Le città montane Ritornare aquila non è una cattiva prospettiva per l

Le città montane
Ritornare aquila non è una cattiva prospettiva per l’uomo.
Leonardo da Vinci ci ha insegnato che l’aquila è probabilmente l’animale più libertario.
Gli ecologi e gli etologi ci dicono che se un territorio può vantare la presenza delle aquile il
territorio è sano. Il territorio dove vivono più aquile è sicuramente il territorio montano.
Eppure, nonostante sia evidente che questo territorio è vitale per la funzionalità della rete ecologica
nazionale, la maggior parte dei documenti sullo sviluppo sostenibile si concentrano sul nuovo ruolo
delle città come motore della competitività e dello sviluppo.
La Comunità Europea si sofferma in particolare sulla capacità delle città di diventare struttura in
rete che alimenta l’economia della conoscenza, economia essenziale allo sviluppo dei territori.
Il Governo Italiano, pur considerando la montagna un territorio da preservare nei fatti indebolisce le
strutture istituzionali di supporto alle politiche montane.
Le recenti proposte di abolizione delle comunità montane sono l’ennesima prova di strabismo
rispetto al tema della eliminazione della burocrazia in eccedenza, basterebbe guardare al potenziale
di assunzione dei precari nelle amministrazioni locali differenti dalle Comunità Montane.
Ma questo tipo di approccio ci porterebbe fuori strada, rispetto al ragionamento scientifico e
culturale da fare.
E’ vero, la città è sempre più una infrastruttura complessa, fatta di reti corte e di reti lunghe in grado
di attrarre risorse finanziarie, speculative e non, fino a diventare meta di una moltitudine di attività
spesso contraddittorie.
Il sovraccarico di popolazione di alcuni territori hanno compromesso ogni possibilità di parlare di
sviluppo sostenibile delle città, le città urbanizzate vivranno sempre in emergenza. Napoli e l’area
metropolitana di riferimento sono l’esempio più eclatante, con un deficit di governance
irrecuperabile.
Ai comini montani ed alle popolazioni montane spetta il compito di dare una risposta politica al
tema delle città ed al tema del futuro dei territori montani.
Ebbene, l’esperienza fatta nel Cilento, per organizzare il piano socio economico delle 8 e più
comunità montane e degli oltre cento comuni, ha reso possibile l’elaborazione si una strategia per lo
sviluppo basata su due concetti strategici rilevantissimi: il concetto di rete ecologica potenziale e di
città potenziale.
Non è l’unica esperienza in Italia, come dimostra il convegno di Atena.
E’ evidente che i territori montani possiedono una rete ecologica efficace, mentre la rete di servizi
evoluti alla popolazione tende ad essere poco efficiente; allargare la scala di governance significa
progettare la città montana come reti di municipalità esistenti, cioè aggregare funzioni portanti fino
a raggiungere modelli di governance dei servizi comparabili con le città più evolute.
La Luxottica ci dice che la montagna non è uno ostacolo nemmeno allo sviluppo industriale
intelligente e lungimirante, mentre il potenziale ambientale lascia a l’uomo la responsabilità di
immaginare nuove modalità di insediamento che lascino il territorio fortemente riproduttivo.
L’etologo Mainardi ci suggerisce di ritornare aquila, e di passare da un modello di comportamento
antropocentrico ad uno ecocentrico o biocentrico.
Ebbene proporre la nascita di uno statuto per le città montane significa prevedere una transizione
istituzionale che faciliti l’istituzione di nuove città, reti delle municipalità esistenti in grado di
aggregare più funzioni vitali rispetto a quelle dell’attuale situazione che vede le Comunità Montane
espressione di poche e specifiche competenze.
La proposta è politicamente piena perché consente di rispondere a molte critiche spesso pretestuose
e rilanciare una nuova soggettività istituzionale basata su enti locali rinnovati dove nuove agorà
territoriali (gli attuali piccoli comuni) svolgono ruoli insostituibili di presidio ambientale e di
conservazione di valori nuovamente contemporanei (rete ecologica).
Il prof. Carlo Blasi, dell’Università di Roma e direttore del centro interuniversitario sulla
biodiversità ha quasi terminato la cartografia relativa alla rete ecologica potenziale, su questa base
informativa sarà possibile dare suggerimenti, anche perché si racconta indirettamente la storia dei
territori, montani e non montani; Si possono concepire incentivi identitari e incentivi selettivi per
consentire quelle aggregazioni virtuose che fanno salire il concetto di città montana verso quei
livelli di governance strategica necessaria alla credibilità della proposta.
In definitiva il rilancio della efficienza e dell’efficacia delle reti corte e delle reti lunghe dei territori
montani sono una necessità dell’Italia come paese delle cento città in emergenza che ha perso
memoria del potenziale esistente a pochi chilometri dalle stesse.
Le città montane come potenziale rete o infrastruttura complessa è una proposta credibile perché
fondata sulla forza della natura e della montagna, e sulla forza degli uomini e delle donne e che le
amano.