Fonti sulla seconda guerra punica

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Fonti sulla prima guerra punica Materiali tratti da Marrone, Vio, Calvelli, Roma antica, Il Mulino
I corvi
Dopo aver descritto il complicato meccanismo costituito da carrucole, anelli, scale, tavolati, pestelli, Polibio così
conclude la descrizione della funzione dei corvi:
Quando i corvi impigliatisi nei tavolati
della tolda nemica, avevano unito le navi,
se queste erano congiunte per i fianchi, i
soldati abbordavano da ogni parte, se
erano unite a prua, a due a due, salivano
in fila attraverso il rostro stesso: i primi si
difendevano frontalmente opponendo gli
scudi, gli altri si proteggevano i fianchi
appoggiando l’orlo degli scudi sul
parapetto (Polibio 1, 22).
Le condizioni di pace
Lo storico greco Polibio riporta i termini
del trattato che pose fine alla prima
guerra punica:
Avendo Lutazio accolto di buon animo le richieste, poiché era consapevole
che la condizione dei suoi era ormai logorata e sfinita dalla guerra, pose fine alla contesa, dopo che furono redatti i
seguenti patti: «Ci sia amicizia tra Cartaginesi e Romani a queste condizioni, se anche il popolo dei Romani dà il suo
consenso. I Cartaginesi si ritirino da tutta la Sicilia e non facciano guerra a Ierone né impugnino le armi contro i
Siracusani né contro gli alleati dei Siracusani. I Cartaginesi restituiscano ai Romani senza riscatto tutti i prigionieri. I
Cartaginesi versino ai Romani in vent’anni 2.200 talenti euboici d’argento». Quando furono riferite a Roma queste
condizioni, il popolo non accettò i patti, ma inviò dieci uomini per esaminare la situazione. Essi, una volta arrivati, non
cambiarono più nulla, nell’insieme, ma imposero ai Cartaginesi condizioni un po’ più dure. Dimezzarono infatti il
tempo a disposizione per pagare il tributo, cui aggiunsero 1.000 talenti, e imposero inoltre che i Cartaginesi si
ritirassero da tutte le isole che si trovano tra l’Italia e la Sicilia (Polibio 1, 62, 7- 63, 3).
Fonti sulla seconda guerra punica
La rivincita di Annibale
Sia lo storico greco Polibio sia quello latino Livio ricordano il forte risentimento coltivato contro Roma da Amilcare,
padre di Annibale, e il giuramento di rivincita imposto al figlio:
Celebrato il sacrificio con auspici favorevoli, Amilcare, fatte le libagioni agli dèi e compiuti i riti abituali, aveva
pregato gli altri che assistevano alla cerimonia di allontanarsi un poco e, chiamato a sé Annibale, gli aveva domandato
benevolmente se volesse accompagnarlo nella spedizione. Egli aveva accettato ben volentieri, anzi l’aveva pregato con
insistenza, come sogliono fare i fanciulli, di condurlo con sé. Presolo per la destra, il padre l’aveva allora condotto
presso l’altare e, fattigli toccare i sacri arredi, gli aveva ordinato di giurare che mai sarebbe stato amico dei Romani
(Polibio 3, 1).
I termini della pace
Questi furono i termini della pace imposti ai Cartaginesi, riportati da Polibio:
I punti principali delle sue [di P. Cornelio Scipione] proposte erano questi. Dovevano tenere
le città in Libia che
avevano già prima di muovere ai Romani l’ultima guerra, il territorio che avevano anche in antico, le greggi, gli
schiavi e gli altri beni; a partire da quel giorno i
Cartaginesi dovevano restare indenni e potevano godere dei propri
costumi e delle proprie leggi, senza essere controllati da guarnigioni. Queste erano le concessioni, mentre le clausole
svantaggiose erano le seguenti: i Cartaginesi dovevano ripagare ai Romani tutti i torti commessi durante la tregua,
restituire i prigionieri e gli schiavi fuggitivi di ogni tempo, consegnare tutte le navi lunghe, tranne dieci triremi, e così
anche tutti gli elefanti. Non dovevano assolutamente portare guerra a nessuno, né fuori della Libia né in Libia, senza
l’approvazione dei Romani; dovevano restituire a Massinissa tutte le case, il territorio, le città e quant’altro fosse del re
Massinissa o dei suoi antenati all’interno dei confini che sarebbero stati loro assegnati; rifornire di viveri l’esercito per
tre mesi e pagare gli stipendi finché da Roma non fosse giunta una risposta in merito ai patti; i Cartaginesi dovevano
pagare 10.000 talenti d’argento in 50 anni, versando ogni anno 200 talenti euboici; dare in garanzia 100 ostaggi che il
generale romano avrebbe scelto tra i giovani, non al di sotto dei 14 anni né al di sopra dei 30 (Polibio 15, 18).
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