NUOVI ANTIARITMICI: IMPLICAZIONI PER L’ANESTESISTA RIANIMATORE J.E. De La Coussaye, B. Bassoul, P. Richard, J.J. Eledjam Punti essenziali • • • • • • Un trattamento antiaritmico può mascherare una cardiopatia grave che deve essere considerata nella gestione dell’anestesia Il miglior trattamento antiaritmico di un’insufficienza cardiaca congestizia resta il miglioramento delle condizioni emodinamiche. Gli antiaritmici della classe Ic sono potenti, ma deprimono conduzione e contrattilità. Gli anestetici generali e locali hanno effetti elettrofisiologici propri che possono potenziare quelli degli antiaritmici e possono scatenare una turba della conduzione od un effetto pro-aritmogeno. Le interferenze tra anestetici e nuovi antiaritmici riguardano soprattutto gli alogenati a forti concentrazioni e l’associazione fentanyl-vecuronio. Ogni trattamento antiaritmico giustificato deve essere proseguito durante il periodo perioperatorio. Benché siano numerose le molecole antiaritmiche attualmente testate sull’animale ed in studi clinici non ci sono a dir vero nuovi anti aritmici recentemente commercializzati. Nonostante ciò, gli ultimi dieci anni hanno visto l’inclusione di nuove sostanze quali gli anti-aritmici di classe Ic, rappresentati in Francia dalla Flecainide, Propafenone e la Cibenzolina. Allo stesso modo i Bbloccanti che hanno un azione anti-aritmica reale hanno visto l’allargamento delle proprie indicazioni. In effetti, i B-bloccanti fanno parte di quelle poche sostanze che diminuiscono realmente il rischio di morte improvvisa dopo infarto . Infine la comparsa di una forma iniettabile di Diltiazem ha permesso di utilizzare tale sostanza per il trattamento delle turbe del ritmo sopraventricolari. La farmacologia e gli effetti secondari della flecainide, del Propafenone, della Cibenzolina, dell’Esmololo e del Diltiazem saranno quindi brevemente esposti. Infine saranno tratteggiate le interferenze potenziali di questi anti-aritmici con gli anestetici generali e locali. 1. FARMACOLOGIA DEI NUOVI ANTI-ARITMICI 1.1. Richiami della classificazione di Vaughan Williams La classificazione di Vaughan Williams è, come tutte le classificazioni, soggetta a critiche. Essa si basa sugli effetti elettrofisiologici cellulari degli anti-aritmici sull’organo isolato. In più una stessa sostanza può avere un meccanismo d’azione che permette di includerla in più di una classe. Ciononostante, questa classificazione, riassunta in tabella I, resta la più comunemente accettata . Tabella I. Classificazione di Vaughan Williams Classe I: inibizione dei Classe II: Betabloccanti canali rapidi del sodio (riduzione della Vmax dei potenziali d’azione rapidi) • riduzione = diminuzione della dell’automatis velocità di conduzione, mo (nodo del dell’eccitabilità, seno e nodo dell’automatismo. atrioventricolare) per Sottogruppo Ia Classe III: Classe IV: inibitori dei canali lenti del calcio possibile interferenza con gli scambi Ca-Na, • riduzione della diminuzione del Vmax dei flusso di potassio iK potenziali (amiodarone, d’azione lenti bretilio, sotalolo) • rallentamento della fase 4 • aumento (nodo del seno 1 (chinidina, disopiramide, procainamide) • • • moderata riduzione della Vmax allungamento della durata del potenziale d’azione, del periodo refrattario effettivo, e del rapporto periodo refrattario effettivo/durata del potenziale d’azione allargamento del QRS e jT Sottogruppo Ib (lidocaina, mexiletina, difenilidantoina) • • • • • • modesta riduzione della Vmax accorciamento della durata del potenziale d’azione e periodo refrattario effettivo QRS e QT non modificati abbassamento della pendenza della depolarizzazio ne diastolica lenta spontanea (fase 4) riduzione della durata del potenziale d’azione (ventricoli) periodo refrattario effettivo poco o affatto modificato (atri e ventricoli) QRS non modificato, QT non modificato o diminuito, PR allungato • della durata del potenziale d’azione e periodo refrattario effettivo, aumento del rapporto periodo refrattario effettivo/dur ata del potenziale d’azione QRS non modificato, QT allungato • • e nodo atrioventricolare) aumento del periodo refrattario effettivo (nodo atrioventricolare) diminuzione durata del potenziale d’azione (rallentamento della fase 2 dei potenziali d’azione rapidi) Sottogruppo Ic (flecainide, propafenone, cibenzolina) • • • riduzione marcata della Vmax durata del potenziale d’azione e periodo refrattario effettivo poco modificati allungamento del QRS, jT non modificato; 1.2 Antiaritmici della classe Ic 1.2.1. Generalità L’effetto comune di tutti gli antiaritmici della classe I è di diminuire la velocità massima di depolarizzazione (Vmax) della fase 0 dei potenziali d’azione delle cellule a risposta rapida (atri e ventricoli) per inibizione dei canali rapidi del sodio. La riduzione della Vmax è responsabile 2 del rallentamento delle velocità di conduzione in queste strutture. In rapporto agli anti-aritmici dei sottogruppi Ia e Ib, le molecole della classe Ic si caratterizzano per un blocco fasico più importante . Questo significa che più la frequenza cardiaca è elevata più gli anti-aritmici di classe Ic rallentano la velocità di conduzione. Questo effetto si esplica per una cinetica di fissazione e di liberazione più lenta a livello dei recettori dei canali del sodio [3,28]. Questi sono quindi degli anti-aritmici potenti e spesso molto efficaci [25]. 1.2.2. Flecainide Effetti elettrofisiologici (tab. I). La flecainide agisce a tutti i livelli e può deprimere la funzione sinusale [5]. Determina un allungamento del PR e un allargamento del QRS senza alterazioni maggiori della ripolarizzazione ventricolare rappresentate sull’elettrocardiogramma dall’intervallo jT. Infine la flecainide eleva la soglia di stimolazione dei pace-makers impiantati e può richiedere la loro riprogrammazione. Effetti emodinamici: La flecainide ha scarsi effetti emodinamici nel soggetto sano. Al contrario nell’insufficienza cardiaca la frazione d’eiezione può essere diminuita del 20% . Indicazioni: La flecainide è molto efficace nel ridurre e prevenire le turbe del ritmo atriale e ventricolare nel cuore sano . E’ ugualmente efficace nelle tachicardie giunzionali con o senza via accessoria. La biodisponibilità relativa della flecainide è buona per via digestiva. Il picco di concentrazione plasmatica si ottiene tra la 2a e la 4a ora. L’emivita di eliminazione è lunga (12 ore nel soggetto sano e 30 ore nel paziente con insufficienza cardiaca) . L’eliminazione è epatica e renale. La dose deve quindi essere ridotta in caso di insufficienza renale. Per via venosa la dose abituale è da 1 a 2 mg.Kg-1 somministrati in 20 minuti. Per via orale, la dose è compresa tra 100 e 300 mg/die in due somministrazioni. Nel malato con insufficienza cardiaca o affetto da turbe della conduzione è consigliabile cominciare con 100mg in due somministrazioni. I tassi terapeutici sono compresi tra 0.2 e 1 mcg.ml-1. In corso di trattamento la sorveglianza dell’allargamento del QRS è fondamentale. Ogni aumento uguale o superiore a 40 ms impone la riduzione della dose . Effetti secondari: Come tutti gli anti-aritmici potenti la flecainide può determinare effetti indesiderati gravi. Può trattarsi di effetti proaritmogeni, di turbe della conduzione a riposo o sotto sforzo e di blocchi atrio-ventricolari in caso di preesistenti alterazioni della conduzione. Si può ugualmente scompensare un'insufficienza cardiaca. Benché sia stato dimostrato sperimentalmente un effetto cardioprotettore degli anti-aritmici della classe Ic sul miocardio ischemico, la flecainide è inefficace nel prevenire la morte improvvisa post-infarto. In effetti lo studio CAST dimostra una mortalità più elevata nel gruppo dei trattati che nel gruppo placebo. La flecainide può essere responsabile di disturbi digestivi, di vertigini, di tremori e disturbi visivi. Infine essa aumenta il tasso plasmatico di digossina e, associata al propanololo, si constata un’elevazione dei tassi plasmatici di entrambi i farmaci. 1.2.3. Propafenone Effetti elettrofisiologici (tab. I). Il propafenone ha effetti modesti tipo classe II e IV. Rallenta la velocità di conduzione nei fasci accessori e può innalzare la soglia di stimolazione dei pace-makers. In più determina una bradicardia sinusale, allunga l’intervallo PR (AH e HV) ed allarga il QRS. D’altra parte l’intervallo jT non è modificato [30]. Effetti emodinamici: Il propafenone ha scarsi effetti emodinamici sul cuore sano. Diminuisce in maniera modesta la contrattilità, la pressione arteriosa e la gittata cardiaca. Questi effetti sono più spiccati nell’insufficienza cardiaca preesistente [12]. Indicazioni: Il propafenone è utilizzato nel trattamento e nella prevenzione delle turbe del ritmo sopraventricolari, ventricolari e nella sindrome di Wolff-Parkinson-White [4,12,28]. Dopo somministrazione orale, il propafenone subisce un effetto di primo passaggio epatico, variabile da soggetto a soggetto, talché un debole aumento della dose può determinare un’elevazione importante dei tassi plasmatici. Il picco plasmatico si ottiene tra la 2a e la 3a ora. L’emivita di eliminazione è di 7-8 ore ed il metabolismo è essenzialmente epatico. La dose dovrà essere diminuita in caso di insufficienza epatica, renale o cardiaca. La dose per via venosa lenta è di 1 a 2 mg.Kg-1. La dose per via orale varia da 450 a 1200mg. In genere è di 900 mg in tre somministrazioni (concentrazioni terapeutiche: da 0.5 a 1.5 mcg.ml-1). Effetti secondari: Il propafenone ha gli stessi effetti indesiderati degli altri anti-aritmici di classe Ic. 3 1.2.4. Cibenzolina. Effetti elettrofisiologici: La cibenzolina ha effetti frontiera tra la classe Ia e Ic. Possiede tra l’altro un effetto classe IV in vitro e in vivo. E’ discretamente vagolitico. Rallenta nettamente la velocità di conduzione nel sistema di His-Purkinje, il miocardio ventricolare e allunga il periodo refrattario del ventricolo. La conduzione intraatriale ed intranodale sono poco modificate. Infine, la cibenzolina rallenta la conduzione lungo le vie accessorie ed induce talvolta una discreta accelerazione della frequenza cardiaca, un allargamento del QRS e un allungamento dell’intervallo QT. Effetti emodinamici: Per via venosa la cibenzolina determina una riduzione modesta della contrattilità nel soggetto sano. Questo effetto può essere più spiccato nel paziente con insufficienza cardiaca. La cibenzolina è in generale ben tollerata per via orale. Indicazioni: La cibenzolina è attiva nel trattamento e nella prevenzione delle aritmie sopraventricolari, ventricolari e nella sindrome di Wolff-Parkinson-White. La biodisponibilità relativa per via orale è elevata, senza effetto di primo passaggio epatico. Il picco plasmatico si ottiene al 90° minuto. L’emivita di eliminazione va da 4 a 5 ore circa ma può essere maggiore di 7 ore nel paziente con insufficienza cardiaca e nella fase acuta dell’infarto del miocardio. L’eliminazione è essenzialmente renale. In caso di insufficienza cardiaca o renale le dosi devono quindi essere diminuite. Per via venosa la dose è di 1 mg.Kg-1 in 2 minuti, poi 8 mg.Kg-1.24h-1 in perfusione continua. La dose abituale per os è da 4 a 6 mg.Kg-1/die in tre somministrazioni (concentrazioni plasmatiche terapeutiche: da 0.3 a 0.4 mcg.ml-1). Effetti secondari: La cibenzolina può determinare turbe della conduzione, effetti proaritmogeni e scompensare un’insufficienza cardiaca. Come tutti gli anti-aritmici di classe I è responsabile di disturbi digestivi o neurologici minori. 1.3. Esmololo I Β-bloccanti agiscono per inibizione competitiva dei recettori B-adrenergici. L’esmololo è un bloccante cardioselettivo a breve durata d’azione, privo di attività simpaticomimetica intrinseca, né proprietà stabilizzanti di membrana. Effetti elettrofisiologici. Gli effetti elettrofisiologici ed elettrocardiografici dell’esmololo sono quelli dei B-bloccanti (tabella I). Allunga quindi i periodi refrattari del nodo atrio-ventricolare, sopprime i postpotenziali indotti dalle catecolamine ed eleva la soglia di fibrillazione delle cellule ischemiche. Effetti emodinamici. Come gli altri B-bloccanti l’esmololo diminuisce la frequenza e la gittata cardiaca, la contrattilità miocardica e la pressione arteriosa. Indicazioni. L’esmololo ha le stesse indicazioni degli altri B-bloccanti, principalmente rappresentati dalle tachicardie sopraventricolari. Riduce le tachicardie sinusali. Rallenta anche la frequenza ventricolare in corso di tachicardie atriali che può talvolta regredire. L’esmololo può ridurre le tachicardie giunzionali. Tuttavia è meno efficace del propanololo ma più del verapamil e della digossina nel trattamento delle tachicardie sopraventricolari. L’interesse principale di questa molecola dipende dalle sue caratteristiche farmacocinetiche che permettono di utilizzarlo come relais perioperatorio di un trattamento B-bloccante cronico, e soprattutto in chirurgia emorragica. L’emivita di eliminazione dell’esmololo è di 9 minuti, il che lo rende particolarmente maneggevole in fase perioperatoria . Non interferisce con gli effetti della succinilcolina. La dose va da 100 a 500 mcg.Kg-1 somministrati in un minuto e seguiti da una dose di mantenimento compresa tra 20 e 200 mcg.Kg-1.min-1. Effetti secondari. Sono gli stessi degli altri B-bloccanti. Dal punto di vista cardiologico consistono nell’insorgenza di uno scompenso cardiaco, di un blocco atrio-ventricolare, di una bradicardia e/o ipotensione. La breve durata d’azione permette di minimizzare le conseguenze di questi effetti. 1.4. Diltiazem Gli anti-aritmici della classe IV sono rappresentati dai calcio-antagonisti bloccanti i canali lenti (ICL). Tre sono le sostanze utilizzate come anti-aritmici: verapamil, diltiazem e bepridil. Effetti elettrofisiologici. Come gli anti-aritmici di classe I agiscono sui canali del sodio a seconda del loro stato funzionale e della frequenza cardiaca; il diltiazem ha una grande affinità per i canali del calcio aperti o allo stato inattivo. Ciò significa che più la frequenza cardiaca è elevata più il diltiazem è efficace. L’attività elettrofisiologica del Diltiazem si esplica quindi sul 4 potenziale d’azione delle fibre a risposta lenta (nodo seno-atriale e nodo atrio-ventricolare). Diminuisce la Vmax della fase 0 e la pendenza della curva di depolarizzazione diastolica lenta spontanea dei potenziali d’azione lenti. Ne risulta una depressione frequenza-dipendente dell’impulso sinusale e della conduzione anterograda del nodo atrio-ventricolare. Sulle strutture a risposta rapida (atri, His, Purkinje e ventricoli), il diltiazem agisce a livello del plateau del potenziale d’azione (fase 2), al quale conferisce un aspetto triangolare. Tuttavia non modifica la velocità di conduzione a livello di questi tessuti. E’ quindi teoricamente privo di azione antiaritmica atriale e ventricolare, a meno che le cellule siano parzialmente depolarizzate e/o ischemiche [33]. Effetti emodinamici. Gli ICL diminuiscono le resistenze vascolari sistemiche, la pressione arteriosa e la contrattilità. Questo effetto inotropo negativo è meno spiccato con il diltiazem che con il verapamil ed il brepidil [10,16]. Indicazioni. Il diltiazem è particolarmente efficace nella riduzione delle tachicardie giunzionali ortodromiche. Talvolta riduce le tachicardie atriali e rallenta la conseguente risposta ventricolare rallentando la conduzione a livello del nodo atrio-ventricolare. Il diltiazem ha un emivita di eliminazione da due a sei ore. E’ metabolizzato essenzialmente dal fegato. Esiste un metabolita attivo il desacetildiltiazem, che, in caso di iniezione unica non è ritrovato in quantità sufficiente a prolungare l’effetto del diltiazem. Infine, l’eliminazione del diltiazem è renale, ma in caso di insufficienza renale severa, la sua emivita di eliminazione non è modificata, a differenza del verapamil. Effetti secondari. Contrariamente al verapamil, il diltiazem non interferisce con la digitale. Può essere responsabile di una bradicardia sinusale severa, di turbe della conduzione atrioventricolare e di una insufficienza cardiaca in caso di sovradosaggio o di insufficienza cardiaca preesistente. 2. NUOVI ANTIARITMICI ED EFFETTI SECONDARI DI ORIGINE CARDIACA 2.1. Influenze emodinamiche La maggior parte degli anti-aritmici deprimono la contrattilità miocardica. L’effetto è tanto più spiccato se l’antiaritmico è somministrato per via venosa o se la funzione cardiaca è precedentemente alterata. In più lo stato emodinamico dipende dalla loro azione diretta o indiretta mediata dal sistema autonomo sul tono vascolare venoso o arterioso. Infine, l’efficacia degli anti-aritmici sulle turbe del ritmo è da tenere presente. In effetti, in caso di insuccesso terapeutico, la depressione miocardica indotta dall’anti-aritmico si somma allo squilibrio emodinamico relativo alla turba del ritmo. La depressione miocardica indotta dagli anti-aritmici di classe I dipende dall’importanza del rallentamento della conduzione ventricolare e dalla durata del blocco dei canali del sodio in rapporto al ciclo cardiaco. Tale blocco è responsabile di una diminuzione della liberazione di calcio necessario alla contrazione dal reticolo sarcoplasmatico. A questa depressione partecipa pure l’alterazione dell’attività energetica del cuore. L’effetto inotropo negativo è variabile in funzione del farmaco utilizzato e del tipo di risposta del sistema nervoso autonomo. Tuttavia il rischio di provocare o aggravare un’insufficienza cardiaca è stato stimato intorno al 5% per i malati trattati con flecainide, ma questa insufficienza interviene in maniera del tutto imprevedibile. Gli effetti emodinamici dei B-bloccanti consistono essenzialmente in una diminuzione della frequenza cardiaca e dell’entrata di calcio nelle cellule per la riduzione del numero dei canali del calcio disponibili. Determinano un aumento delle resistenze vascolari sistemiche. Così essi modificano la capacità di adattamento del sistema cardiovascolare e possono precipitare una insufficienza cardiaca. Tuttavia con l’esmololo tale rischio è limitato dalla sua breve durata d’azione. Il diltiazem, come tutti gli ICL, deprime allo stesso modo la contrattilità attraverso una riduzione dell’ingresso di calcio nelle cellule. Ciononostante, l’effetto vasodilatatore diretto e la stimolazione ortosimpatica che determina compensano parzialmente il suo effetto inotropo negativo [24]. 2.2. Turbe gravi della conduzione Le turbe della conduzione indotte dagli anti-aritmici possono manifestarsi come bradicardia severa, blocco senoatriale o atrio-ventricolare. Si riscontrano abitualmente in caso di 5 sovradosaggio assoluto o relativo in pazienti affetti da turbe di conduzione preesistenti. Il tipo di alterazione dipende dalla classe di anti-aritmici utilizzata. Gli anti-aritmici di classe I sono più spesso all’origine di blocchi atrio-ventricolari infrahisiani ma anche di blocchi senoatriali per alterazione della conduzione delle cellule perisinusali. Un elemento semplice di sorveglianza del trattamento è costituito dall’allargamento del QRS che testimonia direttamente il rallentamento della conduzione intra-ventricolare. I B-bloccanti ed i calcio-antagonisti possono determinare blocchi atrio-ventricolari soprahisiani, blocchi senoatriali o ritmo sinusale basso per alterazione diretta dell’impulso sinusale. 2.3. Effetto proaritmico L’effetto proaritmico degli anti-aritmici si determina per il sopravvenire di turbe del ritmo più gravi di quelle all’origine della prescrizione. La frequenza di questi accidenti è stata stimata intorno all’8% in corso di trattamenti atti a prevenire le tachicardie o la fibrillazione ventricolare. Teoricamente tutti gli anti-aritmici sono potenzialmente aritmogeni ma questi accidenti interessano soprattutto gli anti-aritmici di classe Ic (encainide, flecainide]. Dal momento che i meccanismi non sono univoci, sono state invocate differenti cause. Esse comprendono l’aumento o la diminuzione dei loro tassi ematici, una reazione idiosincrasica, una diskaliemia o una dismagnesemia, un’interazione tra gli anti-aritmici e il SNA, un’alterazione delle performances cardiache e/o del tono vascolare periferico. Il meccanismo aritmogeno più verosimile sembrerebbe il rientro. Il rientro è favorito dal rallentamento delle velocità di conduzione indotte dagli anti-aritmici, all’origine dei blocchi funzionali [2,20]. Il propanololo ha dato prova di efficacia nel trattamento degli effetti proaritmogeni da flecainide, supportando inoltre l’ipotesi delle interazioni col sistema nervoso autonomo. 3. NUOVI ANTI-ARITMICI E INTERFERENZE CON GLI ANESTETICI LOCALI E GENERALI Gli agenti normalmente utilizzati in anestesia possiedono effetti elettrofisiologici ed emodinamici. Ciò presuppone che la scelta della tecnica di anestesia tenga conto del trattamento anti-aritmico in corso e della cardiopatia sottostante. Ciò presuppone allo stesso modo che di fronte al sopraggiungere di una turba del ritmo, la scelta dell’antiaritmico sia adattata al tipo di anestesia. Il non rispetto di queste precauzioni rischia di esitare in una associazione di effetti membranari che possono esprimersi in un aumento dell’effetto antiaritmico con la comparsa o aggravamento di turbe della conduzione, in un aumento degli effetti cardiodepressori e/o nell’insorgenza di un effetto aritmogeno. 3.1 Alogenati Gli alogenati sono responsabili dell’insorgenza di aritmie cardiache i cui meccanismi non sono univoci [31]. A concentrazioni superiori allo 0.5%, essi agiscono a tutti i livelli in maniera dose dipendente alterando in modo non omogeneo le differenti strutture [5-8,19]. A livello delle fibre lente (nodo del seno e nodo atrio-ventricolare), provocano bradicardia e allungamento dell’intervallo PR. Diminuiscono la Vmax della fase 0 dei potenziali d’azione lenti con allungamento dei periodi refrattari del nodo atrio-ventricolare [17]. Questi effetti sono più spiccati con l’alotano e l’enflurano, meno con l’isoflurano. Questi meccanismi richiamano da vicino quelli dei calcio antagonisti, lasciando supporre un potenziamento degli effetti [22]. I B-bloccanti agiscono a livello delle stesse strutture. Invero, l’esmololo può teoricamente aggravare una bradicardia e/o indurre un BAV soprahisiano. Tuttavia se questo potenziamento degli effetti elettrofisiologici ed emodinamici è importante con il verapamil, sembrerebbe meno marcato con il diltiazem. L’iniezione ev di diltiazem nel cane anestetizzato con alotano allunga poco l’intervallo PR, diminuisce le resistenze periferiche e polmonari ed aumenta discretamente la gittata cardiaca. In più, nello stesso studio, si è osservato che il diltiazem diminuisce l’incidenza di aritmie indotte dall’adrenalina. Nel paziente anestetizzato con alogenati, la iniezione ev di diltiazem diminuisce la frequenza delle extrasistoli ventricolari e rallenta la frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale. A livello di atri e ventricoli, gli alogenati esercitano un’azione diretta deprimendo le velocità di conduzione. Ozaki e coll. hanno confermato che il rallentamento delle velocità di conduzione indotte dalla lidocaina era proporzionale alla caduta della Vmax. Al contrario gli stessi autori hanno osservato che il rallentamento delle velocità di conduzione indotte da alotano ed 6 enflurano non si accompagna da una riduzione così importante della Vmax. Questa constatazione si allontana dalla teoria classica sulla relazione che esiste tra la velocità di depolarizzazione e la velocità di conduzione. Ciò significa che gli alogenati hanno scarsa attività sui flussi rapidi di ingresso del sodio e rallentano la velocità di conduzione alterando la trasmissione dell’impulso a livello delle comunicazioni intercellulari (gap-junctions) [21]. Un’attenzione tutta particolare deve essere posta agli operati trattati da lungo tempo con gli anti-aritmici di classe I allorché si utilizzino gli alogenati. In effetti dal momento che questi due tipi di molecole rallentano la conduzione attraverso due meccanismi differenti, questo espone a un potenziamento degli effetti e all’insorgenza di un blocco di conduzione. Questo rischio è stato dimostrato in vitro durante l’associazione di chinidina ed alotano con un effetto sinergico. 3.2. Oppioidi Gli oppioidi, in particolare il fentanil, sono classicamente utilizzati come agenti anestetici principali nei pazienti a rischio cardiovascolare [13,18]. Frequentemente essi sono responsabili di una bradicardia la cui patogenesi è controversa. Roister et coll. hanno evidenziato nel cane che il fentanil determina una bradicardia dose dipendente, un allungamento della conduzione atrio-ventricolare ed un aumento dei periodi refrattari a livello del nodo AV e dei ventricoli. Recentemente BLAIR e coll. [14,15] hanno descritto con il fentanil ed il sulfentanil un aumento della durata del potenziale d’azione delle fibre del Purkinje. SAINI e coll. hanno evidenziato che il fentanil, nel cane in anestesia, innalza la soglia di fibrillazione, maggiormente in caso di shock emorragico. Questi studi suggeriscono che l’azione membranaria del fentanil è innegabile. Tuttavia, il sistema nervoso autonomo sembra partecipare a questi fenomeni. Infatti, l’implicazione dell’arco baroriflesso può spiegarsi con il potenziamento dell’azione del fentanil durante l’ipovolemia. Questa azione sarebbe, secondo gli autori, più in rapporto ad una depressione del sistema simpatico che del sistema parasimpatico . Il meccanismo d’azione degli oppioidi quindi, ricorda quello degli antiaritmici della classe III e può potenziare gli effetti dei calcio antagonisti e dei B-bloccanti. Tuttavia, gli effetti descritti in modelli sperimentali si manifesterebbero solo con dosi elevate. 3.3. Curari L’effetto elettrofisiologico dei miorilassanti è diverso a seconda delle molecole utilizzate. Il bromuro di pancuronio si oppone alla bradicardia indotta dagli oppioidi così come alla depressione che essi inducono sul nodo AV. Questa azione non sembra essere mediata unicamente dal sistema nervoso autonomo . In effetti, anche se il bromuro di pancuronio antagonizza la bradicardia indotta dall’acetilcolina, esso elimina pure quella indotta dagli oppioidi a forti dosi, molto spesso insensibile alla somministrazione di atropina. Sembrerebbe quindi che un’azione di membrana diretta del bromuro di pancuronio sia all’origine di questo antagonismo. Tuttavia, l’apparente sicurezza apportata da questo nei casi di disfunzioni sinusali o atrio-ventricolari non deve far dimenticare la sua potenziale aritmogenicità. In effetti, esso determina oscillazioni del potenziale transmembranario con comparsa di postpotenziali. Questa aritmogenicità si traduce nell’insorgenza di attività spontanea debole in condizioni di base, eventualmente potenziata dall’adrenalina. Quest’azione quindi, ricorda gli effetti dell’adrenalina sul potenziale di membrana in presenza di digitale. Un accumulo di calcio potrebbe spiegare questo meccanismo dal momento che è antagonizzato dai calcio antagonisti. Il bromuro di vecuronio sembra abbia scarsi effetti cardiovascolari. Cionondimeno, associato agli oppioidi, può aggravare la bradicardia indotta e/o favorire l’insorgenza di un ritmo giunzionale o di un blocco AV [27. Questo effetto è rafforzato dalla presomministrazione di calcio antagonisti o B-bloccanti. La somministrazione di neostigmina o edrofonio per antagonizzare i curari espone classicamente al rischio di bradicardia sino ad un blocco AV. Queste turbe del ritmo sono più frequenti nelle anestesie con fentanil e vecuronio e sono necessarie forti dosi di atropina per antagonizzarle. Questa associazione dovrebbe, secondo il nostro parere, essere evitata in casi di disfunzione sinusale e/o di turbe del ritmo preesistenti. Lo stesso accade nei casi di trattamento cronico con gli antiaritmici della classe Ic. Peraltro, i calcio antagonisti e gli anti-aritmici della classe I possono potenziare l’azione dei curari. 3.4. Anestetici locali Gli anestetici locali hanno un effetto diretto sulle vie di conduzione per le loro proprietà antiaritmiche di classe I. Questi effetti sulla conduzione intranodale non si manifestano, di 7 regola, che in caso di sovradosaggio. Se è stato dimostrato che per la lidocaina esiste un margine di sicurezza importante, non è probabilmente lo stesso per la bupivacaina. Infatti se quest’ultima non aggrava una turba di conduzione preesistente a dosi anestetiche [29], bisogna essere estremamente prudenti nella sue indicazioni in questo tipo di malati. In effetti il blocco effettuato dalla bupivacaina sui canali rapidi del sodio è più importante di quello della lidocaina [26]. In più la bupivacaina inibisce i canali del potassio [23,32] e del calcio. La lidocaina quindi deve essere preferita nei pazienti che assumono anti-aritmici. E’ stato dimostrato un aggravamento dell’emodinamica e delle velocità di conduzione nel cane anestetizzato che riceveva bupivacaina associata ai B-bloccanti, ai calcio-antagonisti, ed agli anti-aritmici di classe I. Infine il verapamil, più che il diltiazem, accentua gli effetti elettrocardiografici ed emodinamici nel cane sveglio che riceve dosi "anestetiche" di bupivacaina a differenza della lidocaina. CONCLUSIONI Gli anti-aritmici di classe Ic sono potenti ed efficaci. Le loro indicazioni rivelano quindi, a priori, un’aritmia potenzialmente grave e impongono che il trattamento sia proseguito nel periodo perioperatorio. Per di più, in questi malati, la scelta della tecnica anestetica sarà fatta tenendo conto dell’interferenza degli anestetici con gli antiaritmici ed ancor più tenendo conto della cardiopatia per la quale è stato istituito il trattamento. Al contrario, allorché il trattamento antiaritmico è stato prescritto per un’aritmia benigna non sostenuta, la sua sospensione transitoria può essere discussa. Tuttavia i B-bloccanti fanno eccezione a questa regola. Infatti essi non devono mai essere interrotti. Perciò, laddove risulti impossibile utilizzare la loro somministrazione per via orale, è essenziale provvedere ad un equivalente per via parenterale. BIBLIOGRAFIA 1. Anderson JL, Gilbert EM, Alpert PL. Prevention of symptomatic recurrences of paroxysmal atrial fibrillation in patients iniatially tolerating antiarrhytmic therapy. A multicenter, doubleblind, crossover study of flecainide and placebo with transtelephonic monitoring. Circulation, 80: 1557-1570, 1989. 2. Anderson KP, Walker R, Lux RL. Conduction velocity depression and drug-induced ventricular tachiarrhytmias. Effects of lidocaine in the intact canine heart. Circulation, 81:1024-1038, 1990. 3. Anno T, Hondeghem LM. Interactions of flecainide with guinea pig cardiac sodium channels. Importance of activation unblocking to the voltage dependence of recovery. Circ.Res.66: 789-803, 1990. 4. 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