La controversia dei Calcio-antagonisti

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LA CONTROVERSIA DEI CALCIO-ANTAGONISTI
Dossier realizzato a cura di: R. Rossi (primario cardiologo), F. Bodini (MMG), F.Tosolini, S. Lopatriello, G. Pilotto (Servizio Farmaceutico ULSS 20-Verona)
Uno dei temi più controversi, che da alcuni anni agita il mondo della medicina, riguarda l’efficacia e, soprattutto, la
sicurezza dei Calcio-antagonisti (CA). Resi disponibili verso la metà degli anni 80, sono diventati progressivamente
tra i farmaci di scelta nel trattamento dell’ipertensione.
Per vari motivi i CA sono risultati graditi ai pazienti, in quanto riducono efficacemente la pressione e sono facili da
assumere (di solito, una compressa al giorno); inoltre, a differenza di altri prodotti (meno recenti), non provocano effetti indesiderati rilevanti.
Anche i medici hanno riservato ai CA un notevole interesse, perché efficaci; perché, di solito, non interagiscono con i
numerosi altri farmaci che molto spesso un paziente iperteso deve assumere; perché non provocano squilibri metabolici che richiedono frequenti analisi del sangue; e, soprattutto, perché si dimostrano, nel complesso, sicuri.
O meglio, si pensava che fossero efficaci e sicuri, finché, a partire dal 1995, numerose segnalazioni e più di un rapporto hanno puntato il dito proprio su efficacia e, ancor più, sicurezza dei CA.
Ad accendere le ostilità è stato, in particolare, uno studio, noto come metanalisi di Furberg, apparso nel 1995 su Circulation, che evidenziava un aumento del rischio di infarto del miocardio in seguito all’impiego di nifedipina. Nei tre
anni successivi, il diverbio si è ulteriormente accentuato dopo pubblicazione di numerosi articoli che segnalavano altri effetti indesiderati, quali eventi negativi a livello cerebrovascolare, tumori, sanguinamento, depressione, suicidio.
Tutto ciò ha dato origine a due fazioni tra loro in forte contrapposizione: da una parte, coloro che sostengono l’opportunità di ricorrere ad alternative terapeutiche efficaci e più sicure dei CA, dall’altra, quanti si dicono favorevoli a
continuare il loro impiego in attesa di disporre di nuove e più solide evidenze scientifiche.
Nel bel mezzo della disputa si colloca il medico nella sua pratica di ogni giorno, con le sue perplessità e le domande
irrisolte e, soprattutto, stanno milioni di pazienti trattati con questi farmaci, in attesa di prove tranquillizzanti.
Una sintesi dei principali elementi che formano l’oggetto della controversia sarà sottoposta all’attenzione dei lettori.
Il dossier comprenderà inoltre:
- un breve profilo farmacologico e tossicologico dei CA;
- il punto di vista di un medico di medicina generale sulla controversia dei CA;
- un articolo di recente apparso su New England Journal of Medicine dal titolo “Conflitto di interessi nel dibattito
sui Calcio-antagonisti”;
- informazioni e consigli ad un paziente in trattamento con CA;
- analisi dei dati di consumo dei CA.
I principali capi d’accusa contro i Calcio-antagonisti
I CA sono farmaci frequentemente utilizzati nel trattamento dell’ipertensione arteriosa e dell’angor, anche se
la loro efficacia preventiva sulle complicazioni cardiovascolari dell’ipertensione non è ancora documentata con
certezza.
Negli ultimi tre anni è sorta una forte controversia in campo medico in seguito alla pubblicazione di alcuni studi che mettono in discussione, oltre l’efficacia, anche la sicurezza di tali farmaci.
Premessa
Il principale obiettivo del trattamento antipertensivo è soprattutto la
normalizzazione della pressione arteriosa al fine di ridurre morbilità e
mortalità cardiovascolare.
Tra il 1959 e il 1961 si documentò
che ad una riduzione della pressio-
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ne arteriosa in pazienti con ipertensione maligna conseguiva una diminuzione della mortalità.
Agli inizi degli anni settanta già si
conoscevano i risultati di saggi clinici che pure dimostravano il beneficio derivante dal trattamento dell’ipertensione severa e moderata.
Nel corso degli anni ottanta furono
pubblicati i risultati di indagini da
cui appariva che anche il trattamento dell’ipertensione lieve (la più frequente) migliorava la prognosi cardiovascolare, quantunque, in questo
caso, risultasse minore l’entità del
beneficio.
Nel 1990, una metanalisi di studi
osservazionali relativi ad interventi
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antipertensivi non farmacologici (dieta, esercizio fisico, ecc.) evidenziò che una
diminuzione generale media
della PAD di 5-6 mm Hg determinava una riduzione dell’incidenza di accidenti vascolari cerebrali del 35-40%
e di cardiopatia ischemica
del 20-25% (MacMahon e
al. Lancet 1990; 335:765).
Successivamente, si volle
esaminare se una riduzione
sostenuta di 5-6 mm Hg della PAD, indotta da farmaci,
conferisse il medesimo grado di protezione. Furono identificati 14 studi,
comprendenti in totale 36.908 pazienti (complessivamente 190.000
anni/paziente di osservazione): la riduzione della PAD di 5-6 punti si
traduceva in una diminuzione del
33-50% dell’incidenza di ictus e in
una percentuale più contenuta della
cardiopatia ischemica, 4-22%. Questa metanalisi mise altresì in evidenza che i gruppi farmacologici efficaci nel ridurre mortalità e morbilità
cardiovascolare erano i diuretici e i
beta-bloccanti (Collins e al. Lancet
1990; 335: 827). Il beneficio della
farmacoterapia risultava maggiore in
soggetti di oltre 60 anni e i diuretici
(a dosi ridotte della metà rispetto a
quelle somministrate ad adulti giovani) apparivano più efficaci dei beta-bloccanti (Beard e al. BMJ 1992;
304:412).
Nel 1991, lo studio SHEP dimostrò
che, in pazienti di 60 anni o più con
ipertensione sistolica isolata, il trattamento con clortalidone riduceva
l’incidenza di ictus, di infarto acuto
del miocardio e di accidenti cardiovascolari gravi (SHEP Cooperative
Research Group, JAMA 1991;
265:3255).
A partire da tutto ciò, quello
che si è andato a radicare nella
cultura medica è che la riduzione dei valori pressori determina, di per sé, una prevenzione
dei rischi cardiovascolari e una
prognosi più favorevole.
Ma ciò corrisponde a verità? E,
soprattutto, vale per i Calcioantagonisti?
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In attesa di queste scadenze,
non vanno sottaciute segnalazioni negative emerse da alcuni studi epidemiologici (di
coorte, caso controllo), e da alcuni studi comparativi da poco
pubblicati, anche se la loro attendibilità non può avere la
forza per un giudizio clinico
definitivo.
Calcio-antagonisti
in prevenzione primaria
e secondaria: efficaci o
peggiorano la situazione?
Numerosi studi hanno evidenziato
che i CA riducono la pressione arteriosa nei pazienti ipertesi, sia se utilizzati in monoterapia, che associati
ad altri farmaci antipertensivi. Tale
effetto è mediamente comparabile a
quello che si ottiene con diuretici, beta-bloccanti e ACE-inibitori, e, a
quanto pare, non esistono differenze
importanti tra i vari CA.
Il principale obiettivo del trattamento
antipertensivo è di ridurre le complicanze correlate all’ipertensione, in
particolare ictus ed infarto (e invalidità/mortalità conseguenti), anche se
la semplice diminuzione dei valori
pressori non significa automaticamente un miglioramento prognostico.
La capacità del CA nel prevenire le
complicanze dell’ipertensione arteriosa resta, purtroppo, tuttora da dimostrare. Le conclusioni a cui è
giunta, nel 1997, una commissione
congiunta dell’OMS e della Società
Internazionale dell’Ipertensione è
che, al momento attuale, i dati disponibili sono troppo limitati per poter
trarre giudizi conclusivi e certi sulla
reale efficacia di tali farmaci nel prevenire il rischio di infarto e di ictus.
Numerosi studi comparativi di ampie
dimensioni e di durata sufficiente
(ALLHAT, ASCOT e altri) sono attualmente in corso al fine di confrontare l’efficacia preventiva e la sicurezza dei CA rispetto a quella di altri
trattamenti antipertensivi, ma i risultati saranno a disposizione solo fra
qualche anno, all’inizio del nuovo
millennio.
Gli studi accusatori
In uno studio caso-controllo,
realizzato da medici americani
in ipertesi con infarto del miocardio, l’incidenza di tale evento è
apparsa comparabile tra pazienti in
trattamento (come monoterapia) con
diuretici, beta-bloccanti o ACE-inibitori, mentre è risultata significativamente più elevata in soggetti trattati
(come monoterapia) con CA: diltiazem, nifedipina (a pronto rilascio) o
verapamil. Complessivamente, il rischio di infarto del miocardio è risultato 1,6 volte superiore nei pazienti
trattati con CA rispetto a quelli sottoposti a diuretici o beta-bloccanti. Oltre a ciò, il rischio aumentava all’aumentare del dosaggio, con valori tre
volte superiori nei pazienti trattati ai
dosaggi più elevati. (Psaty e al. JAMA 1995; 274: 620).
Un secondo studio di coorte prospettico è stato effettuato su una popolazione di 906 anziani ipertesi, d’età
media di 78 anni. Per una durata media di trattamento di 4 anni, è emersa
una mortalità significativamente
maggiore nei pazienti coronaropatici
trattati con CA a breve durata d’azione (in particolare nifedipina) rispetto
a quelli trattati con beta-bloccanti.
Anche in questa indagine non sono
emerse differenze significative di
mortalità tra ipertesi trattati con diltiazem, verapamil, ACE-inibitori o
beta-bloccanti (Pahor et al. Am Geriatr Soc 1995; 43: 1191).
In una metanalisi fu esaminato specificamente l’effetto della nifedipina a
pronto rilascio nella prevenzione secondaria: furono inclusi 16 saggi clinici, per un totale di 8.350 pazienti
trattati con dosi/die variabili da 30 a
120 mg di questo CA. La mortalità fu
di grado modesto ma significativamente superiore tra i trattati con nifedipina, e tale incremento apparve
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correlato al dosaggio, tanto da essere
2,8 volte maggiore nel gruppo trattato con 80 mg/die (Furberg e al. Circulation 1995; 92:1326).
Le indagini fino allora condotte si riferivano a CA a breve durata d’azione e, oltre alle osservazioni soprarriportate, evidenziavano che la nifedipina in particolare determinava rapide e potenzialmente pericolose cadute di pressione, tanto che, secondo alcuni autori, avrebbe dovuto essere
addirittura tolta dal commercio (Messerli. Am J Cardiol 1996; 78:19).
Successivamente fu pubblicato lo
studio MIDAS, il cui obiettivo principale era di confrontare, in pazienti
ipertesi, l’effetto dell’isradipina sulla
progressione dell’aterosclerosi ri-
spetto a quello dell’idroclorotiazide:
dopo un periodo di 3 anni furono evidenziate una maggiore incidenza
(anche se statisticamente non significativa) di eventi cardiovascolari gravi
(IAM, AVC, scompenso cardiaco,
angina e morte improvvisa) nei soggetti trattati con isradipina (5,6%) rispetto al gruppo sottoposto al tiazidico (3,2%), oltreché una percentuale
maggiore di eventi non fatali (crisi
ischemiche transitorie, disritmie, ricorso a protesi valvolari aortiche e a
bypass femoro-popliteo) in pazienti
trattati con il CA (9% rispetto a un
5,2% dei trattati col diuretico)
(Borhani e al. JAMA 1996;
276:785).
Nello studio ABCD (Appropriate
Blood Pressure Control in Diabetes),
progettato per studiare se la pressione arteriosa modifica l’incidenza e la
progressione delle complicanze nel
diabete, furono posti a confronto nisoldipina ed enalapril (più metoprololo ed idroclorotiazide, a seconda
dei bisogni). Prima della sua conclusione, lo studio fu sospeso perché si
registrò un’incidenza di infarto acuto
del miocardio cinque volte superiore
nel gruppo trattato con nisoldipina
(Eustacio e al. N Eng J Med 1998;
338, 645).
Nello studio FACET sono stati confrontati fosinopril e amlodipina in
pazienti ipertesi con diabete non insulino-dipendenti trattati per 3,5 anni. Questo studio ha dimostrato che
sia amlodipina che fosinopril sono
in grado di ridurre la pressione arte-
I Calcio-antagonisti: che cosa sono e come agiscono
Gli ioni calcio giocano un ruolo
fondamentale nella regolazione della contrattilità del muscolo cardiaco, nonché sul tono muscolare delle
arterie coronariche e dei vasi arteriosi e venosi periferici.
I CA costituiscono una classe farmacologica eterogenea, che raggruppa sostanze differenti in grado
di inibire l’afflusso di calcio attraverso canali cosiddetti di tipo L (canali lenti del calcio) a livello delle
membrane cellulari, determinando
il rilassamento della muscolatura liscia e la riduzione delle resistenze
vascolari.
Numerosi CA commercializzati in
Italia appartengono al gruppo delle
diidropiridine: amlodipina, felodipina, fendilina, isradipina, lacidipina, lercanidipina, manidipina, nicardipina, nifedipina, nisoldipina,
nitrendipina. Il loro prevalente effetto si esercita a livello vascolare,
ove esercitano una vasodilatazione
arteriosa.
Un altro CA diidropiridinico è la nimodipina, la cui efficacia è dimostrata solo nella prevenzione e nel
trattamento di deficit neurologici
secondari ad emorragia subaracnoidea.
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Diltiazem, gallopamil e verapamil presentano un’azione vasodilatatrice meno marcata, associata
ad un effetto bradicardizzante;
possiedono inoltre un effetto inotropo negativo (diminuzione della
contrattilità miocardica), debole
per il diltiazem, più marcato per
gallopamil e verapamil.
na, diltiazem, felodipina, nicardipina, nifedipina, verapamile, ecc.
riducono la frequenza delle crisi,
in caso di angina da sforzo o di
angina di Prinzmetal. Nell’angina
instabile sono utilizzati o in associazione a beta-bloccanti o, in alternativa a questi ultimi, quando
il loro impiego sia controindicato.
Numerosi studi hanno evidenziato che i CA sono in grado di ridurre la pressione arteriosa in
soggetti ipertesi: il loro principale effetto cardiovascolare è infatti
la vasodilatazione, che si traduce
in una riduzione pressoria e in un
incremento del flusso coronarico.
Tale effetto è comparabile a quello dei diuretici, beta-bloccanti ed
ACE-inibitori; non sembra che
esistano differenze sostanziali tra
i numerosi prodotti di questa classe terapeutica.
La principale indicazione proposta per i CA è, ovviamente, il trattamento dell’ipertensione arteriosa e la prevenzione delle sue complicanze.
Anche se l’effetto antipertensivo
dei CA è indubbio, risulta invece
incerta la loro reale efficacia nel
prevenire le complicanze dell’ipertensione; non solo, ma a partire dal 1995 i CA sono imputati di
provocare rilevanti effetti indesiderati, quali infarto del miocardio, eventi negativi a livello cerebrovascolare, tumori, sanguinamento, depressione, suicidio (vedi: “I principali capi d’accusa
contro i calcio-antagonisti” a pag.
73).
Per tal motivo, si stanno attualmente conducendo vari studi di
ampie dimensioni al fine di giungere ad evidenze definitive sia sul
versante dell’efficacia che su
quello della sicurezza dei CA, ma
i risultati saranno disponibili solo
fra qualche anno, all’inizio del
nuovo millennio.
Un’ulteriore indicazione dei CA è
l’angina stabile: numerosi studi
hanno dimostrato che amlodipi-
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riosa e hanno effetti simili per quanto riguarda gli end point biochimici
(sulla ipercolesterolomia e sulla glicemia) ma i pazienti trattati con amlodipina presentavano un rischio significativamente superiore di evento vascolare maggiore nel confronto
dei pazienti trattati con fosinopril.
(Tatti P. e al. Diabetes Care 1998;
21:597-603).
Gli studi positivi
A questi studi negativi, i favorevoli
all’impiego dei CA controbattono
presentando i risultati di altre indagini, secondo cui:
- non esiste una correlazione tra
utilizzazione di CA (diltiazem,
verapamil, nifedipina) ed aumento del rischio di mortalità
(Braun e al. J Am Coll Cardiol
1996; 28:7);
- il rischio relativo di infarto del
miocardio è apparso minore in
gruppi di pazienti trattati con
CA rispetto a quelli sottoposti a
trattamento con altri antipertensivi (beta-bloccanti + diuretici
o beta-bloccanti in monoterapia) (Aursnes e al, Blood Press
1995; 4:157 – Jick e al, Pharmacotherapy 1996; 16:321);
- la nifedipina a lento rilascio ha
dimostrato il suo beneficio terapeutico nell’ipertensione arteriosa (Studio STONE, Gong e
al. J Hypertension 1996;
14:1237);
- l’amlodipina non ha aumentato
la morbilità e la mortalità cardiovascolare in pazienti ipertesi
gravemente scompensati e ha
prolungato la sopravvivenza in
un sottogruppo di pazienti con
cardiomiopatia dilatativa non
ischemica (Studio PRAISE,
Packer e al. N Eng J Med 1996;
335:1107);
- la nitrendipina ha determinato
una riduzione significativa degli ictus e una riduzione non significativa degli eventi cardiovascolari e della mortalità totale in pazienti di oltre 60 anni
con ipertensione sistolica isolata (Studio Syst-Eur, Staessen e
al. Lancet 1997; 350:757).
Il verapamil, nel confronto con il
clortalidone ha dimostrato un’efficacia antipertensiva simile e gli
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eventi cardiovascolari hanno risultati simili tra i due gruppi (Studio
VHAS, Agabiti Rosei E. e al. Journal of Hypertension 1997;
15:13373-44).
Questi studi, tuttavia, sono stati sottoposti a forte critica da parte del
partito anti-CA o per l’impostazione dei disegni sperimentali o per il
modo in cui sono stati condotti o
per la modalità di elaborazione dei
dati.
In conclusione, si può ribadire
che finora non esistono dimostrazioni e certezze circa l’efficacia dei CA nella prevenzione
di accidenti cardiovascolari in
pazienti ipertesi e che si dovrà
attendere ancora per giungere
a risultati più certi, così come
non è chiaramente dimostrato
che, a parte la nifedipina shortacting, gli altri CA (verapamil e
diltiazem) abbiano degli effetti
sfavorevoli sull’incidenza di
eventi cardiovascolari.
E la sicurezza dei CA ?
Come già si è accennato, la controversia sui CA non riguarda solo
l’efficacia ma si riferisce anche alla
loro sicurezza. Tali farmaci sono infatti accusati di provocare una serie
di gravi effetti collaterali, quali infarto miocardico ed incremento della mortalità, cancro, emorragie gastrointestinali, depressione e suicidio.
Rischio di infarto miocardico
e incremento della mortalità
Dello studio caso-controllo di Psaty
si è già detto nel paragrafo precedente a proposito dell’efficacia dei
CA. Si ripresenta ora per ricordare
che esso ha evidenziato un rischio
maggiore di infarto nei pazienti
trattati con CA ed inoltre un incremento di tale rischio all’aumentare
del loro dosaggio (Psaty e al. JAMA
1995; 274:620).
Anche la metanalisi di Furberg è
stata precedentemente presa in considerazione: essa ha evidenziato che
l’impiego della nifedipina si associa
ad incremento della mortalità tota-
le, e che i pazienti trattati con dosi
superiori a 80 mg/die presentano un
rischio maggiore rispetto a quelli
trattati con dosi minori (Furberg e
al. Circulation 1995; 92:1326).
Le due indagini sono state a loro
volta notevolmente criticate dal
gruppo dei favorevoli all’impiego
dei CA.
Per quanto riguarda lo studio di
Psaty, è stato sottolineato che, essendo uno studio osservazionale e
retrospettivo, non è in grado di evidenziare le possibili relazioni di
causa-effetto; i pazienti infatti sono
stati reclutati perché trattati con antipertensivi senza conoscere il grado di gravità dell’ipertensione o il
motivo per cui il medico ha deciso
di utilizzare un CA piuttosto di un
altro farmaco antipertensivo e so-
Calcio-antagonisti: gli effetti
Come già osservato per il profilo
farmacodinamico, anche per quello tossicologico esistono delle
differenze tra i diversi tipi di CA,
a seconda della differente affinità
per determinati distretti: gli effetti collaterali infatti variano sia
nella tipologia che nell’intensità e
frequenza.
● L’impiego di CA diidropiridinici
può determinare effetti indesiderati principalmente rappresentati da:
cefalea, affaticabilità, sonnolenza,
nausea, flushing, astenia, rash, dispepsia, crampi muscolari; si tratta comunque di effetti che tendono a manifestarsi all’inizio del
trattamento o quando si aumenti
la dose somministrata e generalmente sono transitori e diminuiscono di intensità col passare del
tempo.
Inoltre tutti i CA diidropiridinici
possono causare edemi periferici
(soprattutto malleolari) a causa
della vasodilatazione precapillare,
comparsa o esacerbazione di dolori toracici e iperplasia gengivale. Questo ultimo effetto è una
condizione clinica ben riconosciuta che può sopraggiungere
dopo uno o più mesi di trattamen-
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prattutto non si conoscono i possibili fattori di rischio dei pazienti
trattati. Inoltre è discutibile effettuare un’estrapolazione degli effetti
indotti dai CA a breve durata d’azione a tutta la categoria dei CA.
Anche lo studio di Furberg è stato
criticato e ne sono stati posti in luce
alcuni limiti (comuni peraltro a molte metanalisi): scarsa omogeneità
della popolazione considerata (patologie cardiache e coronariche diverse, livelli di gravità diversi); elevata
variabilità delle durata dei trial considerati, estrapolazione degli effetti
indotti dalla nifedipina a breve durata d’azione a tutti gli altri CA.
Nonostante le perplessità e le obiezioni sull’attendibilità dei risultati
ottenuti, questi studi hanno acceso e
accentrato l’attenzione di molti stu-
diosi sull’analisi del possibile effetto dannoso dei CA: recentemente
sono stati infatti pubblicati i risultati di altre indagini (STONE, PRAISE, SYST-EUR, ABCD) di cui si è
parlato nel paragrafo precedente a
proposito dell’efficacia dei CA, e
molti sono ancora in corso. I risultati ottenuti sono tra loro contrastanti, rendendo sempre più difficile la scelta terapeutica - farmacologica da parte del medico.
In generale, una revisione dei principali studi ha messo in evidenza
che l’incremento della mortalità e
di altri effetti avversi si concentra
fortemente tra i pazienti diabetici.
Questi risultati sono inattesi, poiché
i CA erano consigliati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa in
pazienti diabetici come alternativa
i indesiderati accertati
to ed è caratterizzata da un ingrossamento della gengiva, della bocca
e della lingua nella parte anteriore
della cavità orale. Ciò può indurre
un’infiammazione secondaria con
rossore e sanguinamento; generalmente regredisce dopo la sospensione del farmaco.
Tali effetti sembrano più frequenti
e marcati nei preparati a breve rilascio e in quelli a base di CA diidropiridinici meno recenti (soprattutto nifedipina).
Singoli reports hanno chiamato in
causa la nifedipina nell’insorgenza
di ischemia transitoria della retina
ed è stato suggerito che questo farmaco possa essere un fattore di rischio anche nell’insorgenza di cataratta.
●
Il diltiazem presenta un buon
profilo di tollerabilità; tra gli effetti collaterali riportati, quelli che
talvolta richiedono la sospensione
del trattamento sono: bradicardia
sinusale, blocco seno-atriale, esantemi cutanei, edema agli arti inferiori (questo ultimo effetto è più
frequente negli anziani). Altri effetti collaterali più rari e di solito
transitori comprendono astenia,
sonnolenza, cefalea, insonnia, ver-
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tigini, turbe gastrointestinali: nella
maggior parte dei casi si tratta di
effetti dose-dipendenti.
Tuttavia, in generale, gli effetti
correlati alla vasodilatazione periferica sono meno frequenti rispetto a quelli registrati per i CA diidropiridinici, mentre il rischio di
alterazioni nella conduzione AV e
di blocco cardiaco è minore rispetto a quello osservato per il verapamil.
In rari casi sono stati riportati aumenti delle transaminasi epatiche.
● L’effetto collaterale più frequente indotto dal verapamil è la
stipsi, probabilmente dovuta ad
un’elevata affinità del farmaco
per la muscolatura liscia gastrointestinale. E’ stata riportata anche
l’insorgenza di vertigini, nausea,
ipotensione, edema periferico, cefalea anche se meno frequentemente rispetto ai CA diidropiridinici (nifedipina in particolare).
L’effetto inotropo negativo del verapamil potrebbe indurre un peggioramento dell’insufficienza cardiaca e l’effetto inibente sulla
conduzione AV determinare in alcuni pazienti un blocco di secondo e terzo grado.
ai diuretici tiazidici (rischio di iperglicemia, anche se tale rischio sembra correlato solo ad alti dosaggi) e
ai beta-bloccanti (rischio di soppressione dei sintomi di iperglicemia). Non esistono delle spiegazioni certe su questa azione negativa
dei CA nei diabetici.
Rischio di cancro
Sul fatto che i CA possano provocare un maggior rischio di indurre
neoplasie non ci sono certezze: i
numerosi studi pubblicati hanno
portato infatti a risultati tra loro discordanti.
In uno studio di coorte in pazienti di
età superiore ai 70 anni è stato osservato che, rispetto ai pazienti trattati con beta-bloccanti, i CA determinavano un rischio di cancro due
volte superiore. Il rischio era statisticamente significativo per verapamil (2,5 volte) e nifedipina (2,3 volte), ma non per il diltiazem (Pahor e
al. Am J Hyperten 1996; 9:695).
Un altro studio di coorte, eseguito
su 5.052 anziani con più di 70 anni
ed in parte con la stessa popolazione dello studio precedente e durante lo stesso periodo, ha evidenziato
un incremento del rischio di cancro,
associato all’impiego di qualsiasi
CA, di 1,7 volte, significativo per il
verapamil (2,5 volte) e nifedipina
(1,7 volte), ma non per il diltiazem.
L’aggiustamento per il fattore tabagismo (fumatori, ex-fumatori, non
fumatori) non modificava i risultati
(Pahor e al. Lancet 1996;
348:1167).
In un’indagine condotta tra pazienti
in trattamento con CA, ACE-inibitori e beta-bloccanti, è stato registrato un rischio relativo associato
ai CA di 1,27, nel limite della significatività statistica. L’incremento
del rischio è apparso statisticamente significativo per verapamil e diltiazem, ma non per nifedipina
(Pahor e al. Lancet 1996; 348:493).
Considerando solo il rischio di cancro alla mammella, in una coorte di
3.198 donne di età superiore ai 65
anni è stato evidenziato che per
quelle in trattamento con CA l’incidenza risultava 2,6 volte superio-
77
dialogo
farmaci
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re rispetto a quelle che assumevano
altri antipertensivi. Il rischio aumentava di 4,4 volte tra le pazienti
che avevano iniziato il trattamento
a dosi elevate, di 4,5 volte tra quelle che ricevevano anche supplementi di estrogeni e di 8,5 tra quelle trattate con estrogeni e CA a rapido rilascio (Fitzpatrick e al. Cancer 1997; 80:1438).
All’inizio di quest’anno (marzoaprile) sono stati pubblicati due
trial, i cui risultati sono più rassicuranti riguardo al possibile rischio di cancro indotto dai CA.
Il primo ha riportato i dati relativi
a 11.575 pazienti coronaropatici, la
metà dei quali trattata con CA. Durante un periodo medio di followup di 2,8 anni, sono stati rilevati
246 casi di cancro, ma non è stata
evidenziata nessuna correlazione
tra CA e cancro o maggiore probabilità di morte (Braun al. J AM
Coll Cardiol 1998; 31:804).
Il secondo è uno studio caso-controllo eseguito su 9.513 pazienti
trattati con CA, di età inferiore ai
70 anni, con diagnosi di neoplasia
di qualsiasi tipo. Non è stato osservato incremento del rischio di forme tumorali associate a CA, tranne
per quelle renali, per le quali comunque è già noto un rischio maggiore tra i pazienti ipertesi. Anche
l’impiego di beta-bloccanti e di
ACE-inibitori ha fatto registrare un
incremento simile dell’incidenza
di cancro renale, ma non di altri tipi di cancro (Rosenberg e al. JAMA 1998; 279:100).
Rispetto agli studi precedenti, questa diversità di risultati può dipen-
dere dalla diversità della popolazione (per esempio inclusione di
pazienti più giovani), dai criteri di
selezione dei controlli, dalla presenza di altri fattori di rischio (es.
fumo, abuso di alcool) o da altri
fattori.
Nonostante non ci siano dati certamente conclusivi, è stato ipotizzato che i CA possano risultare
cancerogeni in quanto indurrebbero un’inibizione dell’apoptosi,
una forma di “suicidio cellulare”
o “morte cellulare programmata”,
che rappresenta un meccanismo
naturale di difesa dell’organismo
contro la crescita delle cellule
neoplastiche. L’apoptosi può essere indotta da numerosi fattori,
tra cui anche un incremento della
concentrazione di calcio intracellulare.
Il punto di vista dei favorevoli ai calcio-antagonisti
La linea di pensiero di quanti sono
tuttora favorevoli all’impiego dei
calcio-antagonisti è che, allo stato
attuale, non esistono elementi concreti per accettare come veri e definitivi i tanti effetti indesiderati
addebitati a tali farmaci. Ciò che
vari autori hanno segnalato deriva
da studi osservazionali o da studi
controllati ma di piccole dimensioni, non specificamente disegnati per valutare morbidità e mortalità indotte da calcio-antagonisti.
Per cui, in attesa di disporre di certezze, si suggerisce di non modificare la pratica clinica, lasciando
perdere contrapposizioni e polemiche che possono frastornare i
medici ed allontanare molti pazienti dalla terapia.
I dati relativi ad eventi avversi di
tipo cardiovascolare, tumorale ed
emorragico, attribuiti ai calcio-antagonisti, e segnalati fino al 1997,
sono stati sottoposti a revisione da
una Commissione congiunta di
esperti dell’OMS e dell’International Society of Hypertension. Le
principali conclusioni di tale Commissione sono che, in base alle
evidenze disponibili, non è possibile dimostrare che i calcio-anta-
78
gonisti producano effetti favorevoli o sfavorevoli in merito al rischio
di eventi cardiaci maggiori e che
non esistono chiare evidenze che
tali farmaci aumentino il rischio di
cancro o di sanguinamento.
La Commissione ha ribadito che
la massa dei dati sugli effetti avversi derivava da studi osservazionali o da trial randomizzati di
piccole dimensioni, non in grado
di per sé di garantire certezze, anche se nel contempo era sottolineata un’evidente carenza delle
aziende farmaceutiche, delle autorità regolatorie e dei ricercatori,
che avrebbero dovuto assicurare
un’esecuzione più corretta degli
studi clinici.
Secondo Alberto Zanchetti, Direttore del Journal of Hypertension, ed Edward Frohlich, Direttore di Hypertension, sarebbe opportuna una moratoria sul tema
fino a quando non saranno disponibili nuove e più solide evidenze
scientifiche. In risposta, Lancet
ha accusato i due di “repressione
intellettuale”, ritenendo che le segnalazioni di reazioni avverse,
anche se non derivate da studi
randomizzati di ampie dimensio-
ni, debbano comunque essere divulgate e discusse.
Due indagini sufficienti per dimensione e durata sono attualmente in corso per confermare in modo definitivo o escludere gli effetti
sul rischio cardiovascolare e la
mortalità per ogni causa.
L’Antihypertensive and Lipid
Lowering treatment to prevent
Heart Attack Trial (ALLHAT) è
uno studio comparativo tra amlodipina, lisinopril, doxazosin e
clortalidone; l’Anglo-Scandinavian Coronary Outcomes Trial
(ASCOT) è un’indagine che pone
a confronto l’effetto di due regimi
terapeutici - beta bloccanti e diuretici versus calcio-antagonisti, con
o senza ACE-inibitori - sull’infarto miocardico non-fatale e sulla
malattia coronarica fatale in pazienti ipertesi ad alto rischio di
eventi cardiovascolari.
Questi ed altri studi clinici randomizzati di ampie dimensioni sono
in fase di avanzamento, anche se i
risultati sugli effetti positivi o sfavorevoli dei calcio-antagonisti non
potranno essere noti se non all’inizio del prossimo secolo.
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
dossier
dialogo
farmaci
sui
Rischio di emorragia
gastrointestinale
Due studi hanno in particolare evidenziato questo effetto indesiderato.
Uno studio di coorte prospettico,
eseguito su 1.636 pazienti con più
di 67 anni trattati in monoterapia
con beta-bloccanti, ACE inibitori o
CA (in questo caso esclusa la nifedipina) ha evidenziato una correlazione tra rischio di emorragia gastrointestinale e CA. In particolare,
il rischio relativo risultava complessivamente 1,86 volte superiore (statisticamente significativo), con queste variabili: verapamil 2,4, diltiazem 2,2 (Pahor e al. Lancet 1996;
347:106).
Numerose critiche sono state sollevate su questo studio e in particolare sulla mancanza di un’analisi dei
farmaci assunti in associazione ai
CA (es. antistaminici anti-H2, inibitori di pompa, sucralfato, ecc.) e
sulle possibili cause che hanno provocato l’emorragia.
Un altro studio, eseguito su pazienti anziani con frattura del collo del
femore, ha posto in risalto che il ricorso a trasfusioni perioperatorie
era del 74% tra i pazienti trattati
con CA e del 33% tra gli altri pazienti. Risultati simili sono stati osservati tra i pazienti che assumevano amlodipina e nifedipina. (Zuccalà e al. BMJ 1997; 314:643).
Si è ipotizzato che i CA siano dotati di un effetto antiaggregante piastrinico ed antispastico vasale, il
che potrebbe spiegare l’incremento
del rischio di emorragia (secondo
alcuni autori l’effetto antiaggregante potrebbe dimostrarsi utile in alcune patologie cardiovascolari).
Rischio di depressione e suicidio
Sollecitati da alcuni studi che suggerivano una correlazione tra calcio-antagonisti e depressione, Lindberg e collaboratori hanno eseguito
un’indagine su un’eventuale associazione tra impiego di farmaci cardiovascolari e suicidio in Svezia. E’
emersa una correlazione significativa tra percentuale d’impiego di calcio-antagonisti e tassi di suicidio; il
rischio relativo, aggiustato per le
differenze di età e di sesso, è risultato di 5,4 se confrontato con utiliz-
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
zatori di altri farmaci antipertensivi
(Lindberg e al. BMJ 1998;
316:741).
Gli autori hanno concluso che l’impiego dei calcio-antagonisti può aumentare il rischio di suicidio.
Questi risultati sono compatibili
con precedenti informazioni di depressione associata a diltiazem, nifedipina e verapamil ed anche con i
risultati di studi precedenti, in cui
era stata osservata un’incidenza di
depressione tra 1,4 e 2,2 volte superiore tra i trattati con CA rispetto a
quanti assumevano altri antipertensivi.
Per inciso, si segnala che il rischio
di depressione (e di parkinsonismo)
in rapporto ai CA era già stato evidenziato qualche anno fa con cinnarizina e flunarizina, due CA usati
per indicazioni di altro tipo.
Nifedipina
e crisi ipertensive
Nonostante non ci siano a tutt’oggi
dati esaustivi e definitivi sulla sicurezza dei CA, è bene soffermarsi
brevemente sulla nifedipina utilizzata nelle formulazioni a rilascio
immediato (per via orale o sublinguale) nelle crisi ipertensive. Sull’uso della nifedipina per questa indicazione c’è un generale consenso:
non deve essere impiegata in
quanto dagli studi finora condotti
non si è dimostrata né sicura né efficace.
L’assorbimento attraverso la mucosa buccale o sublinguale è limitato
determinando di conseguenza un ri-
Che cosa si dovrebbe fare?
In attesa dei dati definitivi...
Come più volte si è sottolineato, per
fare chiarezza su questa complessa
controversia si dovrà aspettare la
conclusione, prevista nei prossimi
anni, dei numerosi studi attualmente in corso.
Ma nel frattempo il medico
come deve comportarsi?
Nei pazienti diabetici o con insufficienza cardiaca congestizia, gli
ACE-inibitori possono essere utilizzati come farmaci di scelta (tuttavia
sarebbe opportuno attendere la conclusione dello studio ALLHAT, già
segnalato precedentemente); in particolare, nei pazienti ipertesi con
diabete, non insulinodipendenti è
sconsigliato l’uso di CA.
Beta-bloccanti e diuretici devono
essere considerati come farmaci di
prima scelta nel trattamento iniziale dell’ipertensione (Sixth report of
the joint national committee on
prevention, detection, evaluation
and treatment of high blood pressure - JNC VI). Le altre categorie di
antipertensivi rappresentano un’alternativa solo in caso di controindicazioni o di non tollerabilità ai beta-bloccanti o ai diuretici.
Nei casi di ipertensione grave, resistente alla terapia con due farmaci,
si può ricorrere ad un CA long-acting diidropiridinico; tuttavia è sconsigliabile l’associazione di un CA
con un diuretico non solo per gli effetti sull’abbassamento della pressione, che nel caso di questa combinazione farmacologica non sono additivi, ma anche perché gli effetti
collaterali dei CA si sono resi particolarmente evidenti se impiegati in
associazione con diuretici.
I CA long-acting non diidropiridinici possono rappresentare un’alternativa ai beta-bloccanti solo in alcuni casi, come ad es. nei pazienti con
aritmie sopravventricolari o con
broncospasmo o in quelli anginosi
che non tollerano i beta-bloccanti.
Infine, allo stato attuale l’impiego
dei CA nell’insufficienza cardiaca
congestizia dovrebbe essere riservato solo ai casi in cui non sia possibile il ricorso a farmaci ACE-inibitori,
beta-bloccanti o antagonisti dell’angiotensina.
79
dialogo
farmaci
dossier
sui
tardo nel raggiungimento dell’effetto terapeutico-farmacologico.
Inoltre, in letteratura, sono riportate numerose reazioni avverse: i rapidi e imprevedibili abbassamenti
di pressione indotti dalla nifedipina provocano una stimolazione
simpatica riflessa (con conseguente aumento della frequenza cardiaca e incremento del rilascio di catecolamine), mentre a livello periferico si possono registrare fenomeni di stasi soprattutto nei pazienti coronaropatici o con infarto
miocardico.
Anche nelle altre indicazioni, la nifedipina short-acting dovrebbe essere utilizzata con molta cautela.
Considerando i risultati, seppur
non definitivi, degli studi pubblicati negli ultimi tre anni, il National
Heart, Lung, and Blood Institute
degli USA raccomanda che “la nifedipina a rilascio immediato deve
essere usata con molta cautela, soprattutto se a dosi elevate, nel trattamento di ipertensione, angina e
infarto miocardico”.
Verapamil e Diltiazem
L’impiego di verapamil e diltiazem, due CA non diidropiridinici,
non sembra associato ad un incremento della mortalità; diversamente dai diidropirinici non inducono un aumento della frequenza
cardiaca.
Una metanalisi di trial condotti su
pazienti con infarto miocardico ha
evidenziato che verapamil e diltiazem riducono il rischio di reinfarto,
ma probabilmente non la mortalità,
se associati alla terapia standard.
In una metanalisi comprendente dati sull’angina (3 studi) e sull’ipertensione (5 studi), non è stato evidenziato alcun incremento della
morbilità o mortalità con verapamil
(Yusuf, Circulation 1995; 92: 1079
- Meeting of the FDA Cardiovascular and Renal Advisory Committee
1996; January 25).
Risultati più definitivi dovrebbero
essere disponibili a partire dal
2001, quando si concluderà lo studio CONVINCE che analizza gli
effetti di verapamil (in mono-somministrazione/die) e di beta-bloccanti e/o diuretici.
80
CALCIO-ANTAGONISTI: I FATTI
Il giudizio clinico
ad ogni singolo medico
La controversia sui Calcio-antagonisti ha raggiunto toni così aspri, da
sembrare di aver superato il solo aspetto medico-scientifico (Van Zwieten High B. Pressure 1997).
L’interrogativo è se i CA (diidropiridinici in particolare) a pronto rilascio e a
breve durata d’azione siano responsabili di aumentare il rischio cardiovascolare e quello di tumori e di sanguinamenti gastro-intestinali.
Inoltre, rimane aperto il dibattito sui nuovi CA e sui loro reali risultati clinici.
La stesura dell’articolo ha seguito una metodologia basata sull’analisi
della letteratura e della sua valutazione secondo i criteri della medicina
basata sulle prove. Il passo successivo è consistito nel trasferimento “critico” nella pratica quotidiana delle prove sopraddette (il “grande salto”).
Questa metodologia richiede un linguaggio comune tra i lettori e coerenza logica.
a cura di: Fausto Bodini,
MMG
Gli studi clinici
non sono tutti uguali
Generalmente, si ritiene che gli studi
clinici controllati rappresentino il migliore metodo per verificare l’efficacia di un trattamento; utilizzando questo metodo si minimizzano gli errori
sia sistematici sia casuali.
Le metanalisi di tali studi sono considerate utili, evidentemente se ben
condotte.
I risultati di questi studi non sono
dogmi e il disegno sperimentale non è
un rito immutabile della magia scientifica.
Tuttavia, lavori clinici che utilizzino
altri metodi conducono ad errori con
maggiore facilità (ad esempio studi
osservazionali, studi caso-controllo
etc.).
L’esperienza personale non è, generalmente, considerata prova scientificamente valida; rimane difficilmente
sostituibile in quelle situazioni nelle
quali gli studi clinici controllati mancano o non sono applicabili. E’, inoltre, fonte di ipotesi nuove da sottoporre a verifica.
Si deve sottolineare che, in mancanza di dati consolidati, è inevitabile
un certo grado d’incertezza e di soggettività.
Si deve seguire un principio logico di
coerenza nella valutazione dei lavori
clinici: ad esempio se si accetta che
uno studio caso-controllo o uno studio osservazionale sono prove deboli
per stabilire l’efficacia di un farmaco,
altrettanto si devono considerare prove deboli quando ne dimostrino l’inefficacia.
I dati non sono tutti
ugualmente attendibili
E’ chiaro, dunque, che le informazioni scientifiche derivano la loro rilevanza e il loro peso dal tipo di studi da
cui sono tratti. Le informazioni tratte
da studi clinici controllati hanno il peso maggiore e minori probabilità di
essere non vere.
Le opinioni sono diritto di ciascuno,
ma di piccolo o nullo peso scientifico,
anche se espresse da “esperti”.
Il giudizio clinico, inteso come applicazione al singolo paziente del trattamento migliore, è diritto e responsabilità di ciascun medico.
PRINCIPALI USI CLINICI
DEI CA-ANTAGONISTI
(escluse le aritmie)
Che cosa abbiamo in mano per
esprimere un giudizio?
Ipertensione arteriosa essenziale non
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
dossier
dialogo
farmaci
sui
complicata: al momento attuale non
esiste alcuna dimostrazione che questi
farmaci siano in grado di ridurne le
complicanze. Sono stati condotti solo
quattro piccoli studi randomizzati che
non permettono di trarre conclusioni
valide (sottocomm. OMS 1997).
Sono in corso numerosi studi per valutare l’efficacia di questi farmaci
(ALLHAT, CAP, altri).
Ipertensione sistolica isolata nel paziente anziano: dati recentissimi derivanti da uno studio clinico controllato
(SYST-EUR Lancet 97) dimostrano
che la nitrendipina (CA diidropiridinico) è in grado di ridurre sia l’ictus
(RR<42%), sia l’infarto (RR<56%).
Il trattamento di 1.000 pazienti per 5
anni può prevenire 29 ictus e 53 eventi cardiovascolari maggiori. Risultati
positivi vengono riportati anche dallo
studio cinese STONE, che ha usato
nifedipina. Entrambi gli studi hanno
confrontato i farmaci con placebo;
inoltre, nello STONE la randomizzazione è discutibile. C’è stata un’assegnazione alternata anziché un’assegnazione casuale pura.
Crisi ipertensive: secondo l’opinione
di alcuni esperti le confezioni di nifedipina a pronto rilascio e a breve durata d’azione dovrebbero essere ritirate dal commercio (Grosman, Messerli. Should a moratorium be placed on
nifedipine capsules in hypertensive
emergencies and pseudoemergencies? JAMA 1996).
Cardiopatia ischemica: per questa situazione é stato effettuato un numero
maggiore di studi clinici controllati
(in particolare per l’infarto).
Infarto del miocardio in fase acuta.
Non esistono dati sulla loro efficacia
nella fase acuta.
Post-infarto
I risultati della somministrazione dei
CA nel post-infarto sono differenti a
seconda del farmaco usato, del tipo
d’infarto e del tempo di somministrazione.
Diidropiridine: studi clinici controllati (con nifedipina in particolare) non
hanno mai dimostrato risultati positivi, alcuni studi hanno, invece, portato
a risultati negativi su dimensioni dell’infarto, reinfarto o mortalità
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
(TRENT STUDY; SRINT; NORWEGIAN MULTICENTER STUDY). Il
DEFIANT, nel quale è stata usata nisoldipina long-acting contro placebo
in pazienti con infarto acuto del miocardio e frazione di eiezione tra 25 e
50%, ha mostrato un trend positivo
nella riduzione del rischio relativo
della mortalità.
Fenilalchilamine: il verapamil ha
dato risultati favorevoli sulla mortalità in pazienti che non mostravano
disfunzione ventricolare sinistra
(DAVIT 1e 2).
Benzotiazepine: il diltiazem può essere utile in pazienti con infarto non-Q.
Per entrambi i farmaci la selezione è
stata in larga misura retrospettiva, per
cui le prove sono deboli. Uno studio
controllato italiano recente (CRIS),
che ha usato verapamil contro placebo in pazienti con infarto acuto del
miocardio evidenzia un trend in linea
col DAVIT, anche se il CRIS non è
stato specificamente disegnato per valutare morbilità e mortalità.
Angina instabile: lo scopo della terapia è di alleviare i sintomi e prevenire
la progressione verso l’infarto.
La maggior parte dei CA è in grado di
ridurre la sintomatologia: l’associazione con nitrati e beta-bloccanti ha
dato risultati favorevoli (GERSTENBLITH).
Tuttavia, uno studio ben condotto
(HINT) fu interrotto prima del tempo
stabilito perché la nifedipina in monoterapia sembrava aumentare il rischio
di infarto acuto nei pazienti trattati.
Angina stabile: tutti i CA sono efficaci in questa forma, spesso in associazione a nitrati e beta-bloccanti.
Prevenzione delle lesioni aterosclerotiche: nei conigli alcuni CA hanno dimostrato capacità di inibire o rallentare la progressione delle lesioni aterosclerotiche dei vasi arteriosi.
Due studi ben condotti sono stati effettuati al riguardo nell’uomo.
Lo studio INTACT ha dimostrato che
la nifedipina è in grado di ridurre la
progressione delle lesioni coronariche. Sfortunatamente, la mortalità è
risultata maggiore nel gruppo trattato.
Lo studio MIDAS ha valutato l’effetto del CA sulle lesioni carotidee in pazienti con ipertensione lieve; anche in
questa situazione il gruppo trattato ha
sofferto di un maggior numero di
eventi cardiovascolari.
Scompenso cardiaco
I risultati dei trial sono contraddittori. Talvolta non hanno dimostrato alcun beneficio. Uno studio clinico recente (PRAISE), che ha usato amlodipina, dimostrerebbe un effetto favorevole in pazienti con scompenso
cardiaco non da cause ischemiche.
Nei soggetti scompensati con ischemia sottostante, il farmaco ha avuto
effetti neutri (né positivi né negativi).
Uno studio controllato con nifedipina
e un altro con felodipina hanno fornito risultati deludenti.
Rischi connessi all’uso di Calcioantagonisti a breve durata
d’azione e a pronto rilascio
Recentemente hanno suscitato molto
scalpore alcuni studi che accusavano i
CA di aumentare il rischio di emorragia e di cancro gastro-intestinale
(Pahor e al). L’analisi di Pahor contiene errori che ne riducono l’affidabilità, in particolare il numero dei pazienti studiati è troppo piccolo per stabilire un nesso causale fra uso dei farmaci e cancro. La compliance dei pazienti è molto incerta. I tumori manifestatisi avevano caratteristiche istopatologiche molto diverse tra loro.
Lo studio di Psaty dimostrerebbe che i
pazienti ipertesi trattati con CA hanno
avuto un rischio maggiore di sviluppare un infarto rispetto a quelli trattati
con beta-bloccante e/o diuretico, ma è
uno studio caso-controllo, che per
quanto attentamente condotto, è di per
sé soggetto a bias. La metanalisi di
Furberg contiene molti errori, sia di
metodo sia di semplice aritmetica.
In definitiva, gli studi citati soffrono
di significative limitazioni ed errori.
Essendo, dunque, carenti o nel metodo o negli obiettivi o nelle conclusioni o nella loro potenza statistica, le
informazioni che se ne possono trarre
sono poco attendibili.
Altri recenti lavori non hanno evidenziato alcuna associazione tra CA
e risultati cardiovascolari negativi.
Anche questi erano studi caso-controllo. Il disaccordo non deve sorprendere. (Commentary. The long
and short of it. Lancet 1997).
81
dialogo
farmaci
dossier
sui
CONCLUSIONE
(necessariamente provvisoria)
Non sarà noto per parecchi anni
ancora se i CA o i farmaci più
nuovi abbiano effetti simili, minori o maggiori sulla prognosi cardiovascolare, rispetto ai trattamenti convenzionali meno recenti,
per cui si devono necessariamente
attendere i risultati degli studi attualmente in corso.
(Rapporto della Sotto-Commissione
ad hoc del Comitato congiunto dell’OMS e della Società Internazionale
dell’Ipertensione del febbraio 1997).
CONCLUSIONI PERSONALI
(ovviamente discutibili)
E’ evidente che, sulle prime, a fronte di opinioni tanto differenziate degli esperti, prevalga un certo disorientamento. Tuttavia, i dati scientifici sono i medesimi per tutti: ciò
che differisce è l’interpretazione di
tali dati. Allora è necessario rendere
esplicito il metodo della valutazione; separare cioè le informazioni
che derivano da studi clinici randomizzati, da studi osservazionali o da
studi caso-controllo ecc. Con questa chiave di lettura chiunque può
valutare le conclusioni seguenti.
• meglio non usare CA a pronto
rilascio e a breve durata d’azione;
• nelle crisi ipertensive, la nifedipina deve essere usata con molta cautela. Non sembra accettabile il suo impiego per ottenere
rapidamente un effetto “cosmetico”, cioè una riduzione dei valori pressori, a fronte di rischi
estremamente gravi (vedi pag.
89);
• meglio non usare CAdiidropiridinici a pronto rilascio e a breve
durata nel post-infarto e nelle
forme instabili di ischemia miocardica;
•
nell’ipertensione arteriosa essenziale non complicata appare
ragionevole dare la preferenza
alla terapia con diuretici a basso
dosaggio e/o beta-bloccanti;
d’altra parte, se questi ultimi sono controindicati o non tollerati
o non adatti al singolo paziente,
è anche ragionevole fare ricorso
ai CA; oppure usare i CA in associazione;
• per quanto riguarda le accuse ai
CA di incremento della mortalità,
del rischio di cancro, ecc., si deve
riconoscere che le prove derivano
da studi deboli; le loro conclusioni devono essere dunque coerentemente considerate deboli;
• non usare i CA nei diabetici ipertesi: due studi clinici randomizzati (ABCD e FACET) confermano
che in tale gruppo di pazienti il rischio è superiore rispetto a quelli
trattati con altre terapie.
IL DIBATTITO È APERTO
Conflitti di interesse nel
dibattito sui calcio-antagonisti
“Conflitto di interessi nel dibattito sui Calcio-antagonisti” è un
articolo, apparso nel gennaio 1998 sul New England Journal
of Medicine. Studiosi canadesi hanno voluto analizzare se esista
una correlazione tra posizioni di autori di articoli circa
la sicurezza e l’efficacia dei CA (a favore, neutra o critica)
e interazioni finanziarie con l’industria farmaceutica.
La sintesi dello studio è di seguito riportata.
Premessa allo studio
In questi ultimi anni, un tema particolarmente dibattuto in campo medico e fonte di notevoli controversie
è stato quello della sicurezza dei
farmaci CA utilizzati nel trattamento dei disturbi cardiovascolari. In
base ad uno studio caso-controllo
(Psaty e al., JAMA 1995), è stata
ipotizzata una possibile correlazione tra uso di calcio-antagonisti nel
trattamento dell’ipertensione ed aumento del rischio di infarto del miocardio. Una metanalisi di studi ran-
82
domizzati e controllati in pazienti
con malattia cardiaca ischemica
(Furberg e al. Circulation, 1995) e
uno studio caso-controllo sul trattamento antipertensivo negli anziani
(Pahor e al, J Am Geriatr Soc, 1995)
hanno sollevato ulteriori perplessità
sulla sicurezza dei calcio-antagonisti. A tutto ciò, ha fatto seguito un
intenso dibattito a favore o contro
tali farmaci, dibattito che ha riempito pagine di riviste mediche e di
giornali non specialistici.
Un documentario trasmesso dalla
televisione canadese, The Fifth
Estate, ha riportato una revisione
della Health Canada’s sui CA suggerendo che la gente non risultava
adeguatamente protetta da farmaci
potenzialmente pericolosi. La dichiarazione che un consulente universitario della Health Protection
Branch of Health and Welfare Canada (l’organismo che valuta la sicurezza di tutti i prodotti farmaceutici in Canada) aveva relazioni finanziarie con i produttori dei CA ha
sollevato un quesito importante sulla obiettività dei medici nel valutare
la sicurezza dei farmaci.
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
dossier
dialogo
farmaci
sui
Razionale dello studio
I rapporti economici tra medici ed
aziende farmaceutiche è un argomento molto dibattuto, in quanto possono
dar luogo a conflitti di interesse. Non
è noto fino a che punto il sostegno finanziario che l’industria offre per
programmi di aggiornamento o per la
ricerca possa condizionare le opinioni e il comportamento di medici e di
ricercatori. Evidenze scientifiche, per
quanto limitate, fanno supporre che i
medici siano in qualche modo influenzati da promozioni farmaceutiche. Uno studio ha, per esempio, dimostrato che la richiesta di medici di
includere determinati farmaci nei
prontuari ospedalieri dipende da loro
interazioni con le aziende farmaceutiche (Chren e Landefeld, JAMA
1994). Il recente dibattito sulla sicurezza dei CA ha offerto l’occasione
per prendere in esame l’effetto dei
conflitti di interesse di natura economica in medicina.
Obiettivo dello studio
Valutare se esista una correlazione
tra posizioni di autori sulla sicurezza
dei CA e interazioni finanziarie con
l’industria farmaceutica. In particolare, l’indagine si è posta tre specifici quesiti:
1. esistono maggiori probabilità che i
sostenitori dell’uso dei CA abbiano
rapporti economici con aziende produttrici di tali farmaci?
2. esistono maggiori probabilità
che i non favorevoli abbiano rapporti economici con aziende che
producono farmaci in competizione
con i CA?
3. esistono maggiori probabilità che
quanti sostengono l’uso dei CA abbiano rapporti economici con una
qualunque casa farmaceutica?
Centri partecipanti
Dipartimenti di Medicina, Health
Administration and Public Health
Sciences, Università di Toronto; Dipartimenti di Medicina, Mount Sinai
Hospital, Toronto; Dipartimento di
Medicina, Toronto Hospital.
Sponsorizzazioni
Nessuna.
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
Tipo di studio
Analisi della letteratura medica in
lingua inglese pubblicata tra il 10
marzo 1995 e il 30 settembre 1996, al
fine di individuare gli articoli riguardanti il dibattito sulla sicurezza dei
CA.
Utilizzando i data-base Medline e la
lista delle referenze degli articoli
pubblicati, sono state identificate 70
pubblicazioni pertinenti, esaminate e
classificate a seconda che fossero favorevoli, neutrali o contrarie all’impiego dei CA.
Agli autori degli articoli sono state richieste informazioni in merito ai loro
rapporti economici con aziende produttrici di CA o di farmaci concorrenti (beta-bloccanti, ACE-inibitori,
diuretici e nitrati).
Sono state infine esaminate le varie
posizioni degli autori per quanto riguarda la sicurezza dei CA in base ai
loro rapporti economici con le aziende farmaceutiche.
Risultati dello studio
Rispetto agli autori con posizione
neutra o critica, è risultato che i sostenitori dell’impiego dei CA presentavano più probabilità di avere rapporti economici con i produttori di
tali farmaci: dichiararono infatti di
avere rapporti con le aziende rispettivamente il 96% dei favorevoli, il
60% dei neutrali e il 37% di quelli
critici.
Al secondo quesito che si poneva lo
studio - quello di conoscere se esistessero maggiori probabilità che i
non favorevoli avessero rapporti economici con aziende produttrici di farmaci in competizione con i CA – la
risposta è stata negativa.
Alla terza domanda posta – se esistessero maggiori probabilità che i
sostenitori dell’uso dei CA avessero
rapporti economici con una qualunque azienda farmaceutica, indipendentemente dal prodotto specifico la risposta è stata nettamente positiva, risultando i favorevoli pari al
100%, i neutrali il 67%, i critici il
43%.
In conclusione: rispetto agli autori
con posizione critica, i sostenitori
dell’impiego dei CA mostrano probabilità nettamente superiori di avere
rapporti economici con i produttori
di tali farmaci, come pure con le case
produttrici di altri prodotti farmaceutici.
Limiti dello studio
Secondo gli autori dello studio, i risultati conseguiti devono essere letti
ed interpretati con tutti i limiti che
presentano.
In primo luogo, sottolineano che lo
strumento di indagine utilizzato è un
po’ semplicistico e forse imperfetto.
Il rapporto economico tra autori degli
articoli e produttori di farmaci è stato
considerato semplicemente come
presente o assente, senza entrare nel
merito del valore monetario e della
sua quantificazione. Non sono stati
neppure presi in considerazione altri
possibili interessi finanziari intercorrenti tra autori ed imprese farmaceutiche (per esempio, possesso di azioni ordinarie). Ma l’elemento più fragile di tutta la ricerca è rappresentato
dal fatto che i dati sui rapporti autoriindustria sono stati autocertificati,
per cui risulta assai difficile una loro
verifica indipendente. Le autocertificazioni potrebbero, per certi versi,
aver alterato i risultati dello studio,
perché è molto più probabile che gli
autori tendano a sminuire l’importanza del loro rapporto con le aziende,
piuttosto che enfatizzarla.
La maggior parte di quanti criticano
l’impiego dei CA (91%) ha risposto
in modo esauriente all’indagine, per
cui è improbabile che essi abbiano
sottodimensionato il loro rapporto
con il mondo industriale. I favorevoli hanno presentato un tasso di adesione più basso (69%), anche se tutti
hanno segnalato di avere un rapporto
economico con almeno un’azienda
farmaceutica. Per tal motivo è improbabile che l’autocertificazione abbia
influenzato significativamente i risultati dello studio.
In secondo luogo non è stato possibile determinare il rapporto temporale
intercorrente fra i punti di vista degli
autori degli articoli e i loro rapporti
economici con le aziende. In altri termini, gli autori avrebbero potuto formulare le loro opinioni una volta
esauriti i rapporti economici con le
aziende farmaceutiche. Tuttavia, è altrettanto plausibile che le ditte farmaceutiche abbiano ripreso i rapporti
con clinici e ricercatori che in passa-
83
dialogo
farmaci
sui
to avevano espresso opinioni favorevoli nei confronti dei loro prodotti.
Commento degli autori
dello studio
La professione medica dovrebbe
sviluppare ed imporre una politica
più rigorosa ed efficace nei confronti dei conflitti di interesse. Al
giorno d’oggi, molte situazioni conflittuali non possono essere smascherate. Nella ricerca soprarriportata, la maggioranza degli autori degli articoli (63%) ha avuto un rap-
porto economico sia con un’azienda
produttrice di un CA, sia con una
ditta produttrice di farmaci concorrenti. Tuttavia, solo 2 dei 70 articoli inclusi nello studio potevano far
ipotizzare potenziali conflitti di interesse degli autori. Le politiche finalizzate alla trasparenza sono dunque inadeguate.
Si dovrebbe pertanto giungere ad
una completa divulgazione dei rapporti economici esistenti tra case
farmaceutiche e medici che siano
autori di articoli riguardanti prodotti farmaceutici. L’industria farma-
ceutica può esercitare un ruolo notevole e costruttivo a favore della
medicina accademica, in quanto
rappresenta un sostegno rilevante
per programmi di educazione medica o per la ricerca. Per tal motivo,
quando scrivono un articolo riguardante un farmaco, medici e ricercatori dovrebbero semplicemente dichiarare i rapporti economici che
intercorrono con l’industria che lo
produce, in modo da dimostrare che
le loro opinioni non sono in alcun
modo soggette o influenzate da interessi esterni.
Terapia con calcio-antagonisti:
cosa dire al paziente
Perché vengono prescritti
questi farmaci?
I bloccanti dei canali del calcio o Calcio-antagonisti sono usati nel trattamento di alcune patologie del sistema
cardiovascolare; vengono utilizzati
soprattutto per alleviare e controllare
l’angina (dolore al petto), trattare l’ipertensione e alcune forme di aritmie
(alterazioni del ritmo cardiaco). In generale sono farmaci che riducono lo
sforzo a cui il cuore è soggetto, ne migliorano l’ossigenazione e riducono la
pressione arteriosa.
Quando devono essere usati?
Vanno assunti ad intervalli regolari,
solitamente da una a tre volte al giorno in base alla prescrizione del medico. Per assicurare l’efficacia, l’assunzione deve essere regolare e costante.
Spesso devono essere assunti regolarmente per almeno due o quattro settimane affinché si raggiunga l’effetto
terapeutico.
Se viene omessa una dose, questa deve essere assunta entro due ore altrimenti si riprende la terapia al dosaggio successivo stabilito.
Come devono essere usati?
Generalmente i CA sono commercializzati in capsule o compresse (le forme
per via iniettiva sono riservate a casi
84
particolari o d’emergenza). Numerose
sono le formulazioni a lento rilascio o a
rilascio controllato, che rispetto alle
formulazioni normali, permettono una
durata maggiore (e costante) dell’effetto farmacologico e terapeutico.
Oltre a seguire quanto indicato dal
medico (modi e tempi di somministrazione) è bene fare delle ulteriori
considerazioni/raccomandazioni:
• non schiacciare, masticare o spezzare una capsula o una compressa
a lento rilascio, poiché potrebbe
essere alterato il rivestimento o
comunque parte del materiale che
permette una cessione controllata
e prolungata del farmaco;
• la capsula deve essere ingerita intera; se ci sono difficoltà nella deglutizione è necessario richiedere al medico un altro tipo di formulazione.
•
Quali effetti collaterali possono
provocare? Cosa si può fare
a riguardo?
•
•
•
Quali istruzioni speciali si devono
seguire assumendo
questo farmaco?
•
•
E’ opportuno sottoporsi periodicamente a controlli medici in modo
che la risposta al trattamento possa essere ben monitorata, intervenendo tempestivamente nel caso
in cui sia necessario un aggiustamento del dosaggio.
Non si deve sospendere la terapia
o variare la posologia (frequenza e
dosaggio) senza aver prima consultato il medico.
Controllare il polso periodicamente: se è più lento del normale o minore di 50 battiti al minuto, consultare il medico.
•
•
Sanguinamento, dolore toracico,
svenimento, difficoltà nella visione
(quest’ultimo effetto è più frequente
per la nifedipina): in questi casi è
necessario rivolgersi al medico.
Difficoltà respiratorie, tosse, dispnea sibilante, battito cardiaco
irregolare (lento o accelerato),
rush cutanei, rigonfiamento delle
caviglie, dei piedi o della parte
inferiore delle gambe: consultare
il medico.
Stipsi, nausea, stanchezza, mal di
testa, sensazione di calore, iperplasia e sanguinamento gengivale:
se questi problemi persistono, è
consigliabile consultare il medico.
Senso di instabilità, svenimenti,
capogiri: se i sintomi persistono
è opportuno rivolgersi al medico;
in questi casi può essere utile alzarsi piano, evitando movimenti
bruschi passando dalla posizione
orizzontale a quella verticale.
Questi disturbi si manifestano
più frequentemente nei pazienti
anziani.
Fotosensibilizzazione: è consi-
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
dialogo
farmaci
dossier
sui
gliabile esporsi al sole opportunamente protetti.
Quali altre precauzioni
si devono seguire?
controllo dell’appetito, colliri per
il glaucoma, farmaci per il controllo della pressione;
si debba sottoporre ad un intervento chirurgico.
sia in gravidanza o in corso di allattamento (infatti, in questi caso è
necessario che il medico stabilisca
l’opportunità o meno di continuare o iniziare la terapia con CA);
•
•
Prima di iniziare la terapia è opportuno che il medico chieda al paziente se:
• presenti una storia di malattie polmonari, renali o cardiache, di alta o bassa pressione;
• assuma contemporaneamente altri farmaci, in particolare betabloccanti, ciclosporine, carbamazepina, warfarina, cimetidina, digossina, chinidina, farmaci per il
Quali alimenti non dovrebbero
essere assunti
contemporaneamente?
•
è consigliabile un’assunzione
limitata di alcolici in quanto
potrebbero interferire con l’effetto antipertensivo di questa
categoria di farmaci;
• è stato segnalato che il succo di
pompelmo può indurre un aumento della concentrazione plasmatica dei CA e quindi potenziarne l’azione farmacologica
(quest’effetto sembra meno
marcato nel caso del verapamil).
Come per tutti i medicinali, è consigliabile conservare il farmaco nel
contenitore originale, ben chiuso,
fuori dalla portata dei bambini.
Quelli che il calcio...
ovvero: come ogni italiano suggerisce la “propria” formazione
della Nazionale, così nella prescrizione dei
Calcio-antagonisti... (dall’analisi dei dati di consumo e spesa)
a cura di: Francesca Tosolini, Giovanna Pilotto,
Stefania Lopatriello, Matteo Mischi,
Servizio Farmaceutico ULSS 20 - Verona
TABELLA 1 - Spesa per Calcio-antagonisti° nel 1997
(dati di vendita*)
Principio Attivo
I dati di vendita al pubblico nel 1997, in Italia, dei CA
di fascia A indicano una spesa di 1.124 miliardi per i
CA diidropiridinici e 190 miliardi per quelli non diidropiridinici.
Come si può osservare dalla tabella 1, l’87% della spesa per la prescrizione dei CA diidropiridinici è determinata da 4 farmaci: amlodipina, nifedipina, lacidipina
e felodipina; il farmaco che comporta la quota di spesa
più elevata è l’amlodipina (da solo quasi il 40% dell’intera categoria); inoltre, esso è, in Italia, il secondo
farmaco in ordine di spesa, dopo la ranitidina, nella lista dei farmaci di fascia A e B. Tra i tre CA non diidropiridinici, diltiazem e verapamil rappresentano il
97% della spesa.
* Dati di vendita: differiscono da quelli di prescrizione in quanto comprendono anche la quota di farmaci che il cittadino acquista privatamente.
Spesa (miliardi)
Incidenza %
Calcio-antagonisti diidropiridinici
Amlodipina
Nifedipina
Lacidipina
Felodipina
Manidipina
Nicardipina
Nisoldipina
Nitrendipina
Isradipina
369
213
128
99
46
38
16
15
10
934
39,53
22,84
13,71
10,55
4,97
4,04
1,73
1,56
1,08
100,00
Calcio-antagonisti non diidropiridinici
Diltiazem
Verapamil
Gallopamile
111
74
6
190
58,32
38,62
3,06
100,00
° rimborsati dal SSN
La DDD (defined daily dose) è la dose media di un farmaco assunta giornalmente da un paziente adulto, con riferimento all’indicazione terapeutica principale; rappresenta uno strumento tecnico per misurare i consumi dei farmaci e, pertanto, in linea generale, non si può attribuirle il significato di dose terapeutica consigliata o di dose maggiormente prescritta.
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
85
dialogo
farmaci
dossier
sui
GRAFICO 1 - n° DDD di Calcio-antagonisti
prescritte in Italia nel triennio 95-97
1200
1000
181
177
859
873
171
milioni
800
GRAFICO 2 - Consumo (n° DDD/1.000ab/die)
di CA diidropiridinici, sul totale dei farmaci antipertensivi in alcune ULSS del Veneto ed in Italia (anno 1997)
22 - Bussolengo (29,93%)
20 - Verona (26,89%)
786
ITALIA (25,05%)
6 - Vicenza (24,53%)
600
19 - Adria (24%)
12 - Venezia (23,75%)
400
14 - Chioggia (23,74%)
200
media ULSS (23,20%)
21 - Legnago (23,8%)
0
95
CA non diidropiridinici
96
97
CA diidropiridinici
15 - Cittadella (22,60%)
16 - Padova (22,59%)
7 - Pieve di Soligo (22,4%)
17 - Este (22,39%)
1 - Belluno (22,12%)
Come si può vedere dal grafico 1, nell’ultimo triennio
il numero di DDD per i CA non diidropiridinici ha registrato un leggero aumento (+3% complessivo), mentre nello stesso periodo l’incremento registrato dai diidropiridinici è stato dell’11%, con una spesa che è passata da 765 a 934 miliardi (+22%).
Non sono stati valutati i consumi dei preparati per via
parenterale, il cui impiego è limitato a situazioni particolari o di emergenza, né quelli della nimodipina, un
CA utile solo nella prevenzione e trattamento dei deficit neurologici secondari ad emorragia subaracnoidea.
Un’importante indicazione dei CA diidropiridinici è il
trattamento dell’ipertensione arteriosa**; tra i gruppi
terapeutici utilizzabili in questo campo, troviamo i farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, i
diuretici, i beta-bloccanti e le sostanze ad azione antiadrenergica centrale e periferica, che consideriamo, nei
grafici, come “altri antipertensivi”.
Nelle analisi successive abbiamo focalizzato l’attenzione sui CA diidropiridinici in quanto costituiscono il
gruppo la cui indicazione principale è relativa alla terapia antipertensiva.
Osservando il grafico 2, si può notare:
1. la notevole variabilità della prescrizione di antipertensivi (dalle 126 DDD/1.000 ab/die di Bussolengo
alle 194 di Legnago, entrambe ULSS della provincia di Verona);
2. tutte le ULSS che hanno un’elevata prescrizione di
CA diidropiridinici hanno anche una maggiore prescrizione degli altri antipertensivi; l’unica eccezione è data dall’ULSS di Verona, al secondo posto
per i consumi di diidropiridinici e settima per gli
9 - Treviso (22,08%)
5 - Arzignano (21,58%)
13 - Mirano (20,69%)
4 - Thiene (19,94%)
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
DDD /1.000 ab /die
altri antipertensivi
CA diidropiridinici
TABELLA 2 - Costo giornaliero dei CA diidropiridinici
in rapporto al valore delle DDD
Principio Attivo
DDD Costo DDD Variazione
(mg)
(lire)
%
Felodipina
5
846
-
Manidipina
10
946
+11,76
Isradipina
5
1.043
+23,21
Amlodipina
5
1.100
+29,96
Nitrendipina
20
1.143
+35,02
Nifedipina a rilascio contr. 30 mg
30
1.257
+48,52
Nicardipina a rilascio grad. 40 mg
90
1.343
+58,61
Lercanidipina
10
1.443
+70,46
Lacidipina
4
1.621
+91,56
Nicardipina 20 mg
90
1.935
+128,61
Nisoldipina
20
1.983
+134,32
** In tutto questo articolo indicheremo, per semplificare, come “antipertensivi” i farmaci che in effetti dovrebbero essere definiti “potenzialmente utilizzabili come antipertensivi”.
86
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
dialogo
farmaci
dossier
sui
n° DDD/1.000ab/die dei CA in alcune ULSS del Veneto e nella ASL di Napoli*** (anno 1997)
GRAFICO 4 - CA non diidropiridinici
GRAFICO 3 - CA diidropiridinici
n° DDD/1.000 ab/die
0
5
10
15
20
25
n° DDD/1.000 ab/die
35
30
40
50
45
0
19 - Adria
45,58
6 - Vicenza
20 - Verona
45,20
16 - Padova
21 - Legnago
44,65
5 - Arzignano
12 - Venezia
44,60
17 - Este
14 - Chioggia
41,95
19 - Adria
Napoli
41,90
21 - Legnago
41,60
ITALIA
2
4
6
12,19
11,78
10,45
10,07
9,95
4 - Thiene
9,57
1 - Belluno
1 - Belluno
9,56
6 - Vicenza
39,60
12 - Venezia
9,54
38,75
ITALIA
9,50
38,56
media ULSS Veneto
15 - Cittadella
25 - Bussolengo
16 - Padova
9 - Treviso
7 - Pieve di Soligo
4 - Thiene
9,48
14 - Chioggia
9,42
37,71
20 - Verona
34,60
5 - Arzignano
13 - Mirano
media ULSS Veneto
37,84
36,73
33,52
32,66
32,30
31,30
antipertensivi nel loro complesso;
3. l’incidenza percentuale della prescrizione di CA diidropiridinici sul totale degli antipertensivi varia dal
20% di Thiene al 30% di Bussolengo; in Italia (dati di
vendita*) tale percentuale è del 25%, cioè un quarto
degli antipertensivi venduti è costituito da CA diidropiridinici.
In base al prezzo al pubblico delle confezioni, è stato
calcolato (tabella 2) il costo per DDD dei CA diidropiridinici; sono stati considerati solo i dosaggi utilizzati prevalentemente nell’ipertensione.
Per questo calcolo abbiamo utilizzato le DDD, anche se
queste non rappresentano le dosi reali impiegate nel
trattamento dell’ipertensione.
La tabella 2 riporta le DDD dei CA attualmente in fascia A, il loro costo relativo e le loro variazioni percentuali rispetto al costo per DDD più basso. Come si può
notare, i costi delle DDD presentano delle variazioni
anche consistenti: rispetto al costo minore per DDD
(felodipina: DDD 5 mg = £ 846), nifedipina crono 30
mg costa 48,5% in più, amlodipina +30%, lacidipina
+91,6%, nisoldipina +134,3%.
Nei grafici 3 e 4 sono riportati i dati di prescrizione in al-
9,34
9,04
Napoli
8,67
13 - Mirano
8,44
15 - Cittadella
8,02
9 - Treviso
6,51
7 - Pieve di Soligo
22 - Bussolengo
14
12,39
39,99
17 -Este
12
10
8
5,79
cune ULSS del Veneto e nella ASL di Napoli***; i dati sono distinti in n° DDD/1.000 ab/die di CA diidropiridinici e
non diidropiridinici, rispettivamente. Come parametro di
confronto, negli stessi grafici sono riportati (ITALIA) i dati di vendita nazionale*.
Vi si può notare che Adria, Verona, Legnago, Venezia,
Chioggia si collocano al primo posto tra le ULSS a più elevata prescrizione dei diidropiridinici.
E’ inoltre evidente una notevole variabilità prescrittiva tra
le varie ULSS: per esempio, nel Trevigiano entrambi i
gruppi di CA presentano valori bassi, nel Veronese e nel
Veneziano è elevata solo la prescrizione di CA diidropiridinici, mentre Bellunese, Padovano e Vicentino hanno valori prossimi alla media. I CA non diidropiridinici sono più
prescritti nel Vicentino e nel Padovano.
Non disponiamo di elementi che spieghino con sicurezza
le cause del fenomeno, che può, in via d’ipotesi, dipendere dalla composizione della popolazione, più probabilmente da abitudini locali forse indotte da indirizzi di scuola, o
più semplicemente dalla casualità.
Dagli stessi grafici si può notare che il dato di consumo relativo all’ASL di Napoli, rispetto alla media italiana e del
Veneto, risulta più elevato per i CA diidropiridinici ed invece inferiore per i CA non diidropiridinici.
*** Per l’ASL di Napoli, i dati si riferiscono al mese di gennaio 1998, con una popolazione di 1.200.000 abitanti, corrispondente all’intero comune di
Napoli.
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
87
dialogo
farmaci
sui
TABELLA 3 - Specialità corrispondenti ai principi attivi citati nel dossier
Calcio-antagonisti diidropiridinici
Altri farmaci citati
Associazioni
Amlodipina: Antacal, Monopina, Norvasc
Felodipina: Feloday, Plendil, Prevex
Isradipina: Clivoten, Esradin, Lomir
Lacidipina: Aponil, Lacipil, Lacirex,Viapres
Lercanidipina: Cardiovasc, Lercadip, Zanedip
Manidipina: Iperten,Vascoman
Nicardipina: Bionicard, Cardioten, Cardip, Cordipina,
Lisanirc, Neucor, Nicant, Nicapress Nicardal, Nicardium, Nicarpin, Nimicor, Niven, Perdipina,
Ranvil,Vasodin,Vasonorm
Nifedipina: Adalat,Anifed, Citilat, Coral, Nifedicor, Nifedin
Nimodipina: Nimotop, Periplum
Nisoldipina: Syscor, Zadipina
Nitrendipina: Baypress, Deiten
Clortalidone: Igroton, Zambesil
Idroclorotiazide: Esidrex
Enalapril: Converten, Enapren, Naprilene
Metoprololo: Lopresor, Seloken
Fosinopril: Eliten, Fosipres,Tensogard
Doxazosin: Benur, Cardura, Dedralen, Normathen
Sucralfato: Antepsin, Citogel, Crafilm, Gastrogel,Asucragel, Sucral, Sucralfin, Sucramal, Sucrate, Sugast, Suril
Cinnarizina: Cinazyn, Stugeron,Toliman
Flunarizina: Flugeral, Flunagen, Fluxarten, Gradient, Issium, Sibelium
Carbamazepin: Tegretol
Warfarina: Coumadin
Cimetidina: Biomag, Brumetidina, Citimid, Dina, Eureceptor, Stomet,Tagamet,Tametin,Temic, Ulcedin, Ulcodina, Ulcomedina, Ulis, Notul, Ulcestop
Digossina: Eudigox, Lanoxin
Chinidina: Chinteina, Longachin, Natisedina, Naticardina, Ritmocor
Nifedipina + Atenololo: Mixer, Niften
Clortalidone + Metoprololo: Igoton Lopresor
Clortalidone + Atenololo: Ataclor, Atenigron, Carmian, Clortanol, Diube, Eupress, Igroseles Mite,
Target,Tenolone,Tenoretic
Idroclorotiazide + Amiloride: Moduretic
Idroclorotiazide + Benazepril: Cibadrex,Tensadiur,
Zinadiur
Idroclorotiazide + Captopril: Acediur, Aceplus
Idroclorotiazide + Cilazapril: Inibace, Initiss
Idroclorotiazide + Enalapril: Acesistem, Condiuren,
Esamil, Neoprex, Sinertec,Vasoretic
Idroclorotiazide + Fosinopril: Elidiur, Fosicombi,
Tensozide
Idroclorotiazide + Lisinopril: Prinzide, Zestoretic
Idroclorotiazide + Losartan: Hizaar, Losazid, Neo
Lotan
Idroclorotiazide + Metildopa: Medozide
Idroclorotiazide + Metoprololo: Selozide
Idroclorotiazide + Quinapril: Accuretic, Acequide,
Quinazide
Idroclorotiazide + Ramipril: Idroquark,Triatec Hct
Idroclorotiazide + Spironolattone: Aldactazide,
Spiridazide
Sucralfato + Ketoprofene: Ketodol
Calcio-antagonisti
non diidropiridinici
Verapamil: Isoptin, Quasar
Gallopamil: Algocor, Procorum
Diltiazem: Altiazem,Angidil,Angipress,Angizem, Carzem, Citizem, Diladel, Dilem, Dilzene, Etyzem,
Longazem,Tiakem,Tildiem, Zilden
per sorridere...
Lettera aperta ai direttori
di Centri di Genetica
(in cui si eseguono clonazioni)
La lettera è stata ripresa, con modifiche, da
una simile apparsa su Jama, 1 aprile 1998
(279; 13; 977)
Secondo - Mi sia concesso di allevare i
sei cloni a modo mio, senza interferenze
materne e/o secondo regole che alterino
il mio progetto.
Carissimi,
pieno di entusiasmo, tra i primi
della mia razza, mi rendo del tutto disponibile ad essere clonato in una serie
multipla. L’idea è fantastica, splendida, veramente immortale!
Ritengo tuttavia importante che
tra noi sia redatto un contratto, che preveda le seguenti clausole.
Terzo - Sarò libero di informare i miei
cloni dei trabocchetti, delle difficoltà e degli insuccessi che la vita regala ad ogni essere umano, nella speranza che almeno
uno (della mezza dozzina) possa in buona
parte evitarli. Sarò altresì autorizzato a
metterli in guardia sulla gente priva di
scrupoli che vive in questo pianeta, e che
attualmente sembra dominante, ed insegnare loro i fondamenti della politica (dal
momento che tutto è politica) e quanto
Joseph P. Kennedy diceva ai propri figli,“Se
l’occasione si presenta, chiunque può fare affari con chiunque”.
Primo - Al fine di raggiungere i migliori risultati, data ed ora di nascita della mia prima mezza dozzina di cloni devono essere
opportunamente temporizzate con gli
astri. Purtroppo, io sono nato in un giorno
iellato e non vorrei che i miei sei cloni vivessero sotto la stessa cattiva stella.
88
Quarto - Ai miei cloni potrò dare istruzioni affinché evitino errori che io ho
commesso nel corso della mia vita e raggiungano la consapevolezza di avere la libertà di agire per il meglio e la speranza
che le loro vittorie potranno superare il
numero di insuccessi.
Quinto - Dal momento che i miei cloni
saranno riprodotti esattamente secondo
le mie sembianze ed erediteranno le mie
specificità ed il mio sistema nervoso centrale, così come la mia profondità spirituale, la gente della Terra dovrà essere
informata del fatto che sono stato io a
permettere un dono così eccelso, grazie
a questa conquista scientifica. Non riesco
a pensare ad un contributo più grande
per l’umanità di una continuazione multipla di me stesso.
Sesto – Una volta raggiunta l’età della
maturità, i miei cloni dovranno essere
clonati sei volte, e ognuno di essi, ad ogni
maggiore età, dovrà essere ugualmente
moltiplicato per sei, per tutto il tempo a
venire.
Sinceramente vostro
Dr. Eugenio De Modestis
Filantropo
n. 3 • Maggio - Giugno 1998
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