Estratto

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Nota introduttiva
alla nuova edizione
Non è mai facile impegnarsi nella seconda edizione di un libro, poiché è
veramente difficile resistere alla tentazione di “metterci mano” per rifarlo completamente, così come è difficile resistere alla tentazione opposta,
quello di lasciare tutto così come è. Tra queste due pari e inconciliabili
tensioni, si è tentato di percorrere una via di mezzo: aggiunta di alcuni
paragrafi, modifica di altri, eliminazione delle note di contenuto, inserendole – quando indispensabile – nel testo, passaggio al sistema autoredata per i riferimenti bibliografici, tentativo di correzione degli onnipresenti refusi. Nello stesso tempo, si sono lasciate inalterate le parti
che, anche a una successiva lettura, si sono mantenute attuali, poiché in
cinque anni sono sicuramente intervenuti molti cambiamenti nella
formazione e nell’operatività delle educatrici e degli educatori, ma non
tanti e tali da poterci fare affermare che siamo al cospetto di una svolta o
di radicali modificazioni nella figura professionale e nel suo lavoro.
L’educatore continua a essere un operatore primario della contemporaneità, è sempre più chiamato a occuparsi delle diverse forme e delle
differenti qualità della vita vera delle persone, e in questa vita vera si
confronta con percorsi (propri e altrui) che sembrano sempre più essere caratterizzati da incertezza, equilibri precari, movimento perenne,
ridimensionamento di solidi quadri di riferimento teorici. In questa
situazione, educare professionalmente (ma lo stesso può dirsi per l’educazione non professionale) diventa faccenda sempre più difficile poiché,
in realtà, non è molto ben chiaro cosa significhi educare nella contemporaneità, cioè in questo tempo presente che sa di essere tempo presente diverso da quello che l’ha preceduto. Educare oggi significa dover
formulare ex novo gli obiettivi, le istituzioni, le forme e le pratiche
educative, cioè impegnarsi in un’avventurosa e aperta ricerca del nuovo
e del mai sperimentato? Oppure significa limitarsi a un’opera di mante7
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l’educatore imperfetto
nimento di alcuni punti fermi formatisi nel recente passato, cioè procedere all’aggiornamento di alcune componenti e alcuni quadri concettuali, così come si sono espressi nel Novecento? Significa impegnarsi
nella sempiterna declinazione al presente degli universali che, da
sempre, apparterrebbero all’educazione? In ultima analisi, l’educazione (obiettivi, forme, pratiche) è sempre figlia minuta del proprio tempo
o possiede dei tratti universali, cioè trascende il contesto storico in cui è
situata? Il problema non è trovare risposte una volta per tutte, bensì
permanere nella consapevolezza che al cospetto della complessità del
presente (delle sue banalizzazioni, dei suoi manicheismi, delle sue
opportunità, della sua complessità) è necessario porsi e porre incessantemente delle domande, impegnarsi in un lavorio di ricerca continuativa, non accontentarsi di teorie e pratiche fast food come risposte allucinatorie. Il lavoro dell’educatore, e la sua formazione, non possono
permettersi il lusso (se di effettivo lusso si tratta) di estraniarsi dal
presente e dal reale, poiché verrebbe meno una delle condizioni necessarie dell’educazione. Educare oggi significa stare in questo mondo
obbligato e movimentato che quotidianamente si pone come scenario
vincolante e, nello stesso tempo, immaginarne (per sé e per gli altri) uno
diverso: essere convinti che esiste una possibilità di cambiamento positivo, o, quanto meno, la possibilità di resistere, e contribuire a far resistere, ai cambiamenti negativi. Di questi tempi non è poco, anzi.
Alla fine di questa nota introduttiva mi fa molto piacere esplicitare un ringraziamento alle persone che con me sono impegnate nelle
attività di insegnamento “disciplinare” nella Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Grazie
quindi a Sonia Bella, Francesca Oggionni, Benedetta Pozzoli, Sara
Rossetti, Silvia Tognetti.
Milano, settembre 2008
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