Madonna della Greca Sull’origine di questo splendido edificio non si hanno notizie certe; il primo riferimento documentario risale ad appena il 1520, mentre è, invece, evidente da una serie di elementi che la sua fondazione sia avvenuta molto tempo prima. Ha un impianto basilicale a tre navate di cui la centrale, composta da quattro campate, con volte ogivali a crociera costolonata, e le due laterali da mezze botti rampanti ed unghiate. La volta a semibotte è propria delle chiese pugliesi a cupola in asse, che ebbero diffusione nel XII e nel XIII secolo. Tuttavia i due sistemi sono presenti accostati molto raramente, nella chiesa di san Benedetto a Brindisi ed in quella di santa Maria de Colonna a Trani. I pilastri polistili presentano anch’essi una serie di caratteristiche, oltre alla differenza di altezza e di composizione: le basi sono classicheggianti con ornamenti di protezione in rilievo (fiori, animaletti, conchiglie) negli angoli; i fusti delle semicolonne sono privi di apofige, ovvero di quello sguscio di raccordo alle due estremità; i capitelli sono un compendio di motivi classici, (volute, cornucopie, scanalature) figurine varie (putti, sirene, bifide, corpi d’uccello con volti umani) ed altri elementi del mondo animale e vegetale. Al di sopra essi sono completati da aggettanti cornici intagliate in vario modo. All’esterno, il portale lunettato rinascimentale presenta due capitelli probabilmente di altra provenienza che dimensionalmente mal si combinano con il resto. La porta a lunetta rialzata, murata sul lato sinistro della chiesa, è chiaramente di tipo medievale. Il suo orientamento collegato alla parete interna messa di fronte ad essa e recante un frammento d’affresco potrebbe far pensare ad un nucleo primitivo più piccolo con asse ruotato di 90 ° rispetto all’attuale. A questa costruzione se ne aggiunse un’altra in un periodo a cavallo tra la fine del `300 e l’inizio del ‘400 a giudicare dalla prevalenza della maniera costruttiva gotica. Ha una facciata molto semplice, a capanna con spioventi laterali, secondo la tripartizione interna; nei secoli essa ha subito alcune modificazioni come si può osservare in una veduta settecentesca dell’architetto e pittore francese J.L. Desprez, il rosone attuale è opera recente (1981) del maestro locorotondese Domenico Rosato, un leggerissimo traforato realizzato sul modello di quello della cattedrale d’Acquaviva delle Fonti. In alto nella posticcia cornice campeggia un piccolo rilievo di scarso valore; esso ricorda l’affidamento della chiesa alla nascente Confraternita di san Rocco, che nel 1893, convinta di prendersi cura del sacro edificio, l’alterò in più parti. Venne in tale occasione decorato a vari colori l’interno, disfatto il cimitero antistante la chiesa (gran parte dei lastroni tombali sono oggi visibili sul tetto) e distrutto l’antico rosone; le due statue, assai logorate dei santi Pietro e Paolo, all’estremità della facciata, già all’ingresso del suddetto cimitero, provengono da un trittico esistente nell’abside della vecchia Chiesa Madre. Sempre all’esterno uno sguardo alla tipica copertura a cummerse incrociate dalla bella ed articolata disposizione delle lastre calcaree (chiancarelle). Oltre alla ricchezza di motivi presenti sui capitelli, la chiesa conserva al suo interno una preziosa testimonianza della scultura rinascimentale pervenuta fino a questa estremità della provincia meridionale. Primo fra tutti si impone il Polittico dell’altare centrale intitolato alla Madonna delle Rose (la mensa è posteriore) con le immagini (da sinistra) di santa Lucia, san Pietro, la Madonna con il Bambino. san Paolo e sant’Oronzo (o san Donato). Al di sopra dei bassorilievi dei quattro Evangelisti e, nel timpano, la consueta immagine dell’Eterno Padre benedicente. L’impostazione architettonica è anch’essa molto buona nonostante alcune incongruenze proporzionali o quelle dovute a sicure manomissioni. Accanto a questo sorge sulla destra, nel vano un tempo adibito a coro, il prezioso e splendido bassorilievo della Deposizione nel Sepolcro formante con quattro colonnine dal fusto riccamente decorato con testine di angeli e tralci di vite, un altare composto in epoca moderna. In origine è molto probabile che questa lastra scolpita ornasse il paliotto della mensa originale posta sotto il suddetto polittico. Nel nicchione posto sud fondo della navata sinistra vi è il gruppo scultoreo di san Giorgio (1559) che insieme a tutto il cassettonato proviene dall’antica e omonima cappella che sorgeva nella vecchia Chiesa Madre. Il gruppo quindi completato da una sottostante mensa in forme barocche, venne qui montato nel 1794. Accanto a questo altare è posta una statua di un notabile personaggio in atto di preghiera, del quale nonostante la dicitura PIRRUS TARENT. PRINC. P.S.D. FF è dubbia l’identità: potrebbe egli essere Pirro del BalzoOrsini, principe di Altamura, ritenuto per tradizione colui che nel 1480 fece costruire la chiesa; oppure Ottaviano Loffredo, barone di Locorotondo verso la metà del ‘500 e probabile committente del polittico, visto che il piccolo stemma messo al centro del fregio dello stesso è proprio di quella casata. Sul tratto murario della navata centrale si intrevede ancora un frammento d’affresco, di una Madonna con Bambino, forse fulcro della primitiva costruzione, avanti a cui sempre nel corso del `500 fu eretto un ciborio in pietra formato da un padiglione piramidale su quattro colonnine, delle quali restano alcuni frammenti scanalati ed i quattro accostati al paliotto della Deposizione. Inoltre attorno all’immagine suddetta vi erano a mo’ di cornice tredici riquadri a bassorilievo di cui nove sono tuttora collocati sulla parete a sinistra dell’ingresso. La zona retrostante la parete con affresco, era un tempo completamente chiusa, con accesso dal coro, e serviva da sagrestia; il suo tratto murario esterno, come si vede, è stato ricostruito nel corso di un restauro risalente agli anni `60 quando vennero rimosse alcune superfetazioni. La statua lapidea posta sotto questa arcata è della Madonna delle Grazie e proviene dall’omonima cappella esistente nella distrutta Chiesa Madre. La piccola acquasantiera a conchiglia posta subito dopo ci ricorda che l’arcata corrispondente era fino a gran parte del ‘700 un ingresso secondario che dava sul cortile pergolato adiacente la chiesa e comunicante con l’abitazione annessa. La chiesa così com’è oggi appare completamente spoglia di qualsiasi arredo sacro o accessorio; un tempo era ricchissima di ex-voto, di suppellettili sacre, tenuto anche conto che dalla metà del `500 sino alla fine dell’Ottocento tutte le nicchie perimetrali ospitavano ciascuna un altare. La loro distruzione ha significato la perdita delle opere d’arte che l’ornavano. A sinistra della scalinata di via Giannone, poco più avanti troviamo la chiesa del Protettore del paese: san Rocco.