Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets AMERICAN ROOTS Mentre la storia della popular music è abbastanza lineare, lo stesso non si può dire ad esempio di tutte quelle musiche che hanno attinto al folklore afroamericano e in particolare a partire dalla fine dell'Ottocento al blues. Come non farsi tentare di ricostruire il percorso di hip-hop/rap partendo dal canto di lavoro parlato/gridato degli schiavi o dal talking blues degli anni venti/trenta? Più facile ricostruire quello che è stato il contributo nero alla nascita del rock, prendendo in considerazione blues, boogie e rhythm'n blues. Fenomeni più recenti, ad esempio la fusion, sono facilmente spiegabili in termini di contaminazione tra generi, nel caso specifico rock e jazz. La country music ha invece, nella sua linearità, una maggiore complessità. Il country & western degli anni quaranta fornì un contribuito essenziale alla nascita del rock'n'roll. Negli anni trenta, dalla strumentazione e dai repertori appalachiani, nacque il western swing, che molti critici considerano un filone del jazz. Il blue grass sperimentale portò negli anni settanta al newgrass ed alcuni degli esponenti di quest'ultimo confluirono verso i terreni più acustici della new age. LA NASCITA DELLA CULTURA AMERICANA Prima di passare a ricostruire alcuni dei percorsi che ci permettono di collegare, con una certa linearità, i generi musicali dell'America di oggi alle loro radici, una premessa sulla nascita e lo sviluppo della cultura americana nel suo complesso. Gli 'americani' come tali nascono dopo la Rivoluzione del 1776. È nei decenni immediatamente seguenti che essi cominciarono a riconsiderare la propria identità, manifestando l'esigenza di acquisire autonomia, non solo politica, ma anche culturale. Nonostante comprensibili risentimenti, 1 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets rimasero però a lungo dipendenti da tutto quello che, culturalmente, proveniva dall'Europa: principalmente dall'Inghilterra e dalla Francia, parzialmente anche dalla Germania e dall'Italia. Solo a partire dal1820 l'ambiente culturale americano cominciò a produrre opere svincolate da tematiche e motivi segnatamente inglesi e si può cominciare a parlare di una cultura 'americana'. Anche nel settore musicale una produzione originale cominciò solo dopo i primi due o tre decenni del secolo; lo sviluppo fu rapido e coinvolgente, tanto che verso la metà dell'Ottocento la musica si era trasformata in un prodotto commerciale, di consumo, e attorno ad essa era nato un business. Si faceva musica in casa: pianoforte o armonium erano in tutti i salotti della middle class, così come gli spartiti, sui quali si accentrava l'interesse del pubblico, con il conseguente sviluppo dell'editoria del settore. Le occasioni per ascoltare musica si moltiplicarono: non solo nei salotti e nei teatri, ma anche all'aperto o nei circhi itineranti; bande di strumenti a fiato si esibivano nei gazebo appositamente realizzati nei parchi, ovvero sfilavano marciando attraverso le strade delle cittadine; la musica degli afro-americani cominciò a trovare credito presso gli ambienti accademici. Se oggi un nuovo prodotto è fruibile nel momento stesso in cui viene pubblicizzato, allora, non esistendo supporti per la riproduzione e la diffusione, niente radio, televisione, registratori a cassette o compact disc, il meccanismo per la pubblicizzazione dei brani e dei loro autori era basato su due soli canali: l'esecuzione dal vivo e la vendita degli spartiti. Ne conseguiva una lentezza nel processo di divulgazione che, unitamente alla ridotta produzione rispetto a quella di oggi, poteva assicurare a un brano musicale un successo dell'ordine di anni, se non di decenni. Il business musicale cambiò radicalmente con i primi decenni del Novecento, complice l'introduzione di due supporti tecnologici che diventeranno i veicoli principali di diffusione di tutta la musica: la radio ed i dischi. Quasi contemporaneamente si verificò, negli anni della Prima Guerra Mondiale, una spinta all'industrializzazione che portò le classi lavoratrici americane a spostarsi attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di opportunità lavorative migliori: una migrazione interna accompagnata dalla divulgazione di idee, di culture, di musiche. La Seconda Guerra Mondiale e l'intervento americano furono accompagnati, per quanto riguarda il discorso che ci interessa, dall’importazione in Europa di musiche che facevano parte di quella cultura. Trasmissioni radiofoniche destinate alle truppe americane venivano captate anche dalle radio locali, e si poteva ascoltare jazz, country, folk e popular music. Nell'Europa sempre più vicina ed unita che nacque dal secondo dopoguerra, cominciarono a diventare maggiormente accessibili i 78 giri di oltreoceano ed i musicisti europei presero a copiare dai loro colleghi americani nuove tecniche e nuovi stili; l'ondata di film della produzione hollywoodiana, spesso sottolineati da colonne sonore importanti, contribuirono alla divulgazione di tutti i generi musicali americani. Il processo di americanizzazione musicale dell'Europa era ormai avviato. Poi l'Europa e gli Stati Uniti divengono un mercato musicale comune: i brani, le musiche, i dischi, ma anche gli stessi musicisti cominciano a circolare in modo sempre più massiccio e la diffusione di ogni nuova proposta in campo musicale come in qualsiasi altro avviene in tempo reale. L'Europa, in particolare l'Inghilterra, partecipa attivamente alla nascita di nuove idee e la globalizzazione, anche in campo musicale, diventa una realtà inarrestabile. 2 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets DALLE LOWLANDS SCOZZESI A NASHVILLE: LA COUNTRY MUSIC La ricerca di linearità è un pericoloso punto di partenza nell'analisi della country music del Novecento. Linearità può essere trovata nel percorso Jimmie Rodgers Hank Williams Johnny Cash, così come in quello String Band Bluegrass New Country, ma potrebbe essere sostenuta con argomentazioni adeguate perfino in quello Carter Family Western Swing Nashville Sound. Quel che è certo è che se una linearità esiste, deve essere ricercata analizzando la musica country nel suo complesso, senza escludere generi considerati secondari solo perché non sfruttati commercialmente ovvero non di successo; così come non si devono trascurare tutti gli elementi storici, sociali e musicali che ne hanno sottolineato il complesso percorso, dalla musica popolare dei primi coloni britannici al new country di oggi. La culla della country music è stata l'area dei Southern Appalachians, una vasta regione montagnosa e collinosa che, a partire dal confine occidentale della Pennsylvania, si estende verso Sud attraversando la parte occidentale della Virginia, il North e South 3 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets Carolina, il Kentucky ed il Tennessee orientali, la Georgia. Un territorio molto vasto ma scarsamente popolato: un lungo susseguirsi di boschi, corsi d'acqua e vallate. Nel North Carolina abitano, ancora oggi, i discendenti dei coloni Scotch-Irish che si insediarono, nel corso del Settecento, nelle aree più isolate della regione. Il termine ‘Scotch-Irish’ è un americanismo, in genere ignoto in Scozia ed Irlanda, e raramente usato dagli storici inglesi. Nell’accezione americana, si riferisce alla popolazione dell'Ulster di discendenza scozzese. I contadini scozzesi, protestanti, erano stati protagonisti nel corso del Seicento di una forzata emigrazione nell’Ulster Cattolico per colonizzare le pianure irlandesi e per contrapporsi alla cattolica popolazione locale. Costretti ad emigrare in America per l’insofferenza nei confronti della Chiesa Anglicana, ma anche per le restrittive leggi inglesi contro le manifatture irlandesi nonché per i gravi problemi creati dalle carestie (a partire da quella gravissima del 1717), gli Scotch-Irish affrontarono la colonizzazione delle vallate e dell’area collinosa dei Southern Appalachians. La musica irlandese ha avuto un ruolo importantissimo nella musica americana, anche se l’emigrazione dall’Irlanda agli Stati Uniti andrebbe specificata e differenziata. Generalmente si tende infatti ad associare i due flussi migratori che portarono dall'Irlanda all'America gruppi ben distinti. Il Settecento vide l’emigrazione dall’Ulster (l’Irlanda del Nord) di quasi 250.000 Scotch-Irish protestanti che colonizzarono soprattutto i Southern Appalachians e cominciarono a spostare la frontiera sempre più ad ovest. Nel corso dell’Ottocento sbarcarono in America circa due milioni di irlandesi del sud, cattolici, che si concentrarono nelle città dell’est, ovvero parteciparono alle grandi opere pubbliche (costruzione di canali, ferrovie) spingendosi fino in California. Mentre la musica degli irlandesi del sud confluì nella musica urbana dell'America dell'Ottocento, quella degli Scotch-Irish rimase a lungo isolata e incontaminata nelle aree rurali e montagnose del sud-est. Il risultato è che nell’area appalachiana si po-teva ancora ascoltare, all’inizio del Novecento, una musica che faceva diretto riferimento a quella tradizionale dei coloni Scotch-Irish. Ballate del border Inghilterra-Scozia risalenti al Seicento, melodie modali inglesi, musica da danze per fiddle dell'area scoto-irlandese. In realtà, pur nell'isolamento, nuove idee penetrarono nella regione appalachiana andando ad influenzare la musica di tradizione orale. Altri elementi di modifica e di contaminazione sono stati via via le successive ondate migratorie ed i contatti con la musica e i canti degli schiavi delle piantagioni; la realtà dell'America urbana ed industrializzata; l'introduzione di nuovi strumenti musicali; la radio ed i dischi. Con gli anni venti la musica appalachiana entrò ufficialmente nel business musicale e da allora è ben documentata. Attraverso la storia di questa musica è quindi possibile riconoscere la storia della gente che l'ha prodotta culturalmente, diffusa e consumata commercialmente. La derisa musica hillbilly degli anni venti, espressione musicale dei poveri montanari e contadini, si è diffusa e modificata seguendo le emigrazioni della popolazione appalachiana verso l'America urbana ed industrializzata. Western swing, bluegrass, rockabilly, country-rock, new acoustic music, sono solo alcuni dei punti di arrivo di percorsi che, nella loro linearità, presentano una continuità con la tradizione. L'industria discografica ha contribuito a creare fratture in questa linearità: stemperando, negli anni venti, l'autentica ed aggressiva mountain music degli hillbillies, per proporre un prodotto più vendibile; imponendo,negli anni cinquanta e sessanta, il country-pop ed il Nashville sound, nel tentativo di un recupero commerciale in risposta all'avvento del rock'n'roll; rigenerando, con il new country, la tradizione, attraverso la riproposta di sonorità e strumentazioni del passato. Il panorama della country music del Novecento è complesso e denso di generi, sub-generi, influenze, contaminazioni: operando una forte sintesi si possono ridurre i filoni principali a tre: Old-TimeMusic, Bluegrass, Nashville Mainstream. Con il termine Old-Time Music (OTM) si indica la musica rurale elaborata sui Southern Appalachians, rivelatasi al grande pubblico nei primi anni venti, quando cominciò da parte dell'industria discografica lo sfruttamento commerciale di questa musica. Quindi musica da danza ed antiche ballate; melodie Scotch-Irish per fiddle ed antiche canzoni inglesi; inni sacri ma anche adattamenti di brani popular. Dagli anni venti in poi questa musica può essere vista, a seconda dei casi, 4 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets come prodotto della società mediato dalle esigenze dell'industria o come prodotto puramente industriale imposto alla società attraverso il controllo dei mass media. Questa musica ha ancora oggi la sua funzione presso le popolazioni appalachiane, sia perché ancora utilizzata come base per le danze collettive sia per la funzione di legame con le proprie radici; da non trascurare le diverse fasi di revival che l'hanno rilanciata nel corso del Novecento. Un secondo filone è quello della musica bluegrass, derivata parzialmente dalla OTM ma modernizzata e a volte con un occhio eccessivo al tecnicismo strumentale. Considerata una creazione di Bill Monroe, ha dentro di sé elementi della tradizione delle string bands appalachiane, un po' di blues, lo stile di canto ripreso da quello degli inni sacri polifonici estremamente diffusi in tutto l'Ottocento. Terzo filone, quello predominante come immagine nel mondo e come effetto commerciale, è quello legato a Nashvillee dal vasto consenso che si è creato attorno ad un genere che è il risultato del compromesso tra la tradizione e le esigenze di mercato. È subito dopo la prima fase, le prime incisioni di musica rurale del sud-est appalachiano, iniziate nel 1923 e condotte fino al 1927 senza criteri scientifici e senza razionalità né intenti specifici che l'industria discografica cominciò a procedere con scelte mirate e con l'orecchio al grande pubblico. Già alla fine degli anni venti nacquero le prime star della country music: la Carter Family e Jimmie Rodgers. La Carter Family fu la scommessa vincente del discografico Ralph Peer, che vide nel tipo di repertorio del gruppo, nelle esecuzioni semplici ed orecchiabili e nell'immagine positiva e rassicurante che poteva dare una 'famiglia', tutti gli elementi per un’affermazione commerciale. Le loro numerose incisioni, a volte discutibili perché lontane dalla tradizione, costituiscono comunque la documentazione di un'epoca, quella che precede la commercializzazione della country music. L'attività discografica e concertistica della Carter Family, iniziata nel 1927, non conobbe pause fino al 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, una data che secondo alcuni rappresenta la fine dell'età d'oro della country music. La formazione era composta da Alvin Pleasant Delaney Carter, più noto come A.P.Carter o 'Doc', voce bassa del trio; sua moglie Sara Dougherty,voce principale, chitarra ed autoharp (il loro matrimonio risaliva al 1915); e la cugina di Sara, Maybelle Addington, divenuta una Carter avendo sposato E.J. Carter, fratello di A.P. nel 1926, e che portò nel gruppo il contributo del suo grosso talento su autoharp, banjo, ma soprattutto chitarra. Tutti originari della Virginia, vissuti in un ambiente cattolico, avevano un fornito background di canzoni religiose, ma anche di ballate e canzoni liriche. Nei loro testi erano presenti elementi come la casa, la mamma, le colline, il peccato, Dio; quindi amore e morte, sofferenza, religione e lavoro. Furono forse gli unici interpreti di una musica ancora strettamente connessa alla tradizione ma anche commercialmente valida e redditizia. Il sound della Carter Family si basava sull'autoharp di Sara, uno strumento armonico, ma soprattutto sulla chitarra di Maybelle, con quel suo stile particolare (che verrà poi definito ‘stile Carter Family’) che aveva appreso dai suoi fratelli: stile che consisteva in una linea melodica suonata con il pollice sulle corde basse ed un ritmo preciso e costante eseguito con l'indice sulle corde alte. Si tratta dello stile chitarristico oggi utilizzato da chiunque suoni la chitarra con il plettro. Per quanto riguarda lo stile di canto, quello della Carter Family era basato sull'uso di armonie a più voci tipico delle Church Singing Schools. Si può comprendere allora la necessità per il gruppo di modificare, a volte anche profondamente, le strutture modali sulle quali si reggeva la gran parte del repertorio tradizionale delle montagne, soprattutto le ballate, rimodellandole sul proprio stile. La popolarità della Carter Family non si arrestò con lo scioglimento del gruppo, sopraggiunto nel 1943 con il ritiro di A.P.e Sara, quattro anni dopo il loro divorzio. Maybelle è rimasta attiva, prima esibendosi con le tre figlie, successivamente con Johnny Cash, che sposò sua figlia June; infine in sporadiche apparizioni con diversi musicisti, fino alla sua scomparsa, il 23 ottobre del 1978. Jimmie Rodgers (the singing brakeman, the father of modern country music) è l'uomo che allontanò la musica country del Sud dalla tradizionale matrice rurale e montanara, conducendola in un'altra orbita. Rodgers ha lasciato dietro di sé una traccia ancora evidente e rimarchevole. Prima, vera star della country music, fu un personaggio che seppe attirare 5 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets l'interesse del grande pubblico; la sua popolarità non scemò dopo la morte prematura. Incarnò il prototipo del cantante country e divenne un modello per quelli che lo seguirono: repertorio accattivante, abbigliamento 'western' e inseparabile chitarra al collo. La sua figura nel mondo musicale degli anni venti fu differente da quella della Carter Family in due aspetti. Il primo è il background musicale, che comprendeva anche la musica dei neri, soprattutto il blues e le railroad work songs; l'altro è l'atteggiamento 'commerciale', il concetto di 'star' discografica, che scatenò le fantasie ed i desideri di tanti aspiranti cantanti e musicisti. Lo stile musicale e di canto che fece di Rodgers la più famosa hillbilly star della storia della musica country è il blue yodeling. L'origine di questo stile è tuttora ignota e probabilmente si trattò di una creazione dello stesso Jimmie Rodgers. Difficile darne per certa la discendenza diretta dallo yodel svizzero o austriaco, da stili di canto dei messicani o dei cowboy. Molto più probabilmente la derivazione va fatta risalire ai field hollerse dai work shouts, forme rudimentali di canzoni simili a grida che poi rompevano in un falsetto, nate e diffuse nel Sud tra gli schiavi delle piantagioni; lamenti solitari o spesso richiami funzionali, come quello del raccoglitore di cotone che sotto il sole cocente attira l'attenzione del portatore d'acqua. Quest'ultima sembra essere l'origine più plausibile del blue yodel che Rodgers introdusse nel suo repertorio, probabile fusione di elementi che aveva assimilato nella sua infanzia e più tardi, quando all'età di quattordici anni cominciò a lavorare come portatore d'acqua per i lavoratori neri delle ferrovie. Verso la fine del 1927 la popolarità di Jimmie Rodgers andò crescendo in maniera eccezionale e per la Victor si profilò un affare senza precedenti. Il primo blue yodel fu “T For Texas” (o “Blue Yodel n. 1”) inciso sempre nel 1927, con la struttura tipica del blues (tre versi di cui il secondo ripetizione del primo). Nel corso della sua breve attività Rodgers non incise soltanto blue yodels, ma anche ballate, canzoni comiche e romantiche, cowboy song, spesso da lui stesso composte; ma quasi mai canzoni riferite ad argomenti religiosi. Sono molti i motivi del successo di Jimmie Rodgers. Uno è da ricercare nell'impatto scenico di questo giovane con un marcato ed inequivocabile accento del Sud, in grado di intrattenere il pubblico con il solo ausilio della voce e di una chitarra. E poi i temi delle sue canzoni, in cui emerge ancora la nostalgia: delle piccoli città e dell'America rurale di una volta; di una madre costretta a lasciare il piccolo, vecchio centro del Sud della sua infanzia. Il suo pubblico era formato soprattutto da abitanti delle regioni rurali meridionali, poveri contadini che anche negli anni della Depressione trovavano i soldi per comprare i suoi dischi e che ne fecero un eroe ed un mito. Ma, raccontando una realtà mistificata, dando del Sud contadino un'immagine molto più conservatrice di quanto non fosse realmente, Jimmie Rodgers tolse inconsapevolmente a quella gente il controllo della propria musica, aprendo la strada alla sua progressiva banalizzazione commerciale. Fu dalla connessione TexasRodgers, rafforzata dall'abitudine di Jimmie di vestirsi come un cowboy, che nacque l'indirizzo western nella country music ed il mito del singing cowboy, celebrato da Jimmie Rodgers nelle sue canzoni sul Texas: il cowboy autonomo e libero dalle catene rappresentate dalla civiltà industrializzata, che anche nelle situazioni più pericolose si esprimeva cantando. Un mito romantico e sentimentale, alimentato dall'avvento dell'era dei film western e dell'industria cinematografica hollywoodiana, un mito che fece nascere quel grosso equivoco ‘western uguale country music’ (!). Il cammino di Nashville verso il ruolo di centro della country music cominciò quasi in sordina. Nel 1925 ai microfoni della WSM, una emittente locale della capitale del Tennessee finanziata da una società di assicurazioni, si presentò un vecchio fidale (violinista) delle montagne, l'ottantenne 'Uncle' Jimmy Thompson, accompagnato al piano da sua nipote Eva Thompson Jones, per un Radio Barn Dance (letteralmente 'balli del granaio radiofonici') della durata di un'ora. Non si trattava del primo esperimento di questo tipo: in quel periodo numerose emittenti locali avevano già una regolare programmazione di barn dance. Ma il successo della trasmissione portò nel 1933 alla costruzione di un apposito teatro ed al ruolo di guida del National Barn Dance nel campo dei country music show. La trasmissione crebbe in popolarità e divenne un appuntamento tradizionale per tutti gli appassionati di 6 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets mountain music. Con la popolarità crebbe anche il numero dei partecipanti alla trasmissione. Musicisti e cantanti si trasferirono a Nashville, per vivere nel luogo dove si svolgeva lo show e poter partecipare settimanalmente ad esso. Nei primi anni lo show metteva in maggiore evidenza la musica strumentale, in accordo con l’origine di barn dance. Ma l'avvento delle grandi country star, che dagli anni quaranta dominavano la scena nashvilliana, le relegarono in secondo piano. Il successo crescente della trasmissione convinse la WSM a costruire uno studio molto più grande, lo studio B, dove il barn dance fu ribattezzato Grand Ole Oprye dove per la prima volta una parte del pubblico, che generalmente assisteva allo show attraverso una vetrata, venne ammessa all'interno dello studio stesso. Si arrivò così gradualmente alla costruzione di un auditorium con più di cinquecento posti; in seguito fu affittato lo Hillsboro Theatre, finché, dopo alcuni altri spostamenti, nel 1941 lo show si stabilì nel Ryman Auditorium, mantenendo l'appuntamento del sabato sera, dalle 7 e 30 pomeridiane a mezzanotte. Verso la fine degli anni sessanta fu costruito un auditorium da quattromila posti ed un vero centro turistico, chiamato "Opryland U.S.A.", dove, secondo i dépliant pubblicitari,“[...] all the music of America comes alive!”, e dove la Opry si è trasferita nel 1971. La musica prodotta a Nashville cominciò ad essere etichettata, nel corso degli anni quaranta, come country & western, complice il successo dello western swing – interpretazioni in chiave swing del repertorio country – del suo sound e della sua strumentazione: chitarre e pedal-steel amplificate, fiddles, ma niente banjo. È nella seconda metà degli anni quaranta che emerge Hank Williams, il personaggio di transizione verso il rockabilly, morto prematuramente senza poter partecipare all'esplosione commerciale di un genere che aveva avuto in lui un precursore. E' stato probabilmente il protagonista più importante di tutta la storia della country music, colui che più di ogni altro interpretò la possibile fusione dei due generi 'pop' e 'country'. Personaggio tormentato, di autentica estrazione rurale, seppe comporre come pochi brani accettabili da tutti in un periodo in cui il boom della country music era al culmine. Rozzo ma molto diretto, descriveva l'ambiente sociale e la cultura del profondo Sud da cui proveniva e questo colpiva i sentimenti e l'immaginazione degli ascoltatori. Brani come “Honky Tonkin'” o “Move It On Over” rappresentano, con la pressante base ritmica in evidenza, un rock ante litteram. Dopo la ventata del rock'n'roll degli anni cinquanta la country music non poteva rimanere più la stessa. Il fenomeno rock decretò un temporaneo declino della country music, la cui prima reazione fu di chiusura: una chiusura che a Nashville, roccaforte della cultura musicale conservatrice, raggiunse le punte più alte. Non dimentichiamo che la Opry era stato il palcoscenico sul quale le chitarre elettriche avevano potuto fare il loro ingresso solo dopo avere superato mille difficoltà e diffidenze, e che questo essere così conservatrice ha permesso alla musica di Nashville di rimanere inalterata tanto a lungo. Ma l'impatto di Presley fu troppo forte: Music Row rispondeva all'invasione del rock nel mondo della country music con il rockabilly, e il sound, lo stile delle star, tutto venne modificato. D'altra parte l'unica possibilità per mantenersi a galla era accettare di modificare il ritmo, innanzitutto, e la strumentazione, poi: così nacque ufficialmente la figura del rockabilly, un cantante che riusciva a fondere elementi delle due musiche. Classici esempi sono stati gli Everly Brothers, Don e Phil, due fratelli dal background rurale, che esercitarono una grossa influenza sugli artisti degli anni sessanta: tra gli altri, i Beatles e Simon & Garfunkel. Gli Everly Brothers conquistarono il successo sia nelle classifiche pop che in quelle country & western con brani come “Bye Bye Love”, “Wake Up Little Susie” e “All I Have To Do Is Dream”. Sulla loro scia molti cantanti, pur rimanendo legati all'area della musica country, modificarono il ritmo ed introdussero le chitarre elettriche. D'altra parte lo stesso pubblico della country music non era più così selettivo (se mai lo era stato!) ed ascoltava e consumava anche altra musica, dimostrando di non avere pregiudizi verso un'evoluzione dello stile musicale ed adattando i propri gusti a sonorità più moderne. Nacque così quello stile country-pop che andò a riempire gli spazi commerciali esistenti tra i due generi; con una conseguente apertura delle classifiche pop a tutti i musicisti country che accettarono il nuovo corso, ma 7 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets con un conseguente ulteriore appiattimento della musica che ne derivò. Il fatto che lo stile country-pop sia stato definito Nashville Sound deriva dal fatto che praticamente quasi tutta la produzione country-pop americana usciva da Nashville. La città era diventata ormai una delle tre o quattro città centri di produzione musicale e, avendo come solide basi la Grand Ole Oprye la casa di pubblicazioni musicali Acuff Rose, si avviava ad acquisire il monopolio della produzione country. Chester 'Chet' Atkins, chitarrista eclettico, dopo avere contribuito come chitarrista a creare nelle sale di incisione quello che verrà definito Nashville sound, nel 1957 venne chiamato ad un compito ancora più importante, divenendo impresario e produttore della RCA. Sotto questa nuova veste Atkins continuò il lavoro che aveva iniziato, la definitiva fusione di pop e country. Il sound degli anni sessanta e settanta è unanimemente riconosciuto come una sua creazione: chitarre elettriche, sezio-ni di archi (non più fiddles!) e, al massimo della sofisticazione, cori forniti da quartetti vocali. Negli anni a cavallo del 1970 il business tentò ancora di allargare l'audience attraverso l'accaparramento di una fetta consistente di mercato con il perfezionamento di quell'operazione di maquillage estetico che venne definita country-pop. Quegli stessi anni furono gli anni del country-rock. Il legame tra country e rock non era una novità: abbiamo già visto come il rock fosse in effetti nato anche dalla musica country. Non è quindi casuale che negli anni cinquanta Elvis Presley e Johnny Cash avessero inciso entrambi per la stessa casa discografica (la Sun Records). La miscela dei due generi musicali, che si erano andati differenziando nel corso del primo decennio di vita del rock'n'roll, cominciò ad assumere una sua fisionomia, secondo i critici, con i primi lavori di Gram Parsons. Ma la strada era stata aperta, a metà degli anni sessanta, dai Byrds, complici Bob Dylan e Pete Seeger. La musica dei Byrds era definita all'epoca folkrock, e non è casuale che il loro primo quarantacinque giri contenesse “Mister Tambourine Man”, una composizione di Dylan rivisitata in chiave elettrica. Lo stesso Dylan, in quell'anno, dava seguito alla scandalosa (per i critici) partecipazione al Festival di Newport in versione ‘elettrica’, accompagnato dalla Butterfield Blues Band, incidendo quell'album capolavoro che è Highway 61 Revisited. Il secondo successo dei Byrds, “Turn, Turn, Turn”, un brano di Pete Seeger, indicava chiaramente quale fosse l'impronta del gruppo. Gram Parsons è ritenuto da molti il padre spirituale del country-rock: sicuramente è stato colui che aprì la strada. Parsons era stato solo alcuni mesi con i Byrds, in tempo per lasciare una forte impronta in Sweetheart Of The Rodeo. Alle registrazioni di Sweetheart parteciparono alcuni dei migliori musicisti di country & western e bluegrass dell'epoca e la nuova line-up venne presentata addirittura alla Grand Ole Opry. Nacque così ufficialmente il country-rock. I gruppi che avrebbero meglio interpretato la parte e che sono considerati i capiscuola hanno visto l'avvicendarsi nelle loro formazioni di un gruppo di musicisti che, con il filo comune della loro musicalità, collegano i Byrds agli Eagles, passando per i Flying Burrito Brothers, Poco, Dillard & Clark, Buffalo Springfield, CSN&Y : musicisti che hanno fatto parte della movimentata e ricca scena musicale californiana nel decennio che va dalla metà degli anni sessanta alla metà degli anni settanta. Nomi come Gene Clark, Chris Hillman, Bernie Leadon, Gram Parsons, Sneaky Pete Kleinow, Roger McGuinn, David Crosby, Skip Battin, Jim Messina, Joe Walsh, Steve Stills, Richie Furay, ma anche Doug Dillard, Byron Berline, Clarence White, Gene Parson, Randy Meisner. Nati nel 1971 in California, gli Eagles sono stati il gruppo di country-rock che ha saputo coniugare successo di critica e di pubblico, sfornando una serie di album tutti di ottimo livello. Le convincenti performance dal vivo, la loro sapiente miscela di acustico ed elettrico, unitamente al fatto che si trattava di grossi musicisti per di più molto attenti all'immagine, ne hanno fatto il gruppo di punta del country-rock. Il country-rock è dunque parzialmente derivato dal bluegrass, avendo fuso elementi della tradizione con altri propri del rock, che negli anni sessanta era la musica più ascoltata, e non solo negli Stati Uniti. Ma se si pensa alle radici country & western del primo rock, al rockabilly, si può inquadrare il country-rock nei termini di una riappropriazione delle proprie origini. Il country rock ha fornito elementi di crescita anche al country classico, sia in termini di scelte di repertorio che 8 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets di tecniche strumentali, ma ha anche generato un equivoco di fondo causato dalla scarsa o cattiva informazione: quell'equivoco che ha portato alla identificazione di country con Crosby, Stills, Nash & Young tout-court, una semplificazione riduttiva tanto per il country classico quanto per il country-rock. La conclusione di questa escursione nel mondo della country music è che essa si è modificata profondamente dall'epoca del-le prime incisioni commerciali degli anni venti ad oggi. I cambiamenti sono stati in parte provocati dall'intervento dell'industria discografica, con le sue esigenze di mercato, in parte sono stati il prodotto della sperimentazione e della improvvisazione dei musicisti. Una grossa influenza è stata esercitata dai mutamenti sociali causati in questo secolo dalle innovazioni tecnologiche, vale a dire dall'avvento della radio prima e della televisione poi, e dall’industrializzazione con il conseguente fenomeno di urbanizzazione. Senza tutto questo, la country music sarebbe probabilmente rimasta un fenomeno limitato ad una regione e ad alcuni strati sociali; inutile quindi rimpiangere i good old times. Il rilancio in grande stile della country music che è cominciato negli Stati Uniti nel corso degli anni ottanta e che è proseguito negli anni novanta, passa attraverso una generazione di musicisti scollegati culturalmente, anche se non commercialmente, dalla mentalità imperante a Nashville; ma è anche frutto della scelta da parte delle multinazionali del disco di sfruttare, per l'ennesima volta, questa musica, accettando ‘contaminazioni’ con altri generi, come il countryrock, ormai privo delle connotazioni di protesta e di rivolta che aveva a cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta e ridotto a pura esercitazione di stile. D'altra parte la massiccia presenza di musicisti bluegrass, eredi della tradizione delle old-time string bands del Sud-Est, sembra assicurare una continuità con il passato che potrebbe rivelarsi alla lunga vincente sui meccanismi impositivi del mercato e dell'industria musicale. E se si analizza il new country come ennesimo fenomeno di rigenerazione della musica country attraverso un lavoro di recupero di sonorità e strumentazioni del passato, non si può facilmente sfuggire alla suggestione di vedere la musica tradizionale delle string bands come la matrice comune a tutti i differenti stili interni al composito mondo della country music. Il fatto poi che il new country non sia associato ad un pubblico particolare ma sia appannaggio di un pubblico di fruitori che, nella loro normalità, possono essere identificati come una specie di 'maggioranza silenziosa', non ci permette ancora di concludere che essa possa costituire quella 'All American Music' della quale ogni tanto si riparla e che era stata una previsione del cantante country Ernest Tubb e del produttore nashvilliano Wesley Rose già all'inizio degli anni sessanta. Rimane ferma la consapevolezza che si tratta di una musica talmente connessa al tessuto culturale della nazione americana e alla vita di tutti i giorni, che se ne può immaginare più una ulteriore espansione che un improbabile declino. 9 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets GLI AFROAMERICANI E IL BLUES: DALL'AFRICA A CHICAGO L'Ottocento americano può essere diviso in due parti: il 'prima' e il 'dopo' la Guerra, un capitolo drammatico che ha segnato una cesura nella storia della nazione americana, nella società e nella cultura. Per gli schiavi afroamericani l'evento significò uno sconvolgimento nella propria vita. Uomini e donne nati per la maggioranza in America, senza alcuna memoria storica, senza radici, si trovarono improvvisamente liberi in una società che non li accettava o che al massimo li sopportava. Sprovvisti di esperienze di vita autonome e senza prospettive, privi di beni e di mezzi di sostentamento, si trovarono ad affrontare difficoltà inimmaginabili. Non è strano che molti di loro preferissero rimanere presso le famiglie dei padroni bianchi dove erano nati piuttosto che affrontare una realtà della quale ignoravano tutto. Con l'abolizione della schiavitù la musica degli afroamericani divenne oggetto di considerazione e di ricerca da parte del mondo accademico. La prima ricerca in assoluto si era svolta proprio durante gli anni della Guerra Civile ed aveva criteri etnomusicologici. Ma il canto degli afroamericani prese, nel corso dell'Ottocento, due direzioni. Da una parte si trasformò in un fenomeno commerciale, con la moda dei negro spirituals; dall'altra in un modo di esprimere, sotto forma di blues, lo stato di oppressione psicologica del nero che non poteva essere cancellata con i provvedimenti di emancipazione di Lincoln. Il blues è il genere che ha subito meno cambiamenti dagli anni in cui cominciò ad emergere e ad essere riconoscibile e standardizzato. L'impronta del blues sulla cultura musicale americana della fine dell’Ottocento e di tutto il Novecento è indiscutibile, ha un rilievo che neanche i suoi più agguerriti denigratori potrebbero disconoscere. Il blues non è altro che la reificazione in musica del travagliato percorso degli afroamericani all’interno della società americana. La forzata schiavitù, l’ingresso nel Nuovo Mondo come forza lavoro a bassissimo costo; la promessa e poi mancata emancipazione con la fine della Guerra Civile; la successiva emarginazione, il razzismo e la ghettizzazione nelle città americane: queste le dolorose tappe che hanno accompagnato il difficile inserimento degli schiavi africani e dei loro discendenti nella società americana. Quelli di loro che, dopo la Guerra Civile, preferirono rimanere nel Delta del Mississippi piuttosto che trasferirsi nel dinamico e ‘democratico’ nord, elaborarono quella forma di espressione musicale, il blues, che influenzerà alla lunga tutti i filoni della musica americana, classica compresa. Non è un caso che il blues si sia sviluppato dopo l'emancipazione, quando il 'nero-schiavo' si trasformò nel 'nero emancipato emarginato', il quale non suonava più musica da ballo peri padroni bianchi e 10 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets non cantava più spirituals. Questi ultimi erano confinati a forma d'arte: confezionati da afroamericani acculturati (i Fisk Jubilee Singers, il coro di studenti della Fisk University di Nashville, la prima struttura americana di studi superiori per soli studenti di colore) in modo da costituire un prodotto musicale appetibile per un pubblico di bianchi. Il blues nacque dallo stato psicologico di oppressione che l'emancipazione non aveva cancellato, ed ebbe una funzione esorcizzante sulle angosce generate dalla nuova, alienante condizione. La mancata affermazione come soggetto sociale, l’emancipazione parziale, si riflettevano in atteggiamenti negativi rispetto a tutti gli aspetti della vita, alle speranze, ai progetti: tutte conseguenze del fatto che la Proclamazione di Emancipazione del 1863, come ebbe a lamentarsi l’abolizionista Wendell Phillips, “[...] liberò gli schiavi ma ignorò i Negri”. Nei decenni che separano la Guerra Civile dalla I Guerra Mondiale, la grande maggioranza degli schiavi liberati continuò a vivere negli Stati meridionali. Nel 1880 essi rappresentavano, in alcune aree, ben il 75% della popolazione ed erano rimasti legati al sistema agricolo che li aveva visti all’opera come schiavi. Al di fuori del lavoro dei campi c'era la possibilità di essere impiegati in lavori manuali – ovviamente di bassa manovalanza nella costruzione di strade e ferrovie, di argini per il controllo delle piene dei fiumi; oppure impieghi saltuari e precari nei boschi o nelle segherie per l'industria del legname allora in espansione; o ancora nei campi di trementina. Un’alta percentuale lavorava nelle miniere, un lavoro duro che vedeva affiancati neri e bianchi poveri. Un numero crescente cominciò a cercare lavoro in città, per scoprire quanto fosse difficile se non impossibile essere accettati da una società nella quale il razzismo, la violenza e la segregazione erano gli atteggiamenti prevalenti nei loro confronti. Il progressivo innalzarsi di barriere discriminatorie cominciò ad escludere progressivamente i neri non soltanto dal mercato del lavoro, ma dalla stessa vita sociale, togliendo loro qualsiasi opportunità di emergere. Emarginati, discriminati, dovevano fare i conti con la precarietà del posto di lavoro: essi rappresentavano per i datori di lavoro una massa di forza lavoro di riserva a basso costo, da potere assumere e licenziare con la stessa facilità, senza grossi scrupoli e senza dover temere vertenze sindacali! I musicisti afroamericani delle generazioni nate dopo la Guerra Civile, che non avevano conosciuto direttamente la schiavitù ma si trovavano a combattere quotidianamente gravi problemi – l’industrializzazione, la disoccupazione, la forzata mobilità alla ricerca di un lavoro – riuscirono a trovare il tempo, i modi e l'ispirazione per elaborare, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, tre forme musicali di grande impatto sulla musica americana: il blues, il ragtime ed il jazz. Il ragtime è nato nelle città di stati come il Missouri, il Kansas, il Kentucky, dove i neri ebbero l’opportunità di entrare in contatto con forme musicali sia popular che classiche; il jazz ha preso forma nelle città della costa del Golfo del Messico, in particolare a New Orleans, dall’incontro tra la musica afroamericana, quella dei creoli e le brass bands di gran voga negli ultimi decenni del secolo. Il blues è nato invece da qualche parte nel profondo sud, nell’area del Delta del Mississippi, una zona di grandi piantagioni e di scarse fabbriche, dove le possibilità lavorative avevano come denominatore comune la pesantezza e la precarietà. Il blues del Delta rifletteva fortemente la situazione di isolamento sociale, l’ostilità dell’ambiente e le difficoltà psicologiche e pratiche della sopravvivenza. Rispetto al ragtime ed al jazz, è il genere musicale nel quale sembrano essere presenti elementi nati dalla tradizione africana unitamente ad elementi rielaborati all’interno della propria collettività etnico-sociale. Non può essere certo l’uso diffuso della chitarra – uno strumento estraneo alla loro cultura e di recente acquisizione fra i neri – da parte dei bluesmen ad incidere su questa valutazione, considerate anche le tecniche esecutive – il fingerpicking,il bending, l’uso del bottleneck – assolutamente originali. Con il primo termine si intende uno stile che preveda l'uso delle dita della mano destra, contrapposto allo stile plectrum che imperversò nei decenni a cavallo del 1900. Il bending indica il tirare lateralmente una corda dopo averla pizzicata, alterando così in modo continuo l’altezza del suono e realizzando un glissando (un suono continuo tra una nota ed un'altra). Un'altra tecnica, utilizzata per realizzare dei glissando più estesi, tra note più lontane, era quella ottenuta facendo scorrere sulle corde il 11 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets collo di una bottiglia, tagliato ed infilato al dito anulare della mano sinistra. Nel blues gli afroamericani riversarono le loro capacità creative, ma soprattutto l’istintiva facilità ad improvvisare sia linee melodiche che testi. Non è un caso che il blues venga considerato una root-music, una ‘radice’ comune alle diverse espressioni della musica afroamericana del Novecento: il jazz, il ragtime, lo swing, il boogie, il rock’n’roll. Fino alle prime incisioni di blues, negli anni venti, intorno a questa espressione musicale dei neri non c'era stato grande interesse ed i musicologi si erano dedicati ad altro, dagli inni agli spirituals, trascurando tutta la musica secolare. L’area cosiddetta del Delta del Mississippi non coincide con quella che propriamente è la foce del grande fiume, che si trova molto più a sud, sul Golfo del Messico. Il Delta è un territorio pianeggiante e fertile, che si estende da Memphis verso sud fino a Vicksburg, e tra il corso del Mississippi e le colline che si innalzano, verso est, nella zona centrale dello stato. Un’area che, negli ultimi decenni dell’Ottocento, aveva la più alta concentrazione di neri di tutta l’America. Non è un caso che in una situazione socialmente più sicura, più protetta, si possano essere conservati tratti culturali più africani e che i musicisti del Delta si possano essere sentiti liberi di esprimersi senza il condizionamento psicologico rappresentato da un pubblico misto, o addirittura di soli bianchi. L’attività degli street singers neri non si svolgeva solo in strada ma nelle situazioni ed occasioni più disparate: in riunioni pubbliche o durante incontri religiosi; negli honky-tonks, nei saloon e nei bordelli; o in situazioni più professionali come il Minstrel Show, il Medicine Show o il Black Vaudeville. Il country blues – il blues rurale – era appannaggio di musicisti non professionisti, uomini che condividevano con la disgregata società afroamericana attività lavorative ed esperienze di vita, chitarristi-cantanti che alternavano la precarietà del lavoro a quella di musicisti ambulanti. Pochi erano in grado di guadagnarsi da vivere con la sola musica e spesso erano costretti a mantenere dei lavori a bassa retribuzione. Gli unici musicisti professionisti nell’ambito del blues rurale furono quegli sfortunati che, avendo degli impedimenti – cecità, menomazioni – che li escludevano dal mondo del lavoro si rifugiavano, spesso con successo, in un’attività musicale che spesso si confondeva con quella di mendicante. Le testimonianze sul blues, raccolte purtroppo molti anni dopo, non dissipano i dubbi, sia perché i fatti narrati si erano svolti molti anni prima sia per l’età degli intervistati. Tutte però fanno riferimento allo stesso arco di tempo, i primissimi anni del Novecento: è allora che il blues completò la propria evoluzione e si standardizzò come forma. L’unica certezza sembra essere quella che il blues non esisteva durante la schiavitù, perlomeno non nella forma in cui si è manifestato nel Novecento. Ci sono però legami più che formali con le linee melodiche dei field-hollers e delle work songs. Nei field-hollers, i richiami a call-and-response nati nei campi, al grido del primo lavoratore rispondevano una o più voci. Con la fine della schiavitù e del lavoro collettivo nelle piantagioni, certamente non mancavano situazioni nelle quali questo canto di lavoro potesse essere ancora praticato. Nella posa in opera di linee ferrate, nella costruzione di argini di rinforzo dei fiumi, nell’abbattimento di alberi nelle foreste così come nelle diverse occupazioni del lavoro dei campi, lo holler rimase il tradizionale modo di comunicare tra chi dirigeva il lavoro e le squadre di lavoratori, ovvero dei lavoratori tra di loro. Ma con la progressiva dispersione geografica e sociale dei neri e l’isolamento della vita vagabonda, lo holler si modificò da canto di gruppo in canto individuale, stadio intermedio del processo che avrebbe portato al blues. Nel classico country blues del Delta, tra un verso e l’altro di ogni strofa la chitarra risponde al canto con fraseggi melodici, riproducendo gli stessi abbellimenti della voce: un vero call-and-response. Le possibilità offerte dalla chitarra portarono gli street singers ad abbandonare altri strumenti; oltretutto nell’ultima parte del secolo essa era disponibile a prezzi contenuti, grazie alle compagnie di vendita per corrispondenza – Sears & Roebuck su tutte. Lo strumento aveva sustain e note basse; la tecnica del bending the strings consentiva di ottenere dei vibrati; impugnando nella mano sinistra la lama di un coltello o un bottleneck si potevano ottenere dei glissati che riproducevano le modulazioni della voce. Le caratteristiche dello strumento, coniugate con le tecniche ideate dai bluesmen, resero possibile interagire con il canto, rispondere alla voce del cantante e 12 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets darle risalto; era in definitiva una seconda voce, quasi un prolungamento della voce del chitarrista, adatta per timbro e versatilità a sottolineare l’espressività del bluesman. Una delle ipotesi sulla nascita del blues è quella che associa il bluesman al griot. Questo termine – la cui origine non è chiara – cominciò ad essere utilizzato in Africa nell’epoca coloniale per indicare colui che in lingua Mandinka è il jali, vale a dire il trovatore di corte: un personaggio caratteristico delle culture del Senegal e del Gambia, un cantastorie, l’equivalente africano del bardo celtico-bretone. Per i Mandingo (una delle tre etnie del Senegambia) il jali (o jeli) è colui che ha il compito di preservare la tradizione e le storie del proprio popolo. In un’area che non possedeva una tradizione di cultura scritta, il griot era un cantore, appartenente ad una vera e propria casta, che tramandava oralmente le storie del proprio popolo e cantava gli elogi dei propri mecenati. Quindi un musicista itinerante; un cantante che si accompagnava con strumenti a corde; un improvvisatore di versi sui temi più vari; un autore-interprete di serenate. Un archetipo del bluesman? Come è accaduto per altri generi musicali, il termine ‘blues’ fu una scelta dei produttori discografici. I musicisti neri che registravano i loro brani per pochi dollari, in situazioni spesso di fortuna – come il retrobottega dell’emporio del paese – non erano molto interessati né all’etichetta con la quale la loro musica sarebbe stata pubblicizzata né al titolo che sarebbe stato dato ai brani da loro incisi. La prima incisione in assoluto contenente questo termine fu la famosa “Crazy Blues”di Mamie Smith, del 1920; ma il termine era diffuso fin dal 1912, quando era stato usato ufficialmente per la prima volta, tra gli altri, da quel W.C. Handy che si autoproclamò father of the blues. Il termine nasce dal fatto che per i cantanti neri del sud cantare queste canzoni era “to sing the blues”. Cantare i blues voleva dire, to have the blue devils (avere i diavoli blu) che voleva dire essere di pessimo umore, tristi, depressi. Probabilmente ‘triste’ è la migliore traduzione di ‘blue': non dimentichiamo che nel nazionalistico ventennio italiano il brano più famoso di Handy, "St. Louis Blues", rigorosamente tradotto, era presentato come “La tristezza di San Luigi” (!). Fu così che la forma che i cantanti neri diedero al loro mettere in musica fatti, emozioni, problemi reali e maltrattamenti psicologici con un sottofondo di tristezza cominciò ad essere definita genericamente 'blues'. I testi dei blues rurali hanno una struttura tra il narrativo ed il lirico. A volte la sequenza di strofe descrive episodi che legati tra loro formano una storia, altre volte si tratta di una sequenza di strofe apparentemente senza alcun nesso. Inserite qua e là, ci sono sottolineature sull’angoscia del blues – o meglio ancora 'dei' blues – del loro arrivare senza preavviso di notte o la mattina presto per fermarsi e diventare un tormento continuo ed insostenibile. Robert Johnson è stato ed è tuttora considerato una figura leggendaria nella storia del country blues. Cresciuto all’ombra di Son Housee Willie Brown, è stato a sua volta un modello per generazioni di country bluesmen; le sue interpretazioni erano talmente particolari che anche quando eseguiva brani di altri li trasformava, rendendoli assolutamente unici. Le sue rare esecuzioni continuano ad essere ancora oggi oggetto di studio e modelli di riferimento per tutti gli aspiranti bluesmen. La vita di Robert Johnson ed i misteri sulla sua morte – sembra che sia stato avvelenato da un marito geloso –; la scarsità di foto che lo ritraggano con la chitarra; la leggenda che avesse venduto l'anima al diavolo in cambio del talento musicale: tutto ha contribuito ad ingigantire un mito che a volte ha oscurato la sua stessa musica. Morto nel 1938, è rimasto una figura leggendaria nel ristretto ambito del blues rurale, mentre ha raggiunto un pubblico più vasto solo verso la fine degli anni ottanta, quando gli venne finalmente riconosciuta la sua influenza su Muddy Waters e su un’intera generazione di musicisti blues e rock'n'roll. Il movimento migratorio di grandi masse di neri, iniziato durante la guerra a seguito del massiccio sforzo industriale, e proseguito nel primo dopoguerra, aprì la strada al blues come fenomeno commerciale. A Memphis, in Tennessee, fin dal 1918 gli street singers e gli artisti di passaggio si esibivano per il pubblico nero. In questa città, e successivamente in altre città come Kansas City o Chicago, il blues divenne una forma musicale comune, anche se non era sempre ben accettato dai bianchi. A New York, soprattutto ad Harlem, crebbe la concentrazione di afroamericani e qui la loro musica – insieme ad altri aspetti culturali e di costume 13 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets – cominciò a far presa sul pubblico dei bianchi. W.C. Handy, con alcune forzatura, riuscì a rendere il blues più accettabile per il pubblico bianco. Fu così che si arrivò alle prime incisioni di Mamie Smith, che hanno un valore storico che va ben oltre i brani in sé o l’uso del termine‘blues’. Il boom di vendite del disco contenente le incisioni di Mamie effettuate nella primavera del ’20 dal direttore artistico della Okeh Records, Ralph Peer, doveva avere risvolti inaspettati; nasceva il filone dei race records e l’esperienza sarebbe stata ripetuta con successo pochi anni dopo con la musica hillbilly. Il successo di Mamie Smith indirizzò inizialmente il mercato del blues verso le interpreti femminile, che erano già inserite nel mercato musicale come professioniste nel circuito del black vaudeville. Venne invece trascurato il country blues, il blues rurale, con le tematiche e gli interpreti più autentici. Agli uomini che avevano creato il country blues vennero preferite le donne, e la musica assunse caratteristiche più urbane e più raffinate. Nel loro stile sono stati riconosciuti elementi ed atteggiamenti tipici delle Chiese Battiste del Sud, ma la cosa non dovrebbe sorprendere: ritmo, fervore religioso e coinvolgimento ipnotico dei fedeli erano le caratteristiche dei predicatori neri, e qualcuno le ritrova in cantanti come Bessie Smith. Anche nei testi dei blues eseguiti da donne emerge la tensione tra i due sessi, con la donna che esprime senza sottintesi la scarsa considerazione che ha dell’uomo. Bessie Smith è considerata la più grande cantante di blues di tutti i tempi, ma soprattutto è stata – stilisticamente – il ponte tra la tradizione del blues rurale ed il blues jazzistico che sarà di Ella Fitzgerald e Billie Holiday. Nei temi dei suoi blues si ritrovano gli argomenti classici ma con un taglio femminile, se non femminista: miseria e alcool, amori infelici e rapporti conflittuali. Nei testi del blues emergono tutti i problemi dell’afroamericano, a volte mascherati o canalizzati su quello, che divenne centrale, del rapporto uomo-donna. Ma questo non vuol dire che fossero trascurati i problemi concreti, quali le condizioni lavorative, l’essere sempre in movimento, le malattie e la morte, i crimini e la prigione, e – tema latente ma presente in diverse forme – la discriminazione razziale. La struttura del blues, come si affermò all’inizio del Novecento, prevedeva strofe di tre versi, con ogni verso composto di quattro battute musicali, per un totale di dodici battute per ogni strofa – twelve-bar blues. Generalmente il secondo verso era la ripetizione del primo: ne segue che tale struttura venne indicata come ‘AAB’. Armonicamente, era utilizzata una sequenza di accordi che prevedeva la tonica per il primo verso, la sottodominante per il secondo verso e la dominante (risolvente sulla tonica) per il terzo . Tale standard si è conservato fino ad oggi e costituisce la caratteristica struttura del blues del Delta, un blues dalle caratteristiche più modali che armoniche, molto intenso come ritmo e come interpretazione emotiva. Le prime registrazioni di blues rurale e di autentici bluesman del sud sono del 1924, con i primi chitarristi neri impegnati nelle ‘ registrazioni sul campo ’ fatte dalla Okeh Records – anche se la definizione non è del tutto corretta, perché tali incisioni avevano un taglio commerciale più che etnomusicologico. Dopo Ed Andrews (sembra il primo in assoluto ad incidere) e Papa Charlie Jackson (più un entertainer che un bluesman), incisero i personaggi storici del blues rurale: tra di essi Blind Blake, Blind Lemon Jefferson, Son House, Charlie Patton. Una forma di espressione molto vicina al blues rurale, fu quella delle jug bands. Su questi insoliti gruppi musicali non sono state effettuate ricerche minuziose, ma sembra accertato che abbiano preso forma a Louisville, in Kentucky, tra gli afroamericani poveri che si esibivano per le strade. Gli strumenti usati erano improvvisati, qualsiasi oggetto che potesse produrre un suono andava bene. Il termine nasce infatti da jug, la brocca di terracotta che era usata, soffiandoci dentro, per rendere le note basse: modulando il soffio, si riesce ad ottenere un effetto simile a quello della tuba delle brass bands non a caso era definito anche the poor man’s tuba. Altro strumento caratteristico era il washboard, l’asse di legno usato per lavare i panni, che sostituiva le percussioni. Come strumenti melodici erano usati il kazoo e l’armonica, la blues harp, che divenne lo strumento principale in moltejug bands. Qualcuno utilizzava, come basso, il tub-bass, un bidone della spazzatura o un mastello per bucato con un manico di scopa ed una corda. Erano questi strumenti poveri, insieme ai classici banjo e fiddle e alla chitarra, a caratterizzare l’organico delle jug bands. Gli anni 14 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets venti furono gli anni di maggiore diffusione per le jug bands: poi, con la Depressione, la loro attività si ridusse e solo pochi gruppi riuscirono a sopravvivere, localmente, di musica. Il country blues del Delta, il blues rurale, è stato un genere che ha attraversato senza grosse modifiche il Novecento, ma a metà del secolo fu superato in popolarità da un nuovo tipo di blues,il city blues, definito dapprima jump blues e successivamente rhythm'n'blues. Il blues di città nacque ufficialmente a Chicago nel 1951, con le incisioni di Muddy Waters. “Louisiana Blues”, “Long Distance Call”, “Honey Bee” e “She Moves Me”, sono diventati dei classici e rappresentano il definitivo sound del blues di Chicago, come viene anche definito. Ma perché questa svolta musicale si verificò proprio a Chicago? La città, polo industriale del Nord, aveva cominciato ad attirare i neri fin dal 1916, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale, ed il conseguente impulso dato all’industria pesante. All’epoca la mano d’opera impiegata nelle industrie era costituita esclusivamente da afroamericani e proveniva soprattutto dal Deep South, il profondo Sud. Si trattava di un’occasione lavorativa che attrasse tanti poveri mezzadri del Mississippi, ma che si sarebbe trasformata socialmente in un incubo, con il forzato isolamento nel cadente e sovraffollato ghetto negro del South Side black belt di Chicago. Il Mississippi fu il serbatoio principale al quale attinsero gli emissari delle fabbriche del Nord, pronti ad offrire ad ingenui contadini un contratto di lavoro e la sicurezza di una abitazione. È così che il Mississippi si svuotò letteralmente: se all’inizio del secolo la predominanza dei neri era schiacciante, soprattutto nelle aree rurali, nel 1940 per la prima volta la popolazione bianca dello stato superava quella di colore. Con lo sforzo dell'industria bellica del secondo conflitto mondiale, quattrocentomila neri erano arrivati dal sud in soli quattro anni; ma l'emigrazione si protrasse anche nella seconda metà degli anni cinquanta. In totale, nel corso di quel decennio, un altro quarto della popolazione nera aveva abbandonato il Mississippi, mentre nello stesso arco di tempo la popolazione di colore di Chicago era aumentata quasi dell’80 per cento. La massiccia presenza di una popolazione nera a Chicago comportò la nascita di etichette locali dedicate esclusivamente agli afroamericani; per tutte ricordiamo la Chess Records, fondata da due fratelli ebrei polacchi arrivati nella città alla fine degli anni venti. Gli afroamericani giunti a Chicago nel secondo dopoguerra erano ancora legati alla musica delle proprie radici, ma si era entrati in un’epoca di transizione: gli anni cinquanta portarono cambiamenti e novità in diversi campi. Il blues cominciò a trovare sempre maggiore spazio e consensi nell’ambiente musicale di Chicago. Molti bluesmen e musicisti jazz cominciarono ad utilizzare ritmi più marcati, con una forte presenza di basso elettrico e batteria. I chitarristi blues avevano cominciato, fin dall’inizio degli anni quaranta, a suonare la chitarra elettrica invece della chitarra acustica. Tutte le innovazioni introdotte dai bluesmen di Chicago, pur rispettando la struttura classica del blues rurale, ne cambiarono fortemente l’atmosfera. Anche i contenuti lirici del blues si modificarono, in seguito alle profonde modifiche sociali, tecnologiche e produttive del Novecento. L'emigrazione aveva generato due ordini di problemi che condizionarono i testi dei blues: lo scardinamento,nel sud, della struttura agricola, che era basata sul ruolo del mezzadro nero; e la creazione di un potenziale esplosivo tutt'altro che trascurabile nelle città del nord, per l'alta concentrazione di neri. I problemi che i neri si trovarono ad affrontare nel nord urbano erano altrettanto gravi di quelli che si erano lasciati dietro nel sud: tutte le illusioni – sulla facilità di trovare un lavoro, sull’assenza di razzismo – dovevano trovare un brusco ridimensionamento. Nasceva il proletariato nero urbano e nascevano i quartieri-ghetto, aree dove i dati sociali più evidenti erano il sovraffollamento, l'alienazione, la criminalità. Waters era stato scoperto casualmente da John e Alan Lomaxche, nel 1941, stavano effettuando un viaggio di ricerca nel Mississippi per registrare Robert Johnson. Ma questi era morto tre anni prima, così la gente dell'area li indirizzò verso un contadino che suonava nello stile di Johnson: il suo nome era McKinley Morganfield, ma tutti lo chiamavano con il soprannome di Muddy Waters. Quando due anni dopo, nel 1943, Waters lasciò il Mississippi per Chicago, il blues del Delta era una musica statica, fossilizzata sugli schemi di venti-trenta anni prima, sempre molto seguita dalla popolazione di 15 Tratto da Chitarre n. 233-234 anno 2005 MusicSecrets colore ma limitata a quel tipo di audience. L'esperienza musicale di Waters a Chicago non fu ovviamente isolata: in una realtà meno dorata di quello che si aspettavano, in ambiente urbano, a contatto con realtà musicali diverse, la musica doveva necessariamente modificarsi. I musicisti neri provenienti dal profondo sud cominciarono così a sperimentare, sulla base del country blues, ritmi e strumentazioni nuove. I primi esperimenti in questo senso furono quelli di Big Bill Broonzy e di Tampa Red. Ma Muddy Waters creò letteralmente un nuovo sound: prese chitarra elettrica ed amplificatore e si fece accompagnare da una band del tipo di quelle string band che agivano all'epoca nel Mississippi, con chitarre, pianoforte, armonica e batteria. Waters cantava, ma poneva un accento particolare nella chitarra elettrica, che usava in un modo che sarebbe stato ripreso non solo dai bluesman ma, più tardi, dai chitarristi rock. Accanto a Chicago, da non trascurare Detroit, capitale automobilistica del nord. Tra gli anni quaranta ed i cinquanta la scena musicale della città era dominata da un bluesman che è ancora oggi una leggenda vivente: John Lee Hooker, the endless boogie (il boogie infinito). Anche lui era nato nel Mississippi , a Clarksdale. Cresciuto nell'ambiente blues della città, riuscì con la sua musica a superare i limiti del ghetto e ad entrare nel mondo musicale americano. Sulla sua chitarra elettrica riprendeva i riff dei pianisti di boogie (un altro degli ingredienti che contribuiranno alla nascita del rock'n'roll), faceva un ampio uso di hammering on e, nelle esecuzioni dal vivo, accompagnava con un forte battito dei piedi il ritmo della propria musica. È con la fine degli anni quaranta che ufficialmente il Billboard etichettò questa 'nuova' musica come rhythm'n'blues: un termine che voleva racchiudere la musica d'epoca dei neri, con le radici nel blues, ma elettrica, legata all'esperienza urbana degli afroamericani e, soprattutto, ballabile. Rimase in uso anche il termine jump blues, che voleva però indicare un altro tipo di organico, che metteva in evidenza una sezione ritmica, il sassofono e la voce. Di questo filone fecero parte Chuck Berrye, soprattutto, Fats Domino e Bo Diddley, tutti legati in qualche modo alla nascita del rock'n'roll. 16