vedi allegato - comune di marcallo con casone

“Una storia vera.”
Vi racconto una storia. Una storia vera, una storia che racconta dell’amore più grande che si possa provare e della
lotta contro un mostro che, improvvisamente e senza annunciarsi, irrompe nella propria vita.
Questa è la storia di Emanuele, ma potrebbe essere quella di Tommaso, Aurora, Elisa, Mirko, Ferdinando,
Alessandro, Sofia e di tanti, tanti altri ancora, protagonisti di una trama di vita che sembra essere per tutti la stessa.
Questa storia inizia con uno dei momenti più belli per la vita di una donna: la gravidanza.
La scoperta di portare in grembo un’altra vita; lo stupore di sentirla crescere dentro di sé; la paura di non essere
all’altezza di questo nuovo ruolo; il timore per la salute di tuo figlio; le ecografie; quei movimenti, quelle mani che si
muovono dentro di te; quel chiedersi se avrà i tuoi occhi o come sarà il suo sorriso; cullarlo con la fantasia nell’attesa
di farlo veramente; immaginare la sua voce che pronuncia quella parola… mamma… ; vederlo camminare nella casa
che hai già arredato per lui.
Ma insieme a lui, anche il mostro sta crescendo e il mostro è l'Atrofia Muscolare Spinale (SMA).
Ma cos’è la SMA? Perché è un “mostro”? Come ha fatto ad irrompere nella nostra vita?
Perché la Sma è una malattia genetica autosomica recessiva che si può trasmettere dai genitori ai figli. Genetica
significa che è correlata ai nostri geni. Ciascuno di noi possiede un corredo di circa 30.000 geni, che ereditiamo dai
nostri genitori. Questi geni sono responsabili della maggior parte delle nostre caratteristiche personali. Nella SMA si
verifica la mutazione di un gene responsabile della produzione di una proteina necessaria per il corretto
funzionamento delle cellule, in particolare di quelle nervose chiamate motoneuroni. I ricercatori possiedono la
mappa di tutti i geni del nostro corpo e sono riusciti a mettere in relazione la SMA con un gene situato nel nostro
cromosoma 5 chiamato “Survival MotorNeuron gene” (SMN1). L’assenza o l’alterazione di questo gene causa la
SMA.
Ma come è possibile essere portatori di questa malattia, ci chiediamo? Nessuno nella nostra famiglia è mai stato
malato di SMA! Non sapevamo nemmeno che esistesse! Per essere “portatore sano” basta essere possessori di una
sola copia del gene SMN1. Una persona su quaranta è un portatore sano. Quando due portatori sani generano un
figlio, essi hanno una probabilità del 25% di procreare un figlio malato, del 50% di avere un figlio portatore sano e del
25% di avere un figlio perfettamente sano. In circa il 98% dei casi entrambi i genitori di un paziente SMA sono
portatori sani. E così è accaduto anche per noi.
Due mesi dopo la nascita di Emanuele, alla visita per la prima vaccinazione, il primo campanello d’allarme: “vostro
figlio è ipotonico, non muove le gambine e le braccia… magari è solo pigro ma è meglio approfondire con una visita
neurologica”. La corsa a casa a leggere su internet cosa significasse “ipotonia”, a chiedersi perché un bambino così
bello, dolce, intelligente, attento, con uno sguardo così vivace da pensare che quegli occhi ti stessero parlando, abbia
bisogno di una visita neurologica. E’ solo pigro, ti ripeti, con un po’ di fisioterapia lo aiutiamo. Mangia, cresce di peso,
dorme, non piange se non quando vuole attaccarsi al seno… è perfetto! Non può avere nulla.
E intanto continui a cercare su internet informazioni in più mentre prenoti una visita neurologica al centro di
eccellenza a Milano. Arriva il giorno della visita; lo sguardo della dottoressa alla vista di nostro figlio che a due mesi e
mezzo non regge la testolina; la prescrizione di un semplice esame del sangue per cominciare a fare le prime ipotesi;
il giorno del prelievo e poi la diagnosi: ATROFIA MUSCOLARE SPINALE DI TIPO 1. La prima causa di morte per malattia
genetica nell’età infantile.
In quel giorno capisci che il mostro vive con te. Capisci che tu ne hai solo un braccio e tuo marito ha l’altro. Capisci
che tuo figlio li ha ereditati entrambi e che la sua vita sarà molto breve. Il senso di impotenza ti pervade; in un attimo
tutti i tuoi sogni svaniscono; senti frantumarsi nel cuore la serenità che fino a quel giorno custodivi e coltivavi.
Ma non hai nemmeno tempo di renderti conto di quanto sta accadendo che la dottoressa ti suggerisce di andare in
un centro a Milano dove c’è una specialista della SMA che aiuta i genitori a gestire la vita dei loro bimbi malati.
Con le lacrime agli occhi e la disperazione nel cuore, lo stesso giorno siamo al SAPRE dove Chiara Mastella ci sta già
aspettando.
Dopo la diagnosi, la scelta: accettare che la malattia faccia il suo decorso naturale accompagnando al fine vita tuo
figlio nel modo più dolce possibile. Non c’è una cura per la SMA, maledizione, non ancora!
Ci spiegano che sì, la ricerca sta muovendo passi importanti grazie all’impegno dei ricercatori e delle casa
farmaceutiche. Al momento, ci dicono, sono in corso trial sull’uomo, su bambini affetti e su volontari sani, per i test
di sicurezza. Ci sono diverse strategie tutte con lo stesso obiettivo, aumentare la produzione di proteina SMN
efficiente ma, ciò che realisticamente si può fare in breve tempo, dicono, sarà un rallentamento o lo stop della
progressione della malattia.
Ma Ema non ha tempo.. la sua forma di SMA è grave. Progressivamente il mostro non gli consentirà più di succhiare
al seno; occorrerà alimentarlo in maniera forzata; potrà aver problemi di deglutizione; sarà necessario monitorare
spesso il suo livello di saturazione (l’ossigeno nel sangue) e la sua frequenza cardiaca; si muoverà sempre meno e
non riuscirà più a respirare.
Ma prima che tutto questo accada, ci dicono al Sapre, lui potrà essere amato, coccolato, aiutato, divertito,
abbracciato, baciato come tutti i bambini, mettendo in pratica i suggerimenti, i gesti e le attività contenute nel PAPG
“Programma di Abilitazione Precoce dei Genitori”.
E in quella stesso giorno, il giorno della diagnosi e dell’incontro con il mostro, cominci ad imparare come gestirlo,
come evitare le sue insidie, come anticipare i suoi sintomi e come permettere a tuo figlio di vivere la migliore vita
che lui possa avere!
Da quel momento, da quel giorno, la nostra vita è radicalmente cambiata. C’era solo un obiettivo: fare in modo che
nostro figlio fosse felice, sereno, amato, viziato, coccolato come nessun altro al mondo; combattere il mostro, non
fargli vedere che avevamo paura di lui ma mettere tutte le nostre energie al raggiungimento di questo scopo.
Dal giorno della diagnosi al giorno dell’addio a Ema sono trascorsi 7 mesi, mesi intensi, meravigliosi e difficili. Mesi in
cui abbiamo combattuto contro quel senso di impotenza che ci aveva invaso; mesi in cui al tuo dolore dovevi
sommare quello della tua famiglia e dei tuoi amici; giorni in cui non riuscivi ad alzarti dal letto per affrontare la
giornata; ma tanti, tantissimi giorni meravigliosi in cui ti specchiavi negli occhi di tuo figlio che, appena sveglio, ti
regalava un sorriso; che imparava a “lallare” e a ridere; che ti tendeva la manina per essere accarezzato; che giocava
con te con i suoi giochi preferiti e che guardava le foto che lo ritraevano facendo le facce buffe e quei versetti da
“micino”.
E ti accorgevi di quanto grande fosse l’amore per tuo figlio e del suo per te; di quanto fosse facile essere felici anche
senza muoversi, anche se per respirare meglio, era necessario stare in posizione orizzontale. E scopri un mondo,
quello della disabilità, fatto da persone speciali che ogni giorno combattono per migliorare la propria vita; e scopri la
solidarietà, l’affetto e il sostegno delle altre famiglie che hanno già vissuto quello che stai vivendo tu. Ma ti rendi,
terribilmente, conto di quanto faccia paura la malattia alle persone che convenzionalmente vengono definite “sane”;
scopri la solitudine, gli sguardi curiosi di chi vede tuo figlio disteso su un passeggino rialzato e ti chiede se non hai
paura che cada per terra; scopri quanti ostacoli ci sono per le persone disabili, dalle pavimentazioni dissestate delle
strade ai marciapiedi stretti, alla mancanza di scivoli per accedere agli edifici.
In 10 mesi di vita, Emanuele ci ha fatto vedere con altri occhi, i suoi, la nostra esistenza e pur nel dolore più grande,
quello di perdere il proprio figlio, ci ha trasmesso la forza e la speranza di continuare a lottare anche per gli altri.
E in questo percorso difficile, c’è stato, di nuovo, l’incontro con la comunità di Marcallo con Casone, con la sua
amministrazione, le sue associazioni e i suoi cittadini che sabato 23 febbraio hanno dato vita alla “Festa della
Solidarietà” per raccogliere fondi per combattere il mostro..
Sono stati raccolti € 3.154,00 e € 300,00 da parte dell’Avis! Come era stato anticipato, € 2.300 sono stati donati
all’Associazione Tommaso Boneschi Onlus, costituita dai genitori del piccolo Tommaso, la restante parte al Sapre,
per portare avanti progetti di sostegno alle famiglie con bambini SMA.
Per questo, a nome nostro e di tutti i genitori SMA, vi ringraziamo, di cuore, per il vostro affetto e la solidarietà
dimostrata.
Ci auguriamo che anche grazie alle notizie che vi abbiamo fornito con questo scritto, abbiate più informazioni sulla
SMA e possiate trarne beneficio per poter prevenire l’irrompere di questa malattia. E, infine, speriamo che da ora in
poi quando guarderete il cielo e vedrete le stelle più luminose, penserete che sono gli occhi dei bimbi SMA che ci
stanno guardando e aiutando a continuare a vivere; che stanno illuminando il cammino per aiutare gli altri bimbi
come loro e i loro genitori, per non farli sentire soli in questa lotta; per non permettere alla malattia di distruggere il
loro ruolo di genitori; per far sapere che basta poco, davvero poco, per essere solidali.
Grazie ancora a tutti per l’attenzione.
Roberta e Stefano, la mamma e il papà di Emanuele
Marzo 2013