Double dummy e studi di non inferiorità
Marina Macchiaiolo
Alessandra Marchesi
Diletta Valentini
U.O.C. Pediatria Generale,
Dipartimento di Medicina
Pediatrica, Ospedale
Bambino Gesù, Roma
[email protected]
La cassetta degli attrezzi è uno spazio dove raccoglieremo definizioni,
terminologie e concetti di metodologia sui quali potrà essere utile soffermarsi.
In questo numero analizzeremo alcuni aspetti metodologici affrontati
nell’articolo redatto dal Direttore Stefano Miceli Sopo (l’appellativo o
titolo, come per gli onorevoli … rimane a vita).
La cassetta degli attrezzi
I trucchi del
mestiere - Parte I
Iniziamo con double dummy che altro non è che un doppio inganno.
Non si tratta del titolo di un thriller ma più semplicemente di un metodo utilizzato nei trial clinici per garantire la cecità attraverso l’uso del
doppio placebo.
Nel classico studio randomizzato in cieco verso placebo, il farmaco
attivo in studio viene somministrato ad un gruppo A di pazienti, scelti in
modo casuale (tramite la randomizzazione); ad un altro gruppo di pazienti B, simili a quelli del gruppo A, viene somministrata una sostanza
identica per forma, colore, sapore e via di somministrazione ma inerte,
senza alcuna proprietà farmacologica. Lo scopo è quello di evitare tutte le possibili interazioni, note e non note, che possono agire, sapendo
che si sta prendendo o somministrando un determinato farmaco.
Ma come si fa se si devono confrontare due principi attivi?
Un tentativo può essere quello di preparare delle formulazioni molto
simili (over encapsulation, in pratica i farmaci vengono incapsulati e
risultano identici); ma quando si confronta una sostanza da assumere
oralmente con un’altra da assumere ad esempio per via aerosolica,
proprio come nel caso degli antileucotrieni confrontati con i corticosteroidi per via orale?
In questi casi è necessario ricorrere al
FIG. 1.
doppio inganno.
Double Dummy.
I due gruppi di pazienti ricevono entrambi
una sostanza per via
orale e una per via
aerosolica, ma senza
sapere quale delle
due sia la forma attiva e quale il placebo
(Fig. 1).
Questa tecnica è obbligatoria in caso di
diversa via di somministrazione o quando
appare difficile rendeRivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica • 03/2008 • 33-35
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La cassetta degli attrezzi
re simili i due farmaci. Il possibile svantaggio
di questa tecnica è il rischio di scarsa compliance; aumentando il numero delle somministrazioni infatti la probabilità di ridotta compliance aumenta.
Per definire Passa-subitox migliore dell’altro,
ci si aspetta che il tempo di efficacia (tempo tra la somministrazione e la scomparsa
dell’emicrania) si riduca di almeno 15 minuti e/o che il farmaco sia efficace almeno
nell’80% dei pazienti.
Studi di non inferiorità
Studio di non inferiorità: obiettivo degli studi di
non inferiorità è quello di dimostrare che un
nuovo trattamento non sia peggiore di quello
di confronto; va pertanto stabilita a priori una
differenza limite considerata irrilevante dal
punto di vista clinico, che permetta di considerare il nuovo intervento non inferiore.
Per definire Passa-subitox non inferiore all’altro, si può tollerare una differenza tra i tempi
di efficacia inferiore al 15% (quindi un range
compreso tra -9 minuti e 0) e una differenza
di efficacia inferiore al 10%.
Un altro aspetto affrontato nell’articolo di Miceli Sopo è lo studio di non inferiorità. Il significato è facilmente intuibile dalla definizione
stessa. Tuttavia le implicazioni metodologiche
di queste sperimentazioni non sono così semplici e può essere utile comprenderle appieno.
Innanzitutto va ricordato un principio fondamentale della sperimentazione clinica: il
principio di incertezza. Eticamente e scientificamente si può sperimentare un trattamento
solo se vi siano dei dubbi su quale trattamento scegliere tra quelli disponibili.
Facciamo un esempio: per il trattamento
dell’emicrania viene utilizzato normalmente
il farmaco Passa-quasi-subitox notoriamente
efficace nel 70% dei pazienti ed efficace in
circa un’ora di tempo (tempo di efficacia).
Questo farmaco ha come possibile effetto collaterale l’insonnia nei tre giorni successivi alla
sua assunzione. Nonostante il possibile effetto
collaterale questo farmaco viene considerato
il gold standard – in pratica il megliore disponibile – per il trattamento dell’emicrania.
Viene però proposto un nuovo principio attivo Passa-subitox, presentato come altrettanto
efficace e senza rischio di insonnia.
A questo punto bisogna decidere se proporre a nostri pazienti affetti da emicrania, il
farmaco Passa-quasi-subitox, di cui ormai conosciamo da tempo l’efficacia e i potenziali
rischi o il nuovo farmaco Passa-subitox più recente e più costoso ma potenzialmente con
minori effetti collaterali.
Il metodo eticamente più corretto per scegliere è effettuare una sperimentazione clinica.
Nella pianificazione dello studio si deve tradurre l’incertezza in numeri. Si può decidere
di intraprendere tre tipi di trial.
Studio di superiorità: scopo di uno studio di
superiorità è dimostrare che il nuovo trattamento sia superiore a quello di confronto;
va pertanto stabilita una differenza che può
essere considerata statisticamente e clinicamente significativa.
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Studio di equivalenza: analogamente, scopo
di uno studio di equivalenza è verificare se i
due interventi presentino lo stesso profilo di
efficacia e/o di sicurezza, predefinendo la
massima differenza clinicamente non rilevante, che consenta di ritenere i due trattamenti
sovrapponibili.
Per definire Passa-subitox equivalente all’altro, si può tollerare una differenza tra i tempi
di efficacia ± 7% (quindi un range compreso
tra -9 minuti e 9 minuti) e una differenza di
efficacia di ± 10%.
Dal punto di vista della numerosità del campione lo studio di non inferiorità richiede un
numero minore di pazienti ed è per questo
che frequentemente, ma impropriamente,
viene preferito questo tipo di disegno.
Negli studi di equivalenza/non inferiorità la
definizione della differenza è fondamentale
per la pianificazione dello studio, per la determinazione della dimensione del campione e
per la interpretazione dei risultati. La scelta
della differenza deve essere sempre motivata e clinicamente rilevante e giustificata dal
punto di vista statistico.
Purtroppo non è sempre così. A causa della
flessibilità del disegno i trial di non inferiorità/
equivalenza presentano un elevato rischio di
manipolazione dei risultati. Ad esempio, uno
studio pubblicato su JAMA ha dimostrato
che nel 62% dei report relativi a questi studi,
l’esito primario era stato cambiato, introdotto
ex novo, oppure omesso. Analogamente l’entità della differenza, che deve essere fissata a
priori, viene spesso aumentata per nasconI trucchi del mestiere - Parte I
Ritratto di James Lind (1716-1794), dipinto da Sir
George Chalmers (1720-1791). Per gentile concessione: The James Lind Alliance, Okford, U.K. – www.
lindalliance.org
dere il fatto che il nuovo trattamento si è dimostrato inferiore a quello di confronto. Infine
e non di rado, studi inizialmente progettati
per essere studi di superiorità, vengono successivamente presentati come trial di equivalenza/non inferiorità qualora non sia stato
possibile dimostrare la superiorità del nuovo
intervento.
Uno studio di non inferiorità o di equivalenza potrebbe rivelarsi utile per valutare se un
trattamento è più sicuro rispetto a quello di riferimento, se offre vantaggi in termini di compliance o di costi, o ancora quando si confrontano diversi dosaggi, formulazioni o vie
di somministrazione di uno stesso farmaco.
Negli altri casi invece questo tipo di disegno
non sarebbe raccomandabile.
Ed ora per i “sopravvissuti”, una nota storica.
La paternità dei trial clinici, sebbene non nota
ai più, è invece ben documentata.
James Lind nel 1753 pubblicò: A treatise of
the scurvy. In three parts. Containing an inquiry into the nature, causes and cure, of that
disease. Together with a critical and chrono-
I trucchi del mestiere - Parte I
logical view of what has been published on
the subject. (Un trattato sullo scorbuto. In tre
parti. Contenente un indagine sulla natura, le
cause e la cura di tale malattia. Unitamente
ad un’analisi critica e cronologica di quanto
pubblicato sulla materia). Diremmo oggi: lo
stato dell’arte sullo scorbuto.
In questa pubblicazione, James Lind – dottore di Edimburgo a bordo della Salisbury, una
delle navi della Royal Navy Inglese – aveva
effettuato una revisione (probabilmente sistematica) della letteratura sullo scorbuto e presentava i risultati del – verosimilmente – primo
trial clinico controllato.
Lind trattò dodici marinai affetti da scorbuto
allo stesso livello di gravità che seguivano la
stessa dieta, con sei diversi tipi di trattamento.
Due marinai con un quarto di sidro al giorno.
Due marinai con 25 gocce di elisir di vetriolo
3 volte al giorno a digiuno.
Due marinai con 2 cucchiaini di aceto 3 volte
al giorno.
Due marinai con una dose di acqua di
mare.
Due marinai con composto fatto di aglio, mostarda, balsamo del Perù e mirra.
Due marinai con due arance ed un limone
al giorno.
I marinai trattati con agrumi, a differenza degli altri migliorarono.
La cassetta degli attrezzi
FIG. 2.
Per la prima volta venivano introdotti in medicina due concetti fondamentali: il confronto
intenzionale e le condizioni controllate.
Ci vollero oltre venti anni prima che nelle navi
reali venisse raccomandato il consumo di
agrumi!
Bibliografia di riferimento
Studi di non inferiorità e di equivalenza: limiti e ambiguità. Bif 2006;XIII:97-8.
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