CONFERENZA GALILEO FRA SCIENZA E FEDEnovità!

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GALILEO FRA SCIENZA E FEDE A cura di Giulio Giorello (Università di Milano) Borgo Valsugana – 31/05/11 PREMESSA Il rapporto tra scienza‐filosofia è il tema principalmente trattato, il punto di partenza della riflessione di Giorello. La differenza, la scissione tra scienza e filosofia è recente (la filosofia nell’antichità è nata come filosofia naturale, incentrata sulla physis). Il rapporto tra scienza e religione, invece, è molto più complesso. La scienza ha un’origine, viene da un processo storico, non è costituita da dogmi e la filosofia rappresenta un insieme di spunti che toccano anche la scienza e con essa si compenetrano. DISCORSO DI GIORELLO Uno dei padri della scienza moderna, o forse il padre per eccellenza, è Galileo Galilei. Il 1609 è stato un anno molto importante, come il 1610, dal punto di vista delle scoperte scientifiche (Rivoluzione scientifica), ma anche dal punto di vista dello sviluppo e della diffusione di nuovi strumenti di ricerca (gli anni 2009 e 2010 sono gli anni dell’Astrofisica. Nel 1609 Galilei punta il suo cannocchiale verso la Luna, la disegna, la illustra, mentre la osserva, dando via via vita al suo scritto: il Sidereus Nuncius (550 copie cominciano subito a circolare), uscito l’anno successivo, nel 1610. Esso viene definito dall’autore: “piccolo testo”, che, però, presenta grandi cose: • per l’eccellenza della materia in esso contenuto; • per i suoi scopi. Il Sidereus Nuncius è un punto di riferimento per la scienza, il suo sviluppo e viene posto da Galilei all’attenzione europea, scritto in latino; un “avviso astronomico”, o “notizia di astronomia”, che contiene diverse novità: • aumenta il numero delle stelle conosciute, grazie alla potenza del cannocchiale (nuovo strumento); • si è scoperto che anche la nostra Via Lattea è un insieme di stelle (non un “difetto sublunare”), un agglomerato di stelle. Kant nel suo testo di astronomia del 1755, disse “la nostra Via Lattea è un mondo di mondi”. • cambia il modo di rappresentare i cieli in pittura: dopo Galileo la Via Lattea viene rappresentata come un insieme di “puntini”, di stelle numerosissime; • la natura della Luna: essa non ha una superficie completamente liscia, è un corpo opaco, che riflette la luce del Sole e la sua struttura fa sì che si individuino delle macchie, delle ombre. Le aveva individuate prima di Galileo anche Dante, di cui il primo fu lettore. Le macchie lunari sono come delle ombre. Le conquiste del periodo di Galilei e quello subito seguente sono importanti nell’ambito astronomico. Queste affermazioni, però, non erano nuove: Giordano Bruno si era basato sulle testimonianze di Plutarco. Galileo “fa veder con mano”, “toccare con gli occhi”,… vi è mescolanza di sensi nei testi galileiani. Le cose remote sembrano vicine con il cannocchiale. Galileo sente il piacere della scoperta inaspettata, non fa riferimento ai filosofi del passato e alle loro affermazioni. Egli è un copernicano convinto, osserva l’eliocentrismo e scopre quattro lune che orbitano intorno a Giove (“astri medicei”, dal Duca di Toscana). Il sistema tolemaico è, però, più semplice e vede la Terra come centro di moto. Il sistema copernicano individua due centri di moto: 1) la Terra per quanto riguarda il moto della Luna; 2) Sole per quanto riguarda gli altri pianeti. La Terra è il centro di moto della Luna, in un sistema in cui la prima viene trascinata attorno al Sole con la seconda, non è un evento isolato, ma anche Giove ha 4 satelliti e Marte ne ha 2 (Swift ipotizzò l’esistenza di questi due satelliti in un suo scritto, poi scoperti dall’Astrofisica nell’Ottocento). Galileo apre una carriera scientifica grazie alle sue osservazioni con il cannocchiale, sperimentali. Nel 1611 Galileo osserva le fasi di Venere, conseguenza dell’impostazione copernicana e nel 1613 osserva le macchie solari e si scontra con i gesuiti, sostenitori del sistema tolemaico. T. Brahe era alla base del pensiero astronomico dei gesuiti. Galileo, nonostante gli ostacoli, procede nei suoi studi, ma nel 1616 viene esortato a non esaltare il copernicanesimo, in contrasto con la lettura della Bibbia. Galileo si dichiara “cattolicissimo”, nonostante questa linea di difesa sia malvista da Keplero. Prima dell’ammonizione romana del 1616, Galileo fonda l’autonomia della scienza moderna da forme di credenze, potere autorità che le sono estranee. Lo scienziato è autonomo da qualsiasi autorità che non sia propria della scienza. Vi è uno scarto molto profondo tra scienza e non‐scienza. Dio ha dato agli esseri umani: • Libro della natura; • Libro delle Sacre Scritture. Il mondo è un libro (metafora molto comune all’epoca, Shakespeare). Galileo dice che il mondo è scritto in maniera matematica, con caratteri che sono figure geometriche (cerchi,…). Newton aggiunge altri caratteri a questo mondo. Galileo da una parte ha la matematica, dall’altra l’esperienza, non solo osservativa, ad occhio nudo, ma corretta dallo strumento per eccellenza: il cannocchiale. Venne costruito anche dai gesuiti (chiamato poi telescopio). Nel 1623 Galileo entra in discussione con i gesuiti per quanto riguarda la natura delle comete, si lascia trascinare dal suo carattere focoso ed attacca pesantemente gli avversari (ha appreso che il nuovo pontefice conosce l’astronomia e quindi accetterebbe probabilmente le sue idee innovative). Offrì al papa “Il Saggiatore”, uno scritto molto innovativo. “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” (tolemaico e copernicano). Vi è un personaggio, Simplicio, commentatore di Aristotele, il cui nome significa etimologicamente “sciocco”. Nel 1623 Galileo di fronte al Santo Uffizio è costretto a ritrattare le sue opinioni. Egli si abbassa a fare “l’infame”, si impegna a denunciare chiunque dica le medesime cose per le quali lui stesso era stato accusato. Fu una grande umiliazione. Galileo è diventato il grande rappresentante della scienza osservativa e matematica: unire le due dimensioni è significativo. Cartesio fu grande sostenitore di Galileo ed aveva paura dei suoi scritti altrettanto “scomodi”. John Milton scrive nel 1644 “Discorso sulla libertà di stampa”. Egli è un protestante anglosassone, che dipinge Galileo come eroe della scienza (pensiero comune all’epoca), autonoma, indipendente dal controllo della Chiesa. Galileo lascia delle ombre, è attento a “come” il mondo va, non cerca di arrivare al “noumeno”, tenta di dare un ordine ai fenomeni, di renderli intelligibili, di dare una spiegazione ad essi. La scienza è la migliore base per la tecnologia efficace. Milton voleva difendere la “philosophical freedom”. L’iniziatore della rivoluzione scientifico‐cosmologica è Copernico, che introduce l’idea rivoluzionaria dei moti della Terra. Egli rompe totalmente con tutta una serie di schemi: da una parte la Bibbia (la Terra è ferma, Giosuè “fermati, o Sole”), viene sovvertito il senso comune. Galileo rompe con la tradizione aristotelica e afferma l’importanza dell’impiego di strumenti fondamentali per un’accurata osservazione. Galileo venne riletto da Newton “I principi matematici della filosofia della natura”, studiò dal punto di vista globale il Sistema solare, “elegante compagine”. Galileo dà le ragioni fisiche per superare le difficoltà che Copernico lascia aperte, spiega perché non ci accorgiamo del movimento della terra: ciò è spiegato dalla “relatività galileiana”. Keplero afferma che le orbite dei pianeti sono ellittiche, per Newton “quasi ellissi”. È un cammino lungo quello intrapreso nella storia della scienza. Voltaire negli scritti popolari ispirati alle idee di Newton in ambito religioso (“datemi la sua matematica, la sua fisica”). Kant parte da Newton per la sua stessa ricostruzione filosofica. Nello “Zibaldone” di Leopardi si trovano numerosi riferimenti a Newton, amato dallo scrittore, ma anche a Galileo: “com’è precisa ed efficace la prosa di Galileo, è una scolpitezza evidente”, “Cartesio, Galileo, Newton , Locke hanno cambiato la faccia della filosofia”, “è il primo riformatore della filosofia dello spirito umano”. È una riforma del modo laico con cui si conosce il mondo. Aspetto più volte toccato da Leopardi. Nel 1827 Leopardi dà i canoni del buono scrittore in prosa civile: Galileo, che anche quando fa della matematica molto difficile parla un “italiano purissimo”. “Historiae e dimostrazioni intorno alle macchie solari” di Galileo fu molto apprezzato da Leopardi. Leopardi attua una lettura particolare di Galileo e suscita un problema attualissimo: “vi è una strana asimmetria tra cultura scientifica e cultura letteraria”. Tra i grandi classici di scienza e quelli di letteratura vi è una differenza: i primi vengono dimenticati. Secondo Leopardi i letterati hanno il compito di far rivivere anche i grandi classici della scienza, devono recuperare la prosa dei grandi maestri scientifici, perché è educativo. Leopardi era freddo su Copernico, non amava la cultura tedesca. Questo si ritrova in Kuhn, 1961‐1962. Egli afferma che normalmente i fisici non leggono Newton. Ma qual è il ruolo della storia della scienza? È come quello di un antropologo che va a visitare tribù lontane. Qui però si va indietro nel tempo. Ancora meglio di Kuhn si era espresso Enriques, che in una conferenza sulla storia della scienza, affermava che era importante per tre motivi: • per gli scienziati stessi, che possono trovare nelle pieghe dei testi informazioni dimenticate e pur sempre così profonde. Val sempre la pena di andare a sfogliare testi, seppur difficili, di Fermat, Newton…; • la storia della scienza è un elemento di cultura generale, un elemento che cambia profondamente la società; • la storia della scienza ha una funzione civile, la lezione della scienza è democratica, di libera contrapposizione delle idee. È quello che Leopardi riprende da Galileo (“fare ricerca è come correre”, non è dall’antichità di un testo che procede la ricerca, che deve saper andare, secondo Galileo, contro corrente.) La lettura delle grandi controversie scientifiche era una scuola di democrazia per Enriques. La democrazia è la difesa delle minoranze, il riconoscere che il consenso si basa sul dissenso. “Galileo nostro maestro”, disse Popper. La storia della scienza è importante non solo sotto un profilo erudito dello scienziato, ma per il suo uso, impiego, civile. “Alla Luna” di Leopardi. Il poeta si rivolge alla Luna, che non gli risponde. Essa è la Luna di Galileo, un altro pezzo di Terra, non più un corpo divino, un’immagine poetica di divinità incarnata nel poeta. Leopardi fa una classica poesia che prende sul serio le sfide della scienza. È un esempio di un grande poeta che sa fare i conti con la scienza fino infondo, così come altri scrittori del Novecento, che traggono il meglio della loro opera attraverso il contrasto positivo, critico con la scienza: Pirandello,… la scienza e le arti sono due ambiti diversi. Per Leopardi con la scienza vengono meno le illusioni, alle quali si risponde e si crea una grande poesia dalla loro caduta. Joyce, Ulysses, nell’elogio di Molly Bloom descrive una delle più belle immagini delle maree, così come aveva fatto Dante. Secondo Giorello non vi è una grande contrapposizione tra cultura scientifica ed umanistica. Come disse Leopardi, è compito dei bravi e veri umanisti di far comprendere che Galileo, Newton, i vari scienziati … hanno creato un connubio di efficacia e di scultura di idee, che rappresenta uno dei punti più alti della nostra civilizzazione. 
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