SOCIETA` CIVILE E ISTITUZIONI NELLA TRANSIZIONE INFINITA

annuncio pubblicitario
SOCIETA' CIVILE E ISTITUZIONI NELLA TRANSIZIONE INFINITA
Spunti emersi nel dialogo con L'Onorevole Giovanni Bianchi
Incontro del 10 marzo 2007
Se il divenire va da una incompiutezza ad un'altra incompiutezza, quale senso dare
alla transizione infinita?
Se, come afferma Seneca "nessun vento è favorevole per chi non conosce il porto",
come cogliere il senso e la direzione della politica di oggi?
Il "ruminare"
L'Onorevole Bianchi inizia l'incontro utilizzando una provocazione che richiama il
senso della responsabilità weberiana, come farsi carico delle conseguenze del proprio
agire. Per questo usa la metafora del "ruminare" come necessaria combinazione di
politica e di pensiero, risorsa, quest'ultima, oggi estremamente scarsa.
Bianchi afferma che il pensare politico è già per il 90% fare politica. Se, per pensare
politico, intendiamo azione interpretativa della società e azione verso la stessa, la
differenza fra politica come passione e politica come professione.
Dossetti affermava che non dobbiamo occuparci della "cronaca" ma della "storia". In
altre parole, non basta una lettura veloce, solo in diagonale, dei "fatti", perchè questo
non corrisponde al "ruminare" ed al pensare politico.
Il "ruminare" di Bianchi verte su tre spunti di riflessione:
1. E' possibile un approccio istituzionale al tema della società civile?
2. E' possibile guardare all'Europa in quanto spazio condiviso?
3. E' possibile uscire dalla transizione infinita?
E' possibile un approccio istituzionale al tema della società civile?
Esiste tra società civile e istituzioni una MEMBRANA di natura istituente.
La socialità è membrana, ossia ciò che consente il dialogo tra individuo e istituzione,
tra sociale istituito e sociale istituente, in un passaggio di andata e ritorno che rende
conto della fisiologia del politico.
Il doppio movimento è essenziale per spiegare che cosa tiene insieme i singoli
individui, il grado di flessibilità dell'organizzazione istituzionale e il dinamismo della
vita sociale.
Il discorso sulla società civile è ben presente già in Tocqueville ("La democrazia in
America") che scrive:
"La prima volta che ho inteso dire che negli Stati Uniti ben cento mila uomini si
erano impegnati a non fare uso di bevande alcoliche, la cosa mi è sembrata più
divertente che seria, e da principio non ho compreso perchè questi cittadini così
temperati non si contentavano di bere acqua nell'intimità delle loro famiglie. E' da
credere che se questi cento mila uomini fossero stati francesi, ognuno di essi si
sarebbe rivolto individualmente al governo per pregarlo di sorvegliare tutte le osterie
del regno."
La metafora della "membrana" (intesa come elemento generatore di una socialità che
sviluppa i suoi dinamismi a partire dalle radici nel quotidiano, per distendersi fino
all'assetto istituzionale) rende conto dell'impegno volontario in un paese democratico,
il cui tasso diviene il discrimine tra diversi modelli di democrazia e diverse modalità
di rapporto tra Stato e cittadini.
Ciò apre però anche a problemi. Ad esempio: quale modo di vivere civile si esprime
in quel Nord Italia leghista che fa dire frasi del tipo: "chi non paga le tasse fa bene?"
La densa e concisa riflessione di Bianchi va a recuperare le matrici culturali di questo
sociale segnato ancora oggi da:
1. un'intransigenza di stampo cattolico (le cooperative bianche si sviluppano
soprattutto nel Nord Est) che si pone non in opposizione ma in termini di
estraneità verso le istituzioni e lo Stato
2. il riflesso di concezioni che risalgono ai tempi di Cavour e dell'unità d'Italia
che consideravano lo Stato come opera del demonio in quanto anti Papa
(Breccia di Porta Pia), con la conseguenza di ritenere la società civile "altro"
rispetto alla politica e alle sue istituzioni. E questo modo di pensare diviene
ethos che si istituzionalizza.
E' interessante ricordare che Cavour scriveva in francese e pensava ai rapporti StatoChiesa in una prospettiva protestante.
Questo percorso rende conto del "come" la "membrana" segni il rapporto tra sociale
istituito e sociale istituente e viceversa.
La società civile non si dà mai in astratto, ma sempre in relazione al processo di
istituzionalizzazione da cui trae le condizioni per la propria esistenza.
Aldo Moro dedicava la maggior parte delle sue teorizzazioni a questo tipo di
processi e affermava: "non si dà vera libertà se non all'interno dello Stato
democratico".
In altre parole, la società civile è la risultante delle relazioni circolari tra sotto-sistemi
portatori di interessi, di ethos locali e sistema delle istituzioni: in un processo
complesso che non ha nulla di automatico o predeterminato.
Il percorso, grazie all'utilizzo della metafora della membrana, fa emergere elementi
su cui è possibile una ulteriore riflessione. Essi sono:
a. il potere
b. la comunicazione
c. il volontariato (gli organismi non governativi)
Il potere
Se per Severino "non noi prendiamo il potere, ma i poteri prendono noi", per Foucault
il potere è parte costitutiva nella trama dei rapporti sociali quotidiani.
In altre parole, non ci ripariamo dal potere non praticando la politica!
La comunicazione
Importante è il ruolo della comunicazione e di tutti quei processi che avvengono in
larga parte al di fuori dei canali e degli spazi dell'istituzione politica. Attraverso la
manipolazione dell'elemento comunicativo è possibile costruire relazioni
intersoggettive o posizioni di dominio.
Il volontariato
E' sul volontariato e sull'apertura di nuove pratiche che si concentra l'assorbimento e
lo sviluppo della crisi dell'agire politico.
La tematica dei movimenti collettivi sottolinea la funzione fondamentale della società
civile che è quella di stimolare il sistema politico e contribuire a rinnovare la
democrazia.
E' possibile guardare all'Europa in quanto spazio condiviso?
Dove stiamo andando, dato che non si conosce il porto? Quale vento favorevole?
Perchè viviamo questa difficoltà?
Il complesso rapporto tra società civile e istituzione può trovare senso, in questa fase
storica, se assumiamo la prospettiva d'essere europei (cosa di cui non abbiamo
sufficiente coscienza).
Perchè l'Europa?
L'Europa, in questo mondo globalizzato, si sta ponendo come "spazio civile" o così
viene percepita e non è da considerarsi tanto come sommatoria di Stati.
Occorre fare uno sforzo per uscire da un provincialismo abituale e guardare
all'Europa come "spazio" di relazioni, come diceva già Aristotele: la polis non è il
territorio ma il sistema di relazioni tra gli uomini.
La Sovranità dell'Europa consiste quindi nel suo porsi come spazio civile e con ciò
può giocare il suo ruolo nel mondo.
Europa: sistema di relazioni tra uomini, mercati, Stati.
Si può essere all'interno della sovranità europea ma distinti rispetto al territorio e allo
spazio di altri.
L'Europa, che significa ancora occidente, presenta nodi che la guerra irachena ha
evidenziato perchè, rispetto all'Iraq, l'Europa si è spaccata.
Dopo la guerra in Iraq ci troviamo a confrontarci con Cina e India, con la questione
Islamica, con Stati che si definiscono in modo potente e prepotente. Ci troviamo fra
modernità, impero, arcaicità.
Questo pone il problema delle "alleanze" (ricordiamo come per Blair, così come per
Churchill, la Manica venga considerata più larga dell'Atlantico), ma pone soprattutto
il problema della MISSION europea.
Quale mission dell'Europa? E' una missione civile, definita da una Costituzione che
ha forti richiami alla pax perpetua di accezione kantiana.
Tali accenti propongono una "modalità", una vision, non una tattica.
Se consideriamo l'Europa una potenza civile, diventa centrale il nesso storico,
giuridico e antropologico tra sovranità e territorio.
La sovranità è territoriale. Non esiste sovrano senza territorio.
Sovranità e guerra si "tengono", nel senso che il sovrano decide della guerra e della
pace. Elimina la guerra civile e costituzionalizza il Paese. Ma la sovranità, a livello
internazionale, regola la guerra.
Pensiamo a come nel '900 le guerre siano state combattute per idee universali: il
"comunismo" (Urss), la "libertà" (Usa). Idee universali di territorio.
Non più guerre di bottino, ma guerre infinite perchè guerre di valori.
E' possibile una Costituzione senza sovranità?
Kelsen: solo senza sovranità si può dare Costituzione mondiale.
La Costituzione rimanda all'idea di popolo-nazione, ma là dove il popolo diventa
cittadino si apre una via praticabile, una dialettica da tenere sempre aperta, costitutiva
dell'Europa post-moderna.
Il popolo francese (Francia: patria del cosmopolitismo, illuminismo e dell'ambiguità
napoleonica) ha deciso di far fallire la Costituzione europea, spezzando così il suo
carattere interno, il suo valore teoretico e non solo congiunturale.
Però l'Europa esiste ed esisterà in futuro, in quanto capace di pacificarsi, non per
buonismo, ma in quanto espressione del suo essere civile.
L'Europa è pacifica. Da noi, oggi, un conflitto è pensabile solo nei campi di calcio.
Occorre tener conto del percorso che l'Europa ha fatto in quanto entità
sovranazionale.
Con l'allargamento ad Est ha dato una grande risposta politica. Ha costituzionalizzato
questo spazio che non è un territorio.
Lo spazio giuridico europeo non è la somma dei territori. E' spazio distinto di
relazioni e di "mercato".
L'Europa o è potenza civile o non è, ed è legittiamata se produce civilizzazione,
anche all'esterno. O diventa altra cosa.
Noi siamo occidente e la modernità è occidentale. Dentro questo occidente l'Europa è
entità altra rispetto agli Stati che la compongono, perciò produce cittadinanza.
Occorre guardare all'Europa non riducibile a Stato nè a Impero, ma come ad una
società civile, a un modo di vivere civile che si innova nella convivenza e nelle
istituzioni.
Promuovere cittadinanza, relazioni pacifiche e integrazione: questa è la missione
dell'Europa.
E' possibile uscire dalla transizione infinita?
Nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, Papa Giovanni Paolo II° affermò: "E'
crollato il più grande esperimento di ingegneria umana che la storia ricordi"
Cosa accadde in Italia?
Venne azzerato tutto il sistema dei partiti di massa (DC, PSI, AN, PC). Abbiamo
assistito a Tangentopoli, alla Bolognina, a Fiuggi.
Il sistema della Prima Repubblica crollò.
Non fù così in altri Paesi europei.
Oggi stiamo ristrutturando le forze politiche del Paese. Occorre ricreare le strutture
del pensare. E ciò non si fa in un giorno.
Senza partiti non esistono le democrazie. La democrazia senza partiti non marcia.
Senza partiti ristrutturati non si esce dalla transizione infinita. E non è solo un
problema parlamentare circoscritto alle due Camere.
Ciò implica il rapporto tra società civile e istituzione.
Chi si impegna, oggi, in politica?
Chi è succeduto al militante politico? Il volontario. L'individualismo è arrivato fino al
volontario (la membrana sociale).
Siamo invasi dai partiti personali (che è una contraddizione in termini).
Solo un partito "partecipato" e non personale può permettersi di mandare a casa il
leader. Così come solo un partito robusto, con prospettiva, può promuovere ricambio.
Anche sul territorio i partiti sono a pezzi.
Il Governo non può surrogare la "politica assente". Ecco perchè la transizione
infinita.
La politica è cultura organizzata o non è politica. Per Aristotele il fondamento della
politica è l'amicizia perchè in politica non si può essere soli.
E su questo piano l'Europa può diventare un esempio trainante.
La nostra politica ha fondamento personalista. Ricordiamo come l' "antifascismo"
abbia significato il definitivo prevalere della persona rispetto allo Stato.
Ma la persona è relazione, è apertura all'altro.
Oggi, occorre anzitutto uscire da un pensiero difensivo e utilizzare quello costruttivo
e dunque critico.
Che cos'è la politica? Non soluzioni tecniche, non regole, ma cultura politica.
La politica è passione, è occasione (Dossetti), ha un rapporto dialettico costante tra
possibile e impossibile.
Weber (1919) affermava: "bisogna ritentare ogni volta l'impossibile perchè, se non si
ritenta l'impossibile, non riusciremo a realizzare quel poco che già oggi è possibile"
E' il futuro che dà senso al passato.
Passione, pratiche, utopia, sono elementi della politica.
La transizione infinita va presa sul serio e richiede nuove forme politiche, partiti
ristrutturati e un consenso etico comune.
Occorre ricordare che sempre la politica nasce da quel che politico non è e che nei
passaggi cruciali c'è sempre una forza che si candida a far passare il guado.
Scarica