vengono considerati cruciali per il trattamento e la riabilitazione delle/dei pazienti.
a) La integrazione assistenziale con la Medicina Generale costituisce una risorsa
irrinunciabile, soprattutto nelle fasi di Ricovero e di Trattamento in Day Hospital.
Altrettanto importante è il collegamento territoriale attraverso interventi
psicosociali diretti dalla struttura o condotti in collaborazione con i relativi CSM.
b) Tutti i pazienti trattati vengono seguiti fino alla remissione della sintomatologia in
atto e, successivamente, sottoposti a procedure di Follow-Up condotte con
valutazioni oggettive e parametriche e, in ogni caso, con metodiche standardizzate
riconosciute a livello internazionale e specificamente adeguate alle patologie
trattate.
c) Risolta la patologia alimentare propriamente detta si procede al trattamento
modulare di prevenzione della cronicità. attraverso il trattamento delle
comorbidità, delle patologie residue e la risoluzione di componenti strutturali che
sono alla base dello specifico DCA
5) Adozione di programmi di miglioramento della qualità dell’assistenza
È necessario individuare la presenza di indicatori ritenuti particolarmente significativi
di esito favorevole. Tali indicatori non si limitano alla verifica di risoluzione dei più
frequenti comportamenti sintomatici presenti nei DCA, ma anche e soprattutto nella
individuazione di altre variabili ritenute significative, come la risoluzione delle
comorbidità associate, la corretta percezione dello schema corporeo, la
relativizzazione del Dychotomous Thinking, l’acquisizione della Competenza
Contrattuale, la attenuazione del perfezionismo, la risoluzione dei comportamenti
autolesivi, della compromissione dell’autostima, delle “maturity fears”, della
componente ossessiva, delle problematiche sessuali, ecc.
Adozione di programmi di miglioramento nel rapporto con utenti
a) Qualità percepita dal paziente e dai familiari: deve essere prevista la adozione di
opportuni questionari intesi a valutare qualitativamente e quantitativamente il
livello di gradimento dei servizi erogati
b) Contatti con il paziente e con la famiglia: il programma assistenziale prevede un
contatto continuo con le famiglie e con i pazienti per tutta la durata del trattamento
e anche successivamente nelle fasi di valutazione a distanza. Secondo il modello
assistenziale adottato dalla struttura, il sistema familiare viene considerato la
risorsa più rilevante ai fini dell’efficacia del trattamento
Documentata esperienza in attività di supporto ai medici del SSN
per le patologie del comportamento alimentare
a) Attività di consulenza e di formazione programmata: l’attività di consulenza e
formazione deve essere programmata a tutti i servizi ospedalieri e territoriali ed ai
medici di base che prestano assistenza a pazienti affetti da patologie del
comportamento alimentare.
b) Condivisione di linee guida e/o protocolli specifici: i vari servizi per DCA devono
essere interagenti e comunicanti e condurre programmi di ricerca e di valutazione
anche con altri centri nazionali e internazionali
Documentata esperienza in attività di supporto ai familiari
a) Educazione sanitaria per la gestione dei pazienti: il programma deve offrire alle
famiglie una assistenza continuativa basata su programmi psicoeducazionali
specifici per i DCA, in cui oltre a tutte le necessarie informazioni per il
riconoscimento precoce delle patologie trattate e dei loro sintomi vengono fornite
indicazioni di comportamento e atteggiamenti che si sono dimostrati efficaci nei
grandi protocolli internazionali.
Inoltre un programma DCA deve prevedere il ricorso precoce ad interventi di terapia
familiare che hanno la finalità di migliorare i modelli comunicativi interni e che
prevedono l’addestramento genitoriale al reempowering e al recupero della
competenza contrattuale che si ritiene cruciale per l’efficacia del trattamento e per la
prevenzione delle patologie del comportamento alimentare.
Programma di gruppo: un buon programma di attività nel settore DCA dovrebbe
anche predisporre la conduzione di gruppi di pazienti e di ex pazienti, con la finalità
di attivare meccanismi e risorse di autoaiuto. Analogamente tenere gruppi di famiglie
che hanno o hanno avuto al loro interno la presenza di un paziente DCA per
aumentare la consapevolezza della diffusione e della gravità di queste patologie, per
farle conoscere meglio le dinamiche che sostengono la patologia, anche per la
formazione ed organizzazione in futuro di gruppi completamente autogestiti e la
collaborazione con le sempre più numerose associazioni di settore.