Bozza di delibera Interventi in favore della montagna E’ pacifico come quello che una autorevole dottrina ha definito la via italiana al federalismo e con cui si intende la realizzazione di un modello istituzionale inedito, basato su forte potenziamento del ruolo delle istituzioni territoriali, e incentrato sul superamento dello Stato monocentrico e gerarchico, sulla valorizzazione delle funzioni amministrative di regioni ed enti locali, tutti da considerarsi elementi costitutivi della Repubblica, è necessario che alcuni provvedimenti di completamento e di attuazione della riforma costituzionale del 2001 vengano adottati tempestivamente. La riforma del Titolo V necessita infatti di una operazione di completamento volta innanzitutto ad apportare modifiche all’art. 117 al fine di razionalizzare il riparto della potestà legislativa e non solo, tra stato e regione, anche alla luce di alcune significative pronunce della Corte Costituzionale sui punti maggiormente controversi. Il processo di attuazione della riforma costituzionale del 2001 non può non incentrarsi innanzitutto sulla valorizzazione dell’autonomia degli Enti Locali, intesa come responsabilità dell’autogoverno delle comunità locali di riferimento, costituzionalmente garantita e non più concessa o vigilata dall’alto. E’ cioè necessario arrivare ad una definitiva individuazione delle funzioni spettanti ai diversi soggetti che compongono il sistema, riconducendo in capo agli enti locali la titolarità di compiti attualmente suddivisi tra una molteplicità di soggetti od organismi di servizio per lo più distinti dai primi, giungendo in tal modo ad una concreta attuazione dell’art. 119 in materia di federalismo fiscale ed autonomia finanziaria. Da ciò ne deriva pacificamente che l’attuale sistema di programmazione pubblica risente di fatto, ancora largamente, della sua impostazione centralistica e scarsamente partecipativa. Ciò risulta evidente anche nella legge 97 del 1994 sulla montagna, che si discute. Non solo tutto parte dal Centro per irradiarsi nella periferia in maniera imperativa o quasi, ma i soggetti della programmazione generale e centralistica sono sempre soggetti pubblici e raramente questi si avvalgono della diretta partecipazione degli altri soggetti sociali locali pubblici e privati. Non essendo sufficiente la sola potestà rimessa alle regioni di suddivisione, con proprie leggi ordinarie, del “Fondo nazionale della montagna” attraverso la individuazione di criteri. Alla fine rimanendo alle popolazioni montane e alle loro istituzioni rappresentative una mera accettazione di quanto da altri deciso. Laddove l’art. 7 della legge n. 97 viene posto a tutela dell’ambiente, vi è anche qui un primo elemento di difficoltà nel valutare le affermazioni ivi contenute, perché la valorizzazione ambientale intesa come strumento di pianificazione dell’intervento sugli assetti idrogeologici (ad es. sull’uso delle risorse idriche) è tutta dentro un sistema di pianificazione pubblica che ha al centro del suo agire una visione pubblicistica che mal coniuga con alcune esigenze particolari dei territori montani. In altri termini si rischia di arrivare, pur partendo da un concetto nobile di pianificazione pubblica sull’ambiente, a stravolgerne il concetto col risultato finale di creare un coacervo di vincoli e di ostacoli che paralizzano ogni attività. Una questione di primaria importanza è senza dubbio quello della montanità . Occorre dare una nuova definizione chiara ed univoca dei territori montani e rimediare ad una grave lacuna del nostro ordinamento. La legge sulla montagna n. 97, senza introdurre nessuna nuova definizione di comune montano, ha individuato come destinatari delle proprie disposizioni i comuni appartenenti alle comunità montane e, nel caso in cui le regioni non abbiano provveduto alla ridelimitazione delle stesse, i comuni classificati montani in base ai vecchi criteri di delimitazione del 1952, tra l’altro formalmente abrogati dalla legge del 1990. E’ necessario che venga quindi introdotta nel nostro ordinamento una definizione di comune montano valida su tutto il territorio nazionale e che prescinda dall’appartenenza o meno del comune ad una comunità montana. La nozione di comune montano da modificarsi, infatti, è nozione di base che deve permettere l’individuazione delle zone destinatarie di appositi interventi nazionali e comunitari. E’ importante che tale definizione prescinda dall’esistenza o dalla natura di un eventuale e non necessario ente di governo del territorio montano. Per esigenze di unitarietà, inoltre, la definizione di comune montano dovrà basarsi su criteri uniformi validi a livello nazionale. Si ritiene necessario prendere in considerazione, innanzitutto il parametro fisico fondamentale, vale a dire l’altitudine, il concetto di montanità non può prescindere a nostro avviso dall’elemento altimetrico. Tale parametro va poi coniugato con altri indici di marginalità, come il grado di accessibilità dei territori, gli indici ISTAT di invecchiamento della popolazione, il saldo demografico, il ridotto periodo vegetativo ed altri. E’ opportuno che i criteri nazionali possano poi essere ulteriormente dettagliati dalle regioni secondo le loro specificità territoriali. Altra questione è quella del governo del territorio montano, processo legato al riordino della disciplina delle comunità montane di fatto interrotto, dalla decisione di tagliare in maniera sostanziale il fondo ordinario con cui le comunità montane stesse sono finanziate. Occorre quindi non solo restituire al più presto questi fondi alla montagna, ma decidere sulla governance dei territori montani in coerenza con le norme dell’innovato Titolo V della Costituzione e con i principi di ridefinizione del sistema delle autonomie locali. Assieme a tali questioni di governance si ritiene altrettanto necessario rivedere la legge n. 97/1994 non solo alla luce della sua inadeguata applicazione, ma in virtù delle problematiche legate ai territori montani e della riforma del Titolo V della Costituzione, come all’inizio evidenziato tenendo conto degli ambiti propri dello Stato e quelli di legislazione concorrente di cui all’art. 117. Una nuova legge per la montagna dovrebbe continuare a prevedere quelle agevolazioni ed incentivi che favoriscano il mantenimento della vitalità socio economica ed ambientale, trattamento di favore giustificato dai costi maggiori che chi vive e lavora in montagna deve sopportare. Individuando i livelli essenziali di prestazione che assicurino diritti sociali e civili ai cittadini e alle imprese, lo Stato dovrà occuparsi di organizzare e garantire i servizi pubblici che rientrano nella sua competenza ivi dettando norme in favore dell’istruzione e sanità di montagna. Altro tema particolarmente importante da rivedere è quello già cennato dell’ambiente. Le montagne, inestimabile patrimonio per la popolazione , sono la fonte primaria delle risorse idriche per il nostro Paese e sono luoghi per eccellenza della biodiversità. Al contempo esse sono eco – sistemi fragili, aree maggiormente sensibili ai cambiamenti ambientali e climatici. Ad esempio è fondamentale che vengano promossi interventi di conservazione e valorizzazione del patrimonio boschivo. Sebbene spetti in maniera esclusiva al legislatore regionale definire proprie linee di tutela conservazione e sviluppo del settore forestale è importante che, ai fini di tutela ambientale, il legislatore nazionale favorisca la gestione sostenibile delle foreste. Sarebbe ad esempio utile promuovere sistemi di certificazione ambientale del sistema bosco – legno. E’ importante inoltre che il legislatore nazionale, nel rispetto della competenza esclusiva regionale assuma iniziative che favoriscano il mantenimento dell’agricoltura e la permanenza dell’uomo che coltiva nei territori montani. Rimane infatti, di competenza dello Stato introdurre norme relative alla disciplina privatistica della proprietà finalizzate al riordinamento e al miglioramento fondiario che contrastino fenomeni di polverizzazione. Migliorando la qualità della vita in tali zone e potenziando ivi servizi sociali ed economici essenziali, in linea con gli indirizzi contenuti nel nuovo regolamento comunitario sullo sviluppo rurale. Non va tralasciata, inoltre, la promozione, la conoscenza e la valorizzazione dei prodotti tipici della montagna; non va dimenticato infatti che le aree di montagna rappresentano un importante serbatoio di produzioni di eccellenza tipici e tradizionali dotate di un valore aggiunto. Anche il settore del turismo è fondamentale ai fini dello sviluppo della montagna. Circa il 20,5% dei comuni montani (dati CENSIS) sono a vocazione turistica. Il turismo quindi significativa realtà socio economica, potrebbe ulteriormente diventarlo anche per i comuni oggi caratterizzati da marginalità economica. Il modello di turismo montano da proporre dovrebbe essere quello di qualità, rispettoso dell’ambiente e delle comunità residenti, a contatto con una natura la più incontaminata possibile con servizi ed offerte di eccellenza. La legge nazionale quindi dovrebbe prevedere un opportuno sostegno finanziario per il settore turistico montano, prevedere forme di eco – turismo che permettano contestualmente di favorire lo sviluppo locale e valorizzare e tutelare l’ambiente stesso. Anche altri settori come quello dell’energia, in particolare delle fonti rinnovabili, concorrenziali dal punto di vista del prezzo e soprattutto capaci di mitigare gli effetti dannosi sull’ambiente, il settore della tecnologia digitale, intese come migliorative sia per la vita di tutti i giorni delle popolazioni che del governo del territorio, sia infine quello della ricerca sulla montagna intesa come studio e comprensione dei suoi problemi e delle sue potenzialità sono aspetti fondamentali a cui una necessaria riforma della legge n. 97 deve tendere. Se è vero che la cresciuta consapevolezza che si riscontra nella pubblica opinione verso i temi della conservazione ambientale ha oramai ingenerato una sensibilità dei pubblici poteri verso i territori montani, se è vero che la montagna ha cessato di essere vista come un problema ed ostacolo allo sviluppo e viene invece oggi valorizzata come risorsa, che pertanto deve essere sostenuta nello sviluppo delle varie componenti: risorsa ambientale, allevamenti, produzioni di qualità, turismo, piccola e media impresa, come sopra sottolineato, è pur vero che tutto ciò deve prendere atto come obiettivo primario quello del superamento degli indici di marginalità presenti nella stessa. La lettura della variabile demografica mette in luce la prima forte contraddizione della nostra montagna legata al fattore spazio, una superficie territoriale così vasta e complessivamente organizzata dal punto di vista amministrativo sulla quale insiste una quota irrisoria della intera popolazione abruzzese. Ciò induce a riflettere sulla importanza che assumono le variabili ambientali in un contesto territoriale ampio e limitatamente antropizzato in termini di valorizzazione delle risorse e di sviluppo sostenibile. Quindi come fare per ripopolare la nostra montagna, dal momento che le risorse ambientali che la montagna mette a disposizione della sua collettività sono anche il risultato della presenza dell’uomo, che attraverso un’opera di manutenzione ambientale e di presidio sul territorio ha la possibilità di creare un modello di sviluppo sostenibile anche dal momento che la montagna, vista non come territorio da assistere, ma come risorsa su cui investire, necessita di azioni positive intraprese dalle popolazioni che vi risiedono e che quindi possono avviare processi di micro – progettualità capaci di creare valore e reddito. Di fatto i fattori di marginalità tendono a prevalere su quelli di successo, poiché il nostro territorio è penalizzato da una situazione di svantaggio legato alla localizzazione e dunque a tutti i fattori ad essa correlati: comunicazione, circolazione dei beni e delle persone. Qui inoltre si concentrano le difficoltà legate alla bassa produttività del territorio che non favorisce l’accumulazione di capitali, elemento fondamentale per l’avvio dello sviluppo. Non può non derivare il tenore di vita delle nostre popolazioni dal reddito disponibile pro capite. Se è vero che la vitalità propria delle nostre popolazioni anche a livello imprenditoriale si è mantenuta costante nell’indicatore di 9,6 unità locali registrate per cento abitanti dal 1999 dato CNEL, la tristissima esperienza del sisma dello scorso anno ha fatto di molto arretrare tale dato, così anche nei settori dell’agricoltura e della silvicoltura; questi ultimi molto incidenti in virtù della regolarizzazione di molte attività già in essere. Sono evidenti per quanto proprio dei nostri territori i dati attuali rispetto a quelli dell’ultimo censimento della erosione nel numero delle aziende agricole forestali e zootecniche da cui il sacrificio della destinazione naturale produttiva dei nostri terreni. Laddove quanto per la particolare valenza di alcuni dei territori montani debba necessariamente tener da conto, in termini di armonizzazione delle istanze e relative soluzioni in tema di riforma della legge n. 97, della presenza di un sistema di parchi nazionali. Per quanto fino a qui, e nella necessità, a salvaguardia della salvezza delle popolazioni montane e dei territori, anche alla luce di una necessaria e necessitata riforma della legge n. 97/1994, allo scopo di: Promuovere lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili come opportunità strategica per lo sviluppo e a beneficio delle collettività Promuovere iniziative a tutela dell’ambiente e in particolare tutelare il patrimonio boschivo attraverso iniziative atte a favorire la gestione sostenibile dello stesso e l’introduzione di sistemi di certificazione ambientale Favorire l’attività agricola anche attraverso misure che puntino al riordino e al miglioramento fondiario Creare forme di turismo sostenibile che permettano contestualmente di favorire lo sviluppo locale e la tutela dell’ambiente Diffondere le nuove tecnologie informatiche da parte dei singoli e delle organizzazioni pubbliche come mezzo per superare i problemi legati alle distanze ed all’accessibilità dei servizi Sostenere la ricerca per la montagna come premessa per l’elaborazione di politiche mirate ad investire nella individuazione di figure professionali adeguate SI PROPONE 1. di rivedere la governace dei territori montani della nostra Regione, in coerenza con le norme del Titolo V della Costituzione e con i principi di ridefinizione del sistema delle autonomie locali, volta a garantire la maggiore efficacia della spesa pubblica e la fruizione per le collettività dei servizi fondamentali sulla base di nuovi criteri di ponderazione che tengano conto delle peculiarità territoriali; 2. di ridefinire, per i fini di cui al paragrafo precedente, il comune montano sulla base di criteri diversi, partendo dal parametro fisico fondamentale, l’altitudine, coniugato con indicatori quali il saldo demografico, l’indice di invecchiamento della popolazione, il grado di accessibilità dei territori; 3. di richiedere, nelle more dell’attuazione del federalismo fiscale, che siano mantenuti i fondi e i finanziamenti per sostenere le politiche già individuate dalla vigente legge n. 97/1994 anche sulla scorta della determinazione dei fabbisogni standard così come da ultimo dello schema di decreto legislativo approvato il 18.11.2010; 4. che venga ripristinata la erogazione del “Fondo Nazionale per la Montagna” rivedendone anche i criteri per la sua attribuzione; 5. di prevedere esenzioni, agevolazioni e incentivi che favoriscano chi vive e lavora in montagna quali: a. una legge regionale che attui il cosiddetto “premio di residenza” in favore di chi, trasferendosi in Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, voglia ivi iniziarvi una attività economica; b. una legge regionale che attui gli incentivi tributari e fiscali all’assunzione del coltivatore diretto part – time da imprese locali anche non agricole; c. una legge regionale che supporti con un apposito fondo perequativo in favore delle collettività residenti nei territori montani, così come ridefiniti, parte delle spese sostenute per l’acquisto delle apparecchiature e del relativo combustibile indirizzato al riscaldamento degli edifici residenziali; d. l’applicazione in favore degli imprenditori commerciali con sede nei comuni con popolazione inferiore ai 1.500 abitanti o nelle frazioni di comuni con 500 abitanti di cui al volume complessivo di affari richiamato dalla legge n. 97/1994, da doversi necessariamente aggiornare, dalla tenuta delle scritture contabili e fiscali; 6. la previsione di un fondo regionale perequativo che compensi le differenti capacità fiscali dei territori e che garantisca anche nella definizione dei livelli essenziali dei servizi e delle prestazioni in particolare quelli che riguardano la sanità, la scuola e il trasporto pubblico, il trasporto scolastico, la fruizione degli stessi per tutti i cittadini. 7. di inviare copia della presente alla Presidenza del Consiglio Regionale della Regione Abruzzo; 8. di inviare copia della presente al Ministero delle Finanze; 9. di dichiarare, con successiva votazione unanimemente favorevole, la presente deliberazione immediatamente eseguibile a norma del 4° comma dell’art. 134 del D.Lgs. n. 267/2000.