IL BAMBINO LA MAMMA E LA DEPRESSIONE Dott.ssa Isabella Merlin Dipartimento Salute Mentale U.O. SMRIA Via Messidoro, 20 AZIENDA USL DI FERRARA • Si può parlare di depressione nell’età evolutiva? • Si può parlare di depressione nel bambino piccolo? • Come si manifesta? • Come evolve? • Che relazione esiste tra la depressione della mamma e quella del bambino? La depressione in età evolutiva è stata oggetto di un grosso dibattito: fino a qualche tempo fa veniva riconosciuta unicamente quella che capita nell’ultima fase dell’età evolutiva: preadolescenza adolescenza Questo aspetto si ritrova anche nei manuali diagnostici ICD-10 e DSM IV R in cui la depressione viene declinata con: • gli stessi sintomi dell’adulto • gli stessi criteri • la stessa fissità diagnostica L’unica concessione è al posto dell’umore depresso, l’umore irritabile. Non viene inoltre considerato l’aspetto evolutivo e quindi le diverse forme che la depressione assume nelle diverse fasce d’età. La depressione può presentarsi come: 1) 2) 3) 4) Un disturbo dell’umore specifico Un disturbo dell’apprendimento e del rendimento scolastico Un disturbo del comportamento e/o della condotta Con disturbi somatomorfi con lamentele somatiche, paure, fantasie di malattie del corpo Il concetto di depressione è strettamente collegato a quello di perdita dell’oggetto e presuppone un’organizzazione del sé. Nei primi tre anni di vita il bambino è impegnato nel: Interiorizzazione dell’oggetto Processo di separazioneindividuazione Non è pertanto possibile per il bambino piccolo parlare di elaborazione del lutto quanto piuttosto di elaborazione di esperienze traumatiche di tipo carenziale. Il concetto di carenza è più pertinente a quello di perdita. Sul piano clinico, invece, i tratti comuni nelle diverse età sono: - rallentamento psicomotorio - inerzia - incapacità a provare piacere - atonia affettiva - inibizione - tristezza o apatia - scarso investimento degli oggetti della realtà esterna Che relazione esiste tra la depressione materna e lo sviluppo del bambino? I dati epidemiologici e le linee guida sulla depressione sottolineano che il rischio del bambino di ammalarsi è tre volte > se ha un genitore depresso. È chiaro che non esiste una relazione diretta, in quanto pare che la depressione materna, vista come una situazione traumatica di tipo carenziale, viene riconosciuta implicata nel determinismo di numerosi quadri picopatologici. Nel 1986 fu effettuato a Cambridge uno studio longitudinale prospettico nel quale fu studiato un campione largamente rappresentativo di madri depresse e madri sane e i loro bambini da 2 mesi a 18 mesi dopo il parto. Furono esaminate: Le interazioni La qualità affettiva delle relazioni La verbalizzazione e la struttura del linguaggio Il tipo di attaccamento Lo sviluppo cognitivo del bambino con la prova della costanza dell’oggetto di Piaget La scala Bayley RISULTATI Per quanto riguarda il discorso della madre non ci sono differenze tra i due gruppi: nel gruppo delle madri depresse il discorso faceva meno riferimento al bambino come agente ed esprimeva più ostilità e critica. Nell’interazione quello che emergeva era una differenza qualitativa: • Riflettevano con minor frequenza l’esperienza del bambino • Rispondevano con un’affettività piatta (ma sostanzialmente non troppo distanti dal comportamento dei controlli) Le cose cambiavano se si considerava il genere dei bambini: le mamme depresse dei bambini maschi erano significativamente più intrusive. Per quanto riguarda i bambini non c’è una differenza rilevante: i maschi erano particolarmente irritabili ed evitanti. Altre ricerche compiute negli Stati Uniti da diversi autori (Tranick e Cohn) e con bambini più grandi dai 4 ai 6 mesi, mettono invece in evidenza gravi squilibri nella interazione essendo le mamme depresse non responsive e lontane o, al contrario, intrusive e ostili. I bambini sono stati descritti come evitanti e stressati. Quello che però colpisce maggiormente è che nei bambini più grandi, il comportamento evitante e stressato che i bambini mostrano con le proprie mamme è generalizzato all’interazione con gli altri adulti non depressi che determina che gli altri adulti si comportino come depressi. Ritornando allo studio di Murray si evidenzia che: a 2 mesi il comportamento infantile non si generalizza alle interazioni con altri adulti. CONCLUSIONI La direzione della depressione è dalla madre al bambino. All’età di 2 mesi la depressione materna non sembra influenzare il bambino, che è capace di mantenere un repertorio flessibile di comportamenti interattivi, con la possibilità di trarre beneficio da altre relazioni (questo è importante per gli interventi) ESITO INFANTILE A 18 mesi, quando ormai in molti casi la depressione postnatale aveva subito una remissione, (usualmente a 5 mesi) quali differenze ci sono tra i due gruppi? ESITI COGNITIVI (1) A 18 mesi i figli di madri depresse fallivano nella prova di costanza dell’oggetto di Piaget. La caduta nella scala di valutazione Bayley era invece significativa quando venivano considerate la classe sociale e il genere sessuale: ESITI COGNITIVI (2) la depressione potenziava ulteriormente l’impatto di queste variabili in quanto gli effetti sfavorevoli del basso livello sociale e del genere maschile erano limitati ai bambini nati da donne con depressione post partum ESITI EMOZIONALI (1) I figli di donne con depressione puerperale mostravano una maggior proporzione di attaccamenti insicuri e un incremento dei problemi comportamentali nelle aree dei disturbi del sonno, dell’alimentazione e di comportamento collerico. ESITI EMOZIONALI (2) Questa associazione tra depressione post partum ed esiti negativi si mantiene anche quando la depressione si presentava dopo i primi 4 mesi dal parto. Quali caratteristiche delle interazioni precoci sono collegate allo sviluppo a 18 mesi? Nessuna relazione tra qualità delle interazioni a 2 mesi e attaccamento a 18 mesi. La correlazione diventa però significativa quando si mette in relazione un attaccamento insicuro ed eventi di vita relativi sia a fatti ed emozioni attuali che anche ad avversità della mamma nella sua infanzia. La risposta di Bowlby a questo è che: l’attaccamento è un modello operativo interno che inizia a svilupparsi solo nella seconda metà del primo anno di vita. Gli esiti cognitivi invece sono risultati correlati alla qualita’ della relazione m/b a due mesi quando il discorso della mamma era focalizzato sull’esperienza del bambino (quando rifletteva un interesse per il bambino) questi era più facilmente in grado di superare la prova della costanza dell’oggetto di Piaget e otteneva punteggi più alti al Bayley. Le mamme che interagivano in modo sensibile ai segnali e ai bisogni del bambino avevano bambini la cui prestazione cognitiva era buona. Così anche il comportamento del bambino con la mamma è predittivo del buon esito delle prove: quanto più il bambino ha un’attenzione sostenuta per lunghi periodi nell’interazione con la mamma tanto più ha buone prestazioni. Al contrario, il comportamento del bambino nella situazione standard con il ricercatore non era predittivo della conseguente prestazione. CONCLUSIONI Sia il comportamento con il bambino che il comportamento del bambino con la mamma (la qualità della relazione che evolve tra loro) erano fortemente predittivi del successivo funzionamento del bambino. Una valutazione del bambino fuori dalla relazione con la mamma non era predittiva. PER RIASSUMERE (1): 1) la riuscita sfavorevole del bambino è associata alla depressione materna nei primi mesi del post partum; 2) per il funzionamento cognitivo, l’esito del bambino è fortemente predetto da alcune caratteristiche della relazione mamma/bambino; PER RIASSUMERE (2): 3) non ci sono evidenze che lo stile interattivo del bambino giochi un ruolo nelle difficoltà iniziali al coinvolgimento materno; PER RIASSUMERE (3): 4) considerati anche altri lavori, se si accumulano difficoltà nella comunicazione e persiste la depressione, il bambino da 4 a 6 mesi generalizza il comportamento manifestato con la madre alle interazione(i) con gli altri, contribuendo così egli stesso a perpetuare lo stabilirsi di relazioni svantaggiate. QUALI SONO LE CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE? Un follow up a 5 anni: i bambini del controllo giocavano di più con materiale di gioco simbolico e passavano meno tempo in giochi di manipolazione. Nelle relazioni sociali i bambini controllo avvicinavano più spesso le loro insegnanti e venivano contattati dai coetanei più volte e rispondevano a questi in modo più positivo. I disturbi di comportamento erano maggiori in bambini giudicati iperattivi; le femmine davano risposte alte nei questionari sul comportamento di socializzazione Ci sono notevoli evidenze che un comportamento molto socializzante possa rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di depressione in età successive e che può riflettere un’eccessiva preoccupazione e dipendenza dalla priorità degli altri a spese di una sufficiente stabilità del senso di sé. COME SI PRESENTA LA DEPRESSIONE? Descrizione clinica Si possono distinguere 3 quadri in base al tipo di carenza relazionale: 1) Carenze quantitative: il bambino deve far fronte ad un’assenza fisica del suo oggetto materno. 2) Carenze qualitative: la madre è presente fisicamente ma non è accessibile a causa del suo personale stato psichico. 3) Carenze interattive: si fa riferimento all’interazione discontinua caotica irregolare. CARENZE QUANTITATIVE Spitz nel 1946 parlava di depressione anaclitica: l’aggettivo anaclitico utilizzato definisce etimologicamente l’appoggiarsi del primo sviluppo sulla relazione di attaccamento alla mamma. Depressione anaclitica (1): È un quadro grave che si instaura a seguito della perdita duratura della relazione con la madre. Compare nel 2° semestre di vita, dopo una presenza e una relazione anche parziale con la mamma nel 1° semestre. Depressione anaclitica (2): Il quadro può regredire solo se viene ripreso il contatto con la madre. Spitz descrive una prima fase in cui i bambini diventano piagnucolosi, si attaccano all’osservatore; poi i pianti si trasformano in gemiti, comincia una perdita di peso e lo sviluppo si arresta. Depressione anaclitica (3): Nel 3° mese, la fase del rifiuto del contatto. I bambini se ne stanno bocconi nella culla. Comincia l’insonnia, la perdita di peso, la facilità di contrarre malattie; poi il ritardo motorio si generalizza, rigidità facciale. Depressione anaclitica (4): Dopo il 3° mese la rigidità facciale si fissa, cessa il pianto, si aggrava il ritardo motorio fino alla letargia. Se in questa fase (3° e 4° mese) o ritorna la mamma o si trova un sostituto accettabile, il disturbo scompare rapidamente. Depressione anaclitica (5): Se continua l’assenza il quadro sfocia nell’ OSPITALISMO e quindi un arresto in tutti i settori dello sviluppo: motricità, linguaggio, attività cognitive e intellettive, psicoaffettvià (disturbi da NON ATTACCAMENTO). Questi quadri sono stati ulteriormente evidenziati da Robertson nel ’58 e Bowlby negli anni ’60. Di fronte ad una separazione il bambino mette in atto dei comportamenti: - di protesta in cui cerca attivamente la mamma - di dispiacere, perde ogni speranza di ritrovare la mamma - di congelamento affettivo che si esprime con il distacco Queste ricerche hanno rivoluzionato i nostri atteggiamenti nei confronti, ad esempio dei ricoveri o delle scuole d’infanzia: bisogna tenere conto dello stadio evolutivo raggiunto dal bambino. Per la prognosi bisogna tener conto: Età del bambino Durata della separazione Presenza o meno di sostituti offerti dall’ambiente e accettati dal bambino Punto di vista qualitativo Alterazione dell’interazione per difficoltà di regolazione della relazione mamma/bambino CARENZE QUALITATIVE La madre è presente fisicamente ma non è accessibile a causa del suo personale stato psichico (esempio depressione). a) la depressione bianca b) la sindrome del comportamento vuoto LA DEPRESSIONE BIANCA (1) È un quadro clinico che si osserva in bambini che subiscono improvvisamente una rottura o un fallimento delle capacità materne fino a quel momento funzionanti. LA DEPRESSIONE BIANCA (2) La mamma continua ad essere presente ma non è più in grado di sintonizzarsi affettivamente con il bambino. LA DEPRESSIONE BIANCA (3) Si possono distinguere due fasi nel bambino: Fase 1 Fase 2 FASE 1 È una fase attiva, ricca di ansia in cui il bambino cerca di lottare per non perdere la mamma, sollecitandola e richiamandola nella relazione. Il bambino piccolo utilizza tutti i mezzi somatici che ha a disposizione: anoressia, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno, oppositività. FASE 2 O riesce a riattivare un’interazione positiva o entra nella vera fase depressiva che si caratterizza in un ritardo o perdita delle abilità acquisite nelle diverse aree dello sviluppo affettivo, cognitivo e fisico. FASE 2 Il bambino mostra un ritardo significativo nel raggiungimento di tappe importanti quali: - seguire un oggetto con lo sguardo - sorridere al volto umano - reciprocità dello sguardo - reciprocità vocale - curiosità per la comunicazione verbale - ricerca spontanea della madre - risposta anticipatoria quando sta per essere sollevato - coinvolgimento emotivo e partecipazione attiva nelle attività di gioco con la madre FASE 2 Completano il quadro: - scarso accrescimento staturo ponderale - apatia / tristezza - pianto flebile - ipersonnia - ipotonia muscolare - riduzione della motilità LA SINDORME DEL COMPORTAMENTO VUOTO Si presenta in bambini cronicamente in contatto con un ambiente depresso. LA SINDORME DEL COMPORTAMENTO VUOTO Accanto a una tonalità emotiva più di vuoto che di tristezza sono presenti: - instabilità motoria - nessuna attività autoerotica o transizionale - mancanza di angoscia nei confronti dell’estraneo Entrambi i quadri (depressione bianca e sindrome del comportamento vuoto) sono reversibili se si interviene precocemente. CARENZE INTERATTIVE Alterazione dell’interazione per difficoltà di regolazione della relazione madrebambino. Deregolazione / iperregolazione, irregolarità / caos (regolazione caotica) portano a un disturbo della sintonizzazione tra i due patner. Ci sono delle osservazioni che mettono in evidenza, fin dai primi giorni di vita, le competenze sociali del neonato, la sua capacità di rispondere alle sollecitazioni: • fissa lo sguardo • segue lo sguardo • ingaggia una vera e propria relazione comunicativa Il bambino è altamente sensibile alla qualità del comportamento dell’adulto e se questo viene interrotto anche per poco e in modo lieve, il bambino di 6 settimane reagisce con stress e ritiro. Per esempio, se la madre presenta un viso fermo e inespressivo il bambino: mostra protesta si agita come se richiamasse la madre si lascia andare accasciandosi e divenendo assorto in sé stesso. Sempre in questo periodo non è importante solo la forma della risposta materna, ma anche la sua relazione temporale con le azioni del bambino. Il bambino può rispondere anche all’immagine videoregistrata della madre se in tempo reale. Se la stessa sequenza video del comportamento della madre è riprodotta alcuni minuti più tardi, il bambino risponde ancora una volta con stress e ritiro. Le “sincronizzazioni comportamentali” o “sintonizzazioni” (Stern 1977) rappresentano le interazioni momentanee tra il bambino e il caregiver, definite da Sameroff e Emde “microregolazioni”. Ogni coppia ha il proprio livello di microregolazione, ogni coppia trova il proprio livello di sintonizzazione. Le microregolazioni sono il frutto del compromesso tra norma sociali e tradizioni familiari, tra codice culturale e familiare. Questo sottolinea quanto la qualità delle relazioni interpersonali del bambino possa giocare un ruolo centrale nello sviluppo psicologico. Anders (1989) ha individuato 6 possibili modelli di regolazione: 1) regolazione appropriata 2) iporegolazione 3) iperregolazione 4) regolazione inappropriata 5) regolazione irregolare 6) regolazione caotica REGOLAZIONE APPROPRIATA Reciprocità, coinvolgimento e modulazione sono gli elementi essenziali e costantemente operanti per una buona relazione: cioè la capacità di un genitore di modulare la sua relazione in base alle esigenze del bambino in quel momento. Altro elemento fondante è la tonalità affettiva che ha un ruolo importante sul comportamento di attaccamento. IPERREGOLAZIONE La modalità interattiva del genitore è intrusiva e insensibile, il bambino ha scarse opportunita’ di iniziare o concludere le interazioni. L’attaccamento che ne consegue puo’ essere sia evitante che insicuro IPOREGOLAZIONE Coinvolgimento reciproco scarso. Le iniziative del bambino non trovano risposta, per cui la relazione difensiva può esitare in un comportamento di ritiro e di isolamento. REGOLAZIONE INAPPROPRIATA I tempi di risposta possono non essere in sincronia con i segnali elicitati o i controlli sul bambino inappropriati per l’eta e lo stadio evolutivo.Puo produrre interazioni negative o oppositivita’ REGOLAZIONE IRREGOLARE Diversi modelli all’interno di una stessa interazione, oppure modelli diversi per diversi campi dell’interazione. REGOLAZIONE CAOTICA Difficile individuare il modello di regolazione all’interno dell’interazione. La regolazione irregolare e caotica dal punto di vista del bambino sono connotate dalla imprevedibilita’ che e’ fonte di grande angoscia: il fattore patogeno e’la discontinuita’ dello stile piuttosto che uno stile disturbato ma stabile. Dal punto di vista clinico, a seconda del prevalere di aspetti quantitativi o qualitativi,il bambino si avvicinera’ maggiormente alle depressioni anaclitiche o a quelle fredde o al comportamento vuoto