Print Current Page

annuncio pubblicitario
Anzi no, anzi boh
/ 06.03.2017
di Paolo Di Stefano
Miglior film dell’anno? «The winner is… La La Land! Anzi no, Moonlight! Anzi no, Manchester By the
Sea! Anzi no, Moonlight. Anzi no, Arrival! Anzi no, La La Land… Anzi no. Boh, anzi sì, anzi no, anzi
ma…». Chi ha vinto l’Oscar quest’anno? Boh, chi sarà? Vuoi vedere che tra un paio di settimane
sapremo che le buste non erano state scambiate e che il vero vincitore è davvero La La Land? Anzi
no, Moonlight… Anzi no… Bella figuraccia, a Los Angeles, nella Notte degli Oscar (3)! Ma chi ha
sbagliato? Sulle prime la colpa è ricaduta, coram populo, sul capo del povero Warren Beatty (6–),
che conduceva la serata. Tutto il mondo l’ha visto disorientato, con i suoi ottant’anni, guardarsi
intorno sperduto, senza capire che cosa stesse accadendo. Dunque: dagli all’anziano, al
«rimbambito», con tanto di risatine e colpetti di gomito. Lui stesso ha ammesso lo sbaglio: «Non ho
voluto fare lo spiritoso, mi scuso, non presenterò mai più gli Oscar…».
Poi però si è venuto a sapere che l’errore non andava attribuito alla vecchiaia di Beatty ma alla
presunta efficienza di una società che si chiama niente meno che PriceWaterhouseCoopers (3, anzi
2+, anzi 2): si tratta di un’azienda specializzata in revisione dei conti e in lavori di precisione, anzi di
super precisione, anzi di super super super precisione. Nella fattispecie, da oltre ottant’anni (anzi
per la precisione da 83) esegue lo spoglio dei voti dei giurati, li conta con massima precisione,
allestisce le buste dei vincitori, le sigilla con cura, le conserva con scrupolo fino allo spettacolo e le
consegna attentamente nel momento della proclamazione in modo che i conduttori possano aprirle e
leggerle in pubblico: un’operazione banalissima che potrebbero eseguire un paio di bambini
mediamente svegli ma che, con le sue varie fasi, permette alla prestigiosa società di «auditing» di
incassare un bell’assegno di consulenza annuale.
Insomma, pare che quest’anno il funzionario della PWC, mentre consegnava la busta del film
vincitore, fosse distratto da un tweet in partenza o in arrivo. Dunque, è accaduto quel che non è mai
successo nei passati decenni: è stata consegnata la busta sbagliata (quella che portava il nome della
migliore attrice) e da lì il patatràc, l’equivoco, la confusione, il panico: «The winner is… La La Land!
Anzi no, Moonlight! Anzi nohhhh, anzi bohhhh, anzi mahhhh…». In definitiva, la tecnologia, che
dovrebbe garantire maggior precisione in un lavoro di somma precisione com’è la conta dei voti di
un premio, è stata la buccia di banana su cui è scivolato l’intero baraccone hollywoodiano della
cosiddetta Academy. Da sorriderci sopra, anzi da riderci su, anzi da sbellicarsi, anzi da piangere…
Da andare a nascondersi per la vergogna. Dove? Sulla luna (in inglese «Moon» come Moonlight)?
Sembra che sulla Luna ci sia spazio. E se i soldi non mancano, ci si può andare davvero per una
modica cifra. Bastano cento milioni di dollari e la villeggiatura è assicurata: tanto costeranno,
dicono, i voli spaziali che vengono organizzati dal magnate americano Elon Musk (1, anzi 1–, anzi
–1). Il quale si occupa di proporre trasferte turistiche interplanetarie a buon mercato: e i clienti non
gli mancano. Due candidati passeggeri, rimasti anonimi, non si sono fatti pregare e hanno già
versato la caparra per l’anno prossimo, quando la capsula Dragon 2 li accoglierà a Cape Canaveral
per un giretto panoramico che percorrerà tra i 460 mila e i 630 mila chilometri.
Dunque, visto che quello dei viaggi spaziali è un settore commerciale ritenuto molto redditizio, ci
sono buone speranze che dopo aver distrutto l’ambiente del nostro pianeta e pressoché esaurito le
sue risorse naturali per motivi essenzialmente economici, riusciremo a estendere il danno all’intero
universo, pianeti, stelle, galassie, spazi intergalattici compresi. Se tutto andrà bene (anzi male, anzi
malissimo, com’è prevedibile), tra qualche anno avremo la possibilità di trascorrere le ferie di Natale
su una stella cometa, il Capodanno su Plutone, il compleanno su Marte, San Valentino su Venere e il
ponte di Carnevale su Saturno. Per ora, afferma Ajay Kothari, amministratore delegato di Astrox
Corporation, non essendo i biglietti propriamente popolari, purtroppo gli aspiranti viaggiatori sono
pochini: ma quando una trasferta costerà soltanto un milione di dollari, allora investire nel mercato
turistico orbitale e suborbitale sarà conveniente. Resta da capire se quella cifra è «all inclusive»,
compresi sdraio, ombrellone e cabina. E se bisogna portarsi il telo e la crema solare da casa. E il
telefonino? Funzionerà internet a quelle altezze? Si potrà mandare un wathsapp a mamma per dire
che siamo arrivati bene? Tranquilli, ci potremo collegare per sapere com’è andata a finire l’ennesima
edizione degli Oscar. Anzi no, anzi sì, anzi boh.
Scarica