49 L’ECO DI BERGAMO DOMENICA 11 MARZO 2012 Cultura A Firenze, sotto il Vasari forse tracce di Leonardo Secondo gli esperti i «saggi» prelevati a Palazzo Vecchio a Firenze confermano che sotto il Vasari c’è traccia di un altro affresco, forse proprio quello di Leonardo della «Battaglia di Anghiari». [email protected] www.ecodibergamo.it a Zafón: «Io cantastorie dell’era digitale» Scrittore molto popolare, sempre nella top ten: ha venduto più di 27 milioni di copie nel mondo Per raccontare usa qualsiasi tipo di libro: poco importa che siano letti su carta o su uno schermo FRANCESCO MANNONI bile a quella del Conte di Montecristo. E torna anche il misterioso «Cimitero dei libri dimenticati», speranza dell’uomo e del mondo. Con Il prigioniero del cielo ha rivelato tutti i misteri dei suoi personaggi? «Nella trilogia –spiega Zafón –, con Il prigioniero del cielo metto a posto tutta una serie di tessere del grande puzzle che sono stati gli altri libri e trovo un’ulteriore chiarificazione che prepara la strada al gran finale che sarà nel quarto. È la natura del gioco, il cuore del mistero. Questo romanzo è un po’ più leggero de Il gioco dell’angelo, ma il quarto sarà una chiusura con un bel botto». Zafón si immedesima molto nei suoi personaggi: «Nei miei libri c’è tandi me – racconta – Ne «Il to e io in un certo senso prigioniero sono in tutti i miei perché lo del cielo» personaggi, scrittore impersona il il male mondo che descrive. da L’ombra ha il volto Partendo del vento, mi ritrovo del fascismo molto in Fermìn Romero De Torres e m’intriga il funzionamento del cervello di questo personaggio un po’ esagerato e demoniaco, ma il suo senso dell’umorismo e la sua visione delle cose sono parte di me. Però anche in Daniel che ha un carattere più sfumato e innocente c’è molto di me». Lo scrittore non ama prendere posizioni né politiche né religiose. «La neutralità – sottolinea – è una partita aperta e miei lettori possono trarne le conclusioni che vogliono: non mi sento un predicatore, non tengo sermoni né discorsi politici e non voglio spiegare niente a nessuno. Piuttosto invito i miei lettori ad acquisire vari punti di vista, senza dare mai indicazioni precise su buoni e cattivi, anche perché non a «Mi considero un cantastorie e, per raccontare, uso i libri, che per me non sono solo un pacco di carta. Al posto della carta ci può essere anche uno schermo e non cambia nulla. Quello che cambia, anche nell’industria dell’editoria, è la distribuzione». Alto e massiccio, baffi e pizzetto neri, ampia stempiatura e occhiali con la montatura color salmone, il quarantottenne spagnolo (ma da tempo vive a Los Angeles), Carlos Ruiz Zafón, hidalgo della letteratura mondiale, che dei suoi libri tradotti in 45 lingue ha venduto oltre 27 milioni di copie, nella saletta di un lussuoso albergo milanese, racconta il mestiere di scrittore e i suoi romanzi e, in particolare, Il prigioniero del cielo (Mondadori, 340 pagine, 21 euro), terzo tomo di quella che è stata definita la «tetralogia catalana». Dopo L’ombra del vento e Il gioco dell’Angelo, Barcellona è ancora il fondale in cui si incrociano diversi destini e drammi universali e il male ha il volto di un fascismo fatto di torture e avidità sconfinate. Zafón, ex pubblicitario ed ex sceneggiatore, anche in questa vicenda anima personaggi che i lettori hanno già imparato ad amare: i due librai Sempere, padre e figlio, e l’aiutante commesso, il ciarliero e pungente Fermìn Romero De Torres, oltre al tormentato scrittore David Martin, chiave di volta di una storia piena di intrighi, calunnie, sdegni, dolori, tesori, ostruzionismi e perversioni. In questo tomo l’autore mette in risalto il passato di Fermìn, prigioniero in un tetro carcere di Barcellona, ricattato da un feroce direttore, Mauricio Valls, e protagonista di una rocambolesca evasione paragona- credo sia così interessante». Zafón è uno scrittore schivo e un po’ appartato, che non fa molte presentazioni. «Se si vuole conoscere uno scrittore – dice – l’ultimo posto per capire veramente chi è sono le feste, i cocktail e le presentazioni. L’anima vera dello scrittore uno la può incontrare nel suo lavoro, perché per conoscerla bisogna entrare nel suo mondo. In questo gli scrittori mettono la loro intelligenza e, anche se a volte scrivono di pianeti lontani, alieni e mostri, c’è sempre un’attinenza, un processo emotivo, un mondo che loro hanno percepito e riversato nella scrittura». Nel panorama generale della crisi, lo scrittore vede un cambiamento radicale: «La crisi attuale riguarda la struttura stessa della società, non è solo finanziaria, ha a che vedere con la fine di un sistema. Sicuramente i libri sopravviveranno perché sono l’incarnazione della nostra mente e ci permettono di far lavorare il cervello. Posso apparire pessimista, ma non lo sono: ho molta fede nel futuro». ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA Definizioni letterarie A Feuilleton o testi esotici? «Non credo alle etichette» A La copertina del libro di Carlos Ruiz Zafón «Il prigioniero del cielo» (Mondadori). In alto, l’autore re storie dai contenuti drammatici esposti con una scrittura semplice, lineare. Questo ha portato molti critici a definirlo uno scrittore di letteratura popolare. «La disputa sul romanzo popolare è una cosa che a me interessa fino ad un certo punto» dice Zafón. «Quando lavoro voglio solo scrivere, non mi interessa sapere come il romanzo sarà etichettato. Scrivo da oltre vent’anni e tutti i miei romanzi di successo sono diventati letteratura popolare. Invece, quelli che hanno avuto minore fortuna improvvisamente sono diventati "letterari", o "esotici". Che scrittore sono quindi? Fanno venire dei dubbi anche a me». Che il feuilleton non sia mai scomparso dalla scena letteraria, nonostante la spietata concorrenza dei tanti serial televisivi che hanno cercato di succhiarne la linfa strategica per imporre un diverso ritmo narrativo, ne abbiamo avuto conferma nel 2001 quando «L’ombra del vento» spopolò in tutto il mondo. Successo confermato nel 2008 dalla seconda puntata della storia, «Il gioco dell’angelo», venduto anch’esso in milioni di copie. A meno di quattro anni di distanza (un’attesa resa meno ansiosa da altri bellissimi romanzi come «Marina», «Il Palazzo della mezzanotte», «Le luci di settembre» e «Il principe della nebbia») è arrivata in libreria la terza tappa della saga dello scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafón «Il prigioniero del cielo» che, riportando sulla scena i campioni di tante avventure vissute senza eroismo se non quello d’una lealtà irriducibile, conferma il suo talento nel congegnare e racconta- Stefano Tomelleri FOTO YURI COLLEONI mato che «nella nostra epoca il e uguaglianza) della triade defirisentimento caratterizza sem- nita dalla Rivoluzione francese. pre più diffusamente non solo i Se le gerarchie sociali, intese in rapporti tra i singoli, ma anche senso tradizionale, implicano dei quelli tra i gruppi sorapporti di subordinaciali; diviene il motivo zione, la fraternità conduttore delle relaa immaginare Tomelleri: porta zioni tra medici e pauna diversa organizzienti, tra elettori e serve uno zazione, basata sulla politici, tra categorie responsabilità persoprofessionali». Vi è il stile diverso nale. Abbiamo avuto rischio che la conflita livello un precedente storico tualità sfoci, come in questo senso: l’ideapersonale in passato, nell’elezione le del welfare state che di «capri espiatori» su e globale ha orientato nella secui si sfogherebbero conda metà del Novele frustrazioni collettive; per pre- cento la politica di molti Paesi venire questo esito, secondo To- nasceva anche dalla volontà dei melleri, occorrerebbe riscoprire singoli cittadini di “rendersi uti«il valore della fraternità, che ha li alla società”». ■ avuto una fortuna molto inferio- Giulio Brotti ©RIPRODUZIONE RISERVATA re rispetto agli altri due (libertà F. MAN. a «Ci sono troppi conflitti riscopriamo la fraternità» a Nella visione aristocratica di Nietzsche, il «ressentiment» sarebbe un tratto psicologico caratteristico degli uomini deboli, «animali da gregge». Animali, cioè, che non potendo competere con «i grandi uccelli rapaci» li accuserebbero di essere malvagi, come se l’asimmetria della situazione non dipendesse dalle rispettive nature. Secondo Max Scheler, invece, il risentimento costituirebbe la tonalità di fondo della società borghese, in cui il principio formale dell’uguaglianza dei diritti si accompagna a «grandi differenze di potere di fatto». Stefano Tomelleri, docente di Sociologia generale all’Università di Bergamo e autore de La società del risentimento (Meltemi, pagine 168, euro 16), propone da parte sua un’interpretazione ancora diversa, vedendo in questo affetto «una chiave di lettura per comprendere le trasformazioni in atto nella società contempora- nea». Tomelleri ha approfondito il concetto nella conferenza che ha tenuto venerdì sera nella Sala Alabastro del Centro Congressi Giovanni XXIII, nel quinto incontro della serie «La Chiesa nel mondo. I cristiani nella globalizzazione», promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale della cultura e dalla Fondazione Bernareggi. Richiamandosi pur con qualche annotazione critica alle tesi dell’antropologo René Girard, il relatore ha affer-