Quando e come una donna può essere considerata bella?

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17 luglio 2015 - Forlì, Cesena, Società
Quando e come una donna può essere considerata
bella?
Un nuovo articolo della rubrica tenuta dall'associazione Volo Oltre Onlus
Fin dall’antichità la bellezza femminile è stata valutata sulla base di un modello estetico di riferimento,
riconosciuto dalla società in un determinato contesto storico e culturale: dall’ideale discendono i canoni
estetici, ovvero le caratteristiche tipiche della bellezza. In tal senso, maggiore è la somiglianza della donna a
parametri predefiniti, maggiormente essa è considerata bella. Ma l’ideale estetico non è un criterio assoluto e
non è riconosciuto valido in tutti i tempi e luoghi; la bellezza rappresenta una costruzione socioculturale e, in
quanto tale, si genera e si modifica nell’alveo della società e della cultura entro cui si colloca seguendo
mode, costumi, consuetudini sociali e culturali. Questo è ben rilevabile andando ad osservare come ogni
epoca storica si distingua per un proprio ideale di bellezza peculiare, sempre diverso.
Per molti secoli sono stati attribuiti alla figura corporea formosa significati socioculturali connessi al
benessere economico, attribuendo invece caratteri di povertà a quella esile; per questo, la bellezza
ottocentesca in Europa, e ancor oggi in alcuni paesi poveri, pone enfasi sulle forme femminili morbide e
abbondanti, svalutando il concetto di attività fisica in quanto solo le donne ricche potevano permettersi la
non attività. Il ‘900 è un secolo di repentini mutamenti a livello politico, economico, culturale e, così, anche
di canoni estetici: si passa dall’esaltazione dell’androginia della donna degli anni ’20 (capelli corti, corpo
magro, forme adolescenziali), alla “politica del corpo femminile fascista” (secondo cui la donna italiana
debba avere forme prosperose e ampi fianchi per essere forte e robusta ed occuparsi della famiglia), alla
donna maggiorata degli anni '50 tutta forme e vitino da vespa, fino alla silhouette “grissino” degli anni ’60.
Dagli inizi degli anni Novanta si assiste all’affermarsi della magrezza come ideale estetico, a cui vengono
attribuiti qualità e significati psicologici, ovvero il corpo esile e scattante viene indissolubilmente associato a
sicurezza in sé, determinazione, autoaffermazione sociale. In tal senso, si crea un’associazione tra le forme
del corpo filiforme ed il cambiamento del ruolo sociale della donna che, da madre e moglie, inizia ad
impegnarsi maggiormente nella carriera professionale, alla ricerca del potere economico e del successo.
Al giorno d’oggi, l’ideale del corpo magro è esasperato e riproposto in ogni luogo e momento della giornata:
ragazze in costume su cartelloni chilometrici mentre andiamo al lavoro, donne sorridenti e perfette nelle
pubblicità televisive mentre siamo a pranzo, modelle dalle gambe lunghissime sulle riviste di moda,
ridondanti spot di prodotti dimagranti mentre ascoltiamo la radio in auto, a casa, in ufficio… tutti urlano che
devi essere bella, magra, di successo! L’imperfezione è inaccettabile, terribile.
E le donne? Come reagiscono a questo bombardamento mediatico? Certamente, non essere come la società
vorrebbe crea disagio e in tante cercano di adeguarsi ai canoni proposti, con conseguenze spesso gravi.
Tuttavia, c’è chi protesta e manifesta apertamente il proprio diritto ad essere come si è; un esempio lo si
riscontra nei fatti accaduti a Londra nel mese di Aprile 2015: Protein World, azienda leader nella produzione
di prodotti per la perdita di peso tappezza la metropolitana londinese di poster raffiguranti la bellissima
modella australiana Renee Somerfiled che posa in bikini affiancata dalla frase “Are you beach body ready”?
(Sei pronta per questo corpo da spiaggia?). La campagna ha indignato gran parte delle donne di tutto il
mondo ed è nato un movimento di protesta, sotto l’hashtag #eachbodysready, con l’obiettivo di difendere il
mondo femminile dagli stereotipi imposti; sono state raccolte 50.000 firme per togliere dalla città i poster in
questione. L’ Advertising Standards Authority (l’agenzia che controlla i contenuti della pubblicità nel Regno
Unito) ha detto di aver ricevuto 216 denunce dove il messaggio della Protein World è definito “offensivo,
irresponsabile e dannoso perché promuove l’immagine di un corpo non sano” ed è stato indispensabile
intervenire con l’interruzione della campagna.
In contrapposizione, aumentano le campagne “curvy”, che rivendicano il diritto alle curve, come ad esempio
Ashely Graham, modella che rappresenta l’orgoglio delle forme sovrabbondanti (vedi link 1 e link 2). E’ un
messaggio che aiuta alla critica verso certa comunicazione pubblicitaria, anche se utilizza lo stesso codice
comunicativo.
Renee Somerfield è stata tolta dalle pareti della metropolitana; milioni di donne hanno fatto una scelta.
Chiara Luongo – Associazione Volo Oltre Onlus
Tag: Volo Oltrebellezzabellezza femminile
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