Appunti in pillole dal libro “I metodi della ricerca educativa” di Roberto Trinchero. Appunti utili per il secondo esonero di Metodologia della ricerca educativa: 17 dicembre 2009 ➔ Analisi dei dati. 8. L'analisi dei dati e l'interpretazione dei risultati. Con i dati raccolti dal questionario bisogna costruire matrice dei dati, ovvero una tabella in cui: ogni riga, detta report, corrisponde ad un caso, un questionario raccolto con il suo codice; e ogni colonna rappresenta una variabile, cioè una domanda del questionario. I dati raccolti nella matrice sono i codici relativi alle possibili risposte di una determinata domanda, tali codici sono anche riportati sul questionario. 9. Descrivere i fattori nella matrice: analisi monovariata. L'analisi monovariata serve a descrivere l'andamento di un fattore considerato all'interno della matrice. Esistono diverse modalità che sono poi associate ognuna ad una tecnica di rappresentazione grafica: – Distribuzione di frequenza semplice: calcolare come si distribuiscono i soggetti nelle categorie presenti, rappresentabile attraverso grafici a barre o diagramma a linea. – Percentuale semplice: si esprimono i dati della distribuzione di frequenza semplice in percentuali, rappresentabile attraverso grafici a torta. – Frequenza cumulata: (si può fare solo con variabili cardinali o categoriali ordinate) si sommano le frequenze semplici dall'inizio della scala fino ad un punto scelto, rappresentabile attraverso l'ogiva di frequenza. – Percentuale cumulata: esprime la frequenza cumulata in percentuale, rappresentabile attraverso l'ogiva di frequenza. Attraverso calcoli statistici è possibile poi calcolare il punto centrale di distribuzione in base alla tipologia di variabili: – Media aritmetica: per le variabili cardinali, è la somma delle variabili divisa per il numero dei casi. – Mediana: per le variabili categoriali ordinate e per le cardinali, è il punto che divide la serie di dati in 2 parti uguali. – Moda: va bene per tutte le variabili, è la categoria con la frequenza più alta. Per le variabili cardinali è possibile calcolare la dispersione dei dati rispetto ad un punto centrale attraverso diversi metodi. – Campo di variazione: è la parte di scala compresa tra il valore massimo e quello minimo che si ottiene sottraendo al valore massimo quello minimo, in questo modo più è alto il campo di variazione più vi sarà dispersione. – Oppure c'è un metodo più efficace che si divide in diverse fasi: 1. Devianza: si sottrae ad ogni singolo caso il valore della media, elevando ogni calcolo alla seconda, infine tutti i risultati verranno poi sommati. 2. Varianza: si divide il numero ottenuto con la devianza per il numero di casi presenti. 3. Scarto tipo: si rende la varianza con la stessa unità di misura dei dati di partenza perciò si fa la radice quadrata della varianza. Per le variabili categoriali ordinate nel caso in cui la media di due gruppi è uguale ma la dispersione no si può procedere con la differenza interquantilica. Si dividono i casi in 4 gruppi uguali (detti quartili), quanto più è grande la differenza tra il quarto quantile e il primo tanto più sarà grande la dispersione. Per le variabili categoriali non ordinate un indice di dispersione è il numero di categorie in cui sono divisi i dati. 10. Spiegare le variazioni di un fattore sulla base delle variazioni di un altro fattore: analisi Appunti in pillole dal libro “I metodi della ricerca educativa” di Roberto Trinchero. bivariata. Quando si vuole spiegare la variazione di un fattore sulla base delle variazioni di un altro fattore, la prima cosa da fare con variabili categoriali è una tabella a doppia entrata. In essa troviamo la frequenza osservata, il numero di soggetti che hanno quella combinazione di variabili, e i marginali di riga e di colonna, che è la somma delle frequenze di una riga o di una colonna. Per sapere se c'è una relazione bisogna trovare un punto di assenza di relazione per poi calcolare la distanza dai dati raccolti nel nostro campione. – Frequenza attesa: è la frequenza più probabile perché nel campione non vi siano relazioni, risponde alla proporzione: marginale di colonna : numero totale dei casi frequenza attesa : marginale di riga marginale di riga×marginale di colonna perciò si può dire che basta fare: n ° totale dei casi Per calcolare la distanza tra frequenza attesa e osservata: fraquenza osservata− frequenza attesa 2 Più si trova un numero alto e più è grande la distanza frequenza attesa della cella osservata tra le 2 frequenze. Per avere un indice che rappresenta le distanze tra frequenze osservate e attese di tutta la tabella bisogna fare l'X quadro. – X quadro: si sommano tutti i risultati ottenuti calcolando la distanza tra frequenza attesa ed osservata per ogni singola cella, più l'X quadro è alto e più la distanza tra le due frequenze è grande, dunque distante dalla condizione di non relazione, il valore di X quadro non è il valore della probabilità ad esso associata. La probabilità che esiste la relazione in questione viene calcolata attraverso il valore di X quadro e il grado di libertà della tabella a doppia entrata. – Grado di libertà: (numero di righe -1) per (numero di colonne -1) Il valore di probabilità è anche detto di significatività, tanto più è piccolo tanto è più probabile la relazione. Quando la probabilità associata all'X quadro è inferiore a 0,05 si considera esistente la relazione. Questa tecnica di analisi bivariata si può applicare anche alle variabili cardinali a patto che esse non abbiano troppe variabili, altrimenti è anche possibile incorporarle in categorie più grandi. 8. L'analisi dei dati nella ricerca interpretativa. Nel caso della ricerca interpretativa l'analisi dei dati implica l'interpretazione del materiale empirico raccolto, per arrivare a produrre una teoria. L'analisi di un testo può avvenire in diversi modi come attraverso gli approcci comprendenti, volti alla comprensione del significato dei comportamenti dei soggetti, di cui ne sono degli esempi l'analisi ermeneutica (ricostruzione di significato di un testo) e la codifica a posteriori di un testo (riconoscimento di temi all'interno di un testo). L'analisi ermeneutica: si tratta di una continua attribuzione e ridefinizione dei significati presenti nei documenti raccolti. Innanzitutto si fa una prima lettura in cui si attribuiscono dei significati, per poi analizzare i singoli temi trattati o i comportamenti per assegnare un significato all'interno discorso. L'analisi termina quando non vi sono più contraddizioni tra i significati assegnati. I significati attribuiti possono essere discussi con altri ricercatori o a volte con il soggetto stesso, tuttavia non bisogna dimenticare che i significati non sono scindibili dal background teorico e dal contesto in cui si svolge l'azione. Il ricercatore in questo caso deve essere dotato di innovazione e creatività per trovare i significati giusti. La codifica a posteriori del testo: si tratta di creare delle categorie in cui classificare gli elementi raccolti. Il ricercatore prima abbandona le sue conoscenze e le sue convinzioni, poi legge il testo e raccoglie da esso unità di senso che descrivono fatti, comportamenti, opinioni, atteggiamenti o temi trattati. Ciascuna unità di senso viene poi ridotta in asserto che verrà messa infine in relazione con Appunti in pillole dal libro “I metodi della ricerca educativa” di Roberto Trinchero. gli scopi dell'indagine creando una rete di categorie che vengono strutturate come variabili categoriali (uso poi di analisi statistiche). Oppure gli asserti estrapolati possono andare a formare una mappa concettuale in cui si può avere un riassunto sintetico ed immediato. La mappa creata dalla lettura di un intervista può servire da chiave di lettura per gli altri documenti raccolti. ➔ La ricerca esperimento. Nella ricerca per esperimento si modificano alcuni fattori per verificare gli effetti sul sistema, si vuole quindi studiare un rapporto di causa-effetto. 1. Logica della sperimentazione. Si tratta di trovare una relazione causale tra un fattore dipendente e uno indipendente tenendo però sotto controllo tutti gli altri fattori che potrebbero interferire. Nella sperimentazione la strategia da adottare è quella realista e serve a dare una spiegazione causale in senso stretto, perciò non da nessuna spiegazione dei comportamenti. La sperimentazione avviene nella maggior parte dei casi in un luogo controllato che non è da confondere con un ambiente artificiale. Si ha una sperimentazione nel momento in cui si aggiunge ad una situazione un fattore sperimentale, qualcosa di nuovo che si contrappone al fattore ordinario che equivale alla normalità, ne si controllano gli effetti e si analizzano i risultati. La riuscita della ricerca esperimento dipende dalla capacità del ricercatore di controllare tutti i fattori che possono intervenire\interferire. 2. I piani sperimentali. – Piano sperimentale a due gruppi. Si selezionano due gruppi il più possibile equivalenti per quelle caratteristiche che interessano o possono influire per la nostra ricerca. Si testa il livello del fattore dipendente nei due gruppi prima dell'inserimento del fattore sperimentale, inseguito si sottopone il primo gruppo (gruppo sperimentale) al fattore sperimentale mentre il secondo (gruppo di controllo) continua con il trattamento ordinario. Al termine del trattamento si rivaluta il livello del fattore dipendente in entrambi i gruppi e ne si valutano le differenze attraverso analisi quantitative e qualitative. – Piano sperimentale a quattro gruppi. In questo caso i primi due gruppi hanno lo stesso trattamento che nel piano sperimentale a due gruppi, mentre gli altri due non hanno la prova iniziale ed accedono in modo diretto rispettivamente al fattore sperimentale e al fattore ordinario. In questo modo è possibile controllare l'influenza dei test iniziali. – Piano sperimentale a gruppo unico. Nel caso in cui non si ha la possibilità di reperire gruppi diversi si può svolgere l'esperimento in un gruppo unico. Nella prima fase si testa la condizione iniziale, si sottopone poi il fattore ordinario perciò si fa un test intermedio, poi si somministra il fattore sperimentale ed infine si fa un test finale. Esistono però degli effetti di distorsione che intervengono nella riuscita della ricerca per esperimento: 1- effetto selezione: spesso le persone che compongono i gruppi vengono scelte arbitrariamente oppure sono le più motivate e quindi disposte a far parte di una ricerca, questo però può portare ad una falsificazione dei risultati. 2- effetto storia: bisogna assicurarsi che nel corso dell'esperimento non accadano situazioni in uno dei due gruppi che modifichino i comportamenti dei partecipanti. 3- effetto perdita: qualcuno potrebbe essere soggetto nel corso dell'esperimento ad abbandono del gruppo preso in considerazione. 4- effetto Hawthorne: già solo il fatto di intervenire in un contesto porta dei cambiamenti che potrebbero alterare i risultati, i soggetti si potrebbero comportare come hanno intuito che il ricercatore vuole. 5- effetto novità: un apporto di tecnologia nuova porta ad una maggiore motivazione e dunque ad un miglioramento che non è imputabile al nostro esperimento. 6- effetto testing: il test iniziale è indispensabile ma rischia di svelare l'obiettivo dell'esperimento e Appunti in pillole dal libro “I metodi della ricerca educativa” di Roberto Trinchero. quindi di far concentrare maggiormente i soggetti sugli argomenti che ci interessano, inoltre la prova iniziale facilita la compilazione della prova finale. 7- effetto maturazione: tipico del piano sperimentale a gruppo unico, l'applicazione dei due fattori avviene in tempi differenti rispetto alla maturazione degli individui del gruppo così che il miglioramento potrebbe essere ricondotto ad una maggiore esperienze al posto che al fattore sperimentale. 3. Il problema del controllo dei fattori. Per una maggiore validità in questo tipo di ricerca è opportuno tenere un diario della sperimentazione in cui descrivere tutti gli interventi messi in atto, gli eventi successi, le strategie utilizzate e tutte le informazioni che possono essere utili per ricostruire l'accaduto. La stesura del diario della sperimentazione aggiunge elementi interpretativi. Un disegno quasi sperimentale equivale a quelle situazioni dove il ricercatore non può tenere sotto controllo tutti i fattori che intervengono nel corso della ricerca e perciò si limita ad analizzare due situazioni a posteriori in cui è presente o no il fattore sperimentale. I dati delle ricerche per esperimento vengono elaborati attraverso analisi statistiche, come nella ricerca standard. ➔ La ricerca azione. La ricerca azione parte da una visione dell'apprendimento per cui esso passa attraverso l'interazione attiva con il contesto e in cui tutti gli operatori e i soggetti devono essere protagonisti. Perciò gli operatori possono usare i risultati di una ricerca solo se l'hanno svolta in prima persona. Per questo motivo è una tipologia di ricerca molto legata ai problemi quotidiani. “Gruppo” e “campo” sono concetti fondamentali per questo tipo di ricerca. 1. Logica della ricerca azione. Forma di ricerca di gruppo compiuta da persone coinvolte per risolvere una precisa problematica, in questo modo il momento di azione e di ricerca sono simultanei. Condizione fondamentale per questo tipo di ricerca è il fatto che i partecipanti abbiano potere decisionale nella propria struttura in modo da poter veramente applicare delle modifiche. La ricerca azione non ha un iter rigido, può partire da ipotesi che vengono continuamente modificate lungo il percorso. Si può dire che questa segue un iter circolare su dei punti cardine (identificazione problema, creare un gruppo, pianificare un intervento, metterlo in atto, rilevare i risultati, riflettere sui risultati e magari su un altro tipo di intervento...). Il ricercatore interno permette di raggiungere una reale comprensione della situazione e di solito ha come scopo il miglioramento della realtà educativa. La ricerca è svolta attraverso la partecipazione di tutti i membri ovvero con una continua negoziazione tra loro, sui concetti, problemi e modalità risolutive. Questa ricerca mira a creare consapevolezza in tutti i partecipanti a proposito dei propri metodi e non porta ad una conoscenza o soluzione definitiva, ma ad un continuo punto di partenza per miglioramenti. Il gruppo è opportuno che sia seguito da un consulente esterno in modo da guidare i componenti nella risoluzione della problematica e con la possibilità di promuovere modelli di intervento alternativi. Il conduttore in più deve favorire e mantenere un clima di serenità e collaborazione nel gruppo, equilibrare gli interventi e rendere tutti partecipi e disposti a mettersi in gioco. La figura del conduttore con il proseguire della ricerca deve farsi più da parte ed intervenire solo nel caso si presentino delle dinamiche inattese, in modo da lasciare liberi gli operatori di “crescere”. La ricerca azione è un momento di apprendimento e formazione sia per gli operatori che per il ricercatore. Le tecniche e i metodi usati in questo tipo di ricerca sono gli stessi delle alte ricerche ma con la finalità di risolvere un problema concreto. 2. Autenticità dei risultati della ricerca azione. Ciò che rende questa ricerca scientifica è il grado di coinvolgimento e la partecipazione degli Appunti in pillole dal libro “I metodi della ricerca educativa” di Roberto Trinchero. operatori unita ai risultati ottenuti. In questo caso non si parla di validità esterna della ricerca ma di trasferibilità dei risultati che comunque prevede un momento di riflessione a proposito delle differenze tra i contesti. Come per la ricerca interpretativa è molto importante la descrizione dei luoghi in cui avviene la ricerca azione. Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 2.5 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.