S. Francesco, arte al centro città

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Chiesa & Arte - Città Aperte 2009
Luglio-Agosto 2009
ostuni Sorge in piazza della Libertà. Fu ricostruita dopo il terremoto del 1743
S. Francesco, arte al centro città
A
nche per quest’anno l’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni partecipa
all’iniziativa “Città Aperte”, aprendo alcune delle
Chiese monumentali ad una fruizione organizzata
in visite guidate ed in orari insoliti.
Le Chiese aperte saranno per la città di Brindisi: la
Cattedrale, la Chiesa di San Benedetto, la Chiesa
delle Scuole Pie ed il Santuario di Santa Maria del
Casale; per la città di Ostuni: la Chiesa di San Francesco d’Assisi, la Cattedrale e la Chiesa di San Giacomo in Compostela; per Carovigno sarà visitabile
la Chiesa di Sant’Anna e per Mesagne la Chiesa di
Santa Maria in Betlem.
Tutte le Chiese sono fruibili dalle ore 17,00 alle 23,00
(eccetto S.M. del Casale e S.M. in Betlem fruibili dalle 17,00 alle 21,00) tutti i fine settimana, festivi, prefestivi e feste patronali.
I tutor diocesani saranno a disposizione per raccontarvi dettagli di una storia che, tra le sue mura, rimane spesso celata.
In queste pagine vi descriveremo tre delle chiese
aperte quest’estate, ovvero la Chiesa di San Francesco, la Chiesa delle Scuole Pie e la Chiesa di Sant’Anna.
La consueta pagina dedicata ai beni monumentali
delle nostre città riprenderà nel prossimo numero.
L’Ufficio Beni Culturali nella persona del suo Direttore, prof. Giacomo Carito ed i Tutor diocesani colgono l’occasione in questo spazio, dedicato all’arte
ed alle tradizioni, per augurarvi una serena estate.
L
a Chiesa di San Francesco
d’Assisi in Ostuni, sorge in
Piazza Libertà, adiacente
all’ex convento francescano. L’antica
Chiesa, sorse grazie alla generosità
del Principe Filippo di Taranto nel
1304 quando, all’ordine francescano
viene donato l’orto detto del Columbo.
La Chiesa fu ricostruita dopo il 1743,
in seguito al terremoto che lesionò
gravemente la costruzione.
La facciata, ristrutturata nel 1883, in
stile neoclassico, è divisa in due ordini. Nell’ordine inferiore sono poste due sculture rappresentanti San
Francesco e Sant’Antonio, entrambi
degli anni ‘60 opere del prof. Bagnulo.
La cupola che poggia su un tamburo
poligonale, esternamente è coperta
da maioliche napoletane.
Il portale in bronzo, denominato
“portale del cavalluccio” è stato realizzato da Egidio Giaroli nel 1984 e
rappresenta gli episodi della vita di
San Francesco.
L’interno della Chiesa, a navata
unica e transetto cupolato, appare
armoniosa nelle linee e nelle decorazioni settecentesche ottenute con
stucchi e capitelli corinzi.
La prima cappella sul lato destro è
dedicata a Sant’Agostino, santo protettore della città di Ostuni nel XVIII
secolo.Nella seconda cappella, sempre sul lato destro, detta dell’Addolorata, conserva un affresco del 1991
del maestro Colonna.
Il primo altare sulla sinistra è dedicato alla Sacra Famiglia, mentre il
secondo a Sant’Antonio da Padova.
A completamento delle decorazioni
della navata vi sono, sul pilastro sinistro il pulpito in pietra della fine
del 1700, mentre in controfacciata il
dipinto della scuola del Miglionico:
“Mosè spezza le tavole dei Comandamenti”, sempre del XVIII secolo.
Sul lato sinistro del transetto vi è
l’altare dell’Immacolata Concezione, mentre nel transetto destro vi è
l’altare della Madonna del Rosario
con relativo altorilievo in cartapesta
di Raffaele Caretta.
Il monumentale altare maggiore in
marmo, finemente decorato, appartiene alla scuola dei marmorari del
1700, allievi di Giuseppe Sanmartino.
Antonella Golia
La chiesa di San Francesco © E. Vita
carovigno Conosciuta anche come Chiesa del Castello perchè attigua ad esso
Sant’Anna autentico gioiello d’arte cittadina
G
Particolare interno della chiesa di Sant’Anna
ià da lontano si scorge uno campanile a vela a tre voci, a ridosso
del punto terminale delle antiche
mura cittadine. Attraversando porta
Ostuni, a fianco dell’imponente Castello
Dentice di Frasso, quasi a sorpresa ci si
imbatte in una chiesa che sembra provenire da secoli addietro. È la Chiesa di S.
Anna, piccolo gioiello dell’arte carovignese. Eretta tra la fine del 1600 e l’inizio del
secolo successivo, si sviluppava in origine
come una cappella ad unica navata. Fu la
famiglia Imperiali, Signori di Francavilla e
feudatari di Carovigno, a realizzare l’Altare
Maggiore che presenta l’arme dell’Imperiali, “ un’aquila di nero coronata dello
stesso caricante un palo d’oro in un campo
d’argento”.
Essa ad oggi si compone di tre navate,
con la centrale più alta delle laterali e
con copertura a botte decorata di stucchi
dorati; una grande cupola si apre appena
prima del presbiterio, mentre sul fondo
in alto si trova una balaustra che sostiene
l’organo. La chiesa, nel 1971, entrò nelle
proprietà del Principe di Frasso D. Gerardo Dentice, che nello stesso periodo aveva
acquistato il castello. Nel 1804 fu deciso
l’ampliamento dell’edificio con la fabbrica
del cappellone e della navata sinistra; nel
1864 si decise la costruzione di un’altra
navata simmetrica alla prima, per quanto
differente nelle dimensioni. All’alba del
Novecento si decise di raccordare l’aspetto
della chiesa con quello del castello, in
concomitanza con il restauro dello stesso.
In questa occasione venne rifatta la facciata dove, in particolare nel disegno del
portale, venne richiamato il disegno della
chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo in Lecce,
di epoca normanna. Al contempo vennero
rifatti i pavimenti, con la stessa tecnica uti-
lizzata nel castello: uno strato di “cemento
seminato” dal profondo spessore realizzato direttamente in loco, tanto da apparire
un tutt’uno e da resistere all’usura. Allo
stesso periodo appartengono gli oli con i
quattro Evangelisti ed i rispettivi attributi
iconografici nei pennacchi della cupola.
Altro intervento sostanziale fu la ricostruzione di porta Ostuni, una delle due
porte di città, al di sopra della quale venne
creato un camminamento che permetteva ai signori del castello l’accesso diretto
alla chiesa per seguire la celebrazione dal
matroneo posto al di sopra del portale.
Ai lati dell’altare, pervasi da un’aura di
dolcezza familiare, le statue lignee di S.
Anna e S. Gioacchino guardano la Vergine
bambina, futura portatrice del disegno
Divino.
Antonia Barillà
La “Madonna con bambino e San Giovannino”
attribuita da Mauro Conte a Giovanni Balducci
E’
stato pubblicato recentemente sul sito web dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici (www.brindisiweb.
com/arcidiocesi) uno studio di Mauro Conte che affronta aspetti
e metodologie della pittura tardomanierista nelle provincie regnicole controriformate.
In particolare Conte si è soffermato sul dipinto “Madonna con
bambino e San Giovannino” di proprietà del Museo Diocesano
“G. Tarantini” di Brindisi.
Conte evidenzia come, l’autore del dipinto, vissuto tra la fine del
1500 ed il principio del 1600, esplica i tipici caratteri morfologici legati alla tarda maniera.
Dopo il Concilio di Trento (1545-1563), in regioni come la Calabria, la Puglia e la Lucania, nell’arte figurativa si cercò di motivare l’importanza dell’immagine sacra.
Si elaborò infatti una sorta di Teoretica dell’Arte Sacra, cui
avrebbero dovuto attenersi anche i rappresentanti delle autorità ecclesiastiche locali.
L’apparato iconografico, si apprestava quindi a diventare una
base su cui mostrare le esigenze estetiche ma anche quelle ideologiche.
Come sottolinea Mauro Conte: “Attraverso lo slancio dell’azione
educativa, svolta dalle immagini sacre, si andò costituendo un vasto
e diramato patrimonio figurativo, tra chiesa e conventi, ma naturalmente non sempre omogeneo dal punto di vista qualitativo”.
Insieme a Fabrizio Santafede, Ippolito Borghese, Girolamo Imparato e Giovanni Balducci, vi furono artisti minori che, pur
condividendo stili e caratteri dei maestri di chiara fama nazionale, cercarono di ritagliarsi uno spazio nel mercato delle commissioni d’arte.
La Puglia assunse un ruolo prioritario negli scambi culturali per
accelerare il processo di integrazione della provincia nel Re-
gno.
Questo rapporto privilegiato con Napoli non trasformò la Puglia
in un’officina pittorica rilevante, mostrandosi incapace di sperimentare e sviluppare determinate tendenze.
In particolare nel tracciare gli aspetti salienti del dipinto brindisino, si nota un adeguamento “al senso di equilibrio fra qualità
devota ed estro sentimentale di chiara derivazione baroccesca”.
Il tema è svolto con evidente impaccio compositivo, anche se si
riesce comunque a cogliere i richiami della poetica pittorica di
Fabrizio Santafede, nella ricerca dei sentimenti quotidiani nella
naturalezza dei gesti.
L’imponenza della Madonna non appare discosta dal tòpos figurativo di Giovanni Balducci, detto il Cosci (1560-1631). Del Cosci
si trova a Bitonto, presso la chiesa di San Francesco, un dipinto
firmato dall’artista e datato 1614. Il tema è quello di una “Madonna in gloria con Bambino, santi apostoli ed evangelisti”. Come
dice Conte “la più antica cultura sartesca si adatta alle esigenze
controriformistiche della Roma di fine secolo e dove non mancano
nostalgiche adesioni alla maniera toscana, declamante in alcuni
momenti l’estro coloristico del Beccafumi”.
Conte trova delle analogie formali nel modo di definire il movimento del braccio destro che sfiora la spalla del san Giovannino. Lo studioso colloca quindi il dipinto della nostra Arcidiocesi
negli stessi anni in cui l’artista fiorentino firmò il quadro di Bitonto ovvero nei primi quindici anni del secolo diciassettesimo.
Per approfondimenti e spunti sulla pittura manierista nella
nostra provincia e regione si può far riferimento all’esaustivo
studio di Mauro Conte, pubblicato sul sito web dell’Ufficio Beni
Culturali Ecclesiastici: www.brindisiweb.com/arcidiocesi.
L’interno delle Scuole Pie
Antonella Golia
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