KARL MARX
PREMESSA
Hegel dice che “ciò che è più noto è meno conosciuto”. Marx non fu compreso dallo stesso
SPD, che pure si professava marxista; molti non lo compresero al suo tempo.
Marx definiva sé tesso come “determinazione” e come “lotta” in riferimento alla felicità e
“sottomesso” in riferimento all’infelicità”; come “credulità” in riferimento ad un difetto
scusabile e “servilismo” in riferimento ad un difetto non scusabile; come “de omnibus
disputandum est” in riferimento ad un motto e come “humani nihil alieni a me puto” in
riferimento ad una massima.
BIOGRAFIA
Nacque nel 1818 a Treviri, in Renania da una famiglia ebrea. Suo padre era un intellettuale
laico, per cui Marx fu educato ad una mentalità non religiosa. Finiti gli studi liceali, si
iscrisse all’università di Bonn e poi di Berlino. Arrivato qui frequentò la Sinistra hegeliana;
aderì al “Dottor Club; conobbe Kenny, se ne innamorò e riuscì a sposarla. Si avvicinò al
pensiero politico socialista durante gli anni in cui faceva parte del “Dottor club”.
Marx si laureò a Iena nel 1841 con la tesi Differenza tra la filosofia di Democrito e quella di
Epicuro”, confrontando il determinismo ontologico con il “clinamen” di Epicuro.
“DIFFERENZE TRA LA FILOSOFIA DI DEMOCRITO E QUELLA DI EPICURO” (1841)
Per Marx l’interesse fondamentale non è quello dei fisici ma di fare una riflessione su due
filosofi che portarono avanti una ontologia materialista e meccanicista: il mondo si muove
per “causa sui”. Nella prefazione c’è la “Confessione di Prometeo”: il mito rappresenta
l’umanità che sottrae la conoscenza al mondo dell’inconoscibilità. Prometeo è il simbolo
della filosofia.
Marx assume la filosofia di Epicuro sostenendo che non è empio negare gli dei ma
attribuire ad essi caratteri umani. La “confessione” che è Prometeo fa è quella di odiare gli
dei e coloro che attribuiscono forze e potere a ciò che non è umano: è l’uomo il
protagonista del percorso conoscitivo; Marx attribuisce grande importanza al pensiero
umano. Marx, poi, sostiene che la filosofia non è morta e che essa abbia il compito di
ritenere che conta davvero ciò che l’uomo è in grado di fare; che l’uomo è artefice della
storia; che bisogna uscire dal servilismo alla religione. Marx, quindi, intraprende il pensiero
della Sinistra hegeliana criticando la religione ed esaltando la filosofia.
Marx, dopo la tesi di laurea, entrò nel dibattito politico e infatti volle pubblicare
Osservazioni sulla recente censura in Prussia che, però, non fu pubblicato. Marx, infatti,
sapeva che nel mondo universitario non c’era molto spazio per i giovani hegeliani.
Pubblicò, però, Dibattiti sulla libertà di stampa, in opposizione al regime.
“ANNALI FRANCO-TEDESCHI” (1844)
Marx, poi, si trasferì in Francia ed insieme ad alcuni intellettuali collaborò per far uscire Gli
annali franco-tedeschi.
Doveva essere una rivista annuale ma fu pubblicato un solo numero nel 1844 perché poi fu
chiuso per via della censura francese. Marx interviene su due questioni: sulla questione
ebraica e sulla critica alla filosofia del diritto di Hegel. In entrambi Marx critica il pensiero
liberal-democratico, ritenendo che lo Stato liberal-democratico sia un organismo di
oppressione. Nell’800 c’era stato il consolidamento degli Stati moderni e tutti gli Stati
vertevano verso la liberal-democrazia. Marx, però, critica questo sistema perché la libertà e
l’uguaglianza promossi sono formali e non sostanziali. Tale libertà formale nasconde una
sudditanza sostanziale.
Infatti la grande libertà formale permette a tutti di essere liberi di fronte alla legge ma non
nella realtà.
QUESTIONE EBRAICA: Risponde a Bruno Bauer, che aveva compreso che la
questione ebraica era molto calda in Europa e che aveva asserito che essa si sarebbe risolta
qualora gli ebrei avessero avuto diritto politici e civili nei vari stati o uno Stato
confessionale. In realtà, per Marx la situazione non cambierebbe perché quand’anche si
concedessero formalmente i diritti lo Stato di diritto non rispetterebbe il diritto vero.
Infatti, si sono formati Stati borghesi formalmente liberi ma con all’interno disuguaglianze
pari a quelle di Stati di molti secoli prima. Il paragone è come con i cristiani: essi pensano
l’uomo uguale di fronte a Dio ma vivono in maniera incoerente. Quindi ritorna lo Spirito di
separazione, che è proprio dello Stato liberal-democratico: c’è una scissione tra ego
pubblico ed ego privato. Lo Stato borghese, quindi, è lo strumento di governo di pochi
eletti.
CRITICA ALLA FILOSOFIA DEL DIRITTO DI HEGEL: Qui c’è una doppia critica ad
Hegel: una di ordine filosofico ed una di ordine politico. La prima è quella filosofica
metodologica: viene recuperata la critica di Feuerbach per cui Hegel avrebbe invertito il
rapporto tra soggetto e predicato, esaltato il pensiero umano e tralasciato l’uomo
concreto, capovolto astratto e concreto.
Il punto è che tale inversione ha portato Hegel a grandi errori: il “giustificazionismo
speculativo” e il “conservatorismo storico”.
Una volta capovolto il rapporto tra soggetto e predicato, Hegel ha interpretato la realtà
storica come logica di per sé stessa ma, ritenendo il pensiero umano come fondamento, se
ne attribuiscono alla realtà le stesse caratteristiche (giustificazionismo speculativo).
Poi Marx sostiene che se Hegel è convinto che la realtà sia pensiero ha anche un
atteggiamento conservatore, cioè crede che la realtà debba rimanere come è. Marx
riconosce il merito di Hegel nell’importanza data alla storia e alla sua processualità
dialettica ma non condivide la sua razionalità storica: la storia ha anche elementi irrazionali.
Nel 1845 Marx scrisse le Tesi su Feuerbach in cui critica Feuerbach. Se è vero che
Feuerbach ha individuato l’errore hegeliano di non aver definito il soggetto come
concreto, è anche vero che Feuerbach non ha preso in considerazione la storicità del
soggetto (come, invece, Hegel ha fatto) e per quanto parli di un uomo concreto lo
concepisce disincarnato dalla storia.
Viene anche criticato il pensiero religioso di Feuerbach: egli ha analizzato il fenomeno
religioso come un’alienazione (e questo viene condiviso e appoggiato da Marx) ma non ha
bene individuato le cause di tali alienazione; non è la fragilità umana o l’impotenza che
provoca il fenomeno religioso ma le condizioni materiali in cui l’uomo vive: “La religione è
gemito della creatura oppressa”.
L’uomo, quindi, si aliena perché ha fame, è malato ecc…
Infatti, il fenomeno religioso è più diffuso nelle classi più disagiate. Però, la liberazione
vera, per Marx, non è l’atto intellettuale dell’ateismo perché finché permane l’indigenza
non c’è spazio per l’ateismo. Quindi, mentre Feuerbach ha ritenuto la religione un
ragionamento, Marx ritiene che essa abbia basi economiche.
Per Marx è necessario rendere migliori le condizioni dell’uomo, dal momento che la
religione è ciò che ammansisce la masse povere e affamate, che spegne lo spirito di
ribellione: “oppio dei popoli”.
Negli anni verso il ’48 Marx si confronta con i socialisti e in particolare con il pensiero di
Proudhon. Strinse amicizia con Engels, esponente della Sinistra hegeliana. Tale amicizia
consentì a Marx di conoscere la realtà industriale ed operaia grazie al testo di Engels La
situazione della classe operaia in Inghilterra”.
Conoscendo l’industria, Marx si appassionò all’economia. Già nel ’40 aveva letto Smith e
Proudhon e alla fine arrivò a scrivere anche lui un saggio pubblicato nel ‘900 col titolo di
Manoscritti economici e filosofici del ’44.
“MANOSCRITTI ECONOMICI E FILOSOFICI DEL ‘44”
In quest’opera Marx analizza il capitalismo, o “organizzazione capitalistica del lavoro”. E’ un
tipo di organizzazione in cui il lavoratore riceve un salario ma non possiede i mezzi di
produzione. Tale organizzazione produce alienazione. Marx non sta giudicando
moralmente il sistema capitalistico ma lo sta descrivendo e, così facendo, sostiene che esso
sia alienante.
Il salariato è alienato perché perde la propria natura e la riversa anzitutto nel prodotto, dal
momento che esso è altro da sé e non gli appartiene. Anche nell’attività lavorativa si aliena
in quanto spesso diventa un’appendice della macchina. Anche nel prossimo c’è alienazione
perché l’operaio diventa possesso dell’imprenditore.
La caratteristica fondamentale dell’uomo è attiva: l’uomo per natura usa le cose e nel suo
agire ha bisogno di manipolare la realtà ma il capitalismo aliena l’uomo, che perde la sua
essenza attiva: è lui ad esserne trasformato.
La colpa di tutto questo è del meccanismo: è il sistema di produzione che ha tali
conseguenze. Tale sistema viene causato dalla proprietà privata (il non possesso dei mezzi
di produzione).
La “disalienazione” è possibile con l’abolizione della proprietà privata. A tal proposito
Proudhon, in La filosofia della miseria aveva ritenuto che i mezzi di produzione dovessero
essere sottratti pacificamente e gradatamente; Marx, invece, in La miseria della filosofia
ritiene che tale idea di socialismo è assolutamente utopica ed irreale e che la proprietà
comune va raggiunta solo con mezzi violenti.
“L’IDEOLOGIA TEDESCA” (1848)
Questo testo fu scritto insieme ad Engels. Diviso in quattro sezioni, la quarta è dedicata
nuovamente alla critica a Feuerbach.
Marx ed Engels intendono prendere le distanze dalla Sinistra hegeliana e chiariscono cosa
debba intendersi per ideologia: “falso pensiero proprio di chi domina in una data epoca”.
Già Hegel aveva detto che ogni epoca ha la sua filosofia; Marx, però, sostiene che le
trasformazioni storiche non sono date dal procedere filosofico: se è vero che ogni epoca
ha la sua filosofia è anche vero che le filosofie non caratterizzano le varie epoche, non le
forgiano. La storia non cambia in parallelo con la filosofia o con in conflitti tra Stati: la
storia ha processualità dialettica ma essa non è tra Stati bensì tra strutture materiali (e non
spirituali, come aveva detto Hegel), ovvero tra forze produttive e rapporti di produzione.
Le dottrine socialiste per Marx non hanno credibilità; il difetto è quello di non radicarsi in
un’analisi scientifica della società e, benché non siano scorrette, sono illusorie. Pertanto,
illudendo i sofferenti, non li aiutano. Ergo, Marx vuole rendere il socialismo una ideologia
scientifica.
Nel 1846 La Lega dei giusti (che raccoglieva i socialisti europei) affidò a Marx il compito di
scrivere un documento programmatico per la lega. Prima, però, Marx volle cambiare il
nome in Lega dei comunisti.
Marx ed Engels iniziarono a scrivere Manifesto del Partito Comunista (1848).
“MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA” (1848)
Il 48 era stato un anno parecchio tumultuoso e Marx pensava davvero che l’Europa fosse
sull’orlo della rivoluzione. Pertanto il MDPC era un testo ad incitare la rivoluzione che stava
per nascere. Questo testo ebbe molto seguito nel ‘900 (mentre nell’900 non fu molto
considerato). Lenin, per esempio, disse che il comunismo marxiano non era più una
illusione (come i vecchi socialisti) ma una legge necessaria.
Nella prefazione Engels spiega che nel 1847 si intendeva per “socialista” le piccole sette.
Engels, invece, vuole scrivere “comunista” proprio per distaccarsi da queste ideologie
socialiste che vogliono eliminare i problemi sociali senza attaccare la radice di essi: il
capitalismo. Quindi il comunismo è il vero movimento operaio.
Il comunismo viene definito uno “spettro che si aggira per l’Europa” non tanto perché lo
fosse effettivamente ma perché così veniva percepito dai capitalisti.
Per Marx ed Engels, il comunismo è qualcosa che nascerà come momento necessario e
naturale della storia. Ritorna la filosofia della storia di Marx, per indicare quale sia la strada.
La storia è lotta di classe (aveva già detto che la storia non è un movimento spirituale ma
materiale che dipende dalle condizioni economiche) e scoppia quando le classi dominanti
vorrebbero mantenere il loro rapporto di produzione e continuare a dominare.
La storia è storia di oppressi ed oppressori. Secondo Marx ed Engels la lotta di classe è una
legge storica. A differenza degli economisti, Marx ritiene che la società sia costituita da
classi con interessi divergenti (diversamente da Adam Smith, per cui gli interessi
convergevano).
Nel MDPC Marx elogia la borghesia definendola innovativa, aperta al cambiamento e
fautrice dei più grandi cambiamenti europei; essa ha aperto una grande stagione della
storia umana: il progresso tecnologico, economico e politico; ha distrutto la società feudale
e il mondo rurale; ha anche riscattato l’umanità dalle illusioni e dalla religione.
Tuttavia, poi, la borghesia si è trasformata in una classe conservatrice, antiquata e si è
trasformata in un fattore che frena la storia.
Essa, quindi, ha posto le basi per la lotta di classe perché ha istituito un sistema economico
capitalistico, destinato a scatenare la lotta di classe. E’ la borghesia ad avere creato il
proletariato e, così facendo, si è condannata da sola. Il capitalismo, infatti, ha retto un po’
ma è destinato a crollare e lo sta già facendo: fenomeni di sovrapproduzione ecc…
Tale crisi è inarrestabile perché anarchico, perché manca di una pianificazione, perché il
borghese persegue unicamente il proprio interesse verso i propri profitti più alti.
Quindi, il capitalismo ha prodotto tanta miseria, ha creato la sua dimensione; contiene in sé
la dialettica del comunismo.
La classe operaia si rivolterà contro i borghesi.
Marx, poi, sostiene che è il sistema il problema. Il fine del testo, quindi, è di rendere il
proletariato consapevole della sua funzione storica (benché il proletariato inevitabilmente
si solleverà). Si giungerà ad uno studio in cui il ceto proletario avrà il potere. Non ci
saranno, però, altre dominazioni perché verranno eliminati i presupposti per la lotta di
classe. Verrà istituita una società comunista, in cui non ci sono classi sociali perché non ci
sarà la proprietà privata.
Tuttavia, Marx non dice come sarà tale società comunista se non nel testo Critica al
programma di Gotha. Gotha aveva ospitato l’SPD, il primo partito di massa comunista
ispirato alle idee di Marx.
“CRITICA DEL PROGRAMMA DI GOTHA” (1875)
Marx spiega che il comunismo avrà due fasi:
-I: ciascuno avrà in base al proprio lavoro. Quindi, il comunismo non sarà maturo e lo
caratterizzerà una poca presenza di risorse.
-II: è quella più matura; si darà a ciascuno secondo il proprio bisogno. In virtù della sua
pianificazione, tale sistema produce benessere ed impedisce l’anarchia.
Marx non si sente un utopista ma pensa di aver individuato le leggi storiche e la necessità
storica del comunismo. Non ci saranno più sfruttamenti, scalini sociali, classi sociali,
differenze stipendiali. Per Marx questo comunismo si può realizzare già nel proprio tempo,
è maturo.
Anche Engels era convinto che il comunismo era necessario come esprime in Evoluzione
del socialismo tra filosofia e scienza
Quando la rivoluzione nel 48 non scoppiò perché i proletari non erano stati capaci di
imporsi con la forza e spazzare via i regimi reazionari. Marx fece autocritica, appropriandosi
dell’idea della “dittatura del proletariato” di Blanqui. Questa fase di dittatura era necessaria
per osteggiare la controrivoluzione borghese.
Negli anni ’60 Marx aveva già iniziato a perdere speranza nella rivoluzione immediata.
A metà degli anni ’50 iniziò a studiare economia e a scrivere un’analisi del sistema
capitalistico: Il Capitale. Bakunin ne parla come un’analisi con uno stile troppo astratto,
metafisico e inaccessibile ai lavoratori.
“IL CAPITALE” / “CRITICA ALL’ECONOMIA POLITICA”
Marx intende criticare l’economia di mercato, l’economia classica, concepita da Smith e
Ricardo. Il punto fondamentale di Smith era stata l’autoregolamentazione del mercato, il
perseguimento dell’interesse personale come interesse collettivo, perché non c’era
divergenza tra le classi sociali. Per Marx, invece, c’è una divergenza tra le classi sociali, non
c’è una visione organicistica della società (come in Hegel).
Si critica l’idea di un mercato libero e anarchico.
TEORIA DEL VALORE LAVORO
Marx eredita alcune considerazioni di Smith sul valore lavoro che costituisce la
ricchezza di un paese, ma aggiunge anche che la sostanza del valore di una merce è il
lavoro che essa richiede.
Il lavoro ha due tipi di valore: concreto e astratto. Il primo è costituito dal valore reale della
merce; il secondo è un valore di scambio, che influenza il prezzo della merce.
Chi possiede i mezzi di produzione possiede il lavoro astratto. Il lavoro, nel suo valore
astratto, è esso stesso una merce caratterizzata da domanda ed offerta.
Il capitalista, possedendo i mezzi di produzione, possiede il lavoro dei proletari e cerca di
guadagnare il massimo da essi, cercando di pagare al minor prezzo possibile i macchinari,
il lavoro.
Il proletario, però, produce la merce e, nel far questo, dà al capitalista un valore che è
molto più alto di quanto il capitalista l’abbia pagato. Quindi, il capitalismo ha in sé la logica
dello sfruttamento. Il guadagno, quindi, dovrebbe essere ripartito tra i lavoratori.
TEORIA DEL PLUSVALORE
La produzione capitalista non dà ai lavoratori il corrispettivo valore ma gli sottrae
una parte che accumula e costituisce il capitale. Segue una logica del tipo DMD1
(domanda, offerta, domanda 1).
Il plusvalore è dato dal pluslavoro, cioè dal lavoro che il proletario fa ma per cui non viene
pagato: più ore di lavoro, meno stipendi ecc…
Quindi, il problema, ancora una volta, è il sistema che mira all’accumulo di denaro e allo
sfruttamento. Tale sistema genera crisi periodiche per cui l’operaio è sempre più povero,
ha sempre meno potere d’acquisto e quindi si accumulano le merci. Inoltre, l’operaio viene
licenziato ed aumenta la disoccupazione.
E’ il plus lavoro che genera profitto e il pluslavoro non riconosciuto all’operaio costituisce il
capitale, l’accumulo della ricchezza.
Il punto è che tale meccanismo è destinato a fallire per diversi motivi:
1. Aliena (o meglio sfrutta) il lavoratore;
2. Rende il capitalista, i macchinari e il sistema intero odiato dal lavoratore;
3. Essendo un sistema anarchico, si dirige verso le possibilità di accumulo di ricchezza
maggiori: non produce per i bisogni ma per la ricchezza. In un sistema di pianificazione,
invece, si vedono i bisogni e ci si dirige verso di essi. Il capitalista è costretto, addirittura, ad
indurre bisogni inesistenti in funzione della ricchezza;
4. Produce troppi prodotti e poco denaro (sovrapproduzione e sottoconsumo). I prodotti
immessi non sono necessari ma superflui.
LA CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DEL PROFITTO.
E’ il quarto ed ultimo libro del Capitale, pubblicato da Kautski, esponente dell’SPD
nel 1905. Il saggio è quel che si ricava dal profitto finale (da cui si tolgono le varie spese). Il
sistema capitalistico è in crisi anche perché, causa massima, è autodistruttivo in quanto il
saggio, appunto, tende a cadere. Il capitalista ha bisogno di investire in macchinari e
tecnologia per continuare a produrre a livelli molto alti. Quindi, la caduta è dalla necessità
di investimenti a cui non corrispondono più i profitti.
Rosa Luxemburg critica questa opinione, ritenendo che a volte gli investimenti possono
aumentare il saggio del profitto e che il sistema trova il modo di uscire dalla crisi (col
colonialismo).
Nel 1864 Marx diede vita alla prima Internazionale socialista, all’interno della quale i
lavoratori potessero prendere consapevolezza della loro condizione e del loro compito. In
realtà essa era un ritrovo di pensatori socialisti. Di questa facevano parte Mazzini e
Bakunin. Egli aveva scritto Stato e anarchia sostenendo che l’uomo non è libero
culturalmente, politicamente, economicamente e che non è possibile concepire un’umanità
se non totalmente libera: “Né Dio, né Stato, né servi, né padroni”.
Bakunin credeva che il meccanismo di affrancamento doveva essere innescato dalla
rivoluzione ma che prima bisognava togliere agli oppressi la paura degli oppressori.
Nel 1871 le idee dell’Internazionale furono messe in pratica nella Comune di Parigi, durata
pochi mesi, in cui si eliminò la proprietà privata, si introdusse la democrazia diretta, si
abolirono la Chiesa e le industrie private.
Durante l’Internazionale, a seguito del fallimento della Comune, scoppiò un dibattito:
Bakunin sosteneva che i comunardi fossero i veri socialisti e che avevano fallito perché
numericamente inferiori. Invece, Marx riteneva che essi non erano stati sufficientemente
dittatoriali e terrificanti. Bakunin riteneva che le rivoluzioni fossero un evento che doveva
nascere spontaneamente; per Marx le masse non giungevano alla consapevolezza del
rispetto ma ci doveva essere un partito a guidarlo
Nel 1872 ci fu l’ultima riunione dell’Internazionale e Marx non era soddisfatto dei tanti
partiti socialisti europei e del progresso del socialismo.
Pioniere, fra questi, fu l’SPD, nato nel 1875. Marx non lo apprezzava e riteneva che la
socialdemocrazia era un’illusione perché l’unico socialismo possibile era internazionale e
perché esso si era inserito nella struttura politica già esistente e negli ambienti democratici.
Marx rifiutava l’idea della socialdemocrazia (già confutata negli “Annali”) e il nazionalismo
dell’SPD. Esso, infatti, aveva favorito la rivoluzione all’interno della nazione.
Marx morì nel 1883. Dopo la sua morte Engels fece di Marx un pensatore scientifico.
Tuttavia, alcuni pensatori ritenevano che Engels avesse interpretato Marx. Engels scrisse un
elogio funebre con la volontà di presentarlo come un pensatore scientifico, perché aveva
scoperto la legge che governa il mondo, la storia: la lotta.
Engels cominciò a posticipare la rivoluzione e poi morì nel 1895.
Nel 1899, il suo collaboratore Bernstein pubblicò I presupposti del socialismo e i compiti
della social democrazia.
“I PRESUPPOSTI DEL SOCIALISMO E I COMPITI DELLA SOCIAL DEMOCRAZIA” (1899)
Qui Bernstein vuole chiarire i punti cardine del socialismo, che ha le idee giuste e che si
realizza nel mondo come socialdemocrazia.
Per Bernstein, Marx ha sì scoperto la legge della storia ma c’erano alcune incongruenze
con il suo pensiero e con le sue previsione (che lui, da pensatore scientifico, avrebbe
scoperto se fosse vissuto più a lungo, a detta di Bernstein).
Bernstein intende recuperare la legge economica di Marx ma non vuole fare di Marx un
idolo o un profeta. Bernstein, come la Luxemburg, sostiene che il capitalismo non sia in
crisi ma che esso cresca; inoltre, la logica della polarità tra due classi non è reale perché c’è
il ceto medio emergente; è anche sbagliata la previsione dei bacini di povertà.
Quindi, il compito del socialismo è di migliorare le condizioni dei più poveri e rendere gli
uomini sempre più uguali; creare il “Welfare State”; allargare la sfera dei diritti lavorando in
Parlamento; rinunciare alla rivoluzione.
Scoppiò, quindi, nell’SPD la dialettica tra Bernstein e Kautski. Questi riteneva che il
socialismo non dovesse rinunciare alla libertà, non poteva accettare la dittatura. La
rivoluzione poteva essere fatta tramite elezioni ad opera del proletariato.
Il socialismo di Kautski non ‘poteva ammettere la dittatura e la distruzione dello Stato
borghese.
Quindi la differenza tra i due era che per Bernstein non era ammissibile la rivoluzione ma
solo riforme; per Kautski la rivoluzione ci doveva essere ma tramite manifestazioni.
Dopo la rivoluzione del 1905 in Russia, Kautski entrò in polemica anche con la Luxemburg:
per Kautski ci doveva essere la statalizzazione e socializzazione dei mezzi di produzione.
Il socialismo si doveva raggiungere con la guida dello Stato, che pianificava i mezzi di
produzione.
Il passaggio però, richiedeva anche una gestione collettiva di tali mezzi di produzione.