Laura Ferrucci, Valerio Alfieri, Raimondo Sollazzo Brain glycogen in health and disease Il glicogeno è un polimero ramificato del glucosio immagazzinato principalmente nel fegato e nei muscoli scheletrici: in questi è utilizzato come rifornimento energetico durante la contrazione muscolare, mentre è impiegato dal fegato come materiale di riserva a ridosso dei periodi di digiuno. Il glicogeno è stato identificato anche in altri tessuti dove ricopre ruoli fino a poco tempo fa sconosciuti. Tuttavia recenti studi riportano la loro attenzione sulla presenza di glicogeno all’interno del sistema nervoso, in particolar modo in relazione alle sue funzionalità ed alle conseguenze del malfunzionamento nel suo metabolismo. Il glicogeno è un omopolimero costituito da una catena di residui glicosidici uniti linearmente tra loro da legami α (1-4) e da ramificazioni laterali connesse da legami α (1-6) presenti ogni 8-10 residui. La sintesi del glicogeno inizia con l’entrata del glucosio all’interno della cellula mediante trasportatori specifici: qui avverrà la fosforilazione del glucosio in glucosio6-P, il quale subirà l’azione di un’isomerasi a glucosio1-P ed in fine andrà a formare una molecola di uridina-glucosio5’difosfato, il quale è un donatore diretto di glucosio atto alla sintesi del glicogeno. La glicogenina catalizza la formazione di un corto polimero di glucosio, il quale subirà un allungamento grazie all’azione della glicogeno sintasi. L’enzima ramificante del glicogeno, a sua volta, aggiungerà dei legami α (1-6) per permettere la formazione delle ramificazioni laterali; l’azione coordinata di questi enzimi contribuirà alla corretta sintesi di una molecola di glicogeno, il quale è altamente solubile e pronto a subire degradazione (quando richiesta) da parte dell’enzima glicogeno fosforilasi (GP) e Immagine 1. Sintesi del glicogeno dell’enzima deramificante. La glicogeno sintasi possiede due isoforme: una muscolare presente nella maggior parte dei tessuti (MGS, codificata dal gene GYS1) ed una specifica per il fegato (LGS). Per quanto invece riguarda l’enzima glicogeno fosforilasi, questo esiste in tre isoforme: una muscolare (MGP), una specifica per il fegato (LGP) ed una terza specifica per il cervello (BGP), sebbene ivi sia stata riscontrata anche la presenza di MGS. La sintesi e la degradazione del glicogeno sono due processi altamente regolati i quali permettono l’omeostasi di questo metabolita all’interno dei tessuti. Per assicurare ciò la cellula possiede numerosi meccanismi di controllo dell’attività della glicogeno sintasi: la proteina PTG, la quale è una sub-unità regolatoria della protein-fosfatasi PP1, gioca un ruolo chiave nell’attivazione della glicogeno sintasi mediante defosforilazione. È stato stimato che la quantità di glicogeno presente all’interno del cervello sia intorno ad 1g (0.1% del peso del tessuto), e che questa concentrazione sia 10 volte inferiore rispetto a quella presente nel muscolo scheletrico e 100 volte inferiore a quella presente nel fegato. Fino a poco tempo fa si riteneva che, solamente durante la fase di sviluppo embrionale, il glicogeno cerebrale fosse presente sia nelle cellule gliali che quelle neuronali; e che invece negli adulti questo polisaccaride si potesse ritrovare solamente all’interno degli astrociti. Alla luce di queste motivazioni, il ruolo del glicogeno come riserva di energia cerebrale è stato poco considerato, complice anche il fatto che il cervello è energeticamente dipendente dal glucosio derivante dalla circolazione sistemica. Ciononostante, è stato ipotizzato che il contenuto di glicogeno cerebrale possa rappresentare una risorsa a breve termine di vitale importanza per specifiche attività neurali: come ad esempio la formazione di memorie, i processi di stimolazione sensoriale ed i cicli di sonno-veglia. Inoltre il glicogeno cerebrale rappresenta una fondamentale protezione durante l’esercizio intenso e le situazioni di stress cellulare o condizioni patologiche come l’ipoglicemia, l’ischemia o le crisi epilettiche. È largamente accettato anche il fatto che, attraverso l’azione di neuromodulatori e neurotrasmettitori, le cellule neuronali siano in grado di stimolare la mobilizzazione di riserve glicogeniche all’interno degli astrociti, i quali a loro volta saranno in grado di convertirlo in lattato: quest’ultimo sarà infine internalizzato ed utilizzato dai neuroni. In uno studio del 2013 di Duran et al., al fine di poter determinare in maniera inequivocabile il ruolo del glicogeno nel cervello, è stato generato un modello animale GYS1nestin KO in cui si è stati in grado di ottenere un KO condizionale dell’enzima glicogeno sintasi specificatamente nel sistema nervoso. In seguito sono state analizzate le capacità di apprendimento di questi animali e sono state identificate differenze delle proprietà elettrofisiologiche delle sinapsi dei sottocampi CA3-CA1 dell’ippocampo. In particolar modo sono stati analizzati i livelli di LTP (long-term potentiation) delle sinapsi CA3-CA1 nel gruppo di animali GYS1nestin KO rispetto ad un gruppo di controllo: dopo una sessione di stimolazioni ad alta frequenza, solo il gruppo di controllo presentava un livello significativo di LTP nel primo giorno di registrazioni, mentre i topi GYS1nestin KO non presentavano alcun segno evidente di LTP; addirittura questi ultimi hanno mostrato dei fenomeni di depotenziamento nei giorni successivi di registrazione. Oltre a questo sono stati effettuati dei test di tipo comportamentale mediante l’utilizzo di una Skinner box al fine di monitorare i livelli di capacità di apprendimento delle cavie: i topi GYS1nestin KO sono risultati carenti in maniera significativa per quanto riguarda il consolidamento dei vari task di apprendimento associativi rispetto al gruppo di controllo. Queste osservazioni indicano che il glicogeno cerebrale gioca un ruolo chiave nella giusta acquisizione e nel consolidamento di memorie, nonché nella capacità di compiere lavori di apprendimento complessi. Immagine 2: A. alterata performance comportamentale nella skinner box. B.modificazioni elettrofisiologiche delle sinapsi ippocampali in topi GYS1nestin-KO Nonostante il fatto generalmente accettato che il glicogeno non sia ritrovabile all’interno dei neuroni, queste cellule presentano al loro interno MGS, nonché tutti i vari meccanismi molecolari finalizzati alla sintesi glicogenica. L’esistenza di glicogeno fosforilasi all’interno dei neuroni è stata lungamente dibattuta, ma un esperimento del 2003 ne dimostra la presenza della sola isoforma BGP, mentre invece è stata riscontrata all’interno degli astrociti anche l’esistenza di MGP. Per determinare in maniera definitiva la presenza di un metabolismo glicogenico autonomo nei neuroni, sono stati condotti esperimenti sia in vitro che in modelli di Drosophila, nei quali sono stati appurati gli effetti protettivi nei confronti dei danni causati da stati di ipossia. È bene tenere presente però che i livelli glicogenici all’interno dei neuroni è mantenuto a livelli estremamente bassi, in quanto un eccessivo accumulo di glicogeno induce l’apoptosi della cellula. Mediante l’utilizzo un modello animale che sovra-esprime condizionatamente una forma di glicogeno sintasi resistente all’inattivazione, è stato possibile dimostrare che l’accumulo di glicogeno nei neuroni in topi e Drosophila portano ad una perdita di questo tipo cellulare, difetti di locomozione, e ridotta sopravvivenza. Questi risultati suggeriscono che i livelli di glicogeno neuronali devono essere strettamente regolati e mantenuti ad un livello basso ma funzionale, in quanto il sovra-accumulo può portare all’insorgenza di patologie neurodegenerative. La malattia di Lafora è una forma rara di epilessia mioclonica progressiva che ha effetti invalidanti a livello motorio ed intellettivo: colpisce soprattutto gli adolescenti con un’incidenza di 1 caso ogni milione e, purtroppo, attualmente non esistono terapie. La diagnosi può essere fatta in base all’età in cui compaiono i primi sintomi, ai precedenti familiari, al rapido deterioramento della funzione cognitiva e anche in base ad una biospia. Infatti, la caratteristica principale di questa patologia è l’accumulo di una tipologia di glicogeno poco ramificato all’interno di neuroni, fegato, muscoli e ghiandole sudoripare, sottoforma di aggregati chiamati poliglucosani, in inclusioni denominate Lafora Bodies. Immagine3:Accumulo di corpi di Lafora osservati in una sezione di cervello(a), di muscolo scheletrico(b), di ghiandole sudoripare(c) Brain (a) Skeletal muscle (b) Sweat glands (c) L'evoluzione della malattia di Lafora è caratterizzata da una progressiva degenerazione del sistema nervoso, dovuta alla crescita di queste inclusioni che, nel giro di pochi anni, riduce i malati in uno stato vegetativo terminale portando così alla morte a causa dell’apoptosi dei neuroni stessi. La Malattia di Lafora è una patologia autosomica recessiva dovuta a mutazioni o delezioni che possono colpire due geni: EPM2A, che codifica per la laforina (una protein-fostatasi) e EPM2B, che codifica per la malina (una ubiquitina E3 ligasi). Gli individui con mutazioni nel gene EPM2A o nel gene EPM2B sono neurologicamente e istologicamente indistinguibili. Queste due proteine formano un complesso che regola l’accumulo del glicogeno; l’azione fosfatasica della laforina, inoltre, assicura la qualità del glicogeno prevenendo la sua iperfosforilazione, che è considerata uno dei motivi principali della formazione dei Lafora Bodies. Immagine4:Mutazioni nel gene EPM2A portano ad un’alterazione dell’attività della Laforina che non sarà in grado di impedire l’iperfosforilazione del glicogeno. Per studiare su modelli animali la malattia di Lafora, i ricercatori hanno creato un topo KO per il gene malina, il quale ha confermato la possibilità dell’utilizzo di questo modello per lo studio della patologia dopo aver visto che quest’ultimo presentava accumuli di poliglucosani in numerosi tessuti, cervello compreso. Il contenuto di glicogeno nel cervello di questi animali era più del doppio rispetto ai rispettivi wild type. La formazione di questi aggregati era accompagnata da una progressiva Immagine5: fEPSP perdita di neuroni, da alterazioni misurato nel neurofisiologiche, in particolare da cambiamenti sottocampo CA1 in KO delle proprietà elettrofisiologiche a livello delle topi WT e Malina in seguito a stimolazioni sinapsi ippocampali e da alterazioni del di intensità crescente comportamento. I topi KO per la malina, infatti, a livello della risultavano essere iperattivi e avevano un tasso collaterale di Schaffer d’ansia ridotto, nonché un’elevata suscettibilità ad epilessia indotta dall’acido kainico. I cambiamenti delle proprietà elettrofisiologiche a livello delle sinapsi ippocampali sono stati confermati attraverso metodi in vivo che hanno permesso di studiare tali sinapsi in topi svegli. E’ stato misurato il potenziale eccitatorio postsinaptico nel sottocampo CA1 in seguito ad impulsi di intensità crescente al livello della collaterale di Schaffer. I topi KO per la malina presentano ampiezze maggiori rispetto agli animali WT, suggerendo una maggiore eccitabilità sinaptica. Tuttavia non c’era una chiara evidenza della correlazione tra accumulo di glicogeno e causa della malattia. Per capire se quest’ultimo è direttamente responsabile della neurodegenerazione osservata nei topi KO per la malina, i ricercatori hanno creato un topo KO per la malina e KO anche per l’isoforma muscolare della glicogeno-sintasi (MGS), responsabile della sintesi di glicogeno nel cervello. Come ci si aspettava, il cervello di questi animali non accumulava Lafora Bodies, dimostrando quindi che l’accumulo di glicogeno è direttamente responsabile dei fenomeni neurodegenerativi, dal momento che i topi KO per la malina e per la MGS non mostravano marcatori di neurodegenerazione, cambiamenti nelle proprietà elettrofisiologiche o cambiamenti alla suscettibilità per epilessia indotta da acido kainico. I ricercatori, inoltre, hanno creato anche modelli animali KO per la malina, con una ridotta attività della MGS (hanno ottenuto ciò eliminando un solo allele del gene). Come conseguenza si è verificata la riduzione del numero di Lafora Bodies presenti nel cervello e una diminuzione della suscettibilità ad epilessia indotta da acido kainico. Ciò è stato confermato dalle registrazioni effettuate a livello ippocampale dopo che ai topi è stato iniettato acido kainico e sono stati stimolati. I topi KO per la malina avevano una Immagine6:Registrazioni effettuate in seguito ad iniezione di suscettibilità maggiore rispetto ai topi acido kainico, prima e dopo stimolazione ippocampale in topi MalinKO + MGShet. Queste KO KO KO sani, Malin ,Malin +MGS considerazioni dimostrano che la malattia di Lafora può essere prevenuta semplicemente inibendo parzialmente la sintesi del glicogeno; in linea di massima, una riduzione del 50% è sufficiente. Laforina e malina sono coinvolti in processi di autofagia in cui i componenti danneggiati della cellula sono sequestrati e degradati all’interno di lisosomi. Si è notato che modelli animali KO per la malina presentano un indebolimento del meccanismo di autofagia, mentre i modelli animali double KO sia per la malina che per la MGS presentano un meccanismo autofagico normale. Questo comportamento è stato attribuito all’eccessiva produzione di glicogeno che porta quindi ad un indebolimento del meccanismo autofagico.. I corpi amilacei sono strutture rotondeggianti con un diametro tra i 10-50 μm, basofile e composte da poliglucosani. Essi sono presenti a livello della ghiandola prostatica, del sistema nervoso e degli alveoli polmonari. In principio si pensava che queste si trovassero nel sistema nervoso soltanto a livello delle cellule gliali, ma questa ipotesi è stata successivamente smentita dal ritrovamento di tracce di corpi amilacei anche nei neuroni. I corpi amilacei sono presenti in cervelli di umani sani durante la vecchiaia e condividono molte caratteristiche istologiche e biochimiche con i Corpi di Lafora. Immagine 7: corpi amilacei È stato dimostrato infatti che topi in età matura presentano accumuli di poliglucosani principalmente a livello dell’ippocampo e del cervelletto. La presenza dei corpi amilacei è però strettamente dipendente dalla presenza della glicogeno sintasi. Topi knock out per questo enzima infatti non mostravano presenza di questi aggregati, indicando uno stretto legame tra metabolismo del glicogeno e insorgere di accumuli di poliglucosani. Altri esperimenti eseguiti sulla Drosophila mostravano che la riduzione dell’espressione della glicogeno sintasi aumenta la durata di vita di questi animali e ne migliora le capacità motorie. Alcuni ricercatori paragonarono la distribuzione di aggregati di poliglucosani di topi maturi con topi knock out per la malina e osservarono che questi aggregati sono del tutto simili, sia per la loro localizzazione che per la loro immunopositività ad un array di proteine legate allo stress cellulare. Il Immagine 8: ruolo della GS nell’inibizione della formazione dei corpi amilacei tasso di aggregati di poliglucosani era però minore nei topi in età di vecchiaia rispetto a quelli affetti dalla malattia di Lafora e l’accumulo di corpi amilacei assomigliava infatti ai primi stadi di questa malattia. La quantità di corpi amilacei aumenta in seguito a condizioni di stress cellulare e, come vedremo successivamente, in condizioni neurodegenerative. Nei corpi amilacei è stata infatti rilevata la presenza di proteine caratteristiche di stati di stress citologico, come l’ubiquitina, le heat-shock proteins e i cosiddetti prodotti finali della glicosilazione, macromolecole glicosilate correlate a stati di invecchiamento e a patologie neurodegenerative. Nei corpi amilacei sono state trovate anche tracce di α-sinucleina. L’α-sinucleina è una cosiddetta “proteina incline all’aggregazione”, cioè una proteina che tende a formare dei grossi aggregati a livello intra ed extracellulare in casi di patologie neurodegenerative, soprattutto nella malattia di Parkinson. La presenza dei corpi amilacei è associata infatti anche a numerose malattie neurodegenerative, come la malattia di Parkinson, di Alzheimer e la demenza vascolare. Tramite uso di anticorpi specifici per proteine come ubiquitina, tau e le heat-shock proteins è possibile osservare come il numero di corpi amilacei sia molto più elevato in malati di Alzheimer rispetto a individui sani nel periodo della vecchiaia. Nella sclerosi multipla invece, alcuni ricercatori hanno ipotizzato che i corpi amilacei potessero rappresentare resti di cellule neuronali aggregate e degenerate. Immagine 9: A) corpi amilacei nel cervello in casi di demenzia vascolare. Il ruolo dei corpi amilacei nelle malattie B) Proteine dei copri amilacei nel SNC neurodegenerative non è stato ancora del tutto compreso. Alcuni studi recenti hanno suggerito che questi possano fungere da indicatori di neurodegenerazione. Nei corpi amilacei sono infatti presenti proteine ubiquitinate e proteine del complemento. La funzione dei corpi amilacei potrebbe essere quindi quella di proteggere queste proteine dal riconoscimento da parte delle cellule immunitarie del Sistema Nervoso Centrale e quindi di bloccare o limitare i danni infiammatori. Altri ricercatori hanno invece proposto che i corpi amilacei possano essere coinvolti nel sequestramento di proteine che potrebbero essere deleterie per le cellule del Sistema Nervoso. In ogni caso la presenza di corpi amilacei è legata a stati di stress cellulare. Una prova di ciò è stato il ritrovamento di transaglutaminasi-1, enzimi che in seguito a situazioni di stress provocano il crosslinking di proteine che vanno a formare il core dei corpi amilacei. L’unione di questi dati suggerisce che i corpi amilacei, in quantità fisiologiche, possano servire come “protettori” delle cellule del Sistema Nervoso. In quantità eccessive però i corpi amilacei e in generale l’accumulo di glicogeno, sono causa di gravi malattie neurodegenerative. È importante capire quindi come il glicogeno nel sistema nervoso non abbia un ruolo di secondo piano ma che la sua visione sia cambiata molto negli ultimi decenni, acquistando un ruolo importante in diversi processi fisiologici e patologici. Il suo metabolismo deve essere minuziosamente regolato perché il suo accumulo causa neurodegenerazione. A sua volta lo studio del metabolismo del glicogeno è di grande interesse perché l’inibizione della sua sintesi potrebbe avere un importante impiego terapeutico. Bibliografia: -Jordi Duran, Joan J. Guinovart. Brain glycogen in health and disease Molecular Aspects of Medicine 46 (2015) http://dx.doi.org/10.1016/j.mam.2015.08.007 -Jordi Duran, Isabel Saez, Agne`s Gruart, Joan J Guinovart and Jose´ M Delgado-Garcia. Impairment in long-term memory formation and learning-dependent synaptic plasticity in mice lacking glycogen synthase in the brain Journal of Cerebral Blood Flow & Metabolism (2013) doi:10.1038/jcbfm.2012.200 -Cissé S, Perry G, Lacoste-Royal G, Cabana T, Gauvreau D. Immunochemical identification of ubiquitin and heatshock proteins in corpora amylacea from normal aged and Alzheimer’s disease brains. Acta Neuropathol. 1993; 85:233–240. [PubMed: 7681614] -Rohn T. T. (2015). Corpora amylacea in neurodegenerative diseases: cause or effect? Int. J. Neurol. Neurother. 2:031. -Sinadinos, C., Valles-Ortega, J., Boulan, L., Solsona, E., Tevy, M.F., Marquez, M., et al., 2014. Neuronal glycogen synthesis contributes to physiological aging. Aging Cell 13 (5), 935–945. -Singhrao SK, Neal JW, Piddlesden SJ, Newman GR. New immunocytochemical evidence for a neuronal/oligodendroglial origin for corpora amylacea. Neuropathol Appl Neurobiol. 1994; 20:66–73. [PubMed: 8208342] -Wilhelmus MM, Verhaar R, Bol JG, van Dam AM, Hoozemans JJ, et al. Novel role of transglutaminase 1 in corpora amylacea formation? Neurobiol Aging. 2011; 32:845–856. [PubMed: 19464759] Immagini: -Immagine 1: http://www.webalice.it/r.taddei/neoglucogenesi.gif -Immagine 2: Jordi Duran, Joan J. Guinovart. Brain glycogen in health and disease Molecular Aspects of Medicine 46 (2015) http://dx.doi.org/10.1016/j.mam.2015.08.007 -Immagine 3: Lafora's disease. The role of skin biopsy. Newton GA1, Sanchez RL, Swedo J, Smith EB.1987 1 -Immagine 4: Glycogen hyperphosphorylation underlies lafora body formation. Turnbull J , Wang P, Girard JM, Ruggieri A, Wang TJ, Draginov AG, Kameka AP, Pencea N, Zhao X, Ackerley CA, Minassian BA. 2010 -Immagine 5: Neurodegeneration and functional impairments associated with glycogen synthase accumulation in a mouse model of Lafora disease. Valles-Ortega J1, Duran J, Garcia-Rocha M, Bosch C, Saez I, Pujadas L, Serafin A, Cañas X, Soriano E, Delgado-García JM, Gruart A, Guinovart JJ. 2011 -Immagine 7: http://www.pathologicalbodies.com/bodies-a-b.html -Immagine 8: Jordi Duran, Joan J. Guinovart. Brain glycogen in health and disease Molecular Aspects of Medicine 46 (2015) http://dx.doi.org/10.1016/j.mam.2015.08.007 -Immagine 9: Rohn T. T. (2015). Corpora amylacea in neurodegenerative diseases: cause or effect? Int. J. Neurol. Neurother. 2:031.