INCERTEZZA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA. GESTIONE DEL

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Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
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CAPITOLO I
INCERTEZZA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA.
GESTIONE DEL RISCHIO
SOMMARIO: 1. Il diritto alla salute come limite all’iniziativa economica privata, dalla Costituzione al diritto comunitario. – 2. I nuovi strumenti di tutela: il principio
di precauzione. – 2.1. L’applicabilità del principio di precauzione in campo medico-farmaceutico, con particolare riguardo alle tecnologie di ultima generazione. –
3. Come il contratto di assicurazione possa essere utilizzato per affrontare le esigenze derivanti dall’evoluzione dei prodotti biotecnologici: tra iure condito e iure
condendo. – 4. Un approccio coordinato: regolamentazione di sicurezza-responsabilità civile.
1. Il diritto alla salute come limite all’iniziativa economica privata, dalla Costituzione al diritto comunitario
La sicurezza dei prodotti farmaceutici e sanitari deve essere valutata in
base ad un duplice quadro normativo, nazionale e comunitario.
1
In questo sistema di “multilevel regulation” , occorre prendere le mosse
anzitutto dal dettato costituzionale, per verificare se il diritto alla salute possa
giustificare limitazioni allo sviluppo scientifico e tecnologico ed all’attività
produttiva.
Come è noto, l’art. 32, 1° comma, della nostra Costituzione è stato ogget2
to di una lunga evoluzione interpretativa . Inizialmente la norma veniva,
1
L’espressione è tratta da A. FOLLESDAL, R.A. WESSEL, J. WOUTERS, Multilevel Regulation
at the EU: The Interplay between Global, European and National Normative Process, BostonLeiden, 2008. Sul punto si veda anche A. RUGGERI, La tutela “multilivello” dei diritti fondamentali, tra esperienze di normazione e teorie costituzionali, in Pol. dir., 2007, III, 317 ss.
2
Sul diritto alla salute, cfr., ex multis, M. BESSONE e V. ROPPO, Diritto soggettivo alla “salute”, applicabilità diretta dell’art. 32 della Costituzione ed evoluzioni della giurisprudenza, in Pol.
dir., 1974, 766 ss.; F.D. BUSNELLI e U. BRECCIA, Diritto alla salute e tutela risarcitoria, Milano,
1978; B. POLETTI DI TEODORO, Il diritto alla salute: evoluzione storica e profili fondamentali, in
U. BRECCIA e F.D. BUSNELLI (a cura di), Il diritto alla salute, Bologna, 1979, 1 ss.; F. GIARDINA,
Libertà e salute, in U. BRECCIA e F.D. BUSNELLI (a cura di), Il diritto alla salute, cit., 97 ss.; M.
BESSONE e G. FERRANDO, voce Persona fisica (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983,
193 ss.; G. ALPA, voce Salute (diritto alla), in Noviss. Dig. it., App., VI, Torino, 1986, 913 ss.; M.
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Gli strumenti di tutela ex ante
infatti, intesa in chiave prevalentemente pubblicistica, ponendo l’accento
sulla sua finalità di tutelare “l’interesse della collettività”; a partire dagli an3
ni ’70 , essa è stata, peraltro, letta nel senso di valorizzare la tutela del sin4
5
golo , nella sua individualità .
Il concetto di salute è venuto così ad avvicinarsi alla definizione elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che pone in rilievo
«l’uomo nel suo complesso, e non solo in considerazione del suo aspetto
6
meramente fisico e bio-molecolare» . Esso ricomprende, dunque, non solo
LUCIANI, voce Salute, (diritto alla salute-dir. cost.), in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991,
1 ss.; A. PINORI, Osservazioni in tema di valutazione del danno alla salute, in Giur. it., 1994, I,
2, 326; E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996, 63 ss.; M.
COCCONI, Il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998, 37 ss.; C. D’ARRIGO, voce Salute, I, (diritto alla), in Enc. dir., Agg., V, Milano, 2001, 1009 ss.; D. MORANA, La salute nella Costituzione
italiana. Profili sistematici, Milano, 2002; V. DURANTE, Salute e diritti fra fonti giuridiche e fonti
deontologiche, in Pol. dir., 2004, IV, 563 ss.; G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità cia
vile, 3 ed., Milano, 2005, 374; D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, in G. COMANDÉ (a cura di), Gli strumenti della precauzione, cit., 279 ss.,
ed in Danno e resp., 2007, II, 194; G. GEMMA, Costituzione ed integrità fisica, in U. BRECCIA e A.
PIZZORUSSO (a cura di), Atti di disposizione del proprio corpo, Pisa, 2007, 49 ss.; G. ANZANI, Identità personale e “atti di disposizione della persona”, in Nuova giur. civ. comm., 2008, VIIVIII, 207; L. KLESTA DOSI, Assistenza sanitaria e tutela del cittadino. Modelli privatistici e orizzonte europeo, Torino, 2008, 7 ss.; C. CASONATO e F. CEMBRANI, Il rapporto terapeutico
nell’orizzonte del diritto, in L. LENTI, E. PALERMO FABRIS e P. ZATTI, I diritti in medicina, in S.
RODOTÀ e P. ZATTI (diretto da), Trattato di Biodiritto, cit., 59; R. FERRARA, Il diritto alla salute: i
principi Costituzionali, in R. FERRARA (a cura di), Salute e Sanità, in S. RODOTÀ e P. ZATTI (diretto da), Trattato di Biodiritto, cit., 3 ss. Sul rapporto fra diritti costituzionalmente garantiti e
innovazione scientifica e tecnologica, T.E. FROSONI, Tecnologie e libertà costituzionali, in G.
COMANDÈ e G. PONZANELLI (a cura di), Scienza e diritto nel prisma del diritto comparato, Torino, 2004, 173 ss.; A. SANTOSUOSSO, Diritto, scienza e nuove tecnologie, Padova, 2011.
3
L’art. 9 dello Statuto dei lavoratori (l. 20 maggio 1970, n. 300) attribuisce alle rappresentanze sindacali un ruolo propulsivo per la tutela della salute. La l. 23 dicembre
1978, n. 833, all’art. 1 prevede la protezione del “diritto alla salute” e non più solo della
“integrità psicofisica”. La l. 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente,
include altresì il diritto ad un ambiente salubre.
4
Cfr. A. SANTOSUOSSO, Dalla salute pubblica all’autodeterminazione: il percorso del diritto alla salute, in M. BARNI e A. SANTOSUOSSO (a cura di), Medicina e diritto. Prospettive e
responsabilità della professione medica oggi, Milano, 1995, 89 ss.
5
Per una ricostruzione, G. CECCHERINI, M.L. LOI, M. SANTILLI, L’art. 32 nella giurisprudenza costituzionale, in F.D. BUSNELLI e U. BRECCIA (a cura di), Tutela della salute e diritto
privato, Milano, 1978, 55 e, più di recente, V. DURANTE, Salute e diritti tra fonti giuridiche e
fonti deontologiche, cit., 571 ss.; Id., La salute come diritto della persona, in S. CANESTRARI,
G. FERRANDO, C.M. MAZZONI, S. RODOTÀ e P. ZATTI (a cura di), Il governo del corpo, in S.
RODOTÀ e P. ZATTI (diretto da), Trattato di Biodiritto, cit., I, 579; P. ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso del S. Raffaele), in Nuova giur. civ. comm., 2000, II,
1 ss.; ID., Rapporto medico-paziente e “integrità” della persona, in Nuova. giur. civ. comm.,
2008, XII, 403 ss.
6
L’espressione è tratta da V. DURANTE, Dimensioni della salute: dalla definizione dell’OMS
al diritto attuale, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II, 132 ss., che riporta la definizione ela-
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
5
7
il diritto all’integrità psicofisica ed all’incolumità individuale della persona ,
8
ma anche il concetto dinamico di stato di completo benessere .
Il diritto alla salute è, infatti, assoluto ed inviolabile ed è pienamente o9
perante sia nei rapporti con i privati , che nei confronti della pubblica amministrazione.
Oggi, tale nozione assume ulteriori risvolti: i progressi della scienza e
della tecnologia consentono nuove possibilità di scelta, valorizzando la volontà, l’apprezzamento dei pazienti e l’opinio che questi hanno di sé («salute
in senso soggettivo»).
Si è parlato, in proposito del passaggio dalla salute “normativa” (legata
10
alle patologie mediche) a quella “identitaria” , che comprende «le convinzioni del paziente, i suoi valori di riferimento, la rappresentazione di sé, il
11
suo modo di intendere la propria dignità» .
borata dalla OMS: «health is a state of complete physical, mental, and social well-being and
not absence of disease or infirmity». Cfr. d.lgs. Capo provv. Stato 4 marzo 1947, n. 1068, approvazione del Protocollo concernente la costituzione dell’Organizzazione mondiale della
sanità.
7
In tal senso, si vedano, invece, gli artt. 5 c.c. e 582 c.p. (che prevede, fra i presupposti
del reato, la verificazione di «una malattia nel corpo o nella mente»). Sul punto cfr. G. GLADIO, Costituzione e integrità fisica, in U. BRECCIA e A. PIZZORUSSO (a cura di), Atti di disposizione del proprio corpo, cit., 49 ss.; G. ALPA, voce Salute (diritto alla), cit., 914, secondo cui
«tale termine si differenzia dalla integrità fisica, avendo, la salute intesa in senso omnicomprensivo, anche riguardo alla sfera psichica dell’individuo ed al suo rapporto con l’ambiente
(naturale, familiare, di lavoro ecc.) una portata linguistica e normativa più ampia».
8
M. COCCONI, Il diritto alla tutela della salute, cit. 40, parla di «visione dell’individuo
unitaria e non limitata solo alla sfera biologica».
9
Sul punto si veda Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, in Giur. it., 1980, I, 9 ss., con nota di
G. ALPA, Danno biologico e diritto alla salute davanti alla Corte Costituzionale, la quale stabilisce che la salute «è un diritto fondamentale dell’individuo, primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati». Ciò è stato confermato dalla nota pronuncia
sul danno biologico Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Giust. civ., 1986, I, 2324 ss. ed in
Foro it., 1986, I, 2953, con nota di G. PONZANELLI, La Corte Costituzionale, il danno non patrimoniale e il danno alla salute, e di P.G. MONATERI, La Costituzione ed il diritto privato: il
caso dell’art. 32 e del danno biologico (Staatsrecht vergeht, Privatrecht besteht).
10
Così P. ZATTI, Rapporto medico-paziente e “integrità” della persona, cit., 404; G. ANZAIdentità personale e “atti di disposizione della persona”, cit., 207 ss., ID., Le forme del
“governo del corpo”, in S. CANESTRARI, G. FERRANDO, C.M. MAZZONI, S. RODOTÀ, P. ZATTI,
Il governo del corpo, cit., I 99 ss.; E. RESTA, L’identità nel corpo, in S. CANESTRARI, G. FERRANDO, C.M. MAZZONI, S. RODOTÀ, P. ZATTI, Il governo del corpo, cit., I, 3 ss.; S. RODOTÀ, Il
nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizzata e la sua autodeterminazione, in S. RODOTÀ e M. TALLACCHINI, Ambito e fonti del biodiritto, in S. RODOTÀ E P. ZATTI (diretto da),
Trattato di biodiritto, cit., 169 ss.
NI,
11
Così Cass., 16 ottobre 2007, n. 21748, in Danno e resp., 2008, 421 (caso “Englaro”);
Cass., sez. un. pen., 18 dicembre 2008-21 gennaio 2009, n. 2437, in Dir. pen. proc., 2009,
IV, 427. Cfr. anche, Trib. Roma, 23 luglio 2007, in Nuova giur. civ., 2008, I, 1, 65; Corte
cost., 15 dicembre 2008, n. 438, in Ragiufarm, 2009, 112, 44. In dottrina, ex multis, M.
GORGONI, Il medico non ha il diritto, ma solo la potestà di curare, in Resp. civ. prev., 2008,
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Gli strumenti di tutela ex ante
Il diritto alla salute può, peraltro, venire in contrasto con altri valori costituzionalmente tutelati, con i quali occorre perciò effettuare un corretto
bilanciamento. Un interessante esempio è ravvisabile proprio nel caso dei
farmaci e dei dispositivi medici, nei quali si confrontano il diritto alla salute
– che deve essere garantito a tutti i soggetti che ne facciano uso – e quello
all’iniziativa economica privata, in quanto essi possono essere qualificati
12
come prodotti .
Ed infatti, le nuove tecnologie, da un lato, simboleggiano il progresso e
lo sviluppo industriale; dall’altro, sollevano una serie di problematiche con13
cernenti la salvaguardia dei beni costituzionalmente protetti .
In tal senso, si deve considerare il disposto dell’art. 41 Cost., secondo il
quale la produzione di beni non può svolgersi in contrasto con l’utilità so14
ciale, od in modo da recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana .
Vengono così sanciti dei limiti all’esercizio del diritto di iniziativa economica privata, in modo tale che la produzione ed il commercio dei prodot15
ti siano sempre compiuti nel rispetto del diritto alla salute .
VII-VIII, 1535; P. ZATTI, Le “disposizioni del paziente”: ci vorrebbe un legislatore, in Nuova
giur. civ. comm., 2009, VII-VIII, parte II, 313 ss. Questa evoluzione giurisprudenziale ben
è rappresentata nel pensiero di R. DE MATTEIS, Responsabilità e servizi sanitari. Modelli e
funzioni, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ., diretto da F. GALGANO, Padova, 2007, 310,
secondo la quale la nozione di salute «si compendia in quella che è la percezione soggettiva della condizione di benessere individuale».
12
Sulla problematica concernente l’applicabilità della normativa sulla responsabilità
del produttore ai farmaci, cfr. infra, cap. III, § 1. Sin da ora si veda D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, cit., 282 ss. Per un esempio
della rilevanza economica del settore in esame, Trib. Milano, 23 ottobre 2009, in Dir. industriale, 2010, I, 20, con nota di F. MASSIMINO, Riconfezionamento della specialità medicinale e dei dispositivi medici, concernente un conflitto fra produttore ed importatore sul marchio apposto sulla confezione.
13
Così P. PERLINGIERI, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, 91
ss.; F. GALGANO, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa,
2000, 107 ss. Sul rapporto fra salute e libertà di iniziativa economica in campo farmaceutico, si veda la IV Conferenza Ministeriale della OMS, tenutasi a Doha nel 2001, che ha
cercato di conciliare la tutela della proprietà intellettuale con l’accessibilità di beni essenziali come i medicinali. Significative sono, altresì, le parole di L. KLESTA DOSI, Ricerca e sperimentazione in campo clinico e farmacologico, cit., 567, la quale evidenzia che: «le principali problematiche riguardanti i contesti specifici di responsabilità possono schematicamente essere suddivise a seconda del rischio per la salute, sia esso legato all’impiego di
nuove tecnologie oppure alla violazione tout court dell’integrità psicofisica».
14
G. MORBIDELLI, voce Iniziativa economica privata, in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma, 1989, 1 ss.; G. CECCHERINI, M.L. LOI, M. SANTILLI, L’art. 32 nella giurisprudenza costituzionale, cit., 57. Sul bilanciamento fra diritto alla salute ed altri valori costituzionalmente tutelati, cfr. di recente Cass., sez. un., 21 gennaio 2009, n. 2437, cit., punto 4.
15
Il settore farmaceutico costituisce un terreno esemplare di incontro fra la tutela della salute e l’iniziativa economica privata: basti pensare che in Italia, attualmente, il 73,3%
della sperimentazione clinica è promossa da industrie farmaceutiche (promotori profit),
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
7
16
Un controllo delle attività economiche private – sino ad arrivare, come
extrema ratio, a vietare quelle che apportino rischi eccessivi per la collettività – è, dunque, legittimo dal punto di vista costituzionale. In quest’ottica devono, infatti, essere letti gli strumenti normativi od amministrativi volti ad
evitare (ex ante) che il diritto alla salute possa essere leso ed a garantire (ex
post) un’opportuna riparazione del danno, nel caso in cui questo dovesse comunque verificarsi: dal collegamento dell’art. 32 con l’art. 41, 2° comma
Cost. «discende non solo la legittimità ma anche la necessità di un controllo
delle attività economiche che possano risultare lesive della salute degli individui e, ancora, in forma più pregnante, la legittimità della stessa inibizione
17
delle attività eccessivamente pericolose o comunque certamente dannose» .
L’entrata in vigore della Costituzione e l’evoluzione del quadro istituzionale hanno, pertanto, comportato una sostanziale rivisitazione della normativa previgente, relativa a settori d’incontro fra la tutela della salute e l’iniziativa economica.
Anche anteriormente, infatti, erano stati istituiti dei sistemi di controllo
18
per le attività potenzialmente pericolose : tali discipline risultavano, peral-
mentre solo il restante 26,7% non è finalizzato prevalentemente ad obiettivi industriali. Il
dato è tratto da G. MARSICO, La sperimentazione umana, cit., 86.
16
Sul punto si veda, D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza
e responsabilità, cit., 283 ss.; G. GUERRA, Regole e responsabilità in nanomedicina, cit., 115,
rileva che «il mantenimento di un alto livello di sicurezza per la salute umana avviene, in
primo luogo, attraverso la composizione delle diverse situazioni soggettive dei consumatori e dei produttori dei medicinali».
17
G. ALPA, La protezione del consumatore in Italia, in AA.VV., Estudios en homenaje a
Jorge Barrera Graf, Ciudad Universitaria Mexico, D.F., 1989, I, 115. Corte cost., 16 dicembre 1958, n. 78, in Foro it., 1959, I, 9 ss., ha stabilito che le iniziative economiche, tali da
mettere in pericolo la salute pubblica, possano essere proibite. F.D. BUSNELLI e U. BRECCIA, Premessa, in F.D. BUSNELLI e U. BRECCIA, Tutela della salute e diritto privato, Milano,
1978, 4, evidenziano come il diritto alla salute debba sempre prevalere su quelli a contenuto patrimoniale.
18
Si pensi, ad esempio, alla disciplina dei presidi medico-chirurgici (oggi dispositivi
medici). In Italia, questi furono inizialmente regolati dalla l. 23 giugno 1927, n. 1070, e
dal relativo regolamento di attuazione r.d. 6 dicembre 1928, n. 3112 (poi trasfusi nel Testo unico delle leggi sanitarie, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265). Tali prodotti venivano sottoposti semplicemente ad un procedimento di registrazione (e non già ad un’autorizzazione). La nozione di presidio-medico chirurgico, inoltre, comprendeva pochissimi prodotti
(pessari, siringhe, sostanze battericide, apparecchi di contenzione di ernie intestinali),
anche se era previsto che il Ministero dell’Interno, sentito il Consiglio Superiore della Sanità, potesse apportare «variazioni ed aggiunte» a tale elencazione. Il Ministero si avvalse
più volte di tale facoltà, onde evitare di lasciare privi di regolamentazione e, quindi, soggetti al libero commercio, prodotti potenzialmente pericolosi. Nel fare ciò, peraltro, si utilizzò una regolamentazione “case by case”, legata all’urgenza del momento, attraverso
provvedimenti individualizzati, che assumevano la forma del decreto. Ne risultò una normativa del tutto lacunosa ed incoerente, priva di un disegno unitario, che veniva a sottoporre a “registrazione” anche prodotti che oggi non rientrerebbero nella nozione di di-
8
Gli strumenti di tutela ex ante
tro, incomplete e superate, se poste di fronte all’evoluzione medico-scientifica ed ai principi contenuti nella Costituzione, anche in considerazione delle
carenze della regolamentazione inizialmente predisposta (del resto, al tempo in cui le norme furono introdotte, erano certamente impensabili i pro19
gressi cui sarebbe giunta la scienza) .
20
Seppure da tempo fossero state rilevate lacune nel sistema , solo a fronte dell’adempimento degli obblighi comunitari, tale problematica è stata al
centro di specifici provvedimenti normativi nel nostro ordinamento.
Le direttive comunitarie avevano, peraltro, originariamente come obiettivo primario quello dell’instaurazione del mercato comune e non già quello
spositivi medici (si pensi ai disinfettanti). Inoltre, una volta stabilito che un determinato
prodotto doveva essere “registrato”, il Ministero spesso tardava a stabilire i requisiti richiesti a tal fine, con gravi danni anche per l’industria. Un tentativo di riordinare la materia fu compiuto col d.p.r. 13 marzo 1986, n. 128, che suddivise i presidi medico-chirurgici
in tre classi, seppur mantenendo il meccanismo della registrazione. Frattanto, peraltro, in
Europa, con la risoluzione del 7 maggio 1985, si era intrapresa una strada diversa, stabilendo che la normativa comunitaria dovesse limitarsi a dettare i requisiti fondamentali in
materia di sicurezza; che l’elaborazione delle norme tecniche fosse affidata ad appositi
organi, formati da esperti; che i produttori avessero la facoltà e non l’obbligo di rispettare
tali norme; che gli Stati membri fossero tenuti a riconoscere i prodotti fabbricati ai sensi
delle stesse (c.d. “nuovo approccio”). Occorre ancora ricordare che il regolamento del
1986 è stato abrogato dal d.p.r. 6 ottobre 1998, n. 392, che tuttavia mantiene a tutt’oggi la
nozione di presidi medico-chirurgici, seppur limitandola soltanto ai disinfettanti, alle sostanze germicide o battericide, agli insetticidi o topicidi, nonché agli insettorepellenti, ai
kit reagenti per il rilevamento degli anticorpi anti-HIV o di HBsAg e anti-HCV. Si riscontra, inoltre, un insufficiente coordinamento con la direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo del 16 agosto 1998, riguardante l’immissione in commercio dei biocidi (cioè
principi attivi o preparati, destinati a distruggere, impedire l’azione od esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con mezzi chimici o biologici), attuata con
d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Su tale tematica è intervenuto altresì il decreto del Ministero della Salute, 7 agosto 2006. Si ricordi, inoltre, che la summenzionata direttiva è stata oggetto di varie modifiche, a partire dal Reg. 1896/2000/CE fino alla Dir. 2009/107/CE.
Sul punto si veda, fra l’altro, G.F. FERRARI, I presidi medico-chirurgici tra direttiva biocidi e
diritto interno, in Sanità pubbl., 1998, 1013 ss.; W. CORTELLINI, La direttiva biocidi 98/8/CE,
in I. CAMONI e C. ZAGHI (a cura di), BIOCIDI: normative vigenti, Roma, 2001; D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, cit., 284, nota 19; E. BELLOCCI (a cura di), Dispositivi medici. Aspetti regolatori ed operativi, volume
a
distribuito dal Ministero della Salute, 2 ed., Roma, 2010, 12 ss. Si veda amplius, cap.
II, § 2.
19
Sul punto si veda S. RODOTÀ, Diritto, scienza, tecnologia: modelli e scelte di regolamentazione, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 357 ss., e D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, cit., 284.
20
G. ALPA, La protezione del consumatore in Italia, cit. 112, rileva che «se si assicura al
singolo una maggiore libertà contrattuale …, se gli si garantisce il risarcimento del danno
sofferto per il consumo di prodotti difettosi …, non per questo si è esaurito ogni problema
di tutela del consumatore. Anzi, la prospettiva individualistica che emerge da queste situazioni sintomatiche di “naturale debolezza” del consumatore pone in luce come queste direttive, in realtà, risultino obiettivamente funzionali alle stesse strategie dell’impresa».
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
9
della tutela di principi cardine del nostro sistema costituzionale, in primis il
21
diritto alla salute .
Le divergenze esistenti in seno ai diversi ordinamenti, con riferimento alle procedure per la produzione e la messa in commercio di determinati prodotti, fra cui quelli farmaceutici, rischiavano, infatti, di ostacolare il libero
mercato. Ogni produttore, che intendesse esportare, doveva non solo osservare la normativa vigente nel proprio Paese, ma anche quella dello Stato importatore, subendo sia un conseguente aggravio di costi sia una diminuzione nelle vendite. «L’intervento dell’Unione europea ha trovato giustificazione nell’esigenza di rimuovere gli ostacoli, generati dalle diverse legislazioni
nazionali, allo sviluppo dell’industria farmaceutica e alla libera circolazione
22
dei medicinali, in quanto prodotti economicamente rilevanti» .
È così che la tutela della salute del consumatore è stata affrontata in una
prospettiva del tutto peculiare, ossia nell’ambito di una politica volta a garantire la liberalizzazione del mercato e la libera circolazione delle persone,
dei capitali, delle merci e dei servizi.
23
La stessa Dir. 2001/83/CE , recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, è volta sia «alla tutela della salute pubblica» sia ad
24
«eliminare gli ostacoli agli scambi di medicinali nella Comunità» , dato che
essa «costituisce una tappa importante nella realizzazione della libera circo25
lazione dei medicinali» .
21
S.T. MASUCCI, Diritti fondamentali e Comunità europea, in Riv. crit. dir. priv., 1998,
307 ss.; D. DI LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità,
cit., 286; L. CABELLA PISU, Cittadini e consumatori nel diritto dell’Unione Europea, in Contratto e impresa/Europa, 2007, II, 676.
22
H.P. GENESIN, La disciplina dei farmaci, in R. FERRARA, Salute e sanità, cit. 619. D. DI
LORETO, I dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, cit., 289.
23
Tale direttiva, adottata nel nostro ordinamento con d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219, è
stata più volte modificata, soprattutto dalla Dir. 2004/27/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 31 marzo 2004 e, di recente, dalla Dir. 2008/29/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio dell’11 marzo 2008. È stata così sostituita la precedente Dir. 65/65/CEE, per
il riavvicinamento delle disposizioni relative alle specialità medicinali. Quest’ultima, emanata a seguito del caso Talidomide, era volta prioritariamente a tutelare la salute pubblica: «Any industrial or economic interests were thus to be second to the public health concerns». Cfr. C. ALTENSTETTER e G. PERMANAND, EU Regulation of Medical Devices and Pharmaceuticals in Comparative Perspective, cit. A partire dal 1970, comunque, gli interessi
economici iniziarono ad assumere un ruolo fondamentale anche con riferimento ai medicinali. Un procedimento opposto si verificò con riguardo ai dispositivi medici: «In the
past, the medicinal products regulation tended to emphasize patient safety and public health
protection, while the medical devices regime focused on industry innovation». B. DORBECKJUNG, Governing Nanomedicine, cit., 43. Attualmente, peraltro, entrambe le regolamentazioni sono il frutto del bilanciamento fra vari interessi. Sul punto si veda amplius il cap. II.
24
Cfr. secondo, quarto e quinto “Considerando”.
25
Cfr. quattordicesimo “Considerando”.
10
Gli strumenti di tutela ex ante
Appare, in proposito, non semplice conciliare la tutela di interessi che
possono, a prima vista, sembrare in netta contrapposizione, come quelli dei
26
consumatori e dei produttori .
Invero, le esigenze dei consumatori contrastano senza dubbio con quelle
della singola impresa, che produce beni e servizi di massa. Quest’ultima si
presenta, infatti, come soggetto forte, dotato di migliori conoscenze tecniche (sulla reale qualità dei prodotti) e di mercato (“asimmetrie informative”), e può imporre al consumatore contratti standard o già predisposti su
moduli e formulari: «incresingly, however, complex technology has diminished the consumer’s ability to exercise a rational choice among risks in the
market. The forces of supply and demand are distorted by unequal bargaining
27
powers lack of information and other intervening factors» .
Il suddetto contrasto si affievolisce, tuttavia, se si allarga lo sguardo alla
tutela del libero mercato e della concorrenza. Da questo punto di vista, la
28
ratio di molti documenti comunitari può essere ravvisata nella necessità di
allocare i rischi ed i costi connessi sul soggetto che è meglio in grado di af29
frontarli, anche tramite lo strumento assicurativo . Il fabbricante di un
30
prodotto è, in questo senso, il “better risk bearer” poiché, a differenza del
26
G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Roma-Bari, 2002, 35 ss.
27
D.G. OWEN, J.E. MONTGOMERY, M.J. DAVIS, Products Liability and Safety, cit., 11.
28
L. CABELLA PISU, La responsabilità del produttore, in P. PERLINGERI e E. CATERINI, (a
cura di) Il diritto dei consumi, III, Rende, 2007, 437 ss. Sul punto si veda anche M. RABITTI, Garanzie convenzionali nella vendita dei beni di consumo tra promessa al pubblico e regole di formazione del contratto, in Contratto e impresa/Europa, 2008, II, 952, secondo cui
«la tutela apprestata al consumatore in situazioni destinate ad arrecargli vantaggio non si
giustifica in una prospettiva strettamente negoziale, ma è pensata come strumentale alla
tutela del mercato».
29
L’efficiente distribuzione dei costi, pur se discussa da alcuni autori, è uno degli scopi della responsabilità civile, maggiormente significativo nei sistemi di common law ed
oggi accreditato anche presso il nostro ordinamento. I fondamenti di tale teoria si ritrovano in P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, in particolare 34,
secondo il quale la «responsabilità oggettiva si connette con la teoria economica della distribuzione di costi e profitti, quale condizione determinante le scelte di produzione»; U.
CARNEVALI, La responsabilità del produttore, cit. 46 ss.; G. CALABRESI, The Costs of accidents, New Haven, (1970), nella trad. it. di A. DE VITA, V. VARANO, V. VIGORITI, Costo degli
incidenti e responsabilità civile, Milano, 1975, 22 ss., soprattutto 50, in cui si afferma che
«la funzione principale della responsabilità civile è quella di ridurre il più possibile il costo dei sinistri e il costo per evitare i sinistri»; G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, cit., 34, secondo cui «la spinta a distribuire i rischi dell’attività esercitata, tra cui appunto i danni provocati da terzi, all’interno della propria organizzazione, agisce sullo stesso piano della deterrence, perché i soggetti interessati devono adottare misure idonee per neutralizzare o comunque diminuire la percentuale di rischio».
Sul punto si veda amplius, infra, cap. I, §§ 2 e 2.1.
30
L’espressione è di L. CABELLA PISU, La responsabilità del produttore, cit. loc. cit. Negli
Stati Uniti, è nota la teoria del “cheapest cost avoider”. Cfr. G. CALABRESI, The Costs of accidents, cit.
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
11
consumatore-danneggiato, si trova nella posizione più idonea per prevenire
31
il pericolo di danno, mediante il miglioramento degli standard produttivi .
Tramite questo meccanismo, si è attuato il progressivo affermarsi, a livello
europeo, di interessi diversi da quelli economici: in origine, infatti, la Comunità non aveva alcuna competenza specifica in materia e doveva essere rispet32
tato il principio di sussidiarietà , secondo il quale il suo intervento doveva
essere limitato ai casi in cui il raggiungimento degli obiettivi comunitari non
33
poteva essere adeguatamente garantito attraverso l’azione dei singoli Stati .
34
La Comunità europea, peraltro, ha compiuto significativi passi in avanti
nel campo della tutela dei consumatori e della loro salute, dapprima con non35
binding law (enunciazioni programmatiche e di principio, non vincolanti) e
36
37
poi con l’adozione dell’art. 95 del Trattato CE (oggi art. 114 del Trattato FUE ,
31
Questa è l’ottica assunta anche dalla Dir. 85/374/CEE sulla responsabilità da prodotto difettoso. Sul punto si veda M. DELLACASA, Sulle definizioni legislative nel diritto privato, cit., 267.
32
In taluni settori, quali quelli dell’approvazione dei prodotti, del controllo della sicurezza
del mercato interno e delle politiche commerciali, la Comunità detiene una competenza esclusiva. In altri campi, invece, la stessa non ha competenze, ovvero le condivide con gli Stati
membri. In tal senso si esprime la Comunicazione della Commissione del 2 marzo 2002. La
Dir. 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, su cui vedi cap. II,
§ 3, ad esempio, precisa che restano di spettanza degli Stati membri le considerazioni di natura etica, concernenti l’utilizzazione di un determinato tipo di cellule di origine umana, ivi
comprese quelle germinali e quelle madri di embrioni. Una simile disposizione si ritrova anche nel Reg. 1394/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 novembre 2007.
33
a
G. BENACCHIO, Diritto privato della Comunità europea, 2 ed., Padova, 2001, 277 ss.
34
Il Trattato di Roma del 25 marzo 1957, istitutivo della Comunità economica europea, conteneva solo alcuni riferimenti ai consumatori (artt. 39, 40, 85, 86, 92), considerandoli come destinatari dei prodotti e dei servizi distribuiti dalle imprese concorrenti sul
mercato. Così L. CABELLA PISU, Cittadini e consumatori, cit., 676.
35
Nel 1972, nella Conferenza di Parigi, emerse l’esigenza di un programma di protezione dei consumatori. Successivamente, il Consiglio d’Europa approvò la Carta europea
dei consumatori del 1973 e la Risoluzione del 14 aprile 1975 (GUCE, C 92/1, 1975), che
garantisce cinque fondamentali diritti: a) la protezione della salute e della sicurezza; b) la
tutela degli interessi economici; c) la consulenza, l’assistenza ed il risarcimento dei danni;
d) l’informazione e l’educazione; e) la consultazione e la rappresentanza. Sul punto si veda L. CABELLA PISU, Cittadini e consumatori, cit., 677.
36
Ex art. 100 A. Tale norma è stata introdotta dall’Atto Unico europeo del 28 febbraio
1986, che ha modificato il Trattato di Roma. Essa dispone che «la Commissione, nelle sue
proposte in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e dei consumatori, si basa
su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi
fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo ed il Consiglio, nell’ambito delle
rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo». Sul punto si veda C. PINELLI, I diritti fondamentali in Europa fra politica e giurisprudenza, in Pol. dir., 2008, I, 45 ss.
37
“Trattato sul funzionamento dell’Unione europea”, denominazione così sostituita alla precedente, “Trattato che istituisce la Comunità europea”, dall’art. 2 punto 1, l., 2 agosto 2008, n. 130
(Trattato di Lisbona, su cui si veda infra, nota 45). Si riporta la versione consolidata del TFUE (in
GUCE 9 maggio 2008, n. C 115, e ripubblicata da ultimo in GUCE 30 marzo 2010, n. C 83).
2.
12
Gli strumenti di tutela ex ante
con cui si è garantito un livello di protezione elevato in tema di sanità e sicurezza.
In seguito, con le modifiche introdotte dal Trattato di Maastricht del 7
38
febbraio 1992 e dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, si è attribuito
un ruolo centrale alla salute pubblica ed alla sicurezza dei consumatori.
39
Oggi, ai sensi dell’art. 169 del Trattato FUE (ex art. 153 del Trattato CE),
al fine di «promuovere gli interessi dei consumatori e di assicurare loro un
40
livello elevato di protezione» , la Comunità deve contribuire «a tutelare la
salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché a promuovere il diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per
la salvaguardia dei propri interessi».
Il sovramenzionato principio è strettamente legato al disposto dell’art. 168
del Trattato FUE (ex art. 152 del Trattato CE), che attribuisce alla Comunità
funzioni di monitoraggio e di prevenzione delle malattie, specie con riguardo
al controllo della sicurezza e della qualità dei prodotti biologici (organi, sangue ed emoderivati); oltreché al tredicesimo “Considerando” del Reg. n.
726/2004/CE, che così recita: «nell’interesse della salute pubblica, le decisioni
di autorizzazione nell’ambito della procedura centralizzata dovrebbero essere
prese in base ai criteri oggettivi della qualità, sicurezza ed efficacia del medicinale interessato, escludendo considerazioni economiche o di altro tipo».
La protezione dei diritti fondamentali è, dunque, entrata progressivamente
a far parte del diritto comunitario, specie per il tramite della giurisprudenza
41
della Corte di Giustizia .
Un pieno riconoscimento si è avuto, poi, con la “Carta dei diritti fon42
damentali dell’Unione europea”, firmata a Nizza nel 2000 , che, già richia38
V. SEATZU, Le nuove basi giuridiche della politica dei consumatori nel Trattato di Amsterdam, in Dir. com. scambi intern., 1998, 811 ss.
39
Cfr. supra, nota 37.
40
Secondo tale norma, la Commissione può autorizzare gli Stati membri ad introdurre o mantenere disposizioni nazionali diverse, se ciò è giustificato da importanti esigenze,
fra cui quelle della salute. Sul punto si veda G. BENACCHIO, Diritto privato della Comunità
europea, cit., 64 ss.
41
CGCE, 12 novembre 1969, C-29/69 Stauder, in Racc., 1969, 419. Cfr. D. DI LORETO, I
dispositivi medici tra regolamentazione di sicurezza e responsabilità, cit., 287, e l’art. 1 della
Dir. 2010/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010, relativa alle
norme di qualità e di sicurezza degli organi destinati al trapianto.
42
La Carta, proclamata a Nizza, il 7 dicembre 2000, è stata per la prima volta pubblicata
in GUCE 18 dicembre 2000, n. C 364. Per il testo modificativo, v. GUCE 14 dicembre 2007,
n. C 303 (c.d. Carta di Strasburgo), ove si precisa che la nuova Carta integra e sostituisce la
precedente, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, su cui vedi infra, nota 45.
Per la versione consolidata, v. da ultimo, GUCE, 30 marzo 2010, n. C 83, cit. La Carta di
Nizza faceva inizialmente parte del Trattato costituzionale per l’Europa, firmato a Roma il
29 ottobre 2004. Successivamente, il progetto che intendeva abrogare i trattati esistenti, so-
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
13
43
mata di frequente dai giudici nazionali e comunitari , ha assunto pieno
44
45
valore formale a seguito della ratifica del Trattato di Lisbona .
46
La Carta dei diritti si apre con il titolo “Della dignità” , di cui l’integrità
47
psico-fisica , tutelata nel campo della “biologia e della medicina”, costituistituendoli con un testo unico denominato Costituzione, è stato abbandonato. «In un’epoca
sempre più dipendente dalle esigenze dell’economia, la Carta introduce una forte discontinuità rispetto alle logiche del mercato ed ha un valore ricognitivo della prassi giurisprudenziale e della elaborazione teorica dei diritti fondamentali»: G. VETTORI, Carta europea e diritti
dei privati (diritti e doveri nel nuovo sistema delle fonti), in G. VETTORI (a cura di), Carta Europea e diritti dei privati, Padova, 2002, 53; ID., La lunga marcia della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Riv. dir. priv., 2007, IV, 701 ss.
43
S. RODOTÀ, Nel silenzio della politica i giudici fanno l’Europa, in V. PICCONE (a cura
di), La Carta e le Corti, Taranto, 2007, 24, preannunciava che: «la Carta, pur priva di valore giuridico fondamentale vincolante, sicuramente avrebbe cominciato a farsi strada nell’ordinamento dell’Unione e in quelli degli Stati membri».
44
Fino a tale momento, la Carta ha ricoperto un ruolo ricognitivo ed interpretativo
delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri sul tema dei diritti fondamentali. Sul punto si veda G. VETTORI, Carta europea e situazioni dei privati, in Riv. dir. priv., 2001,
III, 473, il quale sottolinea come dal preambolo della Carta si ricavi l’intento di riaffermare e rendere visibili i diritti fondamentali, «alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici»; ID., Circolazione dei beni e ordinamento comunitario, in Riv. dir. priv., 2008, II, 286 ss.
45
Firmato a Lisbona il 13 novembre 2007, su cui si veda il Comunicato in G.U. 20 gennaio 2010, n. 15. Esso modifica il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato che istituisce la
Comunità europea. Sul punto si veda L. CRUCIANI, L’Europa dopo Lisbona: il modello liberista
e il modello sociale, in Riv. crit. dir. priv., 2007, I, 143; B. NASCIMBENE e A. LANY, Il trattato di
Lisbona: l’Unione Europea ad una svolta?, in Corriere giur., 2008, I, 137 ss. Oggi tutti gli Stati
membri hanno ratificato il Trattato (fra cui l’Italia, il 31 luglio 2008). L’Irlanda aveva inizialmente rifiutato la ratifica tramite referendum, tenutosi il 12 giugno 2008, ma tale delibera è stata successivamente ribaltata con il successivo referendum del 2 ottobre 2009. Da
ultima, la Repubblica Ceca ha depositato gli strumenti di ratifica in data 3 novembre 2009.
Il Trattato di Lisbona è, così, entrato in vigore il 1° dicembre 2009.
46
Sancita all’art. 1: «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».
47
Di cui all’art. 3.1, il quale stabilisce che ogni persona ha diritto alla propria integrità
psico-fisica. Questo è solo un aspetto del diritto tutelato dalla nostra Costituzione, che
non potrà subire alcun depotenziamento. L’art. 53 della Carta garantisce, infatti, la prevalenza del diritto nazionale ove questo garantisca un maggior livello di protezione. La
norma va, inoltre, coordinata, con gli artt. 35 e 38 della Carta, che garantiscono un livello
elevato di protezione della salute umana e dei consumatori. Cfr. F.D. BUSNELLI, Importanza e limiti dei valori fondamentali della Carta Europea, in G. VETTORI (a cura di), Carta europea e diritti dei privati, cit., 131 ss., in particolare 135; L. FERRARI BRAVO, F.M. DI MAJO,
A. RIZZO, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Milano, 2001; G. COLLURA,
Cenni introduttivi sulla Carta dei diritti, in G. VETTORI (a cura di), Carta Europea e diritti
dei privati, cit., 159 ss.; P. GROSSI, L’ultima Carta dei diritti, in G. VETTORI (a cura di), Carta
Europea e diritti dei privati, cit., 247; A. CELOTTO, Carta dei diritti fondamentali e Costituzione italiana: verso il “trattato costituzionale europeo”, in Europa dir. priv., 2003, 33; G.
ALPA, La protezione della salute e il risarcimento del danno alla persona in una prospettiva
europea, in Resp. civ. prev., 2005, 592.
14
Gli strumenti di tutela ex ante
sce solo un aspetto ed una propagazione, da salvaguardare sia nella fase ex
48
ante (“prevenzione sanitaria”), sia in quella ex post (“cure mediche”) .
Da tutto quanto sopra, si evince pertanto che la tutela del diritto alla salute, garantita dall’art. 32 della nostra Costituzione, ha rivestito, col tempo,
importanza fondamentale anche nell’ordinamento comunitario, che sempre
più spesso si trova a dover affrontare le sfide determinate dai crescenti ri49
schi della realtà tecnologica del nostro tempo .
Su questo sfondo si sta attuando una svolta nuova e peculiare del siste50
ma europeo , costituita dallo sviluppo del principio di precauzione quale
strumento di governance del rischio. Questo è volto a garantire una tutela
ulteriore rispetto a quella offerta dalla responsabilità civile, permettendo di
agire prima che il danno si verifichi, e ben esprime i limiti che possono essere imposti al mercato ed allo sviluppo tecnologico, al fine di tutelare la salute pubblica.
2. I nuovi strumenti di tutela: il principio di precauzione
51
Il termine precauzione esprime un duplice significato . L’espressione
48
Cfr. art. 35 della Carta.
49
B. WYNNE e U. FELT, Taking European Knowledge Society Seriously, Bruxelles, 2007, ed.
italiana, Scienza e Governance. La società europea della conoscenza presa sul serio, Soveria
Mannelli, 2008, 55, parlano della Commissione europea come di uno «stato regolatore dei
rischi». Cfr. anche A. SANTOSUOSSO e S. AZZINI, Scienza, tecnologie e gli attuali flussi giuridici transnazionali, in S. RODOTÀ e M. TALLACCHINI (a cura di), Ambito e fonti del biodiritto,
cit. 731 ss.
50
La policy europea, pur traendo molti spunti dalle forme e dai ritmi seguiti da quella
statunitense, se ne è discostata fortemente. Il punto di partenza fondamentale è costituito
dal Red Book (Risk Assessment in the Federal Government: Managing the process, Washington, National Academy Press, National Academy of Sciences, 1983, 2 ss.), pubblicato dal
National Research statunitense nel 1983. Esso distingue fra valutazione del rischio (processo esclusivamente scientifico di scoperta oggettiva di fatti) e gestione dello stesso (che
introduce questioni relative ai costi economici, ai problemi etici, ai valori sociali, alle esigenze di implementazione). A livello europeo, si separano nettamente i vari passaggi di
analisi del rischio (identificazione, valutazione, gestione e comunicazione), ritenendo che
la fase di gestione dello stesso debba essere svolta interamente a livello politico. G. VAN
CALSTER, Risk Regulation, EU Law and Emerging Technologies: Smother or Smooth?, Springer Netherlands (2008), II, 61, pubblicato on-line, alla pagina http://www.springerlink.com/
index/ Q14JN1284R4585GG.pdf., il 13 febbraio 2008. Sul rapporto fra principio di precauzione ed analisi economica sui costi e benefici, v. infra, nota 65.
51
L’Enciclopedia Universale Larousse, Milano, XIV, 1970, così definisce il termine
“precauzione”: «dal latino tardo praecautio-onis, deriva praecavere “guardarsi, usar cautela”, composto di prae “pre” e cavere “stare in guardia”. Prudenza e circospezione nell’agire per evitare un danno, un pericolo o un rischio: operare, muoversi, avanzare con
prudenza ...». Per una semantica del termine “precauzione” si veda U. IZZO, La precauzione nella responsabilità civile, cit., 1 ss. M.G. STANZIONE, Principio di precauzione e di-
Incertezza scientifica e tecnologica. Gestione del rischio
15
può riferirsi ad una generica cautela ed accortezza rispetto ad un rischio o
ad un pericolo di danno, che servono a delineare un comportamento da seguire e, quindi, una decisione da assumere, prima di agire.
Tale terminologia può, però, altresì alludere ad una specifica attività precauzionale, volta ad evitare i sovramenzionati rischio e pericolo di danno,
che rappresenta l’esito di una decisione, dopo che questa sia stata formulata.
Entrambi i significati della parola, peraltro, confluiscono nell’idea che la
52
precauzione rappresenti «qualcosa che si oppone al rischio e/o al pericolo» .
Quanto al primo significato, esso si riveste di importanza normativa,
identificando le cautele che devono essere poste in essere prima dell’azione.
Il concetto può essere, tuttavia, sviluppato anche prendendo le mosse dal secondo significato, per verificare se la precauzione possa assumere un ruolo
rilevante per chi opera in quel settore del diritto che è volto a gestire ciò in
cui il pericolo ed il rischio possono materializzarsi, ossia il danno.
Le implicazioni morali del principio sono evidenti: esso trova le sue origini in Germania, per opera del filosofo del diritto Hans Jonas che, ricorrendo all’espressione «principio responsabilità», supera il tradizionale paradigma danneggiante-danneggiato, per introdurre un’etica della responsabili53
tà anche nei confronti delle generazioni future : «non permettere che la
ritto alla salute. Profili di diritto comparato, Paper presentato al Convegno “Privato, pubblico, globale nelle prospettive del diritto comparato”, 28-29 maggio 2010, e reperibile
in rete in www.comparazionedirittocivile.it, afferma che: «il principio precauzione, nel
suo significato comune, indica un atto od un comportamento diretto ad evitare un pericolo imminente o possibile. Esso reca con sé l’idea dell’anticipazione sul piano temporale di una condotta di tutela dinanzi ad un rischio, come testimonia l’etimologia
stessa: il latino praecavere significa letteralmente “prestare attenzione prima”». Da ultimo M.E. GONÇALVES, The Precautionary Principle in European Law, in S. RODOTÀ e M.
TALACCHINI (a cura di), Ambito e fonti del biodiritto, cit., 515 ss.
52
Così U. IZZO, op. loc. ult. cit. Nel linguaggio comune, il termine “precauzione” indica
un modo di agire basato sulla cautela. In senso giuridico è, invece, «una modalità della
prudenza che si impone ai decisori, pubblici o privati che siano, quando si confrontino con
delle situazioni di incertezza». Così G. COMANDÉ, L’assicurazione e la responsabilità civile
come strumenti e veicoli del principio di precauzione, in G. COMANDÉ (a cura di), Gli strumenti della precauzione, cit., 39.
53
H. JONAS, Das Prinzip Verantwortung, 1979, trad. it. a cura di P.P. PORTINARO, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino, 2002, 285. Secondo l’Autore,
prima dello sviluppo della scienza moderna, le azioni dell’uomo portavano ad effetti più
facilmente prevedibili e controllabili. Oggi, invece, lo sviluppo della tecnologia conferisce
nuovo potere all’essere umano (definito «smisurato» a pag. 12), rendendolo capace di effetti distruttivi: «agisci in modo tale che le tue azioni siano compatibili con un’autentica
vita umana sulla terra» (pag. 16). Ciò anche poiché ogni singola azione condiziona quelle
successive («si può rinunciare ad un effetto a breve termine, desiderato e sicuro, in vista di
uno a lungo termine», pag. 38). Una nuova «etica per la civiltà tecnologica presuppone un
comportamento responsabile davanti all’incertezza». Questo incitamento alla prudenza,
oltreché il rispetto della dignità umana, sono gli aspetti più rilevanti dell’opera, che invita,
comunque, a ricercare soluzioni alternative (pag. 283). Resta sullo sfondo il principio per
16
Gli strumenti di tutela ex ante
paura distolga dall’agire, ma piuttosto sentirsi responsabili in anticipo per
l’ignoto costituisce, davanti all’incertezza finale della speranza, proprio una
condizione della responsabilità dell’agire: appunto quello che si definisce il
“coraggio della responsabilità”».
Da qualche lustro, il principio di precauzione ha poi trovato conferma in
numerosi enunciati normativi e, traendo avvio dalle convenzioni internazio54
nali, ha avuto pieno accoglimento in alcune leggi interne , fino ad essere
55
recepito nel diritto comunitario .
Affermatosi, dapprima, in campo ambientale (come nell’Environmental
Protection Act svedese del 1969, nel quale si richiedeva specificamente alle
industrie di dimostrare la sicurezza dei loro prodotti), il suo ambito di applicazione si è poi allargato alla politica di tutela dei consumatori e della sa56
lute pubblica .
cui «si deve dare più ascolto alla profezia della sventura che non a quello della sicurezza»
(c.d. “euristica della paura”, pag. 39) e frenare «l’impeto proteico», che potrebbe indurre
ad una posizione di rifiuto e di astensionismo, tale da ostacolare il progresso tecnologico.
Sul punto si vedano le osservazioni di F.D. BUSNELLI, Opzioni e principi per una disciplina
normativa delle biotecnologie avanzate, in Riv. crit. dir. priv., 1991, 283 e di A. SUKOVA, Precauzione e Alara Principle, l’esempio della radioprotezione del paziente, in G. COMANDÈ (a
cura di), Gli strumenti della precauzione, cit., 353. M.G. STANZIONE, Principio di precauzione e diritto alla salute, cit., 1, parla di «accezione diversa della responsabilità, intesa non
in termini giuridici bensì in termini morali, implicante l’impegno ad evitare sia il danno
attuale ad un bene, sia un danno che potrebbe prodursi a lungo termine».
54
La c.d. loi Barnier, 2 febbraio 1995, così definisce il principio di precauzione «le principe de précaution, selon lequel l’absence de certitudes, compte tenu des connaissances
scientifiques et techniques du moment, ne doit pas retarder l’adoption de mesures effectives
et proportionnées vivant à prévenir un risque de dommage grave et irréversible a l’environnement à un coût acceptable». Nel 2005, nel Preambolo della Costituzione francese, è stato
inoltre aggiunto un riferimento alla Charte de l’environnement, che, all’art. 5, fa riferimento al principio di precauzione. Si ricordi, inoltre, la loi 98-535 del 1° luglio 1998, sull’incremento della vigilanza sanitaria e del controllo della sicurezza dei prodotti destinati
all’uomo, che istituisce un sistema integrato di agenzie pubbliche, preposte rispettivamente alla sicurezza dei medicamenti e dispositivi sanitari, delle trasfusioni, dei trapianti
e delle apparecchiature di pertinenza sanitaria. Sul punto si veda, P. GIROLAMI, Il principio di precauzione. Alcune considerazioni alla luce dell’esperienza francese, in Riv. it. Med.
leg., 2002, I, 759 ss., soprattutto 763-764.
55
Sempre più frequenti sono le ipotesi in cui le normative comunitarie fanno riferimento al principio di precauzione, anche come vincolo ai legislatori in sede di attuazione.
Si pensi, a tal riguardo, al principio 15 della Dichiarazione della United Nation Conference
on Environment and Development, approvata a Rio de Janeiro il 14 giugno 1992, che così
afferma: «... in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire motivo per differire l’adozione di misure adeguate per
prevenire il degrado ambientale». Per una ricostruzione F. SANTONASTASO, Principio di
“precauzione” e responsabilità d’impresa: rischio tecnologico e attività pericolosa “per sua
natura”. Prime riflessioni su un tema di ricerca, in Contratto e impresa/Europa, 2005, I, 21
ss. Si veda altresì l’art. 7 del Reg. 2002/178/CE, in materia di sicurezza alimentare.
56
In materia alimentare, cfr., P. BORGHI, Biotecnologie, tutela dell’ambiente e tutela del
consumatore nel quadro normativo interno e nel diritto comunitario, in Rivista dir. agrario,
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