- Vincenzo Manna

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Comorbilità psichiatrica delle dipendenze
patologiche da sostanze
Vincenzo MANNA
Medico, Neurologo, Psichiatra, Psicoterapeuta
Direttore f.f. UOC SPDC DSM ASL ROMA 6
[email protected]
cell. +39 333 36 25 218
Ai momenti di pazzia si alternavano lunghi momenti di lucidità che mi erano
divenuti insopportabili. Durante questi attacchi d’incoscienza assoluta
bevevo e solo dio sa quanto e con quale frequenza. Ovviamente i miei amici
imputavano la pazzia al bere e non il bere alla pazzia. EDGAR ALLAN POE
La dipendenza patologica da sostanze assume, per sua natura, una connotazione d’intrinseca
complessità, nel contesto clinico. Essa nasce, infatti, dalla convergenza, nel singolo consumatore:
· degli effetti farmacologici delle sostanze d’abuso;
· della vulnerabilità psico-biologica del paziente;
· dell’influenza di numerosi fattori socio-ambientali.
Il termine di “dipendenza patologica da sostanze” descrive, in modo relativamente preciso, la
condizione di subordinazione del benessere psicofisico, di un individuo, all'assunzione più o meno
regolare di una sostanza esogena, con specifici effetti farmacologici, prevalentemente psicotropi,
talora dannosi, per il sistema nervoso o l’organismo nel suo insieme. In questa prospettiva, tutte le
problematiche cliniche proprie delle dipendenze patologiche da sostanze possono essere
ricondotte a tre fattori:
1. la sostanza d’abuso;
2. l’organismo assuntore;
3. l’interazione complessa tra sostanza ed organismo, in un determinato contesto socioambientale. (1-5)
Comorbilita’ psichiatrica ed abuso di sostanze
Edwards et al. (6) in un lavoro per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno
sottolineato logicamente che tra disturbi mentali e uso di sostanze possono intercorrere tre diversi
tipi d’associazione:
·
i disturbi mentali causano l’assunzione di sostanze;
·
i disturbi mentali conseguono all’uso di sostanze;
·
tra disturbi mentali ed uso di sostanze esiste solo un’associazione casuale.
L’assunto che una sostanza induce “tout court” un quadro psicopatologico, va sempre
adeguatamente e criticamente verificato. Nell’associazione clinica ed epidemiologica tra uso di
sostanze e quadro clinico psicopatologico, infatti, possono sussistere diversi rapporti
eziopatogenetici:
1.
una sostanza può indurre una sindrome psicopatologica ex novo;
2.
una sostanza può evidenziare un disturbo psicopatologico latente;
3.
una sostanza può causare la ricaduta in un preesistente disturbo mentale;
4.
il quadro psicopatologico può indurre all’assunzione più o meno frequente della sostanza;
5. la relazione tra quadro psicopatologico ed abuso di sostanze è spurio, cioè un quadro
psicopatologico precede l’uso di sostanze, ma, talora, subisce per effetto delle sostanze
un’evidente patomorfosi;
6.
non vi è relazione tra quadro psichiatrico ed assunzione di sostanze. (7-8-9)
Alcuni requisiti logici devono essere soddisfatti, inoltre, per passare dal livello epidemiologico
d’associazione al livello interpretativo o causale:
·
forza dell’associazione: il rischio relativo deve essere sensibilmente elevato;
·
specificità dell’associazione: il rischio relativo deve riguardare quadri clinici ben definiti e non
equivoci;
·
temporalità dell’associazione: il fattore causa deve precedere il fattore effetto;
·
stabilità dell’associazione: l’associazione deve essere verificata da osservatori diversi in
circostanze, luoghi ed epoche differenti;
·
plausibilità e coerenza: l’insieme delle osservazioni non deve essere incoerente e
contraddittorio;
·
evidenza sperimentale: qualora un disegno sperimentale in quest’ambito sia eticamente
accettabile;
·
gradiente biologico dell’associazione: identificazione di una relazione dose-risposta, qualora
esistente.
Le definizioni nosografiche più recenti (DSM IV) sostengono che si possa parlare di
comorbilità, in un soggetto, quando siano soddisfatti i criteri diagnostici per più di un disturbo
psichiatrico, contemporaneamente. Lo studio epidemiologico Epidemiological Catchment Area
(ECA) condotto, nella prima metà degli anni’80, su 20.291 soggetti, appartenenti alla popolazione
generale, ha fornito alcuni termini quantitativi di riferimento.(10) In particolare, tra tutti i soggetti che
avevano avuto nella loro vita una diagnosi di disturbo mentale, ben il 14.7 % aveva in anamnesi un
disturbo da abuso-dipendenza da sostanze, mentre il 28.9 % riferiva un disturbo da abusodipendenza da alcool. In altri termini, per chi ha una storia d’abuso di sostanze il rischio di
presentare disturbi mentali, è di circa quattro volte superiore a quello della popolazione generale.
All’interno dei sottogruppi diagnostici sono stati evidenziati tassi di comorbilità con disturbi da
abuso di sostanze nel 27.5 % per la schizofrenia, nel 19.4 % per i disturbi affettivi, e nel 42 % per i
disturbi di personalità, soprattutto antisociale. Lo studio ECA soffre, purtroppo, d’alcuni limiti
metodologici, in conseguenza dell’utilizzo d’interviste strutturate che raccolgono informazioni
retrospettive. Alcuni "bias" legati all’affidabilità mnesica, circa la diagnosi psichiatrica e circa l’uso
dichiarato di sostanze, potrebbero aver agito sensibilmente sui dati complessivi raccolti. I dati,
inoltre, non sono stati trattati per evidenziare se l’uso di sostanze precedeva o seguiva
cronologicamente le diagnosi psichiatriche. Non sempre esistono, inoltre, dati disponibili circa il
tipo specifico di sostanza d'abuso. (11-12) Purtroppo, gli studi in materia risultano condotti, quasi
tutti, in modo retrospettivo e con metodologie non scevre da effetti confondenti legati a diversi
"bias" di rilevazione dei dati, se non alla selezione stessa del campione esaminato.
Disturbi di personalità
Secondo il DSM IV, un disturbo di personalità rappresenta un modello di strutturazione
dell’esperienza e del comportamento, pervasivo e costante, che risulta marcatamente deviante
rispetto alle aspettative della cultura cui l’individuo appartiene. Esso si evidenzia clinicamente in
epoca adolescenziale o nella prima giovinezza. E’ stabile nel tempo. Determina disagio e
menomazione. (13-14)
I Disturbi di Personalità (DP) sono raccolti in tre gruppi in base ad analogie
sintomatologiche. Il gruppo A include i DP Paranoide, Schizoide, Schizotipico con aspetti
comportamentali comuni di stranezza ed eccentricità. Il gruppo B include i DP Antisociale,
Borderline, Istrionico e Narcisistico, in cui prevalgono comportamenti emotivi, amplificativi ed
imprevedibili. Il gruppo C include i DP Evitante, Dipendente ed Ossessivo-Compulsivo. Gli individui
con questi disturbi si mostrano spesso ansiosi e paurosi. In particolare, il DP Paranoide è
caratterizzato da sospettosità, sfiducia, per cui vengono interpretate come persecutorie le
motivazioni e le azioni degli altri. Il DP Schizoide è caratterizzato da distacco emotivo, ritiro sociale,
ridotta espressività, inibizione delle comunicazioni interpersonali. Il DP Schizotipico si esprime in
forte disagio nelle relazioni strette, distorsioni percettive o cognitive, eccentricità dei
comportamenti. I DP Antisociale è caratterizzato dal mancato rispetto degli altri e dei loro diritti,
con atti spesso violenti, aggressivi o appropriativi. Il DP Borderline si manifesta con instabilità nelle
relazioni interpersonali, svalutazioni ed ipervalutazioni eccessive e repentine, conflittualità ed
instabilità negli affetti e nell’immagine di sé, nonché, marcata impulsività. Il DP Istrionico si
estrinseca in comportamenti di ricerca dell’attenzione, con eccessiva e clamorosa espressione
emotiva. Il DP Narcisistico è caratterizzato da grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza
di empatia, che facilitano l’espressione di “sgarbi” nei rapporti sociali. Il DP Evitante è
caratterizzato da inibizione, bassa autostima, sentimenti di inadeguatezza, ipersensibilità al
giudizio altrui. Il DP Dipendente induce l’espressione di comportamenti sottomessi ed
accondiscendenti legati all’eccessivo bisogno di protezione ed accettazione. Il DP OssessivoCompulsivo si esprime nella ricerca costante e continuativa di ordine, perfezionismo e controllo.
Numerosi studi sulla comorbilità psichiatrica tra disturbi di personalità e tossicodipendenza
hanno confermato un’associazione variabile dal 26.5% al 100 %. (15-16) Il Disturbo di Personalità
più frequente è risultato quello Antisociale, insieme agli altri disturbi del gruppo diagnostico B del
DSM IV. La diagnosi di DP Antisociale in un soggetto con diagnosi di dipendenza da sostanze
risulta chiaramente associata a: maggiori e più frequenti problemi legali; minore compliance
terapeutica; peggiore prognosi; minore efficacia dei programmi terapeutici integrati con
psicoterapia; ridotta efficacia delle terapie farmacologiche con peggiori esiti. Inoltre, alcuni studiosi
hanno suggerito che i tossicodipendenti portatori di un DP dei cluster A e C tendono ad una
distribuzione omogenea negli ambiti terapeutici ambulatoriali o residenziali. Al contrario, i soggetti
con DP del cluster B si concentrano maggiormente nei servizi ambulatoriali per le
tossicodipendenze, probabilmente in relazione alle difficoltà che vengono incontrate in programmi
terapeutici ad alta valenza sociale ed interpersonale, come quelli residenziali comunitari. (17-1819)
Disturbi dell’umore
Disturbi dell’umore, con episodi depressivi maggiori, secondo i criteri del DSM IV, si
ritrovano in circa un terzo della popolazione di tossicodipendenti da eroina. La prevalenza lifetime
risulta compresa tra il 60% ed il 90%, che si riduce al 30.48% per le condizioni di gravità media e/o
severa. In circa il 90% degli eroinomani con gesti suicidari, spesso, è presente una storia di
disturbi depressivi. Nel St. Diego Study (SDS), il rischio di suicidio nei tossicodipendenti è risultato
maggiore in presenza di disturbi dell’umore, rappresentati, nel 29 % dei casi da quadri di
depressione atipica. In questo studio, effettuato negli anni ‘80 e relativo ad un campione di 283
suicidi consecutivi, avvenuti nella Contea di S. Diego, dal 1981 al 1983, è stata dimostrata una
prevalenza di problemi correlati all’abuso di alcool e sostanze nel 58% dei casi. Questa
percentuale risulta nettamente superiore a quella registrata nella popolazione generale che varia
dal 11% al 18%. La frequenza di suicidi nella popolazione tossicodipendente è compresa tra i 30
casi e gli 82 casi su 100.000 ed è, quindi, circa undici volte superiore rispetto alla popolazione
generale. La prevalenza lifetime di suicidi tra i tossicodipendenti risulta oscillare tra il 7% ed il 25%.
(20) Negli eroino-dipendenti il suicidio viene attuato in età usualmente precedente i 40 anni di vita,
e, nel 50% dei casi, prima dei ventotto anni, quindi, in età più giovanile rispetto alla popolazione dei
suicidi alcolisti o rispetto alla popolazione generale. Nel SDS, inoltre, circa il 67% delle persone
suicidatesi prima dei 30 anni sono tossicodipendenti, mentre solo nel 46% dei suicidi avvenuti
dopo i trenta anni e in circa il 14% di quelli successivi ai 40 anni sono stati evidenziati problemi
correlati alla tossicodipendenza. La poli-tossicodipendenza, cioè l’uso contemporaneo di diverse
sostanze, in particolare l’associazione tra farmaci sedativo-ipnotici ed alcool, costituisce un
ulteriore fattore di rischio suicidario tra i tossicodipendenti, determinando la disinibizione di
comportamenti autolesivi. Lo studio SDS conferma, per esempio, che il numero medio di sostanze
utilizzate dai tossicodipendenti suicidi è stato di 3,6. Circa l’84% di tali pazienti aveva utilizzato
alcolici, farmaci ed eroina. Solo un 8% di questo campione poteva essere considerato un alcolista
‘puro’ e circa un 8% un ‘puro’ tossicodipendente. (12)
I disturbi maniacali ed ipo-manicali sono stati evidenziati, nei diversi studi, con frequenze
molto variabili, senza raggiungere univocità di opinioni. Il disturbo bipolare, al contrario, appare
associato ad un abuso di sostanze tra il 21% ed il 58% dei casi, con una più elevata frequenza di
ricoveri, episodi disforici, un più precoce esordio del disturbo dell’umore ed una più alta frequenza
di disturbi mentali di Asse I. Il disturbo ossessivo-compulsivo tra i tossicodipendenti raggiunge
percentuali superiori all’11%, contro un’incidenza di circa il 2.5% della popolazione generale. (811-19) Un disturbo dell’umore di tipo depressivo rappresenta la diagnosi psichiatrica più frequente,
tanto nei soggetti con AIDS ricoverati, quanto nei soggetti con infezione da HIV asintomatici. Valori
tra il 4% ed il 32% sono stati riscontrati anche nei soggetti a rischio di infezione, ma ancora sieronegativi. Tali dati appaiono largamente sovrapponibili a quelli registrati in soggetti affetti da
patologie croniche e potenzialmente mortali, come quelle cancerose. La diagnosi di AIDS o di
infezione di HIV non necessariamente deve essere considerata, di per sé, depressogena, sebbene
lo stato di siero-positività possa associarsi a periodi prolungati di “helplessness” e di
“hopelessness” con mancanza di speranza, senso di abbandono, tristezza e rabbia. In realtà, il
disturbo depressivo può precedere cronologicamente l’infezione, la quale sarebbe, perciò,
slatentizzante rispetto al disturbo psichico. Nella personalità premorbosa di tali soggetti spesso
vengono registrati altri fattori predisponenti quali: precedenti episodi depressivi; condotte
suicidarie; altri disturbi psichiatrici; disturbi di personalità; perdita di ogni supporto psico-sociale. (921)
Disturbi dello spettro schizofrenico
Numerosi studi clinici hanno evidenziato:
A. la presenza di disturbi da uso di sostanze in pazienti psicotici;
B. disturbi mentali gravi, dello spettro schizofrenico, in pazienti
tossicodipendenti.
Secondo il DSM IV, la diagnosi differenziale tra disturbi psicotici primitivi e disturbi psicotici indotti
da sostanze va posta sulla base dei seguenti dati clinici:
1. comparsa di sintomi psicotici prima dell'inizio dell'uso di sostanze;
2.
persistenza dei sintomi psicotici dopo la cessazione dell'assunzione delle
sostanze d'abuso;
3. intensità dei sintomi o caratteristiche sintomatologiche incongrue, riguardo a
quanto atteso in rapporto all'uso di specifiche sostanze psicotrope;
4. anamnesi positiva per episodi morbosi non correlati all'uso di sostanze.
Possono costituire ulteriori dati clinici dirimenti: l'età di insorgenza; le modalità di decorso dei
sintomi; le caratteristiche sindromiche specifiche.
La confrontabilità dei dati riportati dagli studi sull'argomento risulta, inoltre, condizionata da diversi
fattori metodologici:
a. il disegno strutturale dello studio (prospettico, retrospettivo o trasversale);
b. la selezione del campione esaminato per parametri demografici o clinici;
c. le diverse definizioni di abuso e dipendenza adottate;
d. gli strumenti di diagnosi psicopatologica adottati, nonché il sistema
nosografico generale di riferimento;
e. la condizione clinica al momento dello studio (astinenza protratta, astinenza
recente, intossicazione in atto, etc.).
Uso di sostanze in pazienti psicotici
Alcuni Autori hanno sostenuto che il pattern di abuso negli schizofrenici differisce sia in
senso qualitativo sia in senso quantitativo, da quello degli altri tossicodipendenti. Infatti, un
incremento di prevalenza dell'abuso di sostanze è stato evidenziato, negli ultimi anni, tra i pazienti
psicotici. Tale rilievo potrebbe essere solo apparente, in rapporto alla maggiore attenzione
riservata al problema. Un ruolo reale, in tale direzione, potrebbe essere stato svolto anche dalla
deistituzionalizzazione psichiatrica, con facilitato accesso alle sostanze, dei soggetti psicotici non
più assistiti in ambito residenziale protetto, per un fenomeno di deriva sociale passiva verso
ambienti ad elevata diffusione di droga. (22) L'abuso di sostanze psicotrope, da parte di soggetti
schizofrenici, è stato interpretato da alcuni Autori come una sorta di automedicazione dei sintomi
positivi (con sostanze ad effetto sedativo) o dei sintomi negativi (con sostanze ad effetto
stimolante), nonché di correzione della condizione di anedonia, secondaria all'uso cronico di
neurolettici. La familiarità per disturbi dell'umore e/o da uso di sostanze potrebbe svolgere un ruolo
nel rendere più vulnerabili alcuni schizofrenici a forme concomitanti di tossicodipendenza. (23)
Nell'esame dei campioni clinici, il dato che gli schizofrenici abusino prevalentemente di cannabis,
stimolanti ed allucinogeni, nonché di caffeina e nicotina, rispetto ad altre sostanze ad effetto più
sedativo, come gli oppiacei, è un dato relativamente consolidato. (24-25) L'esistenza di scelte
privilegiate e specifiche per determinate sostanze, riferita da alcuni studiosi, nell'ottica
interpretativa dell'uso di sostanze come “auto-terapia” non sempre è confermata da osservazioni
epidemiologiche più rappresentative, che, al contrario, sembrerebbero supportare un’ipotesi
interpretativa di “esposizione passiva” e casuale alle sostanze, più diffusamente reperibili sul
mercato, con effetti tutt'altro che auto-curativi. (23) Lo sviluppo di un disturbo da abuso di
sostanze, in un soggetto psicotico, comporta una serie di conseguenze negative, quali:
peggioramento della sintomatologia; aumento delle ricadute; effetti negativi da interazione
farmacologica; perdita degli effetti terapeutici dei neurolettici; aumento della probabilità di
sviluppare discinesie tardive; peggioramento delle capacità di interazione sociale, lavorativa ed
affettiva; aumento dei comportamenti violenti auto ed eterodiretti; decadimento delle funzioni
cognitive; grave degrado sociale. (22) Secondo altri Autori, i disturbi da uso di sostanze possono
mascherare i sintomi psicotici, interferendo in fase diagnostica e terapeutica sui risultati dei
trattamenti, senza influire sostanzialmente sulla evoluzione clinica della psicopatologia. Ciò
nonostante, l'esacerbazione dei sintomi può peggiorare la prognosi, incrementando anche il rischio
di mortalità per l'incremento del tasso di suicidi o di condotte a rischio. (26) Risulta difficile stabilire
se l'uso di sostanze e la schizofrenia vadano considerati fattori di rischio suicidario indipendenti
oppure, se l'uso di sostanze possa favorire l'ideazione o l'attuazione di un gesto autolesivo, in
schizofrenici tossicodipendenti vulnerabili. (23) L'abuso di psico-stimolanti si associa ad un
aumento delle recidive, anche in seguito ad assunzioni quantitativamente limitate di sostanze,
nonché ad un aumento dei ricoveri, ad una riduzione degli effetti terapeutici dei neurolettici, ad un
peggioramento complessivo della compliance terapeutica e della prognosi. Invece, l'assunzione di
oppiacei non solo non induce un peggioramento sintomatologico del quadro psicotico, ma sembra
avere effetti terapeutici nel controllo della sintomatologia positiva della schizofrenia. La percentuale
di pazienti affetti da schizofrenia che presentano dipendenza da nicotina varia tra il 50% ed il 90%
con frequenza di gran lunga superiore a quella osservata nella popolazione generale ed in pazienti
affetti da altri quadri psicopatologici. Da un punto di vista neuro-biologico, la nicotina risulta
aumentare i livelli di tirosina-idrossilasi, influenzando direttamente la liberazione di dopamina e
stimolando i recettori nicotinici posti sulle terminazioni pre-sinaptiche dei neuroni dopaminergici, a
livello dell'area ventrale del tegmento e del nucleo accumbens. Tali effetti stimolerebbero le aree
coinvolte direttamente nei circuiti neuronali di modulazione della gratificazione e del piacere. La
nicotina è, inoltre, efficace nell'attivazione del tono colinergico centrale, nonché nella stimolazione
della corteccia prefrontale, ipoattiva nei soggetti schizofrenici. (27-28).
Disturbi psicotici indotti in tossicodipendenti
Tutte le principali sostanze d'abuso sono state chiamate in causa nello sviluppo di un
disturbo psicotico indotto. Un disturbo psicotico indotto, secondo il DSM IV, è caratterizzato da:
1. rilevanti allucinazioni o deliri;
2. sintomi sviluppati durante o entro un mese dall'intossicazione o
dall'astinenza da sostanze;
3. uso del farmaco eziologicamente correlato al disturbo psicopatologico
indotto;
4. disturbo non meglio giustificato da un disturbo psicotico primitivo;
5. disturbo non esclusivamente presente nel corso di un delirium.
Dal punto di vista strettamente sintomatologico le psicosi tossiche possono non distinguersi dai
quadri psicotici primitivi. Inoltre, alcune osservazioni cliniche tendono a ridimensionare la
specificità sindromica dei quadri psicotici indotti da determinate sostanze.
Gli allucinogeni, includono farmaci eterogenei per origine e struttura chimica, che, però,
condividono effetti clinici e meccanismo d'azione. Tali sostanze inducono effetti psicotici acuti,
psicosi protratte e disturbi percettivi post-allucinogeni. (29) Circa il 50% dei soggetti presenta
manifestazioni psicotiche alla prima assunzione. Manifestazioni psicotiche protratte sono state
descritte in circa lo 0,1% dei soggetti trattati sperimentalmente con LSD. Il disturbo percettivo postallucinatorio si manifesta con ricorrenti distorsioni della percezione sensoriale con “flash back”
avulsi dal campo percettivo, che insorgono in oltre la metà dei soggetti esposti e che possono
persistere, a distanza di anni, dall'ultima esposizione alla sostanza. L'insorgere di disturbi psichici a
distanza di anni dall'esposizione alle sostanze deriverebbe, secondo alcuni studi, da effetti neurobiologici persistenti della dietilamide dell'acido lisergico, che causa spopolamento dei piccoli
interneuroni inibitori corticali GABAergici, che ricevono afferenze serotoninergiche. (3-4-29)
I consumatori di derivati della cannabis presentano, di frequente, disturbi transitori dell'ideazione a
sfondo paranoide.
Thornicroft (7) distingue:
1. sintomi psicotici isolati e brevi come idee prevalenti di riferimento, derealizzazione,
depersonalizzazione, allucinazioni, etc.;
2. sindromi mentali organiche, con alterazioni cognitive e disturbi di coscienza, includenti delirium e
demenza, con aspetti amotivazionali ed anaffettivi;
3. psicosi funzionali indotte senza alterazioni di coscienza, sovrapponibili ad episodi sintomatici di
schizofrenia paranoide acuta.
Uno studio di coorte su militari di leva ha dimostrato che, rimosse le variabili confondenti, i
forti consumatori di cannabis presentano un rischio tre volte superiore, rispetto ai controlli, per lo
sviluppo di disturbi dello spettro schizofrenico. (7) Lo sviluppo di un disturbo schizofrenico, in
seguito all'assunzione di derivati della cannabis, sembra correlato alla familiarità per i disturbi
psicotici e, quindi, ad una predisposizione genetica. (30)
La fenciclidina (PCP) e le altre sostanze aril-ciclo-esilaminiche risultano agire su recettori
specifici inducendo sintomi neurologici (nistagmo) in quasi tutti gli assuntori e sintomi psicotici, in
meno del 10 % degli abusatori, con sintomatologia clinica, che può perdurare per settimane dopo
la cessazione dell'uso di tali sostanze.
Gli psico-stimolanti, come amfetamine e cocaina, possono indurre disturbi d'ansia con
attacchi di panico e disturbi psicotici, a forte impronta paranoide. L'effetto psicotogeno non è doserelato, anzi, sembra esistere un fenomeno di sensibilizzazione, per cui, dopo assunzioni reiterate i
disturbi deliranti o dispercettivi si presentano prima nel tempo, anche dopo dosi più basse di
sostanza. Alcuni studiosi hanno postulato un effetto di slatentizzazione dei quadri psicotici, in
soggetti predisposti, dopo l'uso di psico-stimolanti. Gli studi sulla suscettibilità allo sviluppo di
psicosi, in seguito all'uso di allucinogeni o stimolanti, hanno evidenziato una variabilità
considerevole di risposta tra individui differenti, ma anche a carico dello stesso individuo in tempi
ed in condizioni differenti. (25-29) L'assunzione cronica di amfetaminici è in grado di indurre una
psicosi paranoide, che può perdurare ben oltre l'assunzione della sostanza oppure recidivare
senza assunzione della sostanza, in rapporto a fattori di scatenamento aspecifici, come lo stress.
(31-32) L'uso di stimolanti risulta, inoltre, in grado di precipitare la comparsa di una schizofrenia in
soggetti predisposti e vulnerabili, accellerandone l'età di comparsa. (23) Evidenze neuro-biologiche
suggeriscono l'esistenza di una base organica delle manifestazioni psicotiche, protratte o
recidivanti, in assenza di una nuova esposizione alle sostanze, che si manifestano nei soggetti,
che hanno assunto allucinogeni o psico-stimolanti. La metamfetamina induce, infatti, alterazioni
permanenti a carico dei sistemi di trasporto intraneuronali delle catecolamine. (3-4-31-33)
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