dal 26 al 28 settembre MILANOIR MILANUIT Piero Colaprico dal 2

dal 26 al 28 settembre
MILANOIR MILANUIT
Piero Colaprico
dal 2 al 12 ottobre
LA GUERRA DI TESSA
di Delio Tessa
Marco Balbi/Alarico Salaroli
dal 17 al 19 ottobre
SANTO GENET
Compagnia della Fortezza
dal 24 ottobre al 2 novembre
MENTRE RUBAVO LA VITA
di Alda Merini
Monica Guerritore/Giovanni Nuti
4 e 5 novembre
È COLPA TUA
Francesco Abate
dal 7 al 9 novembre
È STATO LA MAFIA
Marco Travaglio/Valentina Lodovini
dal 12 al 30 novembre
SPRING AWAKENING
ROCK MUSICAL
dal 5 al 31 dicembre
LA BUONA NOVELLA
da Fabrizio De André
Emilio Russo/Alessandro Nidi
dal 23 al 26 dicembre
IL FLAUTO MAGICO
Orchestra di Piazza Vittorio
dal 9 all’11 gennaio
I TRE DIARI
di Ingmar Bergman
Giancarlo Dettori/Franca Nuti/Claudio Beccari
dal 16 al 18 gennaio
BUFFA RACCONTA LE OLIMPIADI DEL ’36
Federico Buffa
dal 22 al 25 gennaio
GOSPODIN
di Philipp Löhle
Giorgio Barberio Corsetti/Claudio Santamaria
dal 27 al 30 gennaio
MORO, I 55 GIORNI CHE CAMBIARONO L’ITALIA
Ulderico Pesce/Ferdinando Imposimato
31 gennaio e 1 febbraio
IL LATO SINISTRO DEL CUORE
Carlo Lucarelli/Alessandro Nidi
dal 5 al 15 febbraio
AMERIKA
di Franz Kafka
Maurizio Scaparro
17 e 18 febbraio
NO TU NO
omaggio a Enzo Jannacci
Egidia Bruno
dal 19 febbraio al 1 marzo
LE CATTIVE STRADE
Andrea Scanzi/Giulio Casale per De André
dal 3 all’8 marzo
LA FILA (LINE)
di Israel Horovitz
dal 11 al 22 marzo
IL TRAMONTO SULLA PIANURA
Emilio Russo/Caterina Spadaro
compagnia Grey Pound+60
dal 24 marzo al 2 aprile
SVENIMENTI
di Anton Cechov
Le Belle Bandiere
dal 9 al 19 aprile
LO ZOO DI VETRO
di Tennessee Williams
Arturo Cirillo/Milvia Marigliano/Monica Piseddu/Edoardo Ribatto
dal 5 al 24 maggio
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?
di Edward Albee
Arturo Cirillo/Milvia Marigliano/Monica Piseddu/Edoardo Ribatto
dal 14 al 31 maggio
CIRCO EL GRITO
dal 5 al 14 giugno
DON CHISCIOTTE - OPERA POP
da Miguel de Cervantes
Alarico Salaroli/Marco Balbi/Emilio Russo
dal 18 giugno al 5 luglio
CHIAMATEMI GROUCHO
Emilio Russo /Marco Balbi
dal 7 al 19 luglio
WOODY ALLEN CAFÉ
Emilio Russo /Marco Balbi
Teatro Menotti 2014/2015
Tra cielo e terra
di EMILIO RUSSO
26 appuntamenti per oltre 220 aperture di sipario, per un lungo viaggio che celebra i nostri
primi 45 anni di storia teatrale a Milano. Un percorso attraverso i generi della scena
contemporanea cercando e trovando accordi con il battere del tempo e i respiri del nostro
fare e pensare teatro. Le parole, la musica, le immagini per raccontare storie “altre”, storie
di un catalogo da consultare con la dovuta attenzione e lentezza, da riconquistare contro
la velocità imposta e la tossicità intellettuale di questi vulnerabili anni dieci.
“Slow theatre” al Teatro Menotti con proposte originali e controllate, in questo anno
teatrale in cui Milano è chiamata dal suo straordinario Expo 2015 a trovare risposte per
“nutrire” il pianeta. In attesa della definizione del ruolo degli operatori teatrali cittadini,
accogliamo l’invito del Comune di Milano, a modellare parte della nostra stagione sulle
possibilità offerte dall’alto numero di visitatori internazionali che saranno in visita nel
semestre Expo. Lo faremo con due progetti nel periodo maggio/luglio 2015, uno dedicato
al circo contemporaneo in collaborazione con la compagnia El Grito ed altri ospiti
all’interno di uno “chapitau” che sarà montato nelle vicinanze del teatro, l’altro con una
dedica al teatro americano, ai suoi grandi autori Tennessee Williams e Edward Albee e ai
suoi grandi comici Woody Allen e Groucho Marx, tutti gli spettacoli saranno sottotitolati in
lingua inglese.
Parole, musica, immagini, appunto, per tracciare una linea immaginaria che abbiamo
voluto, in una grafica dal sapore futurista, far coincidere con lo skyline di una città che tra
le sue “altezze” antiche e moderne, prova ad avvicinarsi al cielo, a accarezzarlo. Forse
non è proprio così, ma ci piace pensare che lo sia.
Tra il cielo e la terra come la musica, quella per Alda Merini e la sua poesia con due
grandi interpreti come Monica Guerritore e Giovanni Nuti.
Tra il cielo e la terra come l’idea di riscrivere Mozart con i suoni e le parole del mondo e
l’Orchestra di Piazza Vittorio. Il Flauto Magico ritorna.
Tra il cielo e la terra come la giovinezza perduta e i sogni rubati di un Risveglio di
Primavera in chiave rock. Spring Awekening, energia e passione.
Tra il cielo e la terra come il teatro e le sue storie fino a che qualcuno avrà voglia di
raccontarle e qualcuno voglia di ascoltare. Le nostre sono storie del nostro tempo e sono
quelle di Marco Travaglio, Carlo Lucarelli, Federico Buffa, Francesco Abate, Andrea
Scanzi, Giulio Casale, Ulderico Pesce, Piero Colaprico. Narrazioni.
Tra il cielo e la terra come la “storia delle storie”. Il vangelo degli ultimi, tra Fabrizio De
André e i preti di frontiera. La buona novella.
Tra il cielo e la terra come le parole che restano sospese da cento anni. Sono quelle della
Grande Guerra, quelle di uomini perduti e sperduti. Le parole di Delio Tessa nel suo
viaggio milanese tra ciò che è rimasto in mezzo alle macerie e ai paradossi. Lo sforzo di
sorridere in faccia alla tragedia. L'è el dì di mort, alegher!
Tra il cielo e la terra come la poesia di Genet, provocazione, inganno e sensualità. In
scena la Compagnia della Fortezza con i detenuti/attori del Carcere di Volterra per
accompagnarci verso lo stupore di un viaggio esistenziale e meraviglioso.
Tra il cielo e la terra come l’ultimo viaggio di Don Chisciotte e Sancio Panza. Non c’è più
Dulcinea da amare, ma la luna da conquistare. Il capolavoro di Cervantes in forma di
commedia pop.
Tra il cielo e la terra come la follia dei due più grandi geni dell’umorismo del ‘900. Uno è
quello coi baffi e gli occhiali finti, l’altro quello coi capelli spettinati e gli occhiali spessi.
Groucho Marx e Woody Allen, ovvero una risata non ci seppellirà.
Tra il cielo e la terra come lo sguardo verso un amico che non c’è più. Enzo Jannacci nel
tenero e appassionato omaggio di Egidia Bruno.
Tra il cielo e la terra come il teatro visionario e concreto di Arturo Cirillo, per una
residenza creativa dedicata alla drammaturgia americana. Zoo di vetro di Tennessee
Williams e Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee, ovvero l’America che si
interroga e denuncia tra i valori perduti di una borghesia traballante e le vite impantanate
nello squallore quotidiano. Lo zio Sam tra miseria e nobiltà.
Tra la terra e il cielo come le acrobazie e i sogni di un circo da guardare a naso in sù.
Meraviglie e sorprese con il Circo El Grito. Per una Festa del Circo Italiano
Contemporaneo.
Tra terra e cielo la regia di Barberio Corsetti che dirige Claudio Santamaria in un testo
di drammaturgia contemporanea mai rappresentato in Italia. Gospodin.
Tra la terra e il cielo come le profezie americane di Franz Kafka, per una Amerika
immaginaria. Maurizio Scaparro condisce la vitalità del romanzo con le musiche jazz e
yiddish suonate dal vivo per uno dei suoi spettacoli più importanti, riproposto in una nuova
versione con interpreti straordinari.
Tra terra e cielo la visione di Cechov del gruppo storico delle Belle Bandiere.
Svenimenti.
Tra la terra e il cielo come la giovinezza e la passione di attori diventati attori in un’età non
prevista. Un regalo di vitalità e di umanità nato attorno ad un’idea che sta diventando vera.
Grey Pound la compagnia stabile over 60, spettacoli, laboratori, progetti. Il tramonto
sulla pianura, a grande richiesta.
Tra la terra e il cielo proprio lì dove vorremmo aprire il nostro sipario.
La stagione 2014/15 del Teatro Menotti è dedicata ad A.I.D.O., Associazione Italiana
per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule. A.I.D.O. da quaranta anni opera nella
speranza che il numero di cittadini acconsenta alla donazione degli organi e tessuti.
Il Teatro Menotti è lieto di donare una parte degli incassi a questa associazione.
dal 26 al 28 settembre
MILANOIR MILANUIT
valigie e canzoni
di Piero Colaprico
con Atomo Davide Tinelli, Piero Colaprico, Didi Martinaz, El Pelè, Mirko Mazzali
da un’idea di Andrea Perrone e Atomo Davide Tinelli
produzione TieffeTeatro
Uno spettacolo/racconto che narra la Milano della mala e raccoglie i personaggi in “bianco
e nero” che l'hanno vissuta. Scritto e interpretato da Piero Colaprico, giornalista e scrittore
di appassionanti gialli, lo spettacolo, in equilibrio tra romanticismo, ricostruzione storica e
passione politica, rivela l’epopea di una città che rinasce dopo la guerra. Le bische, le
osterie e la nebbia, i gangster gentiluomini e la mafia, ma anche aneddoti, canzoni e
leggende di una Milano che non c’è più.
C’è stato il bisogno di parlare della malavita di Milano con i suoi intrecci di poteri forti,
morti, sequestri e grandi sparatorie per il controllo del territorio. E di far rivivere il pensiero
costante del cambiamento, per arrivare sino ad oggi: abbiamo in tanti una valigia in mano
e siamo pronti ad incamminarci. È una valigia che nel suo peregrinare per questa città si è
riempita di sogni e desideri, anche dei vestiti degli attori e delle canzoni, talvolta anche di
mazzette e cocaina, di esplosivo e di faldoni per il palazzo di giustizia.
Una valigia piena di canzoni, che suonavano prima della Guerra e che ci portano sino
all’Expo, dalla nebbia alle luci del futuro, canzoni «snebbiate» dalla voce notturna di Didi
Martinaz, colonna portante del racconto di Colaprico, icona di una Milano che con brani
come El me Ligera, La ballata del pitur o Il motorino, mescola riso e dramma, vita dura e
furbizia. E dal Pelé, che sa cantare vecchie canzoni della mala, ma sa come raccontare, in
presa diretta, l’epopea della strada, della notte e della Milano noir.
Per i meno giovani è l’occasione di ritrovare i colori del fumo e del vino, di ascoltare la
cadenza milanese all'interno di una betola/osteria trasformata in happy hour. Per chi non
c’era, questa può essere una delle ultime occasioni per entrare davvero, mani e piedi,
cuore e cervello, là dove s’incontravano nonni e genitori. Milano le radici le ha. È che, a
volte, sembrano invisibili. Sino a quando, d’improvviso, non senti un ronzio da centrale
elettrica, un fremere sotto i piedi, sono proprio quelle radici milanesi che sussurrano a chi
sa dove ascoltare: eccomi, se hai un sogno, un’idea, provaci, e fidati, adesso è il
momento!
PIERO COLAPRICO e ANDREA PERRONE
In gessato a righe come due gangster che si comandano, Colaprico e Tinelli si tuffano tra
le loro imprese, cucendo in realtà la storia vera della male e quella di Milano tra gli anni
Cinquanta e Sessanta, tra delitti e rapine, tra notti di bevute e nebbia sui Navigli.
ANNA BANDETTINI - CORRIERE DELLA SERA
dal 2 al 12 ottobre
LA GUERRA DI TESSA
di Delio Tessa
con Marco Balbi e Alarico Salaroli
produzione TieffeTeatro
PRIMA NAZIONALE
Uno spettacolo di narrazione, di parole, di musica di immagini. Le parole sono quelle della Grande
Guerra, quelle di uomini perduti e sperduti. Le parole di Delio Tessa nel suo viaggio milanese tra
ciò che è rimasto in mezzo alle macerie e ai paradossi.
Lo sforzo di sorridere in faccia alla tragedia. L'è el dì di mort, alegher!
In scena due attori Alarico Salaroli, Marco Balbi e la musica dal vivo per sottolineare i passaggi
dello straordinario poema di Delio Tessa, considerato, forse malgrado lui e troppo tardi, uno dei più
grandi autori del novecento italiano.
EMILIO RUSSO
L'è el dì di Mort, alegher!
Sotta ai topiett se balla,
se rid e se boccalla;
passen i tramm ch'hin negher
de quij che torna a cà
per magnà, boccallà:
scisger e tempia... alegher
È il dì dei Morti, allegri!
Sotto le pergole si balla,
si ride e si tracanna;
passano i tram neri
di quelli che tornano a casa
per mangiare e sbevazzare:
ceci e tempia... allegri
DELIO TESSA
dal 17 al 19 ottobre
SANTO GENET
drammaturgia e regia di Armando Punzo
con i detenuti-attori della Compagnia della Fortezza
musiche originali eseguite dal vivo Andrea Salvadori
produzione CarteBlanche/VolterraTeatro e TieffeTeatro
con il sostegno di
MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Regione Toscana - Provincia di Pisa
Comuni di Volterra, Pomarance, Castelnuovo V.C. e Montecatini V.C.
Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra
Ministero della Giustizia C.R. Volterra
PRIMA NAZIONALE
Dopo il grande successo nella scorsa stagione di Mercuzio non vuole morire della
Compagnia della Fortezza, il Teatro Menotti alza la posta e abbraccia il nuovo progetto
Santo Genet partecipando alla coproduzione.
Dopo il primo studio presentato nel luglio 2013 nell'ambito di VolterraTeatro, accolto con
entusiasmo dalla critica e dal pubblico, la Compagnia continua l'attraversamento dell'opera
di Genet, dell'autore francese che con le sue parole ha saputo più di chiunque altro
strappare la bellezza al dolore, “creare buchi nella realtà”, trasfigurarla, immaginare
collane di fiori lì dove c'erano catene, bellezza dove c'era orrore. Per l'occasione il carcere
aveva ospitato le stanze segrete del castello di Irma. Innumerevoli specchi dorati
inseguivano gli spettatori nei cunicoli densi di altarini, velluti neri, marmi, pizzi e fiori,
obbligandolo al confronto con la moltiplicazione di rifrazioni e sovrapposizioni della loro
stessa presenza. Ora il lavoro della Compagnia della Fortezza procede in direzione di una
messinscena frontale, per trasporre, nello spazio fisico del teatro all'italiana, quella stessa
atmosfera di rarefazione, per farne una sorta di santuario in cui celebrare il funerale del
reale e il rito della nascita del possibile.
DALLA RASSEGNA STAMPA SUL PRIMO STUDIO:
Abbiamo assistito a uno degli spettacoli più belli, più intensi degli ultimi anni. Sarà
ricordato alla pari di quelli di grandi maestri, questo lavacro della mente, degli occhi, del
cuore a partire dal luogo oscuro della prigione.
MASSIMO MARINO - DOPPIOZERO.COM
Uno strepitoso successo.
ANNA BANDETTINI - LA REPUBBLICA
Grandi colpi teatrali, e insieme sonde esistenziali nella memoria e nell'immaginario (...), un
connubio che può rivelarsi esplosivo a ogni contatto.
GIANFRANCO CAPITTA - IL MANIFESTO
È un'esperienza che stordisce e disorienta, travolgendo i sensi e le emozioni. E sposta un
po' più in là i confini del teatro, riportandolo per certi aspetti vicino alle sue origini.
OLIVIERO PONTE DI PINO - ATEATRO.IT
dal 24 ottobre al 2 novembre
MENTRE RUBAVO LA VITA
testi delle canzoni di Alda Merini
musiche Giovanni Nuti
testo teatrale e drammaturgia Monica Guerritore
regia Mimma Nocelli
coproduzione TieffeTeatro e Sagapò Teatro
Uno spettacolo folle e commovente che unisce per la prima volta sul palco due
grandi interpreti dello spettacolo e della musica: Monica Guerritore e il cantante e
musicista Giovanni Nuti. In Mentre rubavo la vita i due artisti cantano, accompagnati da
una band di sei elementi, gli appassionati e dolorosi testi della poetessa Alda Merini.
Dopo essere andata in scena col musical End of the rainbow dedicato a Judy Garland,
Monica Guerritore stupisce ancora una volta il suo pubblico con un’ora appassionante di
immagini, parole, danza, musica e passione. «Nessuna donna resta indifferente davanti
alla forza, all’energia libera, vitale, colorata, sensuale di Alda Merini – dice Guerritore –. La
musica di Nuti rende travolgenti i suoi testi. Io stessa ne rimango stupita. Al pubblico
piacerà enormemente: ballerà, riderà e piangerà insieme a noi!».
Nuti, che firma anche le musiche dello spettacolo, per sedici anni ha avuto una
collaborazione unica e irripetibile con la grande poetessa, un collaborazione che lei stessa
amava definire un «matrimonio artistico».
«Solo un’artista eclettica e sensibile come Monica può trasmettere a pieno l’intensità, il
carattere, l’ironia, lo struggimento, la magica follia di una personalità immensa come quella
di Alda Merini – dice Nuti –. Sentirla per la prima volta cantare i suoi versi sulle mie note è
stato emozionante».
Lascio a te queste impronte sulla terra
Lascio a te queste impronte sulla terra
tenere dolci, che si possa dire:
qui è passata una gemma o una tempesta,
una donna che avida di dire
disse cose notturne e delicate,
una donna che non fu mai amata.
Qui passò forse una furiosa bestia
avida sete che dette tempesta
alla terra, a ogni clima, al firmamento,
ma qui passò soltanto il mio tormento.
ALDA MERINI
4 e 5 novembre
È COLPA TUA
di e con Francesco Abate
Matteo Sau - chitarra
Marco Noce - chitarra
Enrico Spanu - laptop
È colpa tua. Un viaggio attraverso la vita, le illusioni, le speranze e il coraggio di tre
generazioni. Dal sogno nord africano alla luce fredda della rianimazione di un ospedale,
dal flagello degli anni ottanta all’Italia martoriata del primo dopoguerra. È colpa tua,
attraverso le immagini, la musica e le parole, dipinge in maniera nitida la sofferenza e il
coraggio. La narrazione dell’autore accompagna lo spettatore in un viaggio denso di
emozioni che non rinuncia all’ironia.
Forma artistica a cavallo tra spettacolo teatrale e anteprima letteraria, naturale seguito del
romanzo Chiedo scusa. Le definizioni possibili sono tante, ma personalmente preferisco
parlare di un’esperienza umana fortissima in cui l’arte (espressa attraverso parole,
immagini, musica, ma anche luci basse e silenzio) è solo uno strumento per far arrivare il
messaggio quanto più possibile forte e chiaro ai suoi destinatari.
MARCELLA ONNIS - L’UNIONE SARDA
dal 7 al 9 novembre
È STATO LA MAFIA
di e con Marco Travaglio
letture di Valentina Lodovini
musiche Valentino Corvino
regia Stefania De Santis
produzione Promomusic
Marco Travaglio racconta la storia della trattativa fra Stato e Mafia, avviata dallo Stato nel
1992 e proseguita fino a oggi.
Una storia di patti inconfessabili, di segreti e ricatti che hanno dato vita alla Seconda
Repubblica e continuano a inquinare la presunta Terza che sta per nascere con le elezioni
del 2013.
Com'è suo costume, il giornalista narra fatti drammatici in forma tragicomica, sottolineando
gli aspetti grotteschi e ridicoli delle campagne di stampa negazioniste e giustificazioniste
scatenate da giornali e tv soprattutto dopo l'intercettazione di telefonate fra l'ex ministro
Mancino, il presidente Napolitano e il suo consigliere giuridico che subito si attivò per
devitalizzare e/o aggiustare le indagini della Procura di Palermo. Le telefonate depositate
dai magistrati e dunque pubbliche, anche se subito censurate dai grandi media, verranno
lette e spiegate sul palco.
Come nel precedente spettacolo Anestesia totale, Travaglio sarà accompagnato dalle
musiche eseguite dal vivo da Valentino Corvino e sarà affiancato da Valentina Lodovini,
che leggerà brani di grandi politici e intellettuali sulla buona politica, quella che rifiuta ogni
trattativa e compromesso con la malavita e il malaffare.
dal 12 al 30 novembre
SPRING AWAKENING
tratto da Risveglio di Primavera di Frank Wedekind
libretto e testi Steven Sater/Musiche Duncan Sheik
con Federico Marignetti, Arianna Battilana, Flavio Gismondi, Tania Tuccinardi
e con Noemi Baiocchi, Paola Fareri, Renzo Guddemi, Vincenzo Leone, Chiara Marchetti, David
Marzi, Albachiara Porcelli, Andrea Simonetti
con la partecipazione di Gianluca Ferrato e Francesca Gamba
regia Emanuele Gamba
direzione musicale Stefano Brondi/direzione artistica Pietro Contorno
produzione TodoModo Music-All
in collaborazione con Ars Nova e La bottega del Verrocchio
Arriva finalmente a Milano Spring Awakening, rivelatosi uno spettacolo dirompente nel
panorama del musical internazionale. L’opera di Duncan Sheik e Steven Sater ha
rappresentato per Broadway una vera e propria rivoluzione di genere, stravolgendo i
codici espressivi e le consuetudini stilistiche del musical tradizionale. Ampiamente
ripagata sia dal pubblico che dalla critica, Spring Awakening ha letteralmente sbancato
nell’edizione 2007 dei Tony Awards, ottenendo undici candidature e vincendo otto
riconoscimenti tra i più importanti (tra cui miglior musical, miglior regia, miglior libretto)
e un Grammy Award per le migliori musiche.
Tratta dalla controversa pièce teatrale di Frank Wedekind Risveglio di Primavera,
pubblicata nel 1891 e a lungo oggetto di censura per la scabrosità e la provocarietà dei
temi, l’opera ha per protagonisti un gruppo di adolescenti nella Germania del
diciannovesimo secolo alle prese con la scoperta della propria identità sociale, affettiva
e sessuale. Questi, loro malgrado, verranno a contatto con la moralità della società e
con l’ipocrisia degli adulti. L’allestimento italiano di Spring Awakening, per la regia di
Emanuele Gamba e la direzione musicale di Stefano Brondi, mantiene una stretta
aderenza al libretto. La sfida è proprio quella di affrontare un musical atipico nel suo
genere: scene di nudo, abuso di minori, masturbazione, stupro, suicidio ma anche inno
alla vita, alla gioia, a una natura nuova e rigogliosa, alla speranza. Il testo è recitato in
italiano ma l’inglese è mantenuto nelle canzoni, affinché niente si perda della
straordinaria forza espressiva delle musiche. Unica concessione dell’allestimento
italiano riguarda l’ambientazione: la Germania di fine secolo viene sostituita con l’Italia
degli anni Trenta, i cui richiami iconografici si riflettono nella scenografia, nei costumi e
nelle acconciature. Sullo sfondo, per ricordare l’ambiente scolastico in cui si muovono i
giovani personaggi, una grande lavagna, su cui verranno proiettate le traduzioni delle
canzoni con video dall’incredibile impatto scenico.
Siamo convinti che i grandi sommovimenti sociali ed economici dei nostri tempi
debbano oggi essere interpretati da proposte artistiche e culturali capaci di catalizzare
energie, voglia di protagonismo, istanze e tematiche, forse ancora oggi scomode, ma
allo stesso tempo capaci di creare dibattito e attenzione sia tra le nuove generazioni
che tra il pubblico più maturo. Il tutto non relegato a un settore artistico di nicchia, ma
all’interno dell’area dell’intrattenimento popolare; e quindi attraverso un media e un
linguaggio diffuso e ampiamente fruibile come il musical.
PIETRO CONTORNO
dal 5 al 31 dicembre
LA BUONA NOVELLA
attori da definire
regia di Emilio Russo
produzione TieffeTeatro
PRIMA NAZIONALE
Dopo il successo di All’ombra dell’ultimo sole, replicato per ben tre anni, sarà ancora il
mondo di Fabrizio De André a essere protagonista della nuova produzione, La buona
novella, ispirato al capolavoro del cantautore genovese.
L’album uscì nel 1970, in piena rivolta studentesca, e furono molte le accuse di
anacronismo e conservatorismo rivolte a De André che seppe rispondere a modo suo e
senza troppe parole: Gesù di Nazareth è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.
Attraverso vari episodi che hanno visto come protagonisti vari personaggi vicini a Gesù, La
buona novella narra le origini del Messia, e ci mostra un Gesù antimilitarista, antisessista,
libertario, attento ai problemi dei ceti umili della società. Queste sono tematiche, portate
avanti anche dal movimento anarchico, che hanno sempre ispirato l’opera del grande
artista genovese.
Uno spettacolo che chiama in gioco l’anarchia e il coraggio dei preti di frontiera, quegli eroi
del nostro tempo così vicini agli ultimi, da rischiare in proprio anche sfidando il silenzio
colpevole della Chiesa. Uno spettacolo di parole e musica. In scena una compagnia di
attori e musicisti di diverse nazionalità per un “vangelo” multirazziale e contemporaneo tra
le canzoni di Faber, i suoni del mondo, le parole di speranza e tolleranza.
EMILIO RUSSO
I lontani, gli esclusi, i reietti del pianeta. L’immaginario di De André era questo.
Il mio quinto vangelo è quello laico di De André. Il quale amava ripetermi ogni volta che mi
incontrava: «Caro Andrea, ti sono amico perché sei l’unico prete che non mi vuol mandare
in paradiso per forza».
DON GALLO
La buona novella era un’allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e
più sensate della rivolta del Sessantotto e istanze, da un punto di vista spirituale
sicuramente più elevate, ma da un punto di vista etico-sociale, direi, molto simili, che un
signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi
dell'autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù
di Nazareth e, secondo me, è stato e rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.
FABRIZIO DE ANDRÉ
NATALE AL TEATRO MENOTTI
dal 23 al 26 dicembre
IL FLAUTO MAGICO
secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio
opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart
direzione artistica Mario Tronco
elaborazione musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni
da una produzione originaria di Fondazione Romaeuropa
e Les Nuits de Fourvière/Department du Rhone
Ritorna al Teatro Menotti, in occasione delle festività natalizie uno spettacolo emozionante
per tutte le età: lo straordinario successo internazionale dell’Orchestra di Piazza Vittorio.
Un Flauto Magico contemporaneo, riletto, smontato e reinventato in sei lingue a ritmo di
jazz, rap, mambo e pop.
L’opera di Mozart reinterpretata come se fosse una favola, tramandata in forma orale e
giunta in modo diverso a ciascuno dei musicisti dell’orchestra. E così, come accade ogni
volta che una storia viene trasmessa di bocca in bocca, le vicende e i personaggi si sono
trasformati. Anche la musica, si evolve dall’originale, rivelando ed esaltando le potenzialità
dell’Orchestra e del suo bagaglio interculturale, diventando così Il flauto magico secondo
l'Orchestra di Piazza Vittorio.
Un Flauto contemporaneo, ambientato in una moderna società multirazziale. Non c’è da
stupirsi allora se Tamino e Pamina, Papageno, Sarastro e gli altri personaggi cantano in
wolof, spagnolo, arabo, tedesco, portoghese e inglese.
Scenografie e costumi richiamano l’idea della favola: un’atmosfera magica e sognante,
contrapposta al lato terreno e concreto dei musicisti.
Un esempio illuminante di multiculturalità.
NEW YORK TIMES
Dall’incontro multietnico che ha generato L’Orchestra di Piazza Vittorio e Mozart è nato un
capolavoro.
GINO CASTALDO - LA REPUBBLICA
dal 9 all’11 gennaio
I TRE DIARI
di Ingmar Bergman
adattamento e regia di Claudio Beccari
con Franca Nuti e Gian Carlo Dettori
produzione TieffeTeatro
Dopo una vita privata irrequieta - otto figli avuti da cinque donne diverse - Ingmar Bergman
trova una splendida intesa con Ingrid, sposata nel 1971.
Nel 1994, però, dopo "ventiquattro bellissimi anni di matrimonio", Ingrid scopre di avere un
tumore che la condurrà alla morte nel giro di pochi mesi. E la misteriosa figura della Morte,
che tanta parte ha avuto nell'immaginario del grande regista, fa violentemente irruzione
nella sua vita privata.
In quel periodo Bergman, Ingrid e la figlia Maria tengono, ciascuno per proprio conto, un
diario in cui annotano le loro impressioni, registrando l'alternarsi di dolore e speranza, di
paura e disperata fiducia.
Qualche tempo dopo la scomparsa della moglie, Bergman, assieme a Maria, decide di
pubblicare i tre diari, senza escludere i particolari più intimi e privati, offrendo una
testimonianza lucida e appassionata di come la vita possa essere improvvisamente
sconvolta dal dramma: mentre la malattia progredisce, ognuno cerca di continuare a
vivere come può, rifugiandosi nel lavoro e nella routine quotidiana, lottando per non
abbandonarsi allo sconforto.
Nella nostra lettura immaginiamo che le annotazioni dei diari facciano emergere nella
mente dei protagonisti echi dei film e dei romanzi di Bergman che, alla luce delle vicende
private, assumono particolare evidenza: da Il settimo sigillo a Fanny e Alexander, da
Scene da un matrimonio all'autobiografia Lanterna magica, per arrivare all'ultima opera,
Sarabanda, espressamente dedicata alla memoria della moglie: come è sempre stato
nella vicenda artistica di Bergman, l'esperienza di vita diventa il punto di partenza per
raccontare e riflettere.
CLAUDIO BECCARI
Uno spettacolo che dal suo spoglio rigore attinge una emozionante verità e che
dell’enigmatico, inquieto Bergman ci restituisce finalmente l’umanità segreta.
UGO RONFANI - IL GIORNO
dal 16 al 18 gennaio
BUFFA RACCONTA LE OLIMPIADI DEL ’36
con Federico Buffa
produzione TieffeTeatro
PRIMA NAZIONALE
Federico Buffa, cronista e commentatore sportivo, affabula e conquista il pubblico con il
suo stile avvolgente ed evocativo. Lo spettacolo, partendo dalla narrazione di una delle
edizioni più controverse dei Giochi Olimpici, quella del 1936, racconta una storia di sport e
di guerra.
Le storie dello sport, sono storie di uomini. Sono storie che scorrono assieme al Tempo
dell’umanità, seguono i cambiamenti e i passaggi delle epoche, a volte li superano.
È capitato a Berlino nel ‘36 quando Hitler e Goebbels volevano trasformare le loro
Olimpiadi, o quello che credettero fossero le “loro” Olimpiadi, nell’apoteosi della razza
ariana e del “nuovo corso”. E invece quelle Olimpiadi costruirono i simboli più luminosi
dell’uguaglianza. Il primo giorno di gara due atleti neri sul podio del salto in alto Cornelius
Jonshon e Dave Albritton. Al secondo giorno qualcuno consigliò il fuhrer sul fatto che non
era proprio più il caso di salutare personalmente gli atleti vincitori di medaglie. Jesse
Owens di medaglie ne vinse addirittura 4, due record mondiali e un record olimpico e il
tutto documentato e in diretta con le immagini di Lene Riefensthahl: la sua libertà creativa
ha consentito di regalare all’umanità la straordinaria smorfia di disappunto di Hitler al terzo
oro di Owens. Mentre in quella stessa estate del ‘36 il mondo assisteva in colpevole
silenzio alla tragedia della guerra civile spagnola e la pace scricchiolava sull’asse Roma
Berlino Tokyo, le Olimpiadi illuminavano il cielo con un’altra storia, forse la più incredibile.
Due atleti giapponesi arrivarono primo e terzo alla maratona di Berlino. Alla premiazione
mentre ascoltavano l’inno la loro testa era china. Non erano giapponesi, erano Coreani. Il
vincitore Sohn Kee Chung, 52 anni dopo portava dentro lo stadio di Seul la fiamma
olimpica del 1988 indossando come una seconda pelle e finalmente la maglia della sua
nazione, la Corea. Le storie dello sport sono storie di uomini, scorrono assieme al tempo,
ma a volte lo fermano quasi a chiedere a tutti una riflessione, una sospensione. Non è
andata così.
Le Olimpiadi del 36 una storia fatta di tante storie e dentro altre storie.
FEDERICO BUFFA
dal 22 al 25 gennaio
GOSPODIN
da Gennant Gospodin di Philipp Löhle
messa in scena di Giorgio Barberio Corsetti
con Claudio Santamaria,
Marcello Prayer e Valentina Picello
traduzione di Alessandra Griffoni a cura del Goethe Institute
prodotto da Fattore K. / L'UOVO Teatro Stabile Di Innovazione
in collaborazione con Romaeuropa Festival
È una nuova produzione di Giorgio Barberio Corsetti su un testo dell’esordiente autore
tedesco associato del Maxim Gorki Theater a Berlino: Philipp Löhle, inventore di teatro
fatto di sorprese, ed esporatore delle contraddizioni della nostra società votata al
consumismo.
Genannt Gospodin è un testo inedito in Italia il cui protagonista è un anti-eroe tragicomico
che si ribella al capitalismo e cerca di vivere senza soldi trovando finalmente la sua libertà
solo in prigione. È una visione spietata dell’umanità sia inquadrata che alternativa che
comunque inevitabilmente dipende dai soldi e dal consumo. La scrittura è graffiante,
acuta, ironica e pungente. Una galleria di personaggi comici strampalati, miserabili ed
idealisti, che raccontano il nostro mondo con grande poesia e feroce malinconia.
Parte integrante dell'impianto scenico è l'interazione degli attori con contributi video
realizzati attraverso tecniche varie (graphic animation, video mapping e Khroma key).
Gospodin è un uomo semplice.. non vuole avere nulla a che fare con il danaro.. Gospodin
vive nella città come un esploratore nelle natura.. Gospodin aveva un lama, animale con
cui passeggiando otteneva mance, Greenpeace glielo ha portato via.. Gospodin odia
Greenpeace.. Gospodin ha tanti amici, ma tutti gli portano via qualcosa.. la sua donna lo
abbandona portando via mobili e letto.. il suo amico artista gli porta via la tv per fare una
videoistallazione che si chiama "tempus fuckit".. a Gospodin un amico saltuario
delinquente lascia una borsa piena di soldi… la sua donna li vuole.. i suoi amici li
vogliono.. lui non li vuole ma non vuole darli..
Gospodin è un personaggio paradossale, che esprime la sua poesia con i suoi atti di
negazione.. Gospodin fa del paradosso il suo modo di vivere..
Scritto da Philipp Löhle, giovane drammaturgo tedesco, questo testo per tre attori e tanti
personaggi è composto da brevi scene dialogate, e da racconti lirici in cui gli altri due
attori, un lui ed una lei, raccontano le scorribande allucinate di Gospodin nella città, che
assomiglia ad ognuna delle grandi città in cui viviamo..
Gospodin corre, inseguito sempre dai fantasmi di un mondo che non vuole accettare..
Gospodin supera cancellate, si perde nei supermercati, tenta di vivere con il baratto, nel
bar che frequenta salta sul tavolo per dire la sua..
Gospodin è una pura invenzione poetica e paradossale.. Gospodin siamo noi, quando
vorremmo mollare tutto e vivere in pace, senza il condizionamento, la pressione del
guadagno.. Gospodin è comico, è tragico, è adesso..
GIORGIO BARBERIO CORSETTI
dal 27 al 30 gennaio
MORO
I 55 GIORNI CHE CAMBIARONO L’ITALIA
di Ferdinando Imposimato e Ulderico Pesce
interventi in video del giudice Ferdinando Imposimato
interpretato e diretto da Ulderico Pesce
produzione Centro Mediterraneo delle Arti
“Non l’hanno ucciso le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi dallo
Stato.”
Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalle indagini del giudice
Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che
nello spettacolo compare in video interagendo con il protagonista e rivelando verità terribili
che sono rimaste nascoste per quarant’anni.
“Un altro spettacolo su Moro? Non se ne può più.” direte. Avete ragione.
Più che di spettacoli sul caso Moro c’è la necessità di sapere la verità sulla sua morte.
Questo nostro lavoro vuole prima di tutto contribuire alla scoperta della verità e alla sua
divulgazione. Il fine sembra presuntuoso, ma le scoperte del giudice Ferdinando
Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, fino all’assassinio del fratello
Franco, vanno verso la costruzione di una chiara verità: “Moro doveva morire”, era utile
bloccare la sua apertura alla sinistra. Le nuove rivelazioni del giudice Imposimato
rappresentano la base contenutistica del testo dove però le scoperte del giudice, sono
intrecciate con la vita di Iozzino e Zizzi, due membri della scorta.
Raffaele Iozzino era il poliziotto che riuscì a sparare due colpi contro i terroristi. Francesco
Zizzi, era poliziotto ma soprattutto grande chitarrista e cantante di piano bar. Era al suo
primo giorno di lavoro avendo sostituito, proprio quella mattina, la guardia titolare che
aveva presentato un certificato medico. Nelle parole e nelle azioni di Ciro Iozzino, fratello
di Raffaele, protagonista dello spettacolo, abbiamo voluto descrivere le ansie e la
disperazione di un ragazzo del sud a cui “distruggono” la famiglia. Con la figura della
mamma di Raffaele, continuamente evocata, abbiamo voluto far parlare la disperazione di
una mamma che non riesce a darsi pace, una mamma che vede il figlio partire per servire
lo Stato e che rimane ad aspettare la verità da più di trent’anni. Nello stesso tempo
crediamo che questo lavoro contribuisca ad informare sulle “colpe” di Francesco Cossiga
e Giulio Andreotti che “non hanno voluto salvare Moro”.
ULDERICO PESCE
31 gennaio e 1 febbraio
IL LATO SINISTRO DEL CUORE
talk radio
con Carlo Lucarelli
Alessandro Nidi - il Pianoforte
Marco Caronna - lo Speaker
Mascia Foschi - la Voce
produzione CE.F.A.C.
Carlo Lucarelli, affermato scrittore di letteratura noir, apparirà in veste di attore che
interpreterà se stesso, e si racconterà al pubblico attraverso un’intervista radiofonica,
attraverso l’interessante format della “talk radio”.
Il lato sinistro del cuore, la raccolta di racconti edita da Einaudi, è una sorta di canovaccio
da cui partire per un racconto di storie che si intrecciano con le suggestioni musicali del
Maestro Alessandro Nidi e con la voce di Mascia Foschi, già interprete con lo stesso
Lucarelli del programma televisivo andato in onda su Rai 3 Milonga Station.
Gli ingredienti della serata sono: uno studio radiofonico, una trasmissione in tarda serata,
uno speaker strampalato, Marco Caronna, e un malcapitato ospite in un viaggio
disordinato tra racconti, monologhi e musica. Sul palco anche il maestro Alessandro Nidi
al pianoforte, che accompagnerà i diversi momenti, in una sorta di juke box dal vivo. Il
protagonista della serata sarà Lucarelli, grande affabulatore, che come di consueto
proporrà racconti pieni di suggestioni musicali e teatrali.
dal 5 al 15 febbraio
AMERIKA
di Franz Kafka
traduzione e adattamento di Fausto Malcovati e Maurizio Scaparro
con Ugo Maria Morosi, Giovanni Anzaldo, Carla Ferraro
e Giovanni Serratore, Fulvio Barigelli, Matteo Mauriello
musiche ispirate alla cultura yiddish della vecchia Europa e al jazz nero di Scott Joplin
adattate da Alessandro Panatteri
eseguite dal vivo da Alessandro Panatteri (piano), Andy Bartolucci (batteria), Simone
Salza (clarinetto)
scene Emanuele Luzzati, riprese da Francesco Bottai
costumi Lorenzo Cutoli / movimenti coreografici Carla Ferraro
regia Maurizio Scaparro
produzione Compagnia Gli Ipocriti
in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola di Firenze
Karl Rossmann, giovane ebreo europeo, viene inviato in America come un pacco postale
per sfuggire ad uno scandalo che lo vede coinvolto con una domestica. Deve raggiungere
lo zio Jacob, un autentico “zio d’America” che deve trovargli un lavoro e una sistemazione.
Ed è così che iniziano le tribolazioni del giovane uomo-cavallo (Ross – Man) in un’America
che rivela già, nella visione fantastica ma sorprendentemente profetica di Kafka, i sui mali,
le sue contraddizioni ma anche la sua dirompente vitalità.
Al ritmo della musica jazz di Scott Joplin, lo spettacolo ripercorre, nell’adattamento di
Fausto Malcovati e con la regia di Maurizio Scaparro, la storia dell’emigrante Rossmann,
del suo viaggio, della sua vita errante in cerca di un benessere (il sogno americano?) che
sembra sempre a portata di mano, ma che rimane inafferrabile.
Lo spettacolo viene proposto, dopo la prima fortunata edizione del 2000, in occasione del
semestre di Presidenza Italiana dell’Unione Europea.
17 e 18 febbraio
NO TU NO
omaggio a Enzo Jannacci
con Egidia Bruno
pianista da definire
canzoni di Enzo Jannacci
testi di Egidia Bruno e Marie Belotti
produzione TieffeTeatro
PRIMA NAZIONALE
Ho conosciuto Jannacci nel 2002 e dopo aver lavorato nella sua commedia Le storie del
Mago, ho avuto l’onore di essere diretta da lui nel monologo La Mascula, tratto dal mio
omonimo racconto, già Premio Troisi, spettacolo che gira l’Italia da circa dieci anni.
Va da sé che se conosci uno come Enzo Jannacci non hai solamente a che fare con un
grande artista, ma è aver incontrato un Maestro, oltre che una persona di grande
spessore. Più volte mi è stato chiesto, in quest'ultimo anno, se non avessi intenzione di
fare un omaggio a Jannacci. Ma le mie resistenze erano forti: sentivo di custodire la stima
e l'affetto che avevo per lui come qualcosa di strettamente personale e inoltre, forse, non
mi sentivo all’altezza. Poi mi sono ricordata di quello che lui diceva sempre a proposito di
“passare il testimone … sennò che gusto c’è?!”
E dopo tante sollecitazioni, ho capito che sì, era giusto che anch'io onorassi la sua
memoria e non solo per la sua grandezza e unicità d'artista, ma anche per il privilegio di
essere stata sua allieva e per tutto quello che ha voluto generosamente trasmettermi.
Ho pensato, quindi, di "ringraziare" Enzo Jannacci con uno spettacolo di testi miei e di
canzoni “sue”, magari forse proprio quelle meno note, ma non per questo meno
significative.
Posso solo dire che l’intento è quello di parlare di un Maestro e di un Artista come in Italia
non se ne "fabbricano" più.
EGIDIA BRUNO
dal 19 febbraio al 1 marzo
LE CATTIVE STRADE
con Andrea Scanzi e Giulio Casale
produzione Promomusic
in collaborazione con il Comune di Cagli - Istituzione Teatro Comunale
si ringrazia la Fondazione Fabrizio De André Onlus
Le cattive strade è uno spettacolo scritto e interpretato da Giulio Casale e Andrea Scanzi.
In novanta minuti si ripercorre la carriera di Fabrizio De André.
Scanzi, giornalista, autore teatrale e scrittore, racconta gli snodi del percorso artistico del
poeta e cantautore ligure. Alla sua narrazione si alternano le interpretazioni del cantautore
e attore Giulio Casale, capace di personalizzare con rispetto, personalità ed eclettismo il
repertorio di Faber.
Il lavoro, che racconta anche il De André meno noto, non desidera canonizzare o
santificare l'artista. Al contrario, Le cattive strade intende raccontare, senza agiografie, ma
con passione le continue rivoluzioni e le poderose intuizioni (anche musicali) di un
intellettuale inquieto. Scomodo. Irripetibile.
Lo spettacolo vive anche di una sua particolare multimedialità che comprende la
proiezione di filmati originali di Fabrizio De André, estratti audio, foto rare, ed esecuzioni
dal vivo in acustico e anche su base. Da Geordie a Brassens, dal Suonatore Jones alla
Canzone del maggio, da Se ti tagliassero a pezzetti ad Anime salve. Senza dimenticare la
produzione dialettale e l’apporto fondamentale dei tanti collaboratori avvicendatisi accanto
a lui.
È una storia per nulla sbagliata, quella di Fabrizio De André.
Tra cattive strade e fiori che nascono dove meno te lo aspetti.
Una storia che continua e continuerà, in direzione ostinatamente contraria.
Di Fabrizio De André si parla tanto. Forse troppo. Un talento inquieto, spigoloso, quasi mai
facile. Un uomo bruciato dal desiderio quasi inconscio, e talora da lui stesso mal
sopportato, di inseguire e concretizzare rivoluzioni continue. Nessun desiderio di
raccontare un santino; molta voglia di restituire gli snodi di un artista vero. Tra i più grandi
del Novecento italiano.
ANDREA SCANZI
De André è stato come minimo uno tra i più importanti cantautori del secolo scorso.
Ognuno di noi che si provi a fare oggi lo stesso suo mestiere gli deve almeno un pezzo
della propria chitarra, del proprio cercare e spesso non trovare una voce, e un tono,
altrettanto autorevole, impeccabile. Questo basti a darci il senso di restituzione, per il tanto
ricevuto. Fuor di retorica, ma proprio solo di pancia, e di cuore.
GIULIO CASALE
dal 3 all’8 marzo
LA FILA (LINE)
di Israel Horovitz
traduzione Susanna Corradi
con Alessandro Averone, Paola De Crescenzo,
Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Sergio Filippa
a cura di Walter Le Moli
produzione Fondazione Teatro Due
Quattro uomini e una donna lottano per il primo posto di una fila. Una fila senza capo né
coda, né tantomeno scopo, in cui tutti sono disposti anche a morire pur di essere i primi,
perché la competizione finisce per essere l’unica occasione di esistere.
Tutto è consentito, tutto è praticato, tutto è lecito. Ma in questa violenta e ridicola corsa
verso la supremazia non ci sono vincitori perché la partita è, per tutti, persa in partenza.
Rappresentato per la prima volta nel 1975, Line è la più longeva produzione off-Broadway,
tutt’ora in scena nei teatri di New York.
Una commedia divertente e caustica in cui Horovitz esibisce, con carica ironica e
dissacratoria, le nevrosi e le meschinità della società contemporanea, dove la
competizione sembra essere il vero motore di tutte le relazioni interpersonali.
Bisogna essere i primi, non necessariamente i più competenti e i più meritevoli, ma primi
sì; e per raggiungere l’obiettivo si è disposti a tutto, forse persino ad uccidere.
Fa ridere Line ma, allo stesso tempo fa pensare e – come dice Ionesco – è una piéce
unica, in cui non c’è azione, non succede niente, ma in realtà succede tutto.
LOCANDINA
dall’11 al 22 marzo
IL TRAMONTO SULLA PIANURA
da Guido Conti
con Gianfranco Barili, Sonia Casoli, Maria Stella Cerana, Fiore Cesca, Mariella Clemente,
Nadia Cortesi, Marco De Feo, Angelo De Maco, Domenico Galluccio, Diego Ghilotti, Pardo
Kickhoeffel, Anna Maria Paino, Ninni Picone, Carlo Raimondi, Federica Rivoli, Enzo Trovato
musiche Alessandro Nidi
regia e adattamento teatrale di Emilio Russo e Caterina Spadaro
produzione TieffeTeatro
Davanti alle grandi vetrate di una casa di riposo immersa nella pianura padana, si
incrociano le vite di personaggi singolari: poeti improbabili, attrici dalla vita malinconica e
avventurosa, fascisti fedeli fino all'ultima ora, suore stravaganti e medici assurdi. Una
“giovane” compagnia over 60 è la protagonista di un racconto tragicomico in bilico tra
storie individuali e la macrostoria di un’epoca destinata al cambiamento, in attesa del
nuovo millennio. Siamo nel 1989, tra muri che cadono e ideali che affondano, quale
migliore punto di vista se non quello di chi osserva il mondo tra i raggi di un sole e di una
vita al tramonto?
Intorno, la strana magia della pianura e del fiume che la percorre, il Po: depositario di riti
antichi, ma anche di delitti misteriosi. E mentre una tarda estate si trasforma in un Natale
nevoso, noi ci accorgiamo di attraversare, capitolo dopo capitolo, il romanzo di un secolo.
Gli attori sono stati scelti dopo un intenso provino/laboratorio che ha visto la
partecipazione di oltre cinquanta over 60, tutti non professionisti. I caratteri dei personaggi
in scena si confondono con i protagonisti del racconto, il risultato è un toccante racconto
corale sulla terza età, ironico e malinconico.
Il Teatro Menotti intende sottolineare il valore civile e di aggregazione del teatro, luogo di
incontro fisico e mentale di persone, idee, intelligenze senza distinzioni di età ed
estrazione socio-culturale.
Il progressivo interesse verso l’età matura che sta catturando l’attenzione del cinema
contemporaneo con opere straordinarie. Il nuovo trend viene chiamato “grey pound”,
termine che sottolinea il potere economico delle persone in là con gli anni. L’inevitabile
“invecchiamento” della popolazione è particolarmente evidente in una grande città come
Milano, e il Teatro Menotti, da sempre attento a percepire i cambiamenti nella società,
coglie questa tendenza, creando un progetto a 360 gradi che mira a coinvolgere
attivamente i giovani over 60.
La rivincita delle pantere grigie: che scherzano con la morte, accettando la sfida del teatro
e della vita.
ADRIANA MARMIROLI - LA STAMPA
Bizze, battibecchi, concertini, processioni di carrozzelle, suore imperiose, poeti e sciantose
in pensione. Poi, tutti in fila per la foto ricordo. E noi ad applaudire.
ROBERTO BARBOLINI - IL GIORNO
dal 24 marzo al 2 aprile
SVENIMENTI
un vaudeville
dagli atti unici, dalle lettere e dai racconti di Anton Cechov
progetto, elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
con Elena Bucci, Gaetano Colella, Marco Sgrosso
regia Elena Bucci
produzione Le Belle Bandiere, CTB Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con
Regione Emilia Romagna, Provincia di Ravenna, con il sostegno del Comune di Russi
Le Belle Bandiere per la prima volta si accostano al lavoro di Anton Cechov, partendo dai
suoi formidabili Atti Unici, operine che lui stesso scherzosamente definiva “vaudeville
volgarucci e noiosetti” ma al cui straordinario successo assisteva stupito.
Elena Bucci e Marco Sgrosso, in scena con Gaetano Colella (storico collaboratore della
compagnia), si accostano per la prima volta secondo quella modalità che tanto spesso
caratterizza i loro lavori: guardando oltre la singola opera, cogliendo le intime connessioni
tra la vita dell’autore e la sua scrittura, scoprendo legami insospettati o azzardando nuove
chiavi di lettura. Giungendo così ad una sorta di opera “aperta” in cui, toccando i più
diversi aspetti della sua scrittura, scorgere un vero e proprio ritratto dell’autore, e tracciare
un percorso attraverso i suoi processi creativi.
Sono nuvole di puro teatro, ritmo ed esilaranti invenzioni che illuminano la solitudine
malinconica dei suoi antieroi, le ridicole debolezze di noi tutti e la misteriosa tessitura dei
rapporti mentre suggeriscono climi e visioni delle opere future.
In omaggio
rilettura dei
Svenimenti,
personaggi,
della vita.
a Vselovod Mejerchol'd - che aveva intitolato Trentatré svenimenti la sua
tre atti unici di Cechov - abbiamo scelto come titolo del nostro spettacolo
parola che allude ai punti di crisi emotiva e di perdita di controllo dei
urlo o gioia, pianto o riso ma comunque resa all'incomprensibile emozione
E tenteremo di scoprire il mistero del fascino lieve di questi uomini e donne che, senza
avere una dimensione eroica, restano impressi nella memoria per la loro autenticità, nutriti
di speranze o ammalati di sconfitte, tragici contro voglia, ridicoli senza consapevolezza,
una condizione umana universale che pochi altri autori hanno saputo descrivere con tanta
forza e semplicità.
ELENA BUCCI E MARCO SGROSSO
dal 9 al 19 aprile
LO ZOO DI VETRO
di Tennessee Williams
traduzione di Gerardo Guerrieri
con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Edoardo Ribatto
scene Dario Gessati/costumi Gianluca Falaschi/luci Mario Loprevite
regia Arturo Cirillo
produzione TieffeTeatro
La regia poetica e sensibile di Cirillo si misura con un classico del teatro del novecento,
mostrando meccanismi familiari sempre attuali e personaggi reali, nell’Italia di oggi come
nell’America degli anni ‘40.
Lo zoo di vetro è “un dramma di memoria”, secondo la definizione dello stesso Tennessee
Williams, cioè è un testo dalla doppia natura: realistico nella descrizione dei rapporti tra i
personaggi, ma totalmente onirico rispetto al tempo della vicenda e al tempo della sua
rappresentazione. Potente messa in scena dell’atto del ricordare e del rapporto con il
passato come luogo del rimpianto: “Il futuro diventa presente, il presente passato, e il
passato un eterno rimpianto” si dice nel testo.
Al centro della vicenda il fallimento di una famiglia, una madre che vive ancorata al ricordo
di una giovinezza dorata, un gruppo di ex-giovani ormai senza più età.
Lo zoo di vetro di Williams rappresenta “l’inganno dell’immaginario”, non è casuale la
grande importanza, data dall’autore, all’atto del proiettare. Il riflettore teatrale che il
narratore/figlio punta sui personaggi, i molteplici film nei cinema dove si rifugia Tom per
sfuggire alla realtà, e anche gli stessi animaletti di vetro che compongono lo zoo del titolo
sono l’emblema della fragilità e della finzione: sono essenze quasi prossime all’assenza,
non a caso trasparenti.
ARTURO CIRILLO
Cirillo non tocca la struttura della pièce, la lima, la taglia ma non ne altera l’andamento, si
limita a cambiare il punto di vista dal quale vi si accosta. (...) Ne annulla le distanze, pare
mostrarcela come se la vedessimo per la prima volta.
RENATO PALAZZI - IL SOLE 24 ORE
(...) Regia simbiotica, inquietante, poetica di Arturo Cirillo
MARIA GRAZIA GREGORI - L’UNITÀ
Tom, ben interpretato da Cirillo, è ironico, tormentato e con tratti di serena rassegnazione,
dolce e dalle rabbie impotenti. Milvia Marigliano è brava nel disegnare una madre
grottesca (...). Con lievità e intensità Monica Piseddu rende palpabile l’animo fragile della
figlia (...).
MAGDA POLI - IL CORRIERE DELLA SERA
E bravissima Milvia Marigliano che da qualche anno mostra la maturità di un’attrice
notevole.
ANNA BANDETTINI - LA REPUBBLICA
dal 5 al 24 maggio
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?
di Edward Albee
con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Edoardo Ribatto
scene Dario Gessati / costumi Gianluca Falaschi / luci Mario Loprevite
regia Arturo Cirillo
produzione TieffeTeatro
PRIMA NAZIONALE
SPETTACOLO SOTTOTITOLATO IN LINGUA INGLESE
Martha e George sono una coppia di mezza età che ha invitato a casa un giovane collega
di lui e sua moglie. Tra un bicchiere e l'altro, complici l'ora tarda e i fumi dell'alcool, i
quattro si addentrano in una specie di "gioco della verità" che porta le due coppie a
mettere a nudo tutto di sé, soprattutto i padroni di casa.
Dopo il felice incontro tra un gruppo di attori e la produzione TieffeTeatro avvenuto la
stagione scorsa con lo spettacolo Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, ritorno a lavorare
con il Teatro Menotti e con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto, oltre che
con Dario Gessati, Gianluca Falaschi, Mario Loprevite, a un altro testo della drammaturgia
americana del secolo scorso: Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee.
Come in Lo zoo di vetro anche qui abbiamo un assoluto quartetto, un gioco prima di tutto
attoriale, dove l'ascolto, la relazione, il recitare insieme sono tutti aspetti fondamentali
dell'operazione. Se nel testo di Williams mi sembrava importante trovare quello stato
d'animo di depressione, accidia e malinconia in cui immergere la vicenda, qui mi pare
essenziale costruire una situazione di forte tensione psicologica che porterà ad un gioco al
massacro, scandito dal continuo assorbimento di alcol, come in una commedia di Pinter
(per esempio L'amante). Come Pinter, Albee mi pare un autore che ama disseminare il
suo testo di elementi misteriosi, di allusioni, in cui l'ubriachezza in cui sprofondano via via i
quattro protagonisti non fa altro che rendere il tutto ancora più vago, sfocato e violento.
Anche scenicamente vorrei lavorare su questo senso di precarietà e disequilibrio che da
l'alterazione alcolica, attraverso una scena che si scompone insieme ai suoi abitanti. Poi vi
è l'ironia, ma direi anche molto sentimento, in fondo gli adulti sono una coppia di
innamorati frustati e inaciditi da una enorme noia, che è presente nel mondo che li
circonda ma anche in loro stessi. Scritto come una commedia di conversazione, il testo
nasconde dentro di sé isole misteriose e inconsce, dove il tema dell'assenza di paternità e
maternità unisce in un unica ossessione le due coppie. Quattro egocentrici ossessionati
dalla propria realizzazione, quattro vite determinate dal bisogno di potere, in cui tra i
giovani e gli adulti non c’è molto di diverso, se non che i primi sembrano condannati a
diventare come i secondi, ma forse con più cinismo e vuotezza di emozioni. Anche in
questo caso, come già avvenuto con Lo zoo di vetro, mi interessa fare di questo testo un
racconto non legato unicamente alla realtà americana, ma dargli una sua universalità e
atemporalità.
ARTURO CIRILLO
dal 14 al 31 maggio
CIRCO EL GRITO
un circo contemporaneo all’antica
20 DECIBEL - non c'è storia senza ascolto
di e con Fabiana Ruiz Diaz e Giacomo Costantini
messa in scena Louis Spagna
ricerca acrobatica Catherine Magis
compagno di giochi Giorgio Rossi
aiuto alla concezione musicale Paul Miquet
luci Domenico De Vita / scenografia Thyl Beniest e Sebastien Boucherit
costumi Beatrice Giannini
DRUMS AND CIRCUS
di Fabiana Ruiz Diaz e Giacomo Costantini
con Fabiana Ruiz Diaz, Giacomo Costantini, Timoteo Grignani
messa in scena Louis Spagna
luci Domenico De Vita
Milano ospiterà per la prima volta una delle realtà di circo contemporaneo italiane più
apprezzate in Europa. Lo chapiteau del Circo El Grito sarà allestito nei pressi del Teatro
Menotti, in un’area verde da definire.
Durante la prima settimana El Grito presenterà lo spettacolo 20 Decibel, la sua opera più
conosciuta, che ha debuttato a Bruxelles alla Biennale di Circo “Pistes de Lancement”, per
poi presentare la nuova produzione Drums And Circus, di Johan Sebastian Bach, in
chiave elettro-circense. Per concludere il programma, il Circo El Grito e il Teatro Menotti,
organizzeranno una rassegna di spettacoli con l'obiettivo di portare a Milano il Circo
Contemporaneo nelle sue diverse accezioni.
Un circo contemporaneo all'antica
Sono cinque ragazzi, due in scena e tre dietro le quinte, che senza alcun finanziamento
pubblico nel 2011 hanno scelto la vita nomade e comunitaria del circo.
Un circo che invita all'ascolto, che ha saputo sorprendere ed emozionare ogni tipo di
pubblico con spettacoli caratterizzati da un “linguaggio poetico che segna una nuova rotta
del circo contemporaneo” (La Nazione).
Sensibile alle tematiche di sostenibilità ambientale il Circo El Grito, grazie alla
collaborazione con AzzeroCO2, è il primo Eco-Circo a zero emissioni di C02.
Il Circo El Grito è nato dalla necessità di uno spazio libero, itinerante ed autonomo, che oltre a proteggere i nostri spettacoli dalle intemperie - potesse proteggere noi dalle
dinamiche capitalistiche e consumistiche attuali. Saremo a Milano dal 14 al 31 maggio
2015, malgrado la presenza del colosso Cirque du Soleil, per proporre un'alternativa
critica per chi vorrà scoprire il circo contemporaneo nella sua versione più artigianale,
intima ed autentica.
Non saremo nell'area dei padiglioni dell'Expo, ma in un parco cittadino nel cuore della
città, perché per ospitare il circo non c'è bisogno di cementificare. E quando ce ne
andremo non ci sarà bisogno di smantellare e risanare l'area, perché al massimo in terra
resteranno dei popcorn.
GIACOMO COSTANTINI PER IL CIRCO EL GRITO
dal 5 al 14 giugno
DON CHISCIOTTE - OPERA POP
da Miguel De Cervantes
con Alarico Salaroli, Marco Balbi
e
Helena Hellwig, Enrico Ballardini, Alessandro Nidi, Francesca Li Causi
musiche scritte e dirette da Alessandro Nidi
regia e drammaturgia Emilio Russo
produzione TieffeTeatro
SPETTACOLO SOTTOTITOLATO IN LINGUA INGLESE
Parole e musica per raccontare il “mito” di Don Chisciotte con una lettura in chiave pop tra
Orson Welles, la tragicommedia beckettiana e il cabaret. Dialoghi in bilico tra fantasia e
realtà, incontri, personaggi, canzoni di un “viaggio infinito” che da quattrocento anni ci
conduce alle soglie del sogno e della follia.
Don Chisciotte (Alarico Salaroli) e Sancio (Marco Balbi), protagonisti di una storia senza
tempo, arrivano finalmente al Toboso, non più luogo incantato, dimora della bella
Dulcinea, ma balera di periferia animata dagli straordinari Musicisti del Toboso: Helena
Hellwig, Enrico Ballardini, Francesca Li Causi e Alessandro Nidi.
Estate 1969, è l’estate più calda del decennio quando Don Chisciotte e Sancio Panza
decidono di partire. Per l’hidalgo sarà un viaggio alla ricerca di fanciulle da salvare e di
torti da riparare, per il suo scudiero sarà la ricerca di un’isola su cui riposare.
Niente a che vedere con la moda e i modi “on the road”, piuttosto un percorso circolare dal
nulla verso il nulla, un sentiero impolverato, in un paesaggio urbano simile alle periferie
delle nostre città.
Niente di moderno contamina il pensiero e le azioni del “cavaliere dalla triste figura”,
perché lui è davvero un cavaliere: un cavaliere autentico, il miglior cavaliere mai esistito.
Chi avrebbe abbattuto giganti con una lancia di legno? Soccorso fanciulle da esseri
infernali? Riparato offese e torti con tanto coraggio e, sopratutto, chi poteva farlo avendo
per alleati solo un magro ronzino e uno scudiero rozzo? Don Chisciotte è il mito, ma è
Sancio il vero personaggio della commedia umana. Un personaggio meraviglioso, perfino
nella sua volgarità e nella sua goffaggine.
Cavaliere e scudiero insieme hanno superato secoli di decadenza e oscurantismo,
repressioni e tirannie. Insieme ci hanno raccontato di un mondo con cui la gente onesta e
leale ha il desiderio di identificarsi. Alla fine del loro viaggio lo sguardo e i pensieri
inevitabilmente si rivolgeranno alla luna, che mai come in quell’estate del ’69, ci sembrò
così vicina. Poi tutto è tornato come prima e non ci rimane altro che guardare quel dito che
da qui la indica. Ma Don Chisciotte tornerà.
EMILIO RUSSO
Russo trasforma la storia dell’hidalgo in un’opera pop: le riflessioni di uno stanco Don
Chisciotte, interpretato da uno straordinariamente malinconico Alarico Salaroli, e i sogni di
Sancio, il sornione Marco Balbi, sono affiancati alle canzoni eseguite dall’emozionante
Helena Hellwig.
ALBAROSA CAMALDO - HYSTRIO
dal 18 giugno al 5 luglio
CHIAMATEMI GROUCHO
elaborazione drammaturgica Emilio Russo
con Gianni Quillico, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci, Fabio Zulli
al pianoforte Vicky Schaetzinger
luci Mario Loprevite
regia Marco Balbi
produzione TieffeTeatro
SPETTACOLO SOTTOTITOLATO IN LINGUA INGLESE
Ritorna un grande successo della Compagnia Tieffe. Chiamatemi Groucho rende omaggio
ai giochi di parole, alle battute paradossali, al teatro dell’assurdo dei fratelli Marx.
Un tributo all’ironia demenziale di Groucho Marx a cui l’intero umorismo contemporaneo,
cinematografico e non solo, deve qualcosa di immenso: da Woody Allen ai Fratelli Cohen,
da Zucker-Abrahams-Zucker a tutti i comici venuti fuori dal Saturday Night Live, tutti hanno
guardato al nonsense surreale dei fratelli Marx come a un faro.
Un percorso in apnea tra musica dal vivo, canzoni, sketches, dialoghi e sceneggiature
assurde, per ritrovare quell’urlo liberatorio e di scherno che lui e i suoi fratelli hanno saputo
scagliare con il loro fantastico umorismo anarchico e surreale alla società vanagloriosa,
alle ipocrite convenzioni e alle tronfie istituzioni.
Intorno a uno sconclusionato avvocato detective dello “Studio legale e investigativo Fratelli
Marx” ruotano un assistente idiota, una segretaria oca e un assortimento di clienti
improbabili: un marito tradito troverà le prove dell’infedeltà della moglie, ma sarà sconvolto
dall’esito delle indagini; gli ambasciatori di due nazioni confinanti trattano per un accordo
di pace e tolleranza, ma trovano la guerra; un quadro di grande valore è stato rubato, ma
verrà ritrovato in circostanze ancora più misteriose. C´è chi suona il pianoforte, chi canta in
coro, chi sviene. L’happy-end c’é, ma non per tutti. A vincere in questo ritratto dell’America
a testa in giù sarà sempre la follia e lo scarto dalla norma. Sconfitte le convenzioni, il
perbenismo, la retorica. Non rimane che ridere.
Lo spettacolo è un assurdo vaudeville, una corsa di risate che fa assaporare
“ultramodernità” della comicità dal carattere dissacrante e sovversivo di questi grandi
artisti che utilizzano le parole come trampolino per raggiungere nuove e vorticose
espressività, in un continuo gioco a spiazzare il pubblico con una marea di battute e “nonsense” che ribaltano i giochi prima che inizino: il linguaggio per i Marx è l’arma che
permette di lottare per conservare il proprio posto nel mondo.
MAGDA POLI - CORRIERE DELLA SERA
Una risata ci rinfrescherà. Le risate sono quelle che, a pioggia, ci vengono dal divertente,
anzi divertentissimo, spettacolo Chiamatemi Groucho di Emilio Russo. (...) Sulla scena, in
gustosi costumi d’antan quattro attori dalla verve eccellente accompagnati da una
straordinaria pianista, Vicky Schaetzinger, cui tocca evocare la figura di Harpo, il fratello
muto.
DOMENICO RIGOTTI - AVVENIRE
dal 7 al 19 luglio
WOODY ALLEN CAFÉ
cast e musicisti in via di definizione
elaborazione drammaturgica di Emilio Russo
regia di Marco Balbi
produzione TieffeTeatro
SPETTACOLO SOTTOTITOLATO IN LINGUA INGLESE
Woody Allen autore di film e commedie e grande maestro del comico moderno. Tutto
questo viene rappresentato al Woody Allen Café: dalla battaglia con le “battute” che hanno
contribuito a creare la fama intorno a questo personaggio, ai suoi taglienti articoli
pubblicati sul Newyorker, per arrivare ai personaggi più emblematici che parlano di
religione, politica, psicanalisi, sesso e donne. Ingredienti per una rappresentazione
spudorata e assolutamente non convenzionale
La musica dal vivo sarà l’altra protagonista, indiscreta e invadente: un quartetto composto
da pianoforte, batteria, contrabbasso, clarinetto e sax per portarci nel mondo dello swing,
del rag–time, del jazz e farci passare una piacevole serata al Woody Allen Café.
Woody Allen è come il sacco dei doni di Babbo Natale: comunque vada ti porti a casa un
regalo. Spesso un gran bel regalo. L’ha capito Emilio Russo che ha attinto agli articoli del
Newyorker, a gioielli teatrali come Dio o La morte, ai film, componendo una drammaturgia
che tiene insieme gli affondi sarcastici e le tenerezze, le nevrosi e le radici ebraiche, le
ossesioni sessuali e il fascino di New York.
SARA CHIAPPORI - LA REPUBBLICA
TEATRO MENOTTI
via Ciro Menotti 11, Milano
tel. 02 36592544
[email protected]
Acquisti online
con carta di credito su www.teatromenotti.org
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PREZZI
intero - € 25.00
convenzioni - € 20.00
ridotto/under 25 - € 17,50
ridotto/over 65 (residenti a Milano) € 12,50
ridotto/over 65 (residenti fuori Milano) € 17,50
prevendita - € 1,50
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ABBONAMENTI E PROMOZIONI
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10.000 BIGLIETTI IN PROMOZIONE A PARTIRE DA 10 EURO
acquistabili in biglietteria e sul sito www.teatromenotti.org
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ABBONAMENTO “DIECI MENOTTI”
-
10 spettacoli a scelta tra tutti quelli in stagione a € 100.00, senza commissioni per chi
acquista in biglietteria. Entro il 31 luglio.
-
10 spettacoli a scelta tra tutti quelli in stagione a € 100.00, più commissioni per chi acquista
online. Entro il 31 agosto.
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ORARI SPETTACOLO
lunedì riposo
martedì, giovedì, venerdì, sabato - ore 20.30
mercoledì - ore 19.30*
domenica - ore 17.00
*ad eccezione delle repliche del 5/11/14, 12/11/14, 18/02/15, 11/03/15 che inizieranno alle ore 20.30
STAFF
Presidente e organizzazione generale
Direttore artistico
Assistente alla direzione artistica
Direttore tecnico
Organizzazione
Ufficio stampa
Enza Pineda
Emilio Russo
Marcella Formenti
Mario Loprevite
Filippo Cocconcelli
Ippolita Aprile
Ufficio promozione
Annalisa Cataldi
Web, viral marketing e immagine
coordinata
Riccardo Russo
Marketing
Responsabile di sala
Amministrazione
Contabilità
Valentina Cimino
Andrea Perrone
Licia Omodeo
Maria Biccari