Melos
La dimensione del silenzio in Amedeo Minghi
Un autentico luogo sensoriale in cui si esprimono le melodie dell'artista
Niccolò Carosi
Ogni opera d'arte ha bisogno di un luogo fisico/mentale per comunicare. La tecnologia ci
mette a disposizione supporti audio – video
sempre più accessibili e trasportabili, spesso a
discapito di un appiattimento generale del
suono e o del colore. In realtà poca attenzione, soprattutto in Italia, è stata data invece ai
luoghi in cui poter fruire di una opera d'arte.
Nello specifico, luoghi per ascoltare bene la
musica sono veramente pochi: stadi, palazzetti dello sport, sembrano oggi dover supplire mediocremente alle mancanze strutturali
di autentici luoghi per ascoltare musica dal
vivo. Come se un'opera d'arte di un grande
pittore, fosse esposta in un supermercato...
sfido chiunque a riconoscerla in quanto tale.
Questa premessa è consequenziale all'analisi
della dimensione del silenzio, inteso come
luogo potenziale in cui comprendere e sviluppare la melodia di Amedeo Minghi. Canzoni
come continui abbracci, che ora rintracciano
e si fondono con la presenza dell'amata, ora,
nostalgiche, tornano su se stesse e si stringo-
no nella continua mancanza dell’altro, esprimendone comportamenti emotivi.
La via del silenzio è sempre stata prescelta da
religiosi e mistici, ma anche da pensatori, filosofi, scienziati e umanisti... artisti.
Il silenzio è una possibilità del nostro comportamento; la melodia di Amedeo Minghi
sceglie di esserne complice per tradurne gli
effetti, per lasciar fluire così un tessuto emotivo che esprima una continuità fra l'esperienza del comporre, la composizione stessa e
l'esperienza dell'ascolto. Tre momenti in cui
il silenzio ci rende partecipi.
Con un esempio, questo discorso sarà più
chiaro.
Ascoltiamo Vicino Vicino . Attraverso la musica Minghi descrive perfettamente il silenzio
di due amanti che sono viso contro viso. Ne
ravvisa i tratti emotivi, l'intensità espressiva,
ma non con una manieristica descrizione somatica, ma è la potenza della musica espressione stessa di quel silenzio necessario a comunicare.
Melos
In una dimensione silenziosa, i benefici che
si ottengono derivano soprattutto dalla contemplazione e accettazione di vissuti che riescono ad emergere. I due volti degli innamorati quasi si fondono in una reciproco ascolto
fatto di silenzi.
Entrare nel silenzio è molto più che contemplare, in quanto richiede uno sforzo attivo del
corpo e della mente che si impegnano in uno
spazio simbolico creativo, non inquinato dalla logica che condiziona l’ordinario “pensare”;
è lì che insiste la musica di Minghi: nel dialogo silenzioso degli amanti.
“Ma che dire se gli occhi parlano” così recita il
testo della celebre Notte bella, magnifica; anche in questo caso sono gli sguardi, i gesti che
raccontano l'intensità del momento e, il silenzio, è l'unico luogo possibile per vivere
quell'amore e ascoltarne la bellezza.
In quest’ottica potremmo considerare la potenza del silenzio come ciò che consente di
accedere a nuove dimore. Infatti sempre in
Vicino Vicino dopo un allungamento di note,
si ripiomba nella potenza di uno sguardo
sempre più vicino... “Quella sarà la fine del
mondo, quando sarò così vicino”.
Quando diciamo che qualcosa è in potenza,
vogliamo intendere che la sua forza è silenziosa, che qualcosa esercita la propria forza,
la propria realtà, nel silenzio. Se leggiamo
così, gran parte del repertorio di Minghi, troviamo una melodia attraverso cui la potenza
del silenzio si trasforma e diviene immagine.
Il drammatico silenzio dopo le prime
quattro note della
Quinta Sinfonia di
Beethoven, o lo spazio fra le note di un
assolo di Miles Davis. C’è qualcosa di
molto specifico in relazione alla pausa
nella musica.
Ci si potrebbe chiedere se la cosa più importante che facciano i musicisti non sia semplicemente di creare un’impalcatura per il silenzio, e se il silenzio stesso non sia quel mistero
che sta nel cuore della musica. È forse il silenzio la più perfetta forma musicale? Scrivere canzoni è una vera forma di meditazione.
Ed è soltanto nel silenzio che ci vengono offerti i doni della melodia e della metafora.
Il mondo moderno raramente sperimenta il
silenzio puro, è quasi come se cospirassimo
per evitarlo. Tre minuti di silenzio ci appaiono come un tempo molto lungo, poiché siamo costretti a fare attenzione a quelle idee e a
quelle emozioni per le quali non troviamo
quasi mai momenti idonei. Per qualcuno il silenzio mette a disagio, è spaventoso.
Il silenzio disturba. Disturba perché rappresenta la lunghezza d’onda dell’anima. Se non
lasciamo alcuno spazio nella nostra musica,
priviamo il suono che creiamo/ascoltiamo di
un contesto determinante.
Questo il motivo forse, che difficilmente esistono oggi programmi contenitori di vera
musica; i talent giocano sulla competizione,
sull'idea di spendere in pochi secondi la propria immagine artistica; anche Sanremo difficilmente concede spazio alla melodia, piuttosto si limita a cogliere la potenza degli arrangiamenti, che non stimolano l'immaginazione, semmai coprono il vuoto di una canzone.
Melos
L'amore,
divagazioni
e forme
Riccardo Cancellieri
Il dizionario Zingarelli della lingua italiana
fornisce, fra le altre, le seguenti definizioni di
Amore:
-moto affettuoso, inclinazione profonda verso
qualcuno o qualcosa;
-attrazione sessuale verso una persona;
-complesso di atteggiamenti, di attività e modificazioni morfologiche che, nella maggior
parte degli animali, accompagna la riproduzione;
-aspirazione ardente indirizzata alla realizzazione di un ideale etico politico religioso/sociale;
-forte desiderio di qualcosa o desiderio e attaccamento a qualcuno.
Il dizionario etimologico Pianiggiani, dopo
una dotta disquisizione etimologica del latino
''amare'', affine al greco ''mao'', ''desiderare'',
troppo complessa e non utile in questa sede,
ci dà questa definizione del termine: "Indica
più l'effetto della naturale inclinazione e della
passione suscitata dalla forma esterna che il
risultato delle attrattive della forma scelta e
della riflessione ''
Non essendo riusciti a comprendere appieno,
questa definizione, dopo non breve disamina
direi di fare nostra la definizione di Amore
che Hegel ci dà nella ''Filosofia del diritto''
''… La vera essenza dell'Amore consiste nell'abbandonare la coscienza di sé, nell'obliarsi
in un altro se stesso e tuttavia nel ritrovarsi e
perdersi veramente in quell'oblio.....
Quindi è identificazione del soggetto in un'altra persona, è il sentimento per cui due esseri
esistono solo in una unità perfetta e pongono
in questa identità tutta la loro anima e il
mondo intero.''
Da questa toccante e profonda definizione
possiamo citare due canzoni simbolo del percorso artistico di Amedeo Minghi.
La vita mia in cui i processi dell'abbandonarsi e dell'identificazione nell'altro in particolare, sono evidenti nel testo e nella musica.
Cantare è d'amore in una melodia sinuosa e
travolgente il canto d'amore declina passione
ed espressione..
Aspetti mitologici
Nella mitologia occidentale, Amore-Eros appare, da un punto di vista cosmogonico, come
figlio del Caos e della Notte, ad indicare la
poderosa forza di attrazione esercitata da
questa entità fra i diversi elementi della natura primordiale i quali giungono, tramite suo,
ad unirsi ed a generare le numerose e varie
forme di vita.
“Amarsi è rimbambire la ragione” oppure “Rivedo te che sei, la Vita mia”
Secondo il gossip olimpico classico (nel senso
di monte Olimpo dimora degli dèi), è figlio di
Marte-Ares e di Venere-Afrodite, sebbene costei fosse sposata con il deforme, ed aggiungiamo noi tollerante, Vulcano-Efesto.
Enfant terrible, nudo, alato e armato di arco,
scaglia frecce a destra e a manca colpendo al
cuore non solo umani, ma anche divinità, che
sono così costretti ad innamorarsi.
I danni che provoca con le sue frecce sono tali
e tanti che, assai spesso, la madre è costretta a
rinchiuderlo da qualche parte o ad infliggergli severe punizioni,
Il gossip olimpico non finisce qui poiché gli
vengono attribuiti come padri, oltre a MarteAres, come già detto, anche Giove-Zeus e
Mercurio-Ermes.... ci evitiamo facili battute
sul legittimo marito di Venere-Afrodite,Vulcano-Efesto, e ci accingiamo a parlare di cose
serie.
Scale di misurazione dell' Amore (?)
Mentre la misurazione del dolore e utilissima
in campo medico onde evitare, con l'impiego
di opportune metodologie ed adeguati farmaci, inutili sofferenze al genere umano, già
angariato per conto suo, è poco chiaro a cosa
serva misurare l'Amore.
Gli ''scienziati'' hanno tentato di utilizzare
delle scale graduate in proposito, ma i risultati, oltre che limitati, sono stati oltremodo deludenti.
Se è possibile ipotizzare, ad esempio, una scala per quanto concerne la paura, in base all'intensità degli stimoli ed alle relative risposte, timidezza insicurezza timore paura panico fobie terrore...
Per l'Amore, definizioni formulate in base a
sinonimi graduati in relazione all'intensità
non esistono e qualora ce ne fossero non sarebbero attendibili.
È Amore e basta.
Infatti altri termini quali attrazione, passione, dedizione, affetto, attaccamento, ed altri,
sono cose diverse dall'Amore e non ne sono
né multipli né sottomultipli.
E qui entra in gioco un'altra canzone Gelosi
amori miei; ogni esperienza passata d'amore
è ingranaggio per l'attuale …
Del resto non esiste un parametro generale al
quale rapportare la quantità di amore che si
prova e che, soprattutto, si riceve... e poi
sembra anche che non sia stata ancora individuata nella mappa cerebrale una zona relativa
all'Amore.
E a cosa servirebbe poi, ammesso e non concesso che i risultati delle misurazioni fossero
attendibili se pensiamo che neanche chi è,
per così dire, preso da Amore può dare una
misurazione di quel turbine che prova?.
Prima però di continuare questo breve scritto,
consigliamo agli scienziati che non sono riusciti a cavare un ragno dal buco sull'Amore e
sulla sua misurazione, anche perché, come
abbiamo detto, non hanno trovato una zona
corrispondente nel cervello, di provare a cercare nel cuore.
AMEDEO MINGHI IN TEATRO
Venerdì 6 novembre 2015 - Teatro Tenda
Rio San Martino di Scorzè (Venezia)
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Melos
12 DICEMBRE 2015
IL MEETING CHE VERRA'
Cresce l'attesa per il nuovo appuntamento del Primula Fan Club, il fan
club ufficiale di Amedeo Minghi che quest'anno si riunisce per incontrare
il suo beniamino, il 12 dicembre alle 17, nei prestigiosi locali dell'Auditorium Parco della Musica. Per partecipare basta iscriversi o rinnovare contestualmente il tesseramento. [email protected]
Nell'attesa … ricordiamo attraverso questo scritto che ci offre Filippo Alosi
La giornata tipo dei fan
(Cosa fanno i fan quando c’è un concerto?
Viaggio fra ironia e malinconia…)
Questo mese ho deciso di affrontare un argomento molto caro a tutti i veri fan. Ed ho deciso di farlo giocando un po’, grazie ad un taglio ironico e
goliardico. Ridere è importante per la salute, dunque se non ci prendiamo un po’ in giro che gusto
c’è?
Del resto ad insegnarcelo è anche Amedeo che,
nel corso della sua carriera, ha fatto dell’autoironia un’arma vincente. Spero che il risultato sia
piacevole e raggiunga l’obiettivo di farvi fare due
risate.
C'è un'esperienza che tutti i fan di un artista conoscono bene, un'esperienza che vivono
spesso e a cui non rinuncerebbero mai. Sto parlando del seguire il proprio beniamino durante i
suoi tour teatrali o all’aperto. Alle persone più distanti, a quelle che apprezzano l'artista ma lo seguono solo tramite i media, può sembrare qualcosa di lontano e di incomprensibile. Ma i fan, quel-
Melos
li veri, sanno di cosa sto parlando.
Quando c'è un concerto cosa fanno i "seguaci" di
Amedeo? Si organizzano per esserci e niente può
farli demordere dall'obiettivo di raggiungerlo di
persona, per poterlo salutare ed applaudire dalla
prima fila. E ovviamente sanno che non si accontenteranno di assistere al concerto, vorranno molto di più: vorranno Amedeo da tutti i punti di vista, lo vorranno poter salutare e “possedere” per
alcuni minuti! Che l'evento si tenga dietro l'ango-
lo di casa o a centinaia di chilometri poco importa. Il vero fan parte in auto, in treno, in aereo... E
se non avesse a disposizione nessuno di questi
mezzi o ci fosse uno sciopero improvviso (cosa
che in Italia non è da escludere), sarebbe disposto
a spostarsi a piedi o con l'autostop.
Ma vediamo la giornata tipo dei fan – donne, uomini e bambini – quando c’è un evento artistico
del loro beniamino.
La mattina suona la sveglia del proprio smartphone, che nella maggior parte dei casi è una canzone
indovinate di chi!? Vi lascio spremere le meningi
per qualche secondo. Sappiate una cosa: chi di voi
non dovesse arrivarci verrà segnalato e dovrà rinunciare per un anno a prendere parte a qualunque evento artistico! Suona la sveglia, dicevamo,
dunque subito in piedi: non c’è tempo da perdere
perché, fra il traffico e i possibili disguidi, si potrebbe perdere qualche ora in più del previsto e
sarebbero guai. Rimanere bloccati nel traffico potrebbe significare perdere il volo o il treno. E se
per il viaggio s’è scelta l’auto, vanno calcolate possibili file o forature che moltiplicherebbero le ore
necessarie al raggiungimento della meta.
Una veloce colazione – anzi, meglio lasciar perdere perché ogni minuto è prezioso – e poi subito
via di casa. Ovviamente la valigia, piccola o grande che sia, è stata preparata la sera prima con maniacalità. Oltre alla biancheria intima e ad un
cambio quasi sicuramente c’è dentro un vecchio
vinile, un cd o una locandina da far autografare e
con la quale scattarsi un selfie assieme ad Amedeo. A questo punto, se si parte senza il compagno o la compagna al seguito (perché non sempre
si può avere la fortuna di condividere gli stessi interessi), si potrebbe venire richiamati in maniera
un po’ brusca: “amore, ma te ne vai senza nemmeno salutarmi?”. Si torna velocemente indietro,
scusandosi e dando un bacio “appassionato” alla
propria dolce metà. Ovviamente mentre il corpo
si muove verso lui o lei e le labbra fanno il loro
dovere, la mente dice “ma che me frega de salutarti, io sto andando dal mio Amedè. Me lasci
annà che perdo er volo?” (per chi non lo sapesse, i
fan di Amedeo ragionano in romanesco anche se
sono milanesi o siciliani come il sottoscritto. È
una questione di empatia, di rispetto, tanto per ricordare a se stessi che sono un tutt’uno con il loro
uomo – ops artista – preferito). Risolto questo
primo contrattempo, si corre via veloci mentre
davanti agli occhi scorrono già le immagini di ciò
che sarà: Amedeo sorridente che si scatta il selfie
con te, che autografa per l’ennesima volta l’ennesimo cimelio, che magari deve andare in bagno –
perché mancano pochi minuti al concerto – ma
non sa come dirtelo perché tu l’hai agganciato e
non lo molli più. Ora capisco perché, caro fan, per
carnevale hai acquistato quelle manette!!! Avevi
detto che sarebbero servite per travestirti da poliziotto, in realtà sapevi già di volerle mettere ad
Amedeo per poterlo avere accanto il più
possibile!!!
E mentre le immagini di come sarà la serata continuano a scorrere nella tua mente, sfrecci verso
l’autostrada controllando di continuo il navigatore per accertarti che l’ora di arrivo sia rispettata.
Hai visto quell’agente della Polstrada che t’indicava di fermarti? Forse doveva eseguire un controllo
di routine o forse, chissà, stavi premendo troppo
sull’acceleratore? Ma non lo saprai mai, perché
nella fretta l’hai messo sotto. Beh, in effetti lo saprai perché il collega è sopravvissuto e probabilmente risaliranno alla tua auto. Comunque l’importante è che avvenga dopo il concerto.
Che tu sia arrivato all’aeroporto o alla stazione,
facciamo finta che tutto sia filato liscio a parte il
povero agente di prima. Hai trovato posto per
l’auto, il tabellone “degli arrivi e delle partenze”
Melos
dice che non ci sono ritardi e così puoi partire serenamente. Se invece hai deciso di viaggiare in
auto, scopri che l’autostrada è sgombra o che il
traffico non è particolarmente preoccupante. Passano le ore necessarie e, come per magia, ti ritrovi
nella città o nel paese in cui tutto avverrà. Prendi
la stanza che avevi prenotato per passarci la notte
dopo il concerto e, prima ancora di rilassarti mangiando qualcosa, senti al telefono gli altri fan.
Persone che conosci da anni e che condividono
con te la stessa passione, persone che spesso hai
avuto come complici per avvicinare Amedeo o per
“eliminare” ogni intralcio fra te e lui. Ovviamente
non tutti possono andare d’accordo, per cui c’è
sempre quel fan che non sopporti per i più disparati motivi. Quello va tenuto a debita distanza, infatti cerchi sempre di sapere quale hotel ha scelto
in modo da prenotarne uno diverso dal suo.
Appuntamento a pranzo o per un caffè, dipende
dall’ora d’arrivo. Baci e abbracci, poi subito al
dunque:
Tizio: “Allora, quando siamo da Amedeo ti passo
lo smartphone e tu scatti le foto. Ti raccomando,
non farla mossa altrimenti non posso metterla sui
social.”
Caio: “Tranquilla, ti scatterò delle foto stupende.
E quando arriva il mio momento, ti prego: fai altrettanto!”
Sempronio: “Ragazze, mentre voi vi scattate le
foto io mi assicuro che non ci infastidisca nessuno. E se Amedeo si stanca ci penso io, spero solo
di non perdere le chiavi delle manette, altrimenti
come facciamo?”
Presi tutti gli accordi, si torna quasi sempre in hotel per rinfrescarsi e per cambiarsi. Se sei
una donna ti accerti che il profumo si senta, che il
vestitino sia quello giusto e che la scollatura non
sia troppo… esigua. Se sei un uomo controlli che
le scarpe siano pulite, che i pantaloni cadano
bene, che la maglietta o la camicia s’intoni col resto dell’abbigliamento. Il countdown è partito,
manca davvero poco e bisogna essere perfetti!
Arriva il momento di presentarsi sulla scena del crimine, ops volevo dire sul luogo in cui si
esibirà Amedeo. Come ogni fan che si rispetti, tu
e i tuoi compagni di musica arrivate lì con un piccolo anticipo: dalle due alle quattro ore, come minimo, tanto per non correre il rischio di perdere la
prima fila o di perdere l’incontro con Lui. Eh già,
perché Amedeo incontra i fan prima del concerto
se si tratta di un’esibizione estiva nelle piazze.
Quando si è in teatro, puoi arrivare un pochino
dopo: l’incontro avverrà a fine concerto nei camerini.
Arrivi sul posto e, visto che conosci tutti,
inizi a salutare questa e quella persona. Nel frattempo ti guardi intorno, come se fossi un ladro in
cerca dei luoghi da svaligiare. In realtà stai soltanto cercando di individuare il camper, l’abitazione
o l’ufficio pubblico nel quale verrà ospitato il tuo
melodista del cuore prima di salire sul palco. Vuoi
accertarti di essere fra i primi a scoprirlo, in modo
da avere un vantaggio sugli altri. E quando pensi
di averlo individuato, non lo sbandieri ai quattro
venti ma solo ai fan che ritieni più amici. Non è
per egoismo, è solo perché dev’essere tutto e solo
tuo!
Fra uno sguardo a destra ed uno a sinistra,
ti accorgi che sul palco sono saliti i musicisti.
Stanno facendo il soundcheck? Si, ma tu te ne
freghi e inizi a salutarli da lontano e fare segno
con la mano per dire “ci vediamo appena finite, ci
sono delle foto da fare”. Già, perché nell’attesa
vuoi rapire un pochino anche loro per prendere
qualcosa al bar e per iniziare a condividere le prime foto sui social con scritto cose tipo “aspettando Amedeo…”.
Ad un certo punto tu e i tuoi “complici”
notate uno strano movimento di auto che sfrecciano dietro il palco. Che sia arrivato Amedeo?
Attivate gli occhi bionici e si, è proprio lui. Sta
scendendo dalla macchina e, scortato dagli uomini del suo staff, si avvia verso il luogo che avevate
individuato poco prima. Lasciate quello che state
facendo e, col barista che v’insegue gridando “mi
dovete ancora pagareeeee”, iniziate a farvi strada
tra la folla. Un bambino che sta giocando vicino ai
suoi genitori, mentre aspetta che inizi lo spettacolo, non vuole farvi largo. Voi, con una gomitata,
lo invitate gentilmente a farsi di lato e proseguite.
Col fiatone e tutti sudati arrivate a ridosso
di Amedeo per un primo saluto, vi brillano gli occhi nel vedere lui che vi ricambia sorridendo. A
quel punto vi mettete in fila, aspettando il momento in cui verrete chiamati dentro per le foto e
gli autografi di rito. In quei minuti concitati arrivano altre persone desiderose di salutarlo e voi,
persone garbate e felici di condividere con gli altri
la vostra gioia, lanciate loro uno sguardo assassino per mettere in chiaro che la fila va rispettata.
Nei pressi del palco c’è un po’ di concitazione, si vocifera che per colpa di un ritardo durante il viaggio Amedeo potrebbe non incontrare
nessuno e preferire concentrarsi per lo spettacolo.
Diventate blu, gli attacchi di panico prendono il
sopravvento.
Uno dei ragazzi dell’entourage di Amedeo (magari Giampiero…) vi fa segno con la mano. E’ il vostro momento: quello in cui potrete ammanettare
il nostro povero cantautore romano, intimandogli
di rimanere fermo mentre vi fate il vostro selfie e
mentre gli racconterete (soltanto per la milionesima volta) quant’è grande per voi. Amedeo, con gli
occhi sgranati per il terrore, si concede a voi e tutto prende corpo. Finalmente.
Uno dei momenti più attesi della giornata
s’è finalmente realizzato. Vorreste che non terminasse mai, ma una squadra speciale antisequestro
armata fino ai denti interviene e sottrae dalle vostre grinfie il malcapitato. Liberato dalla manette,
torna libero e può andare in bagno prima di cambiarsi per poi procedere alla prova microfono e
concedersi qualche minuto per rilassarsi e concentrarsi.
Si accendono i riflettori, parte la musica e Amedeo avanza sul palco. Alcuni di voi sono in prima
fila, perché magari siete stati così lungimiranti da
lasciare qualcuno a proteggervi il posto. Altri,
meno fortunati, dovranno assistere al concerto
dal retro del palco. Ma non si può avere tutto nella vita, per cui vi accontentate e godete delle note
e della voce migliori che abbiate mai sentito. La
musica scorre e, con essa, gli anni della vostra
vita. Ricordi (del cuore, appunto) che tornano
magicamente “di canzone in canzone”. Migliaia di
persone applaudono, cantano, ridono e si commuovono. Nell’aria le melodie che vi accompagnano da una vita, sulla pelle i brividi per le emozioni che Amedeo vi ha sempre saputo regalare.
Finisce il concerto e, mentre arriva quel
“buona vita e che sia in pace”, un velo di malinconia avvolge il vostro cuore. Pensate all’ennesimo
concerto finito, all’ennesima emozione che sta per
svanire. Ma sarà così per molti altri anni, perché
mai nessun concerto sarà l’ultimo quando si tratta
di Lui.
Melos
UNA STRANA PIOGGIA SU DI NOI
Gianluca Lucchese
LA SOLITUDINE
Foto by Anna Montagno
Questa volta mi rivolgo a te, che come me, segui Amedeo e che forse conosci bene la solitudine e ne apprezzi la sua compagnia. Questa non è “la storia di un uomo solo” che scivola troppo in fretta, ma la ricerca dello scopo
di un sentimento, la solitudine, appunto, che
nel verso giusto ha il suo perché. Intanto ci
invita a un dialogo con l’anima: “Tu chi sei?
Occhi negli occhi sono sguardi negli specchi”.
È uno stato d’animo che può sfidarti. “Forse
sarà per il carattere che ho, appassionato
come un bacio d’amore” “ma tanto io so che
vincerò, lo so perché lo sento”; è così che
spesso ci rivolgiamo a Lei. “Tutto è come se la
questione fosse un passo sopra l’altro e tutto
quello che ci attrae è l’ovvio e un po’ parodia”
come questo articolo “ che è un appuntamento per noi”.
Dunque, con Lei tutto è possibile: “persi nel
mondo non lo saremo mai”. Puoi combattere
con le fiamme di un drago violento o ascoltare la voce calma del fuoco in un camino. “È
triste indossare un pigiama e stare immobile
così”: “gridi aiuto e nessuno ti ascolta” ma
non puoi ordinarle “Vattene o saranno guai!”
“in un pianto non consolato”, “semplificando
la vita”! È difficile interrompere i pensieri, i
sogni, le parole nell’esser soli “e non sapere
chi sei; ti ricordi una madre, guardi
fotografie,
un'improbabile
infanzia,
incontrollati ricordi”.
Sono convinto che anche Amedeo sappia che
la solitudine è la compagna più tenace, la
fiamma di una candela che non si consuma
mai, il modo migliore per dialogare con un’emozione intima. Ti può prendere di notte o
anche di giorno, “Lentamente ma disperatamente, lentamente ma dolcemente” dopo i
tuoi tradimenti, le tue bugie, dopo l’oro che
Le hai regalato; ti guida “con l’attenzione di
chi carezza un corpo sconosciuto, per ore ore
ore, ore ore e ore”. Ti aiuta a costruire abbracci d’inverno e tuffi d’estate, fiocchi di neve o
ventate calde “senza le Rose, le essenze, le
pose”, “perché è così negli attimi che sai”. Le
sue immagini sono le più adatte per te: senza
il suo aiuto non sapresti come costruirle, nonostante tu possa pensare “vivere liberi sì, ma
soli no”.
Come in un mazzo di carte, è la Donna di
Cuori dei tuoi sogni, il Re di Denari nei tuoi
pensieri ma qui la “La storia s’è licenziata, ho
il due di picche, lo so”, “voglio sembrare un gigante, un nano adulto e più grande” invitandoti ad ascoltare i tuoi silenzi: magari col
Maestro in cuffia. Stare in solitudine colma
un vuoto immenso come acqua in piscina. È
questo amore tuo. Ed il tuo cielo è l’anima. È
quello che non hai avuto mai, è restare soli, è
ridere di te, “è non sapere cos’è un confine” “e
quel che resta è inutile”, pezzi di colori che
non hai. È Lei che sa nasconderti, che sa delle
tue lacrime, che può vederti piangere e cammina al tuo fianco nel profondo buio, senza
mai perdere di vista quei “tuoi rapidi movimenti degli occhi”. Ti segue ovunque. Anche
fino a farsi male. Tu Le sorridi e “sarà un coraggio da scemo, un po’ più bello che strano”.
In solitudine ti racconti desideri e viaggi lontano rischiando di smarrirti, anche se “chi
vive solo di speranze non vive mai. Davvero
distanti, persi nel mondo non lo saremo mai”
per lei che “cattura il vento in un veliero” e ritorna da te che sogni questa sua nostalgia.
Assieme a Lei, compi passi in castelli principeschi e in stanze di fata. “Due passi ancora
tra noi, quei due vigliacchi che siamo noi, che
dicono – No è la vita, che problema c’è oltre
me?” È il momento di filastrocche e favole, di
dolci profumati con spezie e liquori, “le caldarroste, la pioggia”. “Quanti visi e quanti
giorni chiari e dolci in” te. E se “il tempo torna indietro” e ti dà la mano, finendo nel peggior posto possibile, Lei sarà lì a coprirti con
le sue attenzioni perché ”è grande come il cie-
lo, questo piccolo grande ombrello, ci protegge dal buio”.
Non alza quasi mai la voce e quando lo fa è
per dirti che stai esagerando: “ogni fiato avrà
un respiro accanto a sé”. È un animale strano
e curioso con le curve di donna e la forza
d’uomo, sguardo maschile e intuito femminile. Tu sei come un “cacciatore” con “le tue lance” in una casa alta come il Sole, “dove vivi
piano” in “un ricordo oramai lontano”. Cacciatore “il tuo animo è sospeso” nei passi incerti e “felpati” come quelli del tuo gatto persiano. La solitudine ha mani che ti sfiorano e
che t’infilano le dita nei capelli; ahi, quanti ne
tagliasti, “nel mare ti vedrai”, “negli anni, anni
tuoi”. Percepisci il suo calore sul collo, quell’accento speciale nel silenzio dei tuoi verbi.
“Quanti baci d’amore in un tempo così” e plani con Lei “come il cammino del Sole” in un
“tempo che vola con ali sentimentali”. E la
sfiori pure tu. Cammini, cammini lentamente
e in punta di piedi mentre Lei diviene “via via
più vicina, sorride e affianca” il tuo passo.
“Impervia è la strada ma non è sbagliata”.
E così ti fai guidare nel far l’amore o non
amore con Lei, “soave e dolorosa”, “profumo
evanescente”. “Misteri” Le leggi nel viso, ma
che è bella lo sai se così bella si fa! e allora ti
lasci dire:
–“Parlo piano e ora mi ascolterai per non
sentire più la lontananza che c’è tra noi”.
Ascoltati, amati, rispettati, condividi sempre
le tue emozioni con gli altri. Questo è il mio
scopo.
E tu rispondi:
-“La nostra è una storia che è fatta d’amore”,
io Ti accontento perché sei l’unica di cui possa fidarmi…
“Adesso il cielo a te si è arreso. Sei una stella
fra le stelle” che ha dialogato con un sentimento “tra le braccia”, che l’hai toccato e sentito su di me e abbracciato in te, “che ha le ali
e con le ali svanirà”. Concludendo, a volte “il
cielo piange una strana pioggia su di noi, da
dove viene, chi lo sa” ma credo che sia così,
con Lei, con questa Solitudine catturata con
le mani, che Amedeo abbia dato vita a molte
di queste canzoni che noi, “atomi lontani”,
amiamo e condividiamo da sempre.
Le interviste IMPOSSIBILI di Gianluca
Gianluca Lucchese
Niccolò mi ha proposto una rubrica per questo sito. Io, vista la mia devozione totale per Amedeo,
ho accettato senza nemmeno pensare a cosa scrivere; poi, volando tra testi parole, ho immaginato
un’improbabile intervista con il Maestro; a volte distratto, altre cinico, altre ancora, preciso. E mi
sono divertito. In un mondo dove tutto diventa inevitabilmente e inverosimilmente serio, vorrei
che anche voi, come me, lasciaste spazio tra una domanda e l’altra a qualche nota d’un sorriso…
Amedeo, grazie che sei venuto a pranzo in questa giornata autunnale. Sole e barbecue mettono
sempre allegria. Tra poco arrivano gli altri invitati. Ci pensi tu alle salsicce e alla rosticciana? Io
preparo i peperoni. Intanto aggiungi un po’ di sale e controlla la cottura!
Che bruciore, che fiamma scotta il dolore… Basta un attimo, un raggio luccica: come una lacrima
agli occhi.
Attento! Dai non ci credo! ti sei ustionato! In un attimo che ti ho lasciato solo!
Aspetta! Io, davvero io non mento. Labbra bruciate d'amore, da un'onda di sale. Mi aiutai con le
mani e un bel picco toccai! Non piansi mai. Accende il fuoco della gelosia. Tu la soffierai.
Ma dai, non prendermi in giro, altrimenti ci metto un altro al posto tuo! È arrivato anche il fioraio.
Qualcuno lo troverai! Qualcuno se pagherai Qualcuno ci cascherà... Non ti rimane altra via.
Quello dei fiori fa ciao...
Ahah niente da fare Maestro, adesso ci sei tu e finisci la cottura delle carni, ma attento al vento!
Tira tramontana come un'onda che scompiglia il volo alto dei gabbiani, mentre sfavilla il Sole.
Ma che Gabbiani! Siamo sulle colline pisane! Hai già bevuto? La carne è ancora al sangue…
Meglio l’acqua adesso, dammi retta!
Benedetta è la mano e benedetto è il vino. Non del sangue ma del Rosso, assaggiai. L'acqua che si
incontra col suo scialacquio è rimbambire la ragione in noi. Bene qui il vino è buono, gli odori e
le carte e il suono ed intanto la bocca tua qui non c’è.
Tieni, dai! Questo è Alloro e questo Rosmarino. Mettili sulla brace che aromatizziamo la carne. E
dammi retta che ti insegno alla grande; ci credi o no?
Profumo evanescente di fiore dal gambo reciso, forse hai ragione tu. Crederò a qualsiasi cosa tu
mi dirai che non sta in cielo né in terra. Tu puoi dirmi tutto quello che vuoi…
Oh cielo ti devo spiegare ogni cosa! Ho assaggiato i miei peperoni e sono buoni. Ora prepariamo
le apparecchiature. C’è ancora tanto da mettere a posto in questa confusione.
Sai che tutto non sai, tu non sai… Io porto un tavolo e tu il dolce. E nel disordine che sei meglio
non cadere mai.
Sì, fai pure lo spiritoso. Ho invitato anche Daniela, Mietta; ma non può venire…
ripenso a quel Sanremo.
Ogni tanto
Tu che fai quell’espressione, io ci speravo e invece… rivedo il sorriso, l’emozione sul viso, la stessa
mia nel silenzio svanì ormai…
Ok, sarà per la prossima volta. Adesso togliamo le salsicce e la rosticciana. Il fuoco si è spento?
Rimase un esile fiammella che soffiai.
Perfetto! Stanno suonando, apro il cancello. Oh e la carne dov’è?
Non capisco ripeti.
La carneeee! Dov’è finita? Non ne resta niente?
Io mi scialai di lei e lei di me… Tutto il tempo stretta stretta a me… Come se niente accadesse
tutto il passato passò! Qualcos’ altro resterà, fragola piena, fog lia che trema… tu che ancora
chiederai cosa resterà; qualcos’altro resterà!
L’hai mangiata tutta? Nooooo! Divento viola dallo smarrimento!
Ti sento poco, ti allontani, fai la voce color bordeaux. Hallo hallo!
Amedeooo! Gli invitati, la carne e ora? Amedeooooo!
Rivederci e grazie… è meglio non avere più notizie… è in partenza il treno delle venti…
Amedeoooo! Ti cascano le salsicce dalle tasche! Torna indietroooo
Testi canzoni: Ladri di sole, Firenze piccoli particolari, Mio sole mio, Mia vita, Qualcuno, La stella
dello sperone, La casa lungo il Tevere, Benedetta, Cantare è d’amore, Ti volevo cantare,Tu chi sei,
Crederò, Marì, In esilio andremo soli, Certe cose, Distratta poesia, Hallo Hallo, Com’è il tempo, E
la pioggia che resterà, Rivederci e grazie, S.o.s (sulle piste).
INTORNO A FANTAGHIRO'
di Massimo Mastrogiovanni
Dopo la preziosa testimonianza del Maestro
degli Effetti Speciali Sergio Stivaletti, autore
delle creature realizzate per le fiabe di Lamberto Bava - prima tra tutte la celebre ‘Pietra
Tornaindietro’, oggetto cult che richiama alla
mente le imprese della principessa guerriera
– prosegue il nostro excursus storico nel dietro le quinte di un filone fantasy italiano che
non smette di incantarci…
Il 1993 fu, senza dubbio, l’anno migliore per le
produzioni di Bava. FANTAGHIRÒ 3, infatti,
oltre ad essere l’episodio preferito dallo sceneggiatore Gianni Romoli, fu quello che vide
un maggiore impegno produttivo – dopo gli
ascolti di Fantaghirò 2 che avevano superato
addirittura il suo predecessore - a confermare
la forza di un franchise che si era ormai imposto come programma leader nello spazio comunemente chiamato TV delle feste.
In un’intervista rilasciata all’epoca a “La
Stampa”, Lamberto Bava rivelava: «Sono state
condotte delle indagini ed è venuto fuori che
al pubblico piacerebbero dei personaggi anche più complessi di quelli che abbiamo proposto finora. Perciò Fantaghirò 3 sarà più epico, più ricco di storia, più centrato sui sentimenti dei protagonisti, più denso di duelli e
di passioni». E così è stato. Il terzo episodio
della saga della principessa guerriera è quello
in cui la qualità e l’impegno sono tangibili più
che mai: nuovi interpreti, nuovi intrecci,
creature ed effetti sempre più d’impatto, nuovissime tracce musicali che descrivono l’animo dei personaggi e i momenti di terrore e di
pericolo (in questo episodio ce ne sono parecchi!) che vive la nostra protagonista, sempre
interpretata dalla splendida Alessandra Martines, ormai perfettamente a suo agio nel ruolo, nonché ricca, lei stessa, della solarità, della
tenacia e della combattività della principessa
guerriera.
In questo episodio, accanto al cast precedente
– da cui escono definitivamente il Re Padre
Mario Adorf e il personaggio della Strega
Bianca (interpretato prima da Angela Molina
e poi dall’attrice ceca Katarina Kolajova) –,
fanno il loro ingresso trionfale la celebre, e
bellissima, bond girl, Ursula Andress, e il modello australiano Nicholas Rogers, che farà
breccia nei cuori di tutte le fans della serie e
che tenterà di farlo anche in quello della stessa Fantaghirò. La Andress e Rogers, entrambi
perfetti per il ruolo, vestono i panni, rispettivamente di Xellesia e di Tarabas, stregoni madre e figlio, regnanti di un mondo sotterraneo, i cui diabolici piani andranno a scontrarsi proprio con quelli di Fantaghirò e del suo
regno.
Tarabas sarà, dunque, il nuovo, bellissimo, co-protagonista maschile, erede ideale
di Kim Rossi Stuart ma non del personaggio
di Romualdo che, seppur indebolito per le latitanze del suo interprete, stanco di prestare
il suo volto ad un principe, forse, sempre
troppo uguale a sé stesso, rimarrà comunque
l’amore incontrastato di Fantaghirò.
Convinto dalla produzione che il suo
personaggio fosse fondamentale alla storia,
Rossi Stuart prese parte a questo terzo sequel
solo come ‘amichevole partecipazione’, girando due sequenze all’inizio e alla fine del film,
prima che il suo personaggio fosse trasformato in statua di pietra da un incantesimo di Tarabas e Xellesia.
Nicholas Rogers in Tarabas
sante perché, ancor più degli altri, si sviluppa
Il terzo Fantaghirò è particolarmente interes- su due livelli di narrazione, come tende a precisare lo sceneggiatore Gianni Romoli: una
trama semplice e uno sviluppo psicologico lineare, che rendono la fiaba più appetibile ai
bambini, nascondono un sottotesto più profondo che cattura anche l’attenzione degli
adulti. Questo episodio è, appunto, quello più
ricco di rimandi ad altre opere letterarie e più
denso di citazioni, basti pensare al complicato rapporto tra Tarabas e la madre che ricorda, addirittura, il complesso di Edipo e strizza
l’occhio ai drammi shakespeariani.
Il nemico di Fantaghirò, in questa miniserie,
non è più il cattivo delle fiabe per eccellenza!
È, piuttosto, un personaggio tragico, combattuto tra i propri sentimenti, il desiderio di conoscenza di mondi diversi dal proprio, e l’obbligo di aderire ad un disegno prestabilito, un
destino che non prevede amore ma che lo
istiga, come la madre, ai principi dell’odio e
del male eterno. È ancor più interessante il
fatto che queste premesse attorno al personaggio di Tarabas, getteranno le basi per un
discorso che verrà approfondito meglio soltanto nell’episodio successivo…
continua…
Ursula Andress
RICORDANDO
Trascorso esattamente un anno da
quando Amedeo ha regalato agli ascoltatori della musica italiana, un album
particolare e coraggioso: Amedeo Minghi - Suoni tra ieri e domani.
Dieci canzoni registrate durante l'omonimo recital teatrale (Teatro Ghione di
Roma, il 9 dicembre 2013) da Amedeo
Minghi con la collaborazione al pianoforte del maestro Cinzia Gangarella.
Nel cd ogni brano viene commentato
dallo stesso Amedeo con le tracce audio, quasi a voler rafforzare il rapporto
intimo che lo lega al teatro e al suo pubblico; laddove la parola è soddisfazione
simultanea dei sensi.
LE DIECI CANZONI
Dieci canzoni che fanno parte di un repertorio che mai è stato sotto i riflettori del noto melodista, perché i brani, composti in un arco temporale che va dalla fine degli anni Settanta fino
ai giorni nostri, sono opere “commissionate” a Minghi da grandi interpreti o dai loro produttori, che per la prima volta Amedeo fa sue sotto un'unica cornice.
«Questo album è una collezione – racconta Amedeo – che permette di entrare dentro un
mondo della canzone in cui c'erano le collaborazioni fra artisti, poeti, interpreti, musicisti, arrangiatori, produttori; così nascevano album straordinari, destinati a restare per sempre,
come le canzoni che sono in esse contenute, perché lavoro di grandi».
Si scorrono infatti fra i nomi: Ennio Morricone, Luis Bacalov, Franco Micalizzi, i fratelli De
Angelis, Celso Valli, Renato Serio e poi gli autori: Mogol, Adelio Cogliati, Marco Luberti, Pasquale Panella, Gaio Chiocchio, Paolo Audino. Fra i produttori da Lilly Greco a Caterina Caselli.
GLI INTERPRETI ORIGINALI
Gli interpreti a cui furono affidate: Mietta, Rita Pavone, Marcella Bella, Gianni Morandi, Anna
Oxa, Andrea Bocelli, I Vianella, Franco Califano, Katia Ricciarelli, Laura Landi.
«Era il tempo delle collaborazioni, delle sigarette condivise, del buon vino e un pasto caldo da
vivere insieme, appoggiati in piccole camere – ricorda Minghi – a scrivere canzoni, e poi in
studio a comporle, sperando sempre che qualcuno le ascoltasse prima o poi... – e aggiunge –
Queste canzoni si comportano come la mia vita artistica, sempre piena di colpi di scena ed
evoluzioni, perché sono state affidate a grandi interpreti in momenti particolari della loro carriera: si pensi ad Anna Oxa, che in quel periodo cambiò stile e casa discografica proprio attraverso Toledo oppure a Califano che cominciò a cantare le sue canzoni incoraggiato dall'inter-
pretazione di Fijo mio, quando all'epoca invece era considerato un paroliere: che brutta parola; Califano è un poeta e con quella canzone si è riscoperto interprete. Avevamo stili di vita
differenti, ma la nostra collaborazione artistica è stata proficua e sempre empatica.
Katia Ricciarelli con Il profumo del tempo fece il suo debutto al Festival di Sanremo come super ospite e si ritrovò a cantare per la prima volta un brano pop. Potrei andare avanti – sorride
Minghi – e ricordare Mia Martini che fece un album firmato da grandi autori e si lasciò sedurre dalla mia chitarra durante la registrazione su cui Bacalov impiantò l'arrangiamento; stessa
cosa per Gianni Morandi che, per tornare in vetta alle classifiche, intuì la strada della collaborazione con i cantautori. E che dire di Marcella Bella che pur avendo alle spalle un fratello,
Gianni, che scriveva per lei, scelse con la sua produzione di affidarsi alla mia capacità compositiva...»
In effetti sono molti gli aneddoti legati alle canzoni; per questo l'album è stato corredato da
un libro di sessantaquattro pagine a colori che, oltre a riportare i testi e notizie storiografiche,
racconta in modo esauriente la genesi dei brani, evidenziando i tratti salienti di un modo di
procedere nel mondo della canzone sicuramente lontano da quello che oggi viene offerto.
La rilettura di questi brani, si avvale della collaborazione del maestro Cinzia Gangarella (nella
foto) che racconta per la prima volta la sua esperienza artistica con la musica di Minghi.
«Musica classica e musica leggera, musica colta e musica popolare sono distinzioni importanti dal punto di vista dello storico o del sociologo, ma nel mio percorso di musicista non hanno
mai avuto grande rilievo. Sono convinta che la musica sia un veicolo di unificazione e non di
separazione, e già nella mia mente di bambina trovavano posto gli studi rigorosi di pianoforte
e le canzoni dei 45 giri. Le due realtà musicali convivevano serenamente, anzi creativamente.
Negli anni questa è diventata la mia ricerca: mettere in relazione mondi sonori apparentemente assai lontani. Accettando con entusiasmo l’invito di Amedeo Minghi di rielaborare pianisticamente in forma classica alcune sue canzoni non potevo fare altro che attingere al reper-
torio pianistico a me caro. La musica di Amedeo è emozionale ed emozionante e questo mi ha
permesso di non metter limiti alle idee che nascevano, idee quindi non concettuali ma fortemente legate a una emozione, pur all’interno di un lavoro rigoroso sia a livello formale che di
scrittura.
A volte tale lavoro è stato facile, come nel caso di Per noi, brano che esprime già un preciso respiro pianistico. In altri casi è stato più complicato perché si trattava di elaborare canzoni
complesse, e spesso molto conosciute, cercando di dare loro una nuova luce. Il risultato è un
pianismo frutto di accostamenti musicali talvolta spiazzanti. Ad un orecchio attento non potranno sfuggire alcuni riferimenti alla Sonata Op.2 N.3 di Beethoven nel brano Fijo mio, o all’Intermezzo in sib minore N.2 Op.117 di Brahms ne Il profumo del tempo, o le prime inconfondibili note del Claire de lune di Debussy in Solo all’ultimo piano. Sono citazioni che diventano
climi musicali. Difatti quello che per me più conta è il clima musicale complessivo che si viene
a creare: può essere un andamento da Sonata mozartiana per L’amore, o una griglia barocca
da Concerto Grosso per Camminando e cantando, o ancora un merletto di colore romantico
“alla Schubert» . Per Ti perdo e non vorrei, un incipit beethoveniano in Toledo, una pulsazione
vivaldiana per Firenze piccoli particolari, senza dimenticare la variazione di tempo in Ma
sono solo giorni dal 4/4 originale a un 6/8 che sarebbe molto piaciuto a Satie. Credo si tratti
proprio di questo: piccoli particolari di un discorso pianistico dove passato e presente conflui-
scono in un unico flusso armonico. In fondo è lo stesso intento enunciato da Amedeo nel titolo del CD: Suoni tra ieri e domani».
Questa preziosa riflessione offerta da Cinzia Gangarella, fa comprendere che i “suoni di domani” sono già intimamente legati alla preziosa esperienza compositiva di Amedeo Minghi,
che ha sentito fin da subito che la musica avrebbe fatto parte della sua vita, sempre e comunque. In un'ottica neoromanticamente visionaria esprime la sua avanguardia melodica, come
un Ulisse che guarda sempre avanti sicuro del suo fuoco interiore e della sua capacità di percorrere e precorrere le strade, i tempi.
Il cd contiene al suo interno anche un inedito di forte impatto emotivo, rafforzato da un vi deoclip di straordinaria capacità evocativa, che si lega intimamente al trasporto melodico del
brano.
«Questo brano inevitabilmente esprime lo stato d'animo attuale. - spiega Amedeo Minghi ho composto una melodia organica, un crescendo emotivo e musicale, a tratti epica ed evocativa. Atmosfera di un mondo poetico che da sempre mi sta cuore: l'amore. Qui, si riannoda e
si eterna in un legame che va oltre il tempo e le stagioni, oltre la vita stessa, si fa canto e poe sia. Ogni canzone è dedicata a mia moglie, alla donna come motivo ispirativo; però questo
brano a lei piaceva molto. Era una melodia, che ripeteva e nascondeva fra le note una unica
frase: io non ti lascerò mai. Oggi è la canzone che voi tutti conoscete, accolta dal pubblico in
modo straordinario, per questo la ritengo una seconda rinascita artistica. La prima è datata
1976 con L'immenso; ora 2014 con Io non ti lascerò mai che vanta milioni di condivisioni e di
visualizzazioni. La vita va avanti, così la mia musica; noi tutti ci disabituiamo ad alcune cose,
per raggiungerne altre. Ora mi è chiaro, questo album SUONI TRA IERI E DOMANI conserva
in sé lo Ieri e i suoni del mio Domani. L'Oggi è ben rappresentato dal recital omonimo cominciato nei teatri del Nord, per toccare Roma e poi Napoli ».
Il video per la regia di Michele Vitiello, è stato prodotto da Produzioni Le Lune di Fabio Leone
e Antonella Barbera, Riccardo Cancellieri, Terre Sommerse Group per le La Sanbiagio Produzione. Una canzone struggente, a tratti epica, evocativa per eccellenza, nella sua circolarità
musicale, Io non ti lascerò mai si fa promessa eterna d'amore e di vita, riannodandosi all'esigenza di confermare, anche e soprattutto nel dolore, lo slancio altissimo di chi sa cos'è l'amore
e lo sublima nell'atto creativo. Così Amedeo - Orfeo, commuove gli idei, in uno scavo verticale
dentro se stesso, trova la forza di riaffiorare; e le terre mitologicamente si aprono per favorire
questa ricerca del sé. I labirinti profondissimi non scoraggiano chi è testimone dell'esperienza
dell'amore e lo ricerca; e questo amore, quasi lo trattenesse per mano, attraversato ogni dolore, torna alla luce con le sue verità e le grida al mondo in un canto che non conosce confini.
Il regista Michele Vitiello, giovane studente della Sapienza Università di Roma – Dipartimento di storia dell'arte e spettacolo commenta:«Ci sono cinque livelli di lettura in questo videoclip: l'Io narrante, l'Io narrato, l'artista, il simbolismo dei luoghi, la forma e contenuto dell'opera... perché il nostro obiettivo era superare l'aspetto meramente didascalico, che a mio avviso non aggiunge nulla alla canzone, per commentare invece questo brano con immagini filmiche che fossero tessuto dello stesso organismo dell'opera. Chiudendo gli occhi lo spettatore
deve immaginare le stesse visioni suggerite dal videoclip».
Conosciamoci
Inauguriamo una nuova rubrica che ogni volta intervisterà un ammiratore di Amedeo
Minghi. Basterà inviare la richiesta a: [email protected]
Cara Roberta ti chiedo cortesemente di presentarti
Buongiorno a tutti i lettori di Melos, mi chiamo Roberta Oliva, sono di Palermo e amo follemente la
musica del nostro melodista da circa 33 anni. Eh si, ero ancora una bambina .... Nella mia famiglia
siamo tutti suoi fans sfegatati ed abbiamo assistito a numerosi concerti, ma forse io ne avrò visto
qualcuno in più: credo ne manchino davvero pochi per arrivare al traguardo dei 200.
Quando la musica di Amedeo è entrata nella tua vita?
È il 1983 quando Amedeo porta al 33* Festival di Sanremo il brano '1950' di cui me ne innamoro
perdutamente fin dal primo ascolto. Da quel momento in poi mi perdo completamente in quella
musica, nei suoni, nei sensi, nelle sensazioni che emanava. Da allora non l'ho più lasciata ......
Un ricordo associato ad Amedeo?
Sono talmente tanti i bei ricordi che mi legano a lui, che evidenziarne soltanto uno sarebbe ingiusto
nel rispetto di tutti gli altri. Me ne viene in mente uno in particolare legato ad un concerto tenuto
presso il Teatro Rendano di Cosenza: era il 18 gennaio del 2002 e, ancora oggi, rievoca in me un susseguirsi di emozioni indelebili, che rimarranno scolpite per sempre nelle pareti del mio cuore.
Cosa ti magnetizza di questa melodia che non rintracci in altri artisti?
Bella domanda ..... difficile adesso formulare la risposta, ma cercherò di dare voce al mio cuore, mentre
i brividi percorrono il mio essere. La si riconosce subito, fin dalle prime note ..... Una fusione di musica e parole che ti entra prepotentemente dentro l'anima, mentre rimani letteralmente estasiato come
dinnanzi a un quadro d'autore, poiché la sua musica è una vera e propria Opera d'arte. Secondo me, lui
è l'artista con la A maiuscola in assoluto.