la distinzione reale tra `essere` ed `esistere

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LA DISTINZIONE REALE TRA ‘ESSERE’ ED ‘ESISTERE’
CHIAVE DI VOLTA DELLA METAFISICA TOMISTICA
d. CURZIO NITOGLIA
1 dicembre 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/essere_esistere_tomistica.htm
L’esse come ‘actus essendi’
●La metafisica tomistica perfeziona e supera quella di Aristotele. Infatti, mentre lo Stagirita (+322 a.C.) si
ferma allo studio della ‘sostanza’, dell’essenza (id quod potest esse o capacitƒ di essere) o della ‘forma’
che attua la ‘materia’, l’Angelico giunge a studiare l’essere come atto ultimo, che perfeziona la sostanza,
essenza o forma. L’Aquinate insegna che „l’essenza, prima di avere l’atto di essere, non esiste ancora…
(De Pot., q. 3, a. 5, ad 2) e che „† necessario che l’atto stesso di essere stia all’essenza, la quale †
realmente distinta da esso, come l’atto alla potenza… (S. Th., I, q. 3, a. 4. Cfr. De spir. Creat., a. 1).
L’ente † composizione fra essere per partecipazione (atto ultimo) ed essenza (potenza in rapporto
all’essere o ‘atto primo’ in rapporto all’‘atto ultimo’). Ne proviene che l’autentico atto di essere (esse ut
actus) non va confuso col fatto dell’esistenza (ex-sistere), la quale † il semplice risultato, prodotto o
‘effetto’ della presenza dell’ente nella realtƒ e non pu‡ assurgere alla dignitƒ di atto metafisico, il quale
† causa di esistenza e ne † pertanto distinto. Ossia l’essenza, che riceve l’essere come suo atto ultimo,
produce o dƒ luogo all’ente, il quale † realmente esistente (ex-sistit, esce dal nulla ed entra nella realtƒ)
grazie all’essere come atto ultimo che compie ultimamente un’essenza. Il semplice fatto dell’esistenza o
di essere presente nella realtƒ si pu‡ predicare anche dei difetti, delle malattie, della morte e dei peccati
che sono tutti danni o deficienze degli enti, degli esistenti, ma non certo perfezione di enti o ‘enti in
senso proprio’. ˆ pertanto chiaro che la partecipazione degli enti all’essere (“l’ente † un’essenza avente
l’essere”) pu‡ farci risalire a Dio, secondo l’insegnamento di S. Tommaso: „Alla struttura metafisica di
ogni ente per partecipazione consegue la sua dipendenza causale, o creaturale, dall’Altro… (Cfr. S. Th., I,
1
q. 44, a. 1, ad 1; ivi, ad 2). Ossia l’ente per partecipazione dipende e riceve l’essere dall’Ente per essenza
o Dio. Appunto su tale partecipazione si fonda la “quarta via” tomistica, nella quale Dio † qualificato
come “causa dell’essere”, ovvero Creatore, di tutti gli enti (S. Th., I, q. 2, a. 3). Questo atto di essere
trascende ogni essenza e forma, per cui si deve parlare del supremo atto metafisico di essere. Il termine
“ente” esprime anzitutto e soprattutto l’essenza che riceve l’atto di essere (Cfr. In I Sent., d. 8, q. 4, a.
2; De Ver., q. 1, a. 1, ad 3) ed † per ci‡ stesso che l’ente creato, costituito dall’essere per partecipazione
e dall’essenza, fonda il primo collegamento della dipendenza causale, o creaturale, di ogni ente finito
dall’Essere infinito o per essenza. Cos‹ il vero essere da San Tommaso † riconosciuto come il costitutivo
metafisico proprio di Dio (“Ego sum qui sum”; “Javeh”), il Quale, appunto per questo, † la Causa
dell’essere, e dunque il Creatore di tutti gli enti. Non † difficile, allora, vedere che l’onnipresenza
creatrice di Dio negli enti presuppone ed esige la sua infinita trascendenza su di essi tutti (Cfr. S. Th., I,
q. 4, a. 2, ad 3; ivi, I, q. 11, a. 4, ivi, I, q. 8, aa. 1-4; ivi, I, q. 105, a. 5): “Deus est ens per essentiam, et
alia per partecipationem” (S. Th. I, q. 4, a. 3, ad 3). Perci‡ in ogni ente creato vi † composizione di
essenza/essere e di potenza/atto. In breve, se Dio † l’Atto Puro di Essere e le creature sono enti composti
di essenza/essere, potenza/atto, significa che Dio solo † l’Essere infinito, perfettissimo (De pot., q. 7, a.
2, ad 9; S. C. Gent., lib. I, c. 28; S. Th., I, q. 4, a. 2), mentre le creature sono finite ed imperfette. La
filosofia ha per oggetto l’esse ut actus omnium formarum, ossia l’ente, che † un’essenza finita habens
esse per partecipationem (S. Tommaso d’Aquino, I Sent., d. 37, q. 1, a. 1, sol.; S. Th., I, q. 4, a. 2, ad 3;
I, q. 5, a. 1, ad 1; I, q. 29, a. 2; C. Gent., II, 15) e come termine arriva all’Essere stesso sussistente,
risalendo dagli effetti alla Causa.
●Per S. Tommaso l’“Essere considerato in se stesso † infinito [ipsum esse absolute
consideratum infinitum est]” (Summa contra Gentiles, lib. 50, cap. 43); esso attua e
perfeziona l’essenza, mentre l’essere per partecipazione (sicut actus essendi) † atto
ultimo che fa uscire le essenze (atto primo, ordinato all’atto ultimo come la potenza
all’atto) fuori dal nulla e dalla loro causa (“educere extra nihilo et extra causas”) cos‹
che esse esistono (fatto di esistere, composto di “ex” [da] + “sistere” [uscir fuori]).
Onde l’essere † atto ultimo, che realizza l’essenza e la rende realmente ed attualmente
esistente, facendola ex-sistere o “uscir fuori da” il nulla o il non-essere e le sue cause.
Quindi, l’essere (atto di essere) † il principio o causa dell’ente esistente realmente, e
l’esistenza † il risultato, effetto o termine dell’essere come atto ultimo, che attua
ultimamente l’essenza, la quale † in atto solo “inizialmente” (atto primo) rispetto
all’essere ultimativo (atto ultimo). Come si vede, per S. Tommaso l’essere † piŒ nobile
dell’esistenza, che † un suo effetto o risultato, ed anche dell’essenza, che, pur essendo
in atto primo, in s• † in potenza rispetto all’atto ultimo o essere. Onde l’analogia di
rapporti tra materia/forma, potenza/atto di Aristotele † arricchita da S. Tommaso con il
rapporto tra essenza/essere, che † la grande scoperta della metafisica tomistica, la
quale sarƒ negata da Scoto e Suarez, che apriranno cos‹ - anche se inizialmente e
timidamente - le porte alla filosofia moderna che va da Cartesio ad Hegel (“parvus error
in principio fit magnus in termino”).
●L’essere † l’elemento piŒ intimo che penetra un’essenza e la fa esistere. Onde l’essere
† la massima perfezione, fonte di ogni perfezione, atto ultimo, che perfeziona ogni
essenza; tra tutte le cose l’essere † la piŒ perfetta, atto ultimo di tutti gli atti primi,
atto della forma e dell’essenza. Questo † il cuore del tomismo genuino e originario, a
differenza della scolastica decadente di Scoto (+ 1308) e Suarez (+ 1617), i quali negano
la distinzione reale tra essenza ed essere, potenza e atto.
L’esistenza come risultato dell’essere
●S. Tommaso impiega il termine existentia nelle opere giovanili (De Ver,.q. 1, a. 2, ad
3; S. c. Gent., IV, c. 29, n. 3655) per significare che qualcosa appartiene al mondo
reale, oggettivo, esterno e quindi per escludere che si tratti solo di un ente logico ossia
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di un’idea. Perci‡ l’Angelico non dƒ al termine existentia il senso forte di actus essendi,
ma il senso debole di realtƒ di fatto di qualche ente, che esiste in re e non in intellectu.
Mentre il termine ‘essere’ † una perfezione piena che racchiude e ultima tutte le altre
perfezioni: “Ipsum esse est perfectissimum omnium; ipsum esse est actualitas omnium
rerum et etiam ipsarum formarum” (S. Th., I, q. 4, a. 1, ad 3); “Esse est actualitas
omnium actuumm et propter hoc est perfectio omnium perfectionum” (De Pot., q. 7, a.
2, ad 9). L’ente † “id quod habet esse” (I Sent., d. 37, q. 1, a. 1, sol.) o “id quod
participat esse” (S. Th., I, q. 4, a. 2, ad 3). Vi † quindi una distinzione reale tra esse ut
actus ultimus omnium formarum e existentia come fatto di uscire fuori dal nulla e dalla
sua causa. Siccome l’ens est essentia habens esse, l’essere attua l’essenza che † in atto
in s• ma in potenza verso l’essere o atto ultimo, il quale attuando l’essenza, la fa
diventare ente esistente realmente. L’Angelico insegna che „l’essenza, prima di avere
l’atto di essere, non esiste ancora… (De Pot., q. 3, a. 5, ad 2) e che „† necessario che
l’atto stesso di essere stia all’essenza, la quale † realmente distinta da esso, come l’atto
alla potenza… (S. Th., I, q. 3, a. 4. Cf. De spir. Creat., a. 1). L’ente † composizione fra
essere per partecipazione (atto) ed essenza (potenza per rapporto all’essere). Insomma
“esse est perfectio existentis” (S. Th., I, q. 14, a. 4), ossia “esse est actualitas essentiae
vel substantiae” (S. Th., I, q. 54, a. 1; ivi, q. 79, a. 1).
Ens est essentia habens esse
●Padre Edouardus Hugon nel Cursus philosophiae thomisticae, Paris, Lethielleux, 1935,
vol. III, Metaph. ontologica, tratt. 1, q. 1, p. 248 scrive: “Existentia est subiectum quod
esse recipit. […] Existentia importat solam capacitatem ad essendum; id quo essentia
ponitur in actuali exercitio essendi dicitur esse. Est ergo esse ultima actualitas, seu
actus quo aliquid denominatur formaliter existens […]; existentia est id quo res a statu
possibilitatis exit et in statu realitatis reponitur. Esse frequentius a Modernis dicitur
existentia; S. Thomas et veteres a voce existentiae potius se abstinent. Existere
importat processione ex aliqua causa. Esse designat actum essendi”. Insomma tra essere
ed esistere vi † la differenza che intercorre tra causa ed effetto.
L’ente in quanto ente
●Per Aristotele l’ens ut sic † un’essenza o sostanza che sussiste in s•. Onde la sostanza o
essenza per Aristotele † ente in senso pieno poich•, “per se” sussistente, sostiene gli
accidenti, che sono in alio. Per S. Tommaso, invece, la sostanza † ente per s•, ma in
essa, l’essere non † l’essenza dalla quale † realmente distinto in quanto la perfeziona
ultimamente. La metafisica tomistica non si ferma (come per Aristotele) all’atto primo o
essenza, ma studia l’ente in quanto ente o portatore dell’atto di essere. Essa - quindi risale all’atto ultimo o essere per partecipazione e creaturale, che attuando l’essenza,
la fa esistere come ente reale o essenza realmente esistente, per cui la metafisica
tomistica non studia l’ente in quanto ente solo come sostanza, ma come essere
creaturale (e dipendente dall’Esse infinito o Aseitas, che † distinto da ogni ente ab Alio),
il quale attua l’essenza e la fa diventare realmente ente in atto. Per l’Angelico ci‡ che
costituisce ultimamente l’ente in quanto ente † l’essere, poich• la sostanza o essenza
per esistere deve ricevere l’essere, che l’attua ultimamente e definitivamente. Onde
solo l’essenza o sostanza piŒ l’essere danno l’ente e il costitutivo formale di ente in
quanto tale o in quanto ente † l’essere (atto ultimo) e non la sola essenza (atto primo).
Inoltre dall’essere creaturale per partecipazione, atto ultimo di ogni essenza, S.
Tommaso risale all’Essere per essenza che dƒ alle creature una parte del suo Essere
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unicamente per sua libera volontƒ. Egli † “Lo stesso Essere per s• sussistente” (Ipsum
Esse per se subsistens) o Aseitas. L’essere per partecipazione riceve in maniera limitata
una perfezione dell’Essere di Dio, che † infinito. Onde il mondo (effetto) riceve dalla
Causa prima incausata (Dio) qualcosa, e possiede solo una perfezione finita e limitata
dipendente dall’Essere infinito e increato di Dio. L’ente tomistico dice la totalitƒ di una
res, non una sua parte (ad esempio solo l’essenza, come per Aristotele), onde ente
connota il suo rapporto primo con l’essenza e il suo rapporto ultimo o terminativo e
completivo con l’essere (“quod habet esse”). Onde “ens non dicit [tantum] quidditatem,
sed solum [principaliter et proprie] actum essendi” (I Sent., dist. 8, q. 4, a. 2, sol.).
●Ogni ente possiede in modo limitato la perfezione dell’essere dall’essenza che riceve
l’essere. L’ens † una res o sostanza, che † composta da due princ‹pi realmente e
concretamente diversi e distinti: l’essere per partecipazione, che † l’atto, e l’essenza
come atto primo ma in potenza all’essere creaturale o atto ultimo. Ente (o “avente
l’essere”) † participio presente del verbo essere ossia “habens esse” o esistente in atto,
cio† esso ha o riceve l’essere in maniera finita e limitata dalla essenza nella quale
l’essere † ricevuto.
a) “Ente comune”
●ˆ l’ente generico, indeterminato, che † il concetto piŒ astratto e universale di tutti;
pu‡ essere tutto in quanto † aperto a tutte le specificazioni; † universale e senza
aggiunte, anche se non le esclude, anzi vi † aperto. L’ente comune † il primo oggetto
del nostro intelletto, indeterminato ma determinabile in potenza. Ce lo formiamo per
astrazione “in senso largo” a partire dalle cose singole sensibili; per esempio, vedo
Antonio e capisco che † un’essenza umana avente l’essere o esistente in atto. Ente † un
concetto in s• comune o indeterminato, ma che † aperto in potenza a delle aggiunte,
determinazioni o specificazioni, passando dall’ente comune o indeterminato all’ente
proprio o determinato per esempio: ente minerale, vegetale, animale, umano, angelico
o divino.
b) “Ente proprio” o divino
●ˆ l’Ente per essenza, increato, singolarissimo, di natura divina, proprio di un solo Ente
che † l’Ens a Se, determinato e determinante, non determinabile, non misto di potenza
e atto, ma Atto puro da ogni potenza. Intensitƒ massima e infinita di realtƒ che
racchiude ogni perfezione. Tomisticamente dall’ente comune si risale all’ente proprio o
l’Ipsum Ens per se subsistens, che † per essenza o Atto puro, essenzialmente distinto
dall’ente comune, come il Trascendente dall’immanente, il Creatore dalla creatura.
L’essenza
●L’“essenza” † ci‡ per cui una cosa † quello che †. Essa † chiamata anche “quidditƒ”
(“seu, ‘quid sit’ res”) e S. Tommaso spiega che la “quidditas […], antequam esse habeat,
nihil est” (De potentia, q. 3, a. 5, ad 2.). Essa riceve, limita e specifica l’essere, come la
materia limita e individua l’essenza. Infatti l’essere comune pu‡ esser tutto (dal
minerale a Dio): sarƒ uomo, angelo o bestia a seconda dell’essenza (umana, angelica o
animale) che lo riceverƒ, mentre la Forma anima umana sarƒ Antonio, Marco o Giovanni
a seconda della materia o “principio d’individuazione” (di Antonio, Marco o Giovanni),
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che informerƒ. L’essenza † la ragione che distingue ente ed essere: infatti a seconda di
quale essenza (umana, angelica o animale) riceverƒ l’essere si avrƒ tale o tale altro ente
(uomo, angelo o animale). Le cose o enti concreti, non si distinguono gli uni dagli altri a
causa dell’essere, che † comune a tutti (dal minerale a Dio), ma poich• l’essere †
ricevuto da essenze diverse (essenza angelica ƒ Angelo; essenza umana → uomo).
Conclusione
●La distinzione reale 1) tra forma e materia, 2) tra atto e potenza, 3) tra essere ed
essenza † il cuore della vera filosofia tomistica, come ha insegnato anche il magistero
della Chiesa nella promulgazione (1914) e nell’invito a seguire (1916/17) le XXIV Tesi del
Tomismo. Ora in questo trinomio il principio piŒ importante e radicale † la distinzione
tra essenza ed essere, la quale supera sia Platone che Aristotele. Oltre l’essere c’† il
nulla. ˆ per questo che la filosofia moderna, la quale ha rimpiazzato l’essere con l’Idea,
† stata fagocitata dalla filosofia contemporanea e post-moderna, la quale ha rifiutato
l’Idea per il nulla.
●Il nichilismo filosofico, che vuol distruggere la conoscenza razionale umana (nichilismo
gnoseologico), la morale naturale e divina oggettiva (nichilismo etico) e l’essere per
partecipazione in quanto rimanda a Quello per essenza (nichilismo metafisico), tende a
trasformare l’uomo in una larva o “pecora matta” (Dante) che galleggia sul nulla per
esserne ben presto ingoiato. L’epoca attuale † caratterizzata da un grande vuoto
interiore dell’uomo, vuoto di concetti, giudizi e ragionamenti razionali, di valori morali
e dell’Essere stesso per essenza, che † Dio: l’uomo attuale vive come se Dio non
esistesse, non ha neppure il “credo” ateo, ma solo l’indifferenza e l’apatia.
●Tuttavia la post-modernitƒ o rivoluzione nichilistica, non ostante il suo apparente
trionfo, † votata allo scacco. Infatti essa † soltanto contro qualcosa (contro Dio, contro
l’essere partecipato-creaturale, contro la logica, contro la morale), non ha un progetto
positivo, un qualcosa in cui credere e per cui battersi, le manca un pro. Ora “omne
agens agit propter finem” e il Fine non pu‡ essere il nulla, poich• esso porterebbe al
suicidio. Non si pu‡ vivere solo “contro” o “senza” (Dio, Patria, famiglia, ragione e
morale); tale via e vita porta immancabilmente alla morte senza speranza di
resurrezione. Correttamente Engels aveva scritto: “tutto ci‡ che esiste merita di
morire”. Infatti, se esiste solo la materia e questa per definizione † corruttibile e
mortale, l’esito di tale filosofia † la morte senza speranza di vita ultra terrena, ed †
questa la disperazione e il fallimento intrinseci alla post-modernitƒ. Come si pu‡
fondare una “religione” su ci‡ che soffre e muore per sua stessa costituzione intrinseca?
ˆ impossibile, tranne qualche istante di “piacere” puramente materiale e sensibile, il
resto † “nulla”. Ma “ex nihilo nihil fit”. Non si pu‡ costruire qualcosa sul nulla e col
nulla.
●Di fronte a questo nemico, che † essenzialmente ammalato di irrealismo e nichilismo,
occorre ritornare alla realtƒ e all’essere. Non † il soggetto pensante che crea la realtƒ,
ma † il pensiero dell’uomo che deve conformarsi ad essa. Vi † un Ente che † l’Essere per
la sua stessa Essenza: Egli † Dio, infinito e creatore del mondo, distinto e trascendente.
L’uomo † una sua creatura, limitata, finita con tutti i difetti e le deficienze dell’ente
finito. L’uomo non † dotato di solo intelletto per conoscere la realtƒ, ma pure di volontƒ
per agire virtuosamente, sia individualmente sia assieme ad altri o socialmente. Nulla di
meno tomista del “puro intellettualismo”. Se non ritroviamo questi princ‹pi, siamo votati
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al fallimento, che sta sperimentando la nostra epoca, una delle piΠbuie della storia
umana.
d. Curzio Nitoglia
1 dicembre 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/essere_esistere_tomistica.htm
[1] Cfr. C. Fabro, Partecipazione e causalit€ secondo San Tommaso d’Aquino, Torino, SEI, 1960; Id., La
nozione metafisica di partecipazione secondo San Tommaso d’Aquino, Milano, Vita e Pensiero, 1939.
[2] Cfr. K. Marx – F. Engels, Opere scelte, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 1. 106.
[3] Cfr. V. Possenti, Il nichilismo teoretico e la “morte” della metafisica, Roma, Armando, 1995.
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