Petti, confusioni, metafora sulla quotidianità

Petti, confusioni, metafora sulla quotidianità
Sold out per Confusioni di Ayckbourn, intervista alla regista Gabriella
Petti. In fondo la metafora del teatro è proprio riflettere sulla
quotidianità,… riuscire a carpire quelle possibilità.
di Enzo Napolitano
Torna il teatro di qualità ed è grande successo al Comunale di Airola: la scuola di teatro
“Paolo Petti” ha messo in scena “Confusioni”, il capolavoro del drammaturgo inglese Alan
Ayckbourn. Un evento-spettacolo che ha fatto per due giorni il “tutto esaurito”. Sul palco
una ventina di interpreti, tra cui il bravissimo attore professionista, Doriano Rautnik. La
regia era di Maria Gabriella Petti, attrice con alle spalle una lunga formazione presso
l’Accademia del Teatro Diana e la Scuola d’Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli.
Tra i suoi maestri Paolo Giuranna, Ivana Monti, Geraldine Baron, Marilyn Fried,
Francesca De Sapio e Michael Margotta.
Sacrificio e grande preparazione per un lavoro inglese di certo non facile. A lei
chiediamo com’è nata l’idea di Confusioni?
Mi viene da dire “perché no”? Confusioni è un ottimo testo, scritto con maestria, che
propone delle vicende di vita quotidiana, in cui c’è possibilità di cogliere messaggi di vita.
Un testo di fruizione semplice, diretta. In fondo la metafora del teatro è proprio riflettere
sulla quotidianità. Ayckbourn è un commediografo strepitoso ed è divertentissimo averci
a che fare, studiare e cercare di scoprire quello che c’è dietro la sua scrittura, quale
umore nasconda. E’ divertente per un regista, per un attore ma anche per il pubblico. La
scelta di Airola è stata legata alla presenza sul territorio solo di un teatro di tradizione.
Invece credo che il teatro debba aprire la mente e una commedia inglese originale come
Confusioni in questo contesto forse mancava. Infatti è stata bene accolta e ne sono felice.
Due serate da “tutto esaurito” in un periodo di crisi, è il segno che il teatro di
qualità premia ancora….
Il “tutto esaurito” proprio non me lo aspettavo. E’ stata una graditissima sorpresa.
Credo, nei confronti del testo, ci sia stata tanta curiosità. Devo aggiungere che vivo in
una città in cui la figura di mio padre, Paolo Petti, continua ad essere presente, per cui il
pubblico era curioso di vedere cosa avesse prodotto la figlia di questo personaggio
illustre, così tanto amato. Inoltre è evidente che ad Airola il teatro è seguito: c’è una
forma di interesse: questo è molto positivo ed è una delle ragioni per cui ho scelto di fare
attività qui. Fare le cose dove ce n’è bisogno risulta sempre una scelta vincente. E’ un
valore aggiunto che serve nel momento in cui si decide nella vita di fare qualcosa di utile.
La cosa bella è che dietro al “tutto esaurito” ci sia stata un’accoglienza positiva del testo.
Non ero sicurissima che “Confusioni” arrivasse, anche perché sempre più spesso il
pubblico è abituato alla risata e al colpo di teatro che all’improvviso scuote gli animi. In
fondo Confusioni è un lavoro ironico, raffinato e l’ironia spesso è qualcosa di difficile da
cogliere e da accogliere.
L’importanza della formazione. Parlaci della scuola di teatro “Paolo Petti”…
La scuola nasce dalla mia esperienza personale di attrice. Mi sono basata su quello che
ho trovato e ricevuto, ma ci sono voluti degli anni. Il discorso della formazione teatrale in
Italia è un po’ particolare… Si pensa che il teatro e l’arte del recitare sia, in gran parte,
affidata al talento di ciascuno e quindi anche all’improvvisazione e alle doti personali. Io
non sono di questo avviso. Dopo molti anni di ricerca, ho avuto la fortuna di trovare degli
insegnanti che mi hanno fatto capire l’importanza di educare e incanalare il talento, ma
purtroppo un bagaglio tecnico raramente viene fornito. La scuola di teatro italiana
dovrebbe evolversi e ispirarsi a contesti in cui la formazione e la produzione teatrale
funziona, sia dal punto di vista artistico che commerciale. Ci sono Paesi in cui uno
spettacolo viene messo in scena e va avanti per mesi o per anni con il tutto esaurito. Da
noi questo tipo di criterio non c’è e si pensa ad una produzione già sapendo quando deve
chiudere i battenti. Per quanto mi riguarda con la scuola di teatro “Paolo Petti” cerco di
offrire quello che di più utile è stato fornito a me negli anni. Il primo obiettivo è far capire
ai ragazzi l’importanza della concentrazione e del rilassamento, come insegnava
Stanislavskij, perché questa condizione apre il canale creativo. Così facendo, hai la
possibilità di far vivere il tuo talento oltre la tecnica. Ce lo conferma la scuola di Lee
Strasberg: tra i vari tipi di tecnica la trovo pratica, perché entra nelle pieghe dell’utilità
formativa. Lavorando su Confusioni, ho voluto fare un esperimento: basarmi unicamente
sulle umane possibilità espressive degli allievi e in pochissimo tempo. Ho fornito loro una
guida precisa e in alcuni casi ossessiva per disegnare un binario sicuro all’interno del
quale, una volta trovata la solidità tecnica, mettere anche di proprio. Questo è stato molto
faticoso ma è accaduto. E devo dire che, a tratti, questi miei ragazzi hanno dato davvero
l’impressione di essere degli attori professionisti. Un esperimento andato a buon fine. La
scelta era giusta. Ora però la scuola “Paolo Petti” deve espandersi, perché la formazione
di un attore ha bisogno anche di altre competenze. Più esperienza si fa, più si raccoglie.
Poi, a tempo debito, si può decidere cosa, di queste acquisizioni, portare in scena.
Personalmente mi occupo di recitazione in senso stretto, ma credo e spero di poter essere
affiancata da nuovi insegnanti. Ad esempio, tra le altre competenze, penso all’arte della
parola di Rudolph Steiner, perché dà una capacità di cognizione del suono davvero
fenomenale. Sono le esperienze che come attrice mi hanno aiutata di più. E’ chiaro che
per ottenere questo c’è bisogno di tempo, di diventare una realtà più solida anche dal
punto di vista economico. Tutto ciò ha un costo: ci stiamo organizzando. Servono
finanziamenti e sponsor. L’obiettivo immediato era di dare l’avvio repentino alla scuola,
per dimostrare quanto fosse possibile, a suon di “esercizi di mestiere”, fare del buon
teatro partendo da zero. Ora è necessario guardare avanti.
E i tuoi ragazzi… come hanno reagito?
Si sono sorpresi della fatica che comporta una buona messinscena, ma l’hanno fatta. Fin
dall’inizio ho deciso di non trattarli come dei principianti, perché credo che l’essere
umano ha comunque delle qualità espressive latenti. Quindi riuscire a tirare fuori
esattamente quelle è possibile. In effetti è stato questo il mio lavoro: carpire queste
possibilità ed incanalarle tecnicamente. E ho spinto i ragazzi ad innamorarsi dei propri
personaggi. Talvolta si è trattato di personaggi non esattamente “positivi”. Ma, in
generale, l’attore deve arrivare ad amarli, comprenderli e giustificarli intimamente,
altrimenti non risulta credibile. Penso che il teatro sia una scuola di vita, ma quando lo
sperimenti sul campo te ne sorprendi. Tutto ciò, dal punto di vista umano, arricchisce
tanto.
Progetti per il futuro?
Intanto riportare in scena Confusioni, perché è uno spettacolo bello e deve essere visto.
Stiamo pensando di riproporlo a Montesarchio, ma anche a Benevento. Uno spettacolo
che è servito bene da lancio, per mostrare all’esterno le potenzialità della scuola. Altro
progetto è quello di avere una sala nostra per le prove. Grazie al sindaco di Airola, per
averci concesso il teatro comunale per due volte a settimana, ma abbiamo bisogno di
un’altra sala dove poter fare lezione gli altri giorni e magari fare delle serate in cui
mettere in scena anche piccoli lavori semplici. Per ora è irrealistico pensare ad un teatro:
intanto penso ad ottobre, quando partirà il primo vero e proprio corso. In fondo in questi
due mesi abbiamo dato solo un assaggio di quello che costituisce un serio percorso
formativo e di quello che possiamo realizzare.
di Enzo Napolitano
(23/07/2016)
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