LA SITUAZIONE SOCIO-LINGUISTICA IN CAPITANATA

LA SITUAZIONE SOCIO-LINGUISTICA
IN CAPITANATA
(Problemi di classificazione ed educazione)
* GLI ASPETTI COMPORTAMENTALI E FORMATIVI
La comunicazione e i rapporti con l'ambiente, i sistemi di scambio e diffusione nelle aree comunitarie di ideologie e resistenze linguistiche implicano
una serie di problemi che non possono essere valutati e affrontati separatamente: l'evoluzione linguistica di una comunità, le trasformazioni e le incidenze dei
mezzi di comunicazione di massa, e così via.
Il rapporto natura-società non può essere dicotomizzato, perché tra ecosistema socio-economico ed ecosistema naturale esiste un'unica dimensione: la
società è parte della natura e, per la propria sopravvivenza quotidiana, dipende
da un rapporto di comunicazione e scambio con l'ecosistema naturale.
Il concetto chiave di questo primo approccio al problema è quello dell'autoregolazione tra le componenti, anche se di fatto, poi, l'ambiente regola il
sistema.
Il termine comunicazione viene usato nella sua accezione più ampia sul
piano biologico, sociale, ecologico, economico, anche se in ambito più specifico viene considerato un processo limitato allo scambio di messaggi tra gli essere umani.
In questo caso il secondo aspetto di approccio al problema comporta la
distinzione tra natura e cultura, con specifico riferimento al linguaggio nelle
sfere adiacenti che implicano produzione e riproduzione.
Tuttavia, la comunicazione viene ancora confusa con la "comprensione"
e con tutta la problematica della semantica; oppure, in modo molto implicito
viene ristretta alla comunicazione verbale e scritta.
* - Relazione svolta al Seminario di studi sul tema "La situazione sociolinguistica in Capitanata. Problemi di classificazione ed educazione", organizzato
dal C.R.S.E.C. Circoscrizione Puglia di Foggia. "Progetto d'intervento territoriale
1985".
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Nel verificare il terzo approccio al problema, constatiamo che nella società, come nella natura organica - quella, cioè, che ha una sua vita dinamica e
complessa - la comunicazione è un processo continuo, che giammai si interrompe realmente. Si è, così, ulteriormente ampliato il concetto di comunicazi one, vedendo in esso anche attività non verbali, accanto a quelle semplicemente
verbali.
Infatti, ben hanno visto gli studiosi del problema che nei sistemi sociali
ogni principio organizzativo è un principio di informazione. Il cinema, la televisione, la pubblicità, tutti i mezzi di comunicazione di massa hanno prodotto
una industria della coscienza, spesso a livelli di inconscio, sottile, più estesa e
più efficace di altro sistema preesistente, ai fini della produzione e riproduzione
linguistica in qualsiasi società e della conservazione della struttura della comunicazione. Vale a dire, ai fini della conservazione di quei livelli di flussi informativi e di principi organizzativi tra persone e merci, tra persone e ambiente socio-economico.
Questi approcci al problema, sia pure per brevi note, ci permettono di
capire meglio la lettura della realtà che ci accingiamo ad esaminare da vicino: la
situazione socio-linguistica in Capitanata, negli aspetti delle trasformazioni culturali e comunicative di questi anni, e le problematiche pedagogiche della formazione linguistica nella scuola dell'obbligo.
Prima di addentrarci nella specificità del tema ci sembra importante inquadrare, sia pure per brevi linee, lo sviluppo della Capitanata negli anni '80 e
quanto esso abbia inciso nella realtà socioculturale.
La provincia di Foggia, denominata Capitanata dall'antica istituzionalizzazione del X sec. bizantina ("Catapanato") presenta una superficie di Kmq
7.184, con una popolazione di 686.518 ab., ripartita nell'amministrazione locale
di n. 64 comuni.
La struttura morfologica della provincia è caratterizzata da tre tipi di paesaggio, che vanno a determinare anche le peculiarità degli insediamenti umani.
Il primo, caratteristico della zona centrale della provincia è quello del
Tavoliere. Il secondo è quello montano, con quote che vanno oltre i 700 metri,
costituito dai monti della Daunia e del Gargano. Il terzo è quello intermedio
collinare, che si presenta conti98
nuo verso il subappennino ed a terrazzamenti più pronunciati verso il Gargano.
Anche la costa è varia: bassa, pedicollinare dalla foce del Fortore a Rodi
Garganico, mentre da Rodi a Manfredonia è quasi a picco; sabbiosa da Manfredonia alla foce dell'Ofanto.
Anche la provincia di Foggia, come molte province del Mezzogiorno ha
subito l'emorragia dell'emigrazione, verso il nord del Paese e il nord dell'Europa.
Il subappennino è la zona che ha avuto il più consistente svuotamento
demografico. I comuni più popolosi sono quelli che gravitano più vicino a
Foggia (Lucera, S. Severo, Torremaggiore, Cerignola, Manfredonia); il comune
più piccolo è Celle S. Vito, con 406 ab.
Nei comuni montani, in specie del subappennino, è prevalente la popolazione con classi d'età tra i 45 e i 55 anni, testimonianza di un invecchiamento
della popolazione residente e della fuga dei giovani verso i comuni della pianura, in espansione demografica, o emigranti alla ricerca dell'occupazione lavorativa. Naturalmente, e di conseguenza, si registra il più alto numero di analfabeti,
quasi l’11 %; mentre in pianura, al contrario, abbiamo la più alta percentuale di
diplomati e laureati, rispettivamente l'11,1% e il 18,7%.
Il flusso migratorio dei giovani verso la pianura, verso l'interno della
stessa Regione (in particolare, Bari e Taranto), verso il nord del Paese (Piemonte e Lombardia) ha prodotto nei centri montani uno scadimento del livello di
vita.
Nell'intera provincia l'agricoltura è l'attività preminente, così ripartita:
69% seminativi; 15% coltivazioni permanenti (vite e olivo); 16% pascoli permanenti. Nelle zone di montagna va precisato che l'attività seminativa è scarsamente produttiva, più redditizia è quella dei pascoli e delle coltivazioni permanenti (vite e olivo). L'attività turistica è limitata alle zone costiere e, in particolare, ai paesi del Gargano. Negli altri comuni, si tratta di turismo occasionale
e di emigranti che ritornano nei mesi estivi.
Per quel che riguarda l'istruzione, a livello di scuola elementare è quasi
pressocchè annullata la renitenza all'obbligo: nettamente inferiore ai valori nazionali è la percentuale di alunni che, provenienti dalle elementari, si iscrivono
alla scuola media.
La percentuale di ragazzi che frequentano la scuola media su99
periore non è molto alta: circa il 29,4% dei licenziati dalla media, a causa
della distanza in cui si trovano molti paesi dal comune più attrezzato e meglio collegato.
Definite, sia pure in modo estremamente sintetico, la peculiarità del
contesto in cui affonda la nostra osservazione, vediamo da vicino quali importanti mutamenti sono avvenuti nel comportamento linguistico.
Vi è un livello generale che permette di individuare come sul piano
regionale negli ultimi cinquant'anni va scomparendo il fenomeno di frammentazione linguistica (problema comune a quasi tutte le regioni d'Italia):
ciò testimonia il successo di tutti gli sforzi educativi messi in atto negli ultimi trent'anni.
Ad un livello più specifico, invece, il quadro non è confortante: vi è
l'emergere di una serie di sottocodici linguistici spurii, una persistente incapacità a capire i messaggi linguistici quotidiani (l'informazione e la sua manipolazione: carenza di una capacità critica di ricezione), nonché un progressivo sfaldarsi del modello linguistico diffuso dalla radio e dalla televisione.
Agli occhi di un esperto in materia, o di fine osservatore, balza in tutta evidenza, il fatto che emergono non soltanto nuove parole e nuovi utenti
linguistici, ma anche nuovi settori di significato, nuove aree di discorso,
nuove regole di comunicazione.
Si pensi alla miriade di giornali e di mezzi di informazione, nella più
ampia tipologia immaginabile, scatenata dalle iniziative locali di gestione
dell'informazione, della cultura e dei modelli rimasticati dello spettacolo e
del divertimento. Si è messo sostanzialmente in moto un fenomeno, peraltro registrato in altre aree del Paese, di violazione socio-linguistica, in cui il
comportamento sociale nelle sue involuzioni ha predeterminato anche i
comportamenti linguistici. Tutta la grammatica che fa capo al cosidetto
comportamento della "cortesia" ha subito una radicale trasformazione: a
rafforzare una presuntiva democratizzazione l'uso dei pronomi "tu", "noi"
si è sostituito ai "lei" e "voi" nelle relazioni. Infine, una serie di reticenze su
alcuni tabù del comportamento interpersonale sono state frantumate e banalizzate dall'uso e dall'immissione nel linguaggio corrente di alcune terminologie della psicanalisi, ad esempio. Ancora più singolare è che nel parlato
di alcuni gruppi giovanili sia entrato il lessico psichiatrico, e comunque medico, per definire alcune
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situazioni semplicistiche (paranoia, paranoico, mongoloide...).
Tutto ciò non deve destare stupore, poiché in una società relativamente mobile e altamente strutturata ogni fenomeno di mutamento sociale
produce, prima o poi, effetti sulla realtà linguistica.
In un'area come la nostra Provincia, in cui persistenti sono stati i tabù sociali, e quindi quelli linguistici, la trasgressione socio-linguistica si è
appalesata in modo eclatante. Diffuso è stato in questi anni non solo nei
gruppi giovanili, ma anche negli strati della media e aristocratica borghesia il
recupero e l'introduzione di parole interdette e il loro rilancio nella comunicazione.
È un indicatore dell'evoluzione del sistema culturale (e, quindi, sociolinguistica) che matura in una strutturazione del fenomeno sociale del parlare di sè.
Si discute tanto, oggi, di nuove fonti di linguaggio, vere e proprie agenzie culturali, sistemando in siffatta categoria un certo numero di istituzioni formali e informali, che in una data società operano anche come produttori linguistici.
Nella storia della società italiana la chiesa, la scuola, i partiti politici, i
gruppi intellettuali hanno operato come fonti di linguaggio. Ed hanno agito
negli anni con alterne predomonanti, a seconda delle vicende e dei coinvolgimenti. Queste fonti di linguaggio rispondevano ad alcuni requisiti essenziali:
erano costituite da gruppi di persone che disponevano del sapere tecnico per lanciare modelli linguistici: sapere scrivere, informare, parlare in pubblico, contrastando l'azione linguistica di eventuali avversari;
erano persuasi (meglio, convinti) di detenere un potere linguistico e di
saperlo gestire;
disponevano dell'accesso a mezzi di riproduzione e diffusione del modello linguistico, permettendosi di rivolgersi non solo ad altre fonti di
linguaggio, ma soprattutto alla massa dei parlanti comuni che sono in
fondo i veri utenti dei modelli linguistici che hanno fortuna.
Le nuove fonti sono la televisione e le radio private, che operano la
più importante trasgressione dal punto di vista socio-linguistico, facendo
parlare la gente comune di sè.
Per assicurarsi un pubblico e per stabilire con esso un legame più vivo, le radio private aprono la porta ad interventi diretti da
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parte del pubblico, attuati principalmente attraverso l'uso del telefono in trasmissione.
In realtà non si tratta di un'innovazione: è modellata su esempi americani,
diffusisi in Europa, e già introdotti dalla RAI ("Chiamate Roma 3131 ").
È, in sostanza, un'occasione che le radio private offrono agli individui per
parlare di sè; il telefono in onda permette, infatti, di soddisfare, sia pure per breve
tempo, al bisogno di parlare in pubblico di sè, di uscire dal circuito limitato della
comunicazione faccia a faccia, di farsi sentire; consentendo, anche, il rilancio attraverso il medium di modelli linguistici (pronuncia compresa). Dal punto di vista
linguistico la comparsa in radio del parlante comune, della persona non addestrata a parlare agli altri produce alcune novità interessanti.
Arriva alla radio il parlante qualunque, con la sua istruzione, la sua pronuncia locale, la sua grammatica malcerta; ancora,arriva alla radio il parlante che
non legge quel che dice, ma che lo dice come gli viene (contrariamente alla radio
di Stato): spezzettature, sconnessioni, ripetizioni trovano posto in siffatto genere
di programmi. È un parlato-parlato, spesso un iperparlato, sconnesso, ridondante, che ben presto dilaga nell'uso quotidiano.
Senza dubbio, non è questa la sede per elencare le strutture linguistiche caratterizzanti queste fonti di produzione linguistica.
Ci limitiamo a sottolineare che nelle menzionate trasmissioni delle radio
locali (e il fenomeno dilaga sul piano nazionale: "Pronto Raffaella", la trasmissione della Bonaccorti!) si realizza il mutamento del sistema degli allocutivi. Infatti,
ci si rivolge all'interlocutore non con il "lei", ma con il "tu" e tutte le telefonate in
onda si fondono su tale allocutivo.
Non si può a questo punto non affrontare il problema dal punto di vista
socio-educativo, introducendo un discorso provocatorio sulla formazione linguistica nella scuola dell'obbligo.
Le motivazioni e le finalità di un'educazione linguistica oggi, completamente diverse dalla pedagogia tradizionale, sono state oggetto di lungo e intenso
dibattito, che dura ormai da oltre un decennio. Su un punto si è tutti d'accordo:
che il lavoro linguistico nella scuola non è solo un problema di tecniche, e che
l'educazione linguistica è un fatto centrale nella formazione dell'individuo.
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Alcune posizioni tradizionali, rigide e dogmatiche, sono finalmente cadute ed in parte addirittura banalizzate; tuttavia, il quadro dell'insegnamento
della lingua si presenta ancora complesso ed irto di difficoltà: vuoi soprattutto
per le carenze, purtroppo inibenti, di strumenti adeguati che mettano gli insegnanti nella condizione di esprimere al meglio la loro professionalità. Infatti, si
reclama da più parti una formazione teorica, indispensabile per affrontare i
problemi dell'educazione linguistica, che possa, successivamente, tradursi in
ipotesi d'uso di interventi didattici concreti.
L'approccio con la linguistica moderna diventa una tappa obbligata: la
linguistica offre informazioni importanti sui fenomeni della lingua, permettendo:
1 - di conoscere meglio la realtà. Le lingue - o meglio, i linguaggi - non sono
unitarie, ma costituiscono una gamma di varietà, ciascuna delle quali è
adeguata alle situazioni ed agli scopi in cui i parlanti si riconoscono; tutto
ciò costituisce una chiave di analisi ed interpretazione della realtà linguistica degli allievi;
2 - di costruire grammatiche didattiche più idonee di quelle correntemente in
uso e meglio rispondenti ai bisogni dei ragazzi, in stretto rapporto con il
loro ambiente di provenienza;
3 - di fare chiarezza sui concetti di lingua e linguaggio che, permanendo nella
confusione, rischiano, ancora una volta, di dare spazio ad un lavoro scolastico glottocentrico, in aperta contraddizione con gli scopi della pratica
educativa.
L'insegnante deve avere chiaro che il ragazzo, che arriva nella scuola, è
un parlante dotato di propria competenza linguistica che deve essere conosciuta correttamente e rispettata, per poter essere ampliata e stimolata, invece che
repressa e rigidamente orientata verso un modello, poco pertinente. Inoltre, gli
obiettivi dell'insegnante devono essere finalizzati ad ipotesi di parlante capace
di utilizzare la lingua nel maggior numero di registri e di varietà possibili in
rapporto alle diverse situazioni comunicative ed alle funzioni che queste richiedono.
L'obiettivo di fondo dell'educazione linguistica nella scuola dell'obbligo è
quello, soprattutto, di rimuovere ogni ostacolo alla partecipazione dei ragazzi
non solo alla vita familiare, ma anche a quella sociale. Vale a dire, bisogna metterli nella condizione di potere disporre di strumenti concettuali sufficienti per
comunicare le
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proprie opinioni, i propri bisogni e stati d'animo, per farsi capire dagli altri
e comprendere gli altri con i quali si interagisce; essere in grado, in particolare modo, di decodificare i messaggi dei mezzi di comunicazione di massa.
Inoltre, con l'educazione linguistica i ragazzi devono essere messi nella
condizione di acquisire, senza problemi, i contenuti culturali specifici dei
vari insegnamenti, maturando nel contempo il gusto, il piacere, l'abitudine
alla lettura ed alla scrittura.
Gli obiettivi, dunque, sono l'abilità di comprensione e produzione:
abilità che hanno delle connessioni profonde con il retroterra linguistico del
ragazzo - culturale e familiare -, che la scuola ha il dovere di conoscere, di
rispettare e valorizzare per ampliarlo e superarlo.
In ambito di scuola elementare, molte sono le esperienze realizzate in
questi anni, tenendo ben presente gli obiettivi prima indicati: dalla produzione del testo libero a quella del giornalino di classe, dalla osservazione
scritta di alcuni fenomeni alla "corrispondenza scolastica", dalla drammatizzazione di alcuni racconti all'invenzione di nuove ed originali fabulazioni.
Il lavoro didattico-pedagogico diventa più complicato nella scuola
media, poiché il rischio che facilmente si corre è quello che l'educazione
linguistica si configura come una disciplina staccata dalle altre: ciò accade,
in specie, se si perde di vista (e la "svista" accade sovente) il contributo che
le attività scientifiche e logico-matematiche possono fornire.
Il primo problema che un insegnante di italiano si pone è quello di
individuare una serie di ambiti entro cui realizzare una produzione linguistica degli allievi. Per realizzare ciò ha bisogno di verificare la situazione di
partenza, per cui l'unico strumento conoscitivo a disposizione è quello di
avviare tematiche di ricerca, sforzandosi di non incorrere in contenuti estranei ai ragazzi. Questa tecnica permette di avere nella classe momenti di
socializzazione, di confronti, l'emergere di situazioni personali, soprattutto
se i risultanti delle ricerche vengono collettivamente discussi.
L'attività di ricerca (difficile da organizzare) in gruppi, per interessi
verso temi specifici, maturati prima attraverso sollecitazioni e proposte, è
uno stimolo a produrre su una dimensione di esperienza
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diretta, che coinvolge capacità critiche, giudizio e sforzo intellettuale a tradurre
con i mezzi espressivi a disposizione.
Tuttavia, sul piano metodologico resta come dato importante la valorizzazione del parlato, prima di giungere alla formazione linguistica scritta.
Le discussioni, le conversazioni sono momenti chiave dell'attività scolastica, poiché:
-fanno emergere i problemi, gli interessi personali e collettivi;
-sollecitano la progettazione di lavori che l'insegnante intende realizzare;
-favoriscono la socializzazione e la verifica dei risultati ottenuti.
Attraverso questo metodo risulta facile all'insegnante individuare gli errori di produzione linguistica, scoprire le cause, i meccanismi che li hanno generati. L'identificazione degli errori, inoltre, può essere fatta insieme ai ragazzi,
facendoli riflettere sul funzionamento della lingua: le sue strutture, le differenziazioni interne, gli usi diversi, dialetto compreso. È un metodo che permette,
nella sostanza, l'approccio scientifico al fenomeno "lingua", senza ingenerare
complessità e problemi.
In breve, diciamo che è questa una possibile e collaudata metodologia,
non una ricetta buona di per sè ed adatta a tutte le situazioni. Il problema di
fondo resta sempre quello di attrezzare gli insegnanti, affinché possano essere
messi nella condizione migliore per operare.
LUIGI MANCINO
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