09 cengia 1/06 - Assistenza Infermieristica e Ricerca

Contributi
ed esperienze
Grazia Cengia1
Beniamino Micheloni2
Lorella Tessari3
Oriano Tosi4
1Coordinatrice, Chirurgia
d’Urgenza, Ospedale Civile
Maggiore, Verona
2Coordinatore Ospedale
di Negrar, Verona
3Infermiere, Direzione Medica
Ospedale San Bonifacio,
Azienda UISS 20 Verona
4Tutor Area Formazione,
ULSS 20 Verona
La carenza di infermieri
e le strategie per affrontarla
La carenza, un problema ingravescente
Il problema della carenza di infermieri è un problema mondiale e di complessità crescente, che
ha un impatto anche sui pazienti1-2. Mentre in
passato veniva risolto con interventi a breve termine, la situazione attuale è così complessa da
richiedere strategie innovative ed a lungo termine. Lo studio della carenza è stato affrontato da molti stati e da molte associazioni infermieristiche: nelle pagine successive verranno
riportate le tendenze della carenza negli USA
e le strategie attivate per affrontarla3-4. Anche
l’Organizzazione mondiale alla sanità5 ha lavorato molto su questi temi, indicando ai Paesi
membri come affrontare il problema.
Le cause
Le cause della carenza, fortemente correlate tra
di loro, possono essere riconducibili a quattro
fattori:
1. L’invecchiamento della popolazione infermieristica;
2. La riduzione delle iscrizioni ai corsi di formazione infermieristica;
3. Il mutamento delle condizioni lavorative;
4. L’immagine scadente della professione infermieristica.
Invecchiamento del gruppo professionale
infermieristico
La maggior affluenza nella professione è avvenuta tra gli anni ‘60 e ‘70 e da allora subisce
un continuo decremento in funzione delle diverse opportunità di carriera femminile in altri
contesti lavorativi (le donne costituiscono circa il 90% dell’intera forza lavoro infermieristica). Di conseguenza, l’età media degli infermieri sta aumentando. Si sta infatti stimando che
dall’anno 2010, quando la generazione baby
boom inizierà ad andare in pensione, ci saranno ancora meno infermieri. Sarà anche il momento in cui l’uscita massiccia di infermieri
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Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 1
esperti determinerà un impoverimento culturale importante. L’invecchiamento della forza
lavoro avrà un impatto anche sulla possibilità
di avere insegnanti: anche oggi è difficile, in
molti Paesi, reclutare docenti di infermieristica e il pensionamento dei più anziani, lascerà
molti corsi senza docenti. Anche l’età media dei
discenti è in aumento: gli studenti frequentano i corsi più tardi rispetto alle altre professioni, alcuni sono studenti lavoratori ed altri conseguono il secondo titolo.
Calo delle iscrizioni
Dal 1995 negli Stati Uniti le iscrizioni ai corsi
di laurea sono diminuite del 21.1% e il numero di infermieri laureati è sceso del 26% dal 1995
al 2000. Anche se dal 2002 si è registrato un
aumento del 3.7% delle iscrizioni di maschi e
di minoranze etniche, questo incremento è assolutamente marginale. In Inghilterra e in Australia le iscrizioni sono aumentate ma un quinto degli iscritti non si diploma6. Altre possibilità di carriera allontanano le donne che preferiscono iniziare altre professioni7. Molte scuole stanno lavorando per aumentare l’interesse
verso la professione: purtroppo, molti di coloro che guidano i giovani nelle scelte professionali (ad esempio i consulenti scolastici), non
la consigliano8.
Mutamento delle condizioni lavorative
La pratica infermieristica è diventata molto
complessa negli ultimi anni: la popolazione sta
invecchiando, i pazienti hanno problemi complessi e molte patologie; gli ospedali si sono
orientati verso la cura dei pazienti acuti ed hanno tempi di degenza molto limitati9. L’orientamento verso la specializzazione sta determinando una diminuzione di infermieri generalisti. Ci sono molti infermieri specializzati ma
sempre meno che hanno interesse a sviluppare le cure globali. Vi è quindi il rischio che que-
G. Cengia, B. Micheloni, L. Tessari, O. Tosi: La carenza di infermieri e le strategie per affrontarla
sti fattori, fra gli altri, contribuiscano a diminuire la qualità dell’assistenza sanitaria. Gli infermieri sono molto insoddisfatti del loro lavoro: Aiken et al10, hanno evidenziato che più
del 40% si dichiara insoddisfatto. L’impossibilità di mantenere gli standard di cura attesi, l’aumento dei compiti di supervisione degli operatori di supporto a scapito di quelli di assistenza diretta, il mancato coinvolgimento nelle decisioni, l’aumentata richiesta di competenze burocratiche, sono fattori demotivanti. Il 50%
degli infermieri dichiara di essere meno soddisfatto del proprio lavoro; il 75% dichiara
inoltre che la qualità dell’assistenza infermieristica sta diminuendo. Anche la mancanza di
flessibilità dei turni è un fattore critico perché
determina incompatibilità tra vita sociale, familiare e lavoro.
Gli infermieri riportano anche difficoltà di relazione con gli utenti (per i tempi ridotti di presa incarico) e con i colleghi; una retribuzione
non rispondente alle aspettative e una particolare fatica a gestire i cambiamenti richiesti dalle organizzazioni a cui consegue stress, burnout, insoddisfazione10. L’80% degli infermieri
statunitensi non si sente sicuro sul luogo di lavoro sia dal punto di vista fisico (lombosciatal-
gie, infezioni,…) che psicologico (stress da superlavoro).
Immagine scadente dell’infermiere
Storicamente l’immagine stereotipata e negativa della professione infermieristica, come “ancilla” del medico, ha continuato a dominare la
percezione della società. Sebbene sia una professione tra le più richieste negli USA, gli infermieri sono spesso sottovalutati e vi è ancora molta incomprensione sulla loro reale attività. Questa confusione potrebbe derivare dal fatto che
negli USA esistono tre diversi livelli di preparazione professionale: quella dell’infermiere associato (2 anni), del diplomato (3 anni) e del laureato (4 anni) che, purtroppo non determinano
una reale differenziazione di ruolo e di compenso. Questa varietà di percorsi formativi porta molti docenti deputati all’orientamento dei giovani sul futuro lavorativo, a non considerare l’infermieristica come professione intellettuale. Oltretutto l’equiparazione dei percorsi formativi disincentiva l’iscrizione al percorso più lungo. Il
percorso di carriera previsto dalla professione
non offre grandi possibilità di progressione sia
in senso orizzontale che verticale, riducendo le
capacità attrattive della professione.
Tabella 1 - La carenza infermieristica e la dotazione di infermieri del SSN: alcuni numeri.
È stata quantificata in 40.000 unità ma, secondo i parametri OCSE 2002 che indicano uno standard minimo per un
Paese evoluto di 6,9 infermieri ogni mille abitanti, il numero salirebbe a 100.000. Secondo l’OCSE nel mondo, ci sono
in media 8,1 infermieri ogni 1.000 abitanti; in Italia solo 5,4 infermieri ogni 1.000 abitanti tanto che si colloca agli
ultimi posti della graduatoria del giugno 2004 e si avvicina solo a quella del Belgio5,6. Il primato di presenze va
all’Irlanda che, con i suoi 15,3 infermieri ogni 1.000 abitanti.
Gli infermieri iscritti all’albo sono 326 mila. Ogni anno vanno in pensione o abbandonano la professione circa
13.000 infermieri e se ne laureano poco meno di 6 mila. La capacità di attrazione della professione è ancora molto
limitata: secondo l’Ipasvi, solo l’84,4% dei posti necessari viene coperto dalle nuove immatricolazioni anche se con
l’istituzione della laurea specialistica e i master avvenuta negli ultimi due anni, si è verificata un’inversione di
tendenza: è aumentato il numero dei candidati che, nel 2004, sono stati oltre i 12.400 programmati. La situazione
italiana non è omogenea: sono di più i candidati nelle regioni meridionali rispetto a quelle del centro nord. Anche
per questo molti giovani si spostano dal meridione alle regioni settentrionali. Nel solo anno accademico 2002-2003,
almeno 10.000 giovani del Sud si sono trasferiti al Nord, dove un immatricolato su tre proviene da altre regioni.
Anche se le donne sono ancora in larga maggioranza (circa il 70% delle immatricolazioni), sono in aumento gli
iscritti maschi che attualmente rappresentano il 30% del totale. Il 27.1% degli iscritti ai corsi proviene dai licei
(classico o scientifico) e il 32.6% dagli istituti tecnici. Il ciclo di studi dura mediamente 3,3 anni, senza distinzioni tra
uomini e donne.
Rispetto al 2002, è aumentato il personale dipendente dal Servizio Sanitario Nazionale (Aziende Sanitarie Locali e
Aziende Ospedaliere): per l’anno 2003, i dipendenti sono stati 659.177, di cui 104.704 medici ed odontoiatri e
262.807 infermieri. L’anno precedente i dipendenti erano 656.188, di cui 102.798 medici ed odontoiatri mentre è
sostanzialmente stabile il numero degli infermieri. Continua dunque il trend di crescita che ha avuto inizio a partire dal
1999, quando i dipendenti del SSN erano 627.538, dopo il “calo” registrato dal 1997 al 1999.
Fonte: Federazione nazionale Collegi IPASVI. Rapporto sulla professione infermieristica. Roma 200511.
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Contributi
ed esperienze
Le strategie per affrontare la carenza
Considerando l’impatto che la prolungata carenza avrà sull’intero sistema sanitario, negli USA
si è tentato un coinvolgimento dei legislatori e
sono state attivate alcune soluzioni per contrastare la mancanza del 20% della forza lavoro
infermieristica prevista per il 2012. I punti cruciali di questa strategia comprendono:
• trattenere gli infermieri in attività;
• attuare politiche per l’inserimento di infermieri disoccupati o immigrati;
• attuare politiche di reclutamento;
• attivare l’educazione continua;
• migliorare l’immagine dell’infermieristica;
• rendere evidente/esplicita la carenza infermieristica.
Trattenere gli infermieri in attività
A causa dell’aumento dell’età media degli infermieri, i datori di lavoro dovrebbero dare particolare rilevanza agli aspetti ergonomici in
modo da ridurre infortuni e danni fisici12. Sarebbe altresì importante riconoscere il valore
dell’esperienza dei professionisti, considerandoli potenziali tutor, attuando politiche orientate ad avanzamenti di carriera ed alla formazione continua10. È importante che gli infermieri siano retribuiti secondo i diversi livelli di preparazione, responsabilità e competenze13. Si potrebbe prevedere una sorta di bonus per chi
decide di trattenersi a lungo nella propria unità
lavorativa, riducendo in questo modo la mobilità7. Va considerato, tuttavia, che le strategie
economiche hanno un impatto a breve termine se non si interviene anche sulle condizioni
di lavoro10.
Sarebbe importante prevedere servizi aziendali per le madri lavoratrici (ad esempio nidi), turni a lunga programmazione e stabili nel tempo (evitando continue modifiche) e un congruo
aumento di personale di supporto per affrontare i numerosi compiti7. In Inghilterra, ad
esempio, con la campagna “ritorno al lavoro”
realizzata dal 1999 al 2002 su coloro che avevano lasciato l’assistenza, sono rientrati 11.276
infermieri pensionati, con un part-time.
Attuare politiche per l’inserimento
di infermieri disoccupati o immigrati
Molti infermieri non fanno gli infermieri ma attività impiegatizie7. La reintegrazione di infer16
Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 1
mieri non occupati è una risorsa: arricchisce di
esperienza e competenza ma andrebbe gestita
con corsi di riaddestramento. Queste opportunità formative dovrebbero essere utilizzate anche per gli infermieri stranieri per i quali, tuttavia, andrebbero previste linee guida di reclutamento e di formazione, basate su principi chiari ed eticamente accettabili, che non costituiscano una soluzione a breve termine né creino deficit di professionisti nei Paesi di origine.
Tali programmi potrebbero essere interessanti
anche per attrarre persone che già lavorano nei
campi vicini all’assistenza (ad esempio assistenti sociali, fisioterapisti) come seconda carriera.
Attuare politiche di reclutamento
Il reclutamento deve includere molte strategie:
aprire la professione ai maschi ed agli stranieri. Ma deve anche preoccuparsi di attivare percorsi di studio flessibili, serali o durante i weekend; individuare programmi di qualità che includano percorsi a distanza per coinvolgere i
giovani delle zone meno raggiungibili.
Gli adolescenti dovrebbero essere informati
sui percorsi di lavoro nell’infermieristica quando stanno ancora decidendo quale sarà la carriera. L’Università del Maryland ha attivato nelle scuole superiori corsi di orientamento all’assistenza con discussioni, simulazioni ed internati, per offrire opportunità di avvicinamento
alla professione.
Un’altra strada è quella realizzata dagli Stati Uniti che offre concessioni governative alle università per facilitare la formazione superiore o
il baccalaureato in infermieristica (20.1 milioni
di dollari nel 2001 a 82 istituti), o sostegno economico anche agli studenti iscritti. Queste modalità, tuttavia, devono essere attivate con molta attenzione: il rischio è di reclutare persone
non idonee o solo in cerca di una occupazione stabile14. Reclutare studenti interessati, che
hanno il piacere di stare con gli altri o di aiutare gli altri costituisce la sfida principale.
Attivare l’educazione continua
Gli infermieri dovrebbero essere incoraggiati a
proseguire nella formazione con master o dottorati. Ad esempio, alcune sedi formative offrono percorsi agevolati per far conseguire ai
diplomati un baccalaureato15. La disponibilità
di Master, tuttavia, non è allettante se non ac-
G. Cengia, B. Micheloni, L. Tessari, O. Tosi: La carenza di infermieri e le strategie per affrontarla
compagnata da salari competitivi e percorsi di
carriera trasparenti5. Per aumentare la qualificazione dei docenti di infermieristica, sarebbe
importante anche sostenere il conseguimento
di dottorati.
Migliorare l’immagine della professione
A questo possono contribuire anche gli infermieri. È fondamentale, infatti, il modo in cui
gli infermieri raccontano il loro lavoro in famiglia, agli amici ed in generale agli altri, poiché
questo crea un’immagine autentica della professione. È importante rendere evidenti gli effetti dell’assistenza infermieristica sui pazienti
ed introdurre strategie di marketing per restituire un’immagine positiva. Una buona strategia è quella di chiedere a infermieri e studenti infermieri di parlare dell’assistenza nelle loro ex scuole, per divenire modelli e chiarire dubbi sulla professione16. Una coalizione di 32 or-
ganizzazioni infermieristiche ha sviluppato una
campagna per migliorare l’immagine della professione mostrando la vita reale degli infermieri: questo è lo sforzo che dovrebbero fare le
associazioni infermieristiche, inserendosi nei
programmi televisivi per bambini e adulti. L’immagine migliora anche se i Paesi riusciranno a
promuovere e differenziare i salari. La grande
sfida è di aumentare il rispetto per la professione a partire dagli stessi infermieri, agendo
sulla comunità ma anche sui legislatori.
Rendere evidente/esplicita
la carenza infermieristica
Gli infermieri dovrebbero documentare la carenza e proporre soluzioni percorribili; dovrebbero tenersi aggiornati sui temi della professione in modo da rendersi fautori del cambiamento. Anche gli infermieri devono giocare la loro parte.
Tabella 2 - Le strategie dell’OMS per affrontare la carenza di infermieri5.
Politiche di pianificazione e gestione dell’attività infermieristica
Elaborazione di norme sulla dotazione di personale in contesti sanitari particolari.
Elaborazione di direttive sulla ripartizione del personale sanitario e delle competenze.
Elaborazione di modelli per analizzare le cause della carenza di personale e della mobilità intra ed extra nazionale.
Creazione di sistemi e di indicatori uniformi per sorvegliare i livelli, la carenza e la mobilità del personale.
Elaborazione di strumenti per prevedere in forma anticipata la carenza e la mobilità del personale.
Raccolta, adattamento e diffusione delle migliori pratiche in materia di politica, valutazione e pianificazione delle risorse
umane.
Elaborazione di principi etici specifici per il reclutamento internazionale.
Creazione di strumenti di lavoro in collaborazione con le comunità, i politici e i responsabili della pianificazione
sanitaria in modo da renderli consapevoli della centralità dei servizi infermieristici ed ostetrici per raggiungere gli
obiettivi di salute.
Produzione di evidenze e loro diffusione ai politici sanitari, per illustrare il contributo delle cure infermieristiche
ed ostetriche.
Creazione o miglioramento di meccanismi per fare in modo che le competenze infermieristiche ed ostetriche siano
prese in considerazione nell’elaborazione delle politiche e dei programmi sanitari a tutti i livelli, anche presso l’OMS.
Rafforzamento del sostegno politico a favore dell’adozione di modelli efficaci di cure infermieristiche ed ostetriche.
Gestione del personale
Raccolta e diffusione di dati sull’impatto delle politiche sull’occupazione sulle prestazioni del personale e delle
organizzazioni sanitarie, in particolar modo per il personale infermieristico ed ostetrico.
Studio dell’impatto delle riforme e delle situazioni di emergenza, sui professionisti della sanità, ed in particolare sul
personale infermieristico ed ostetrico.
Creazione e miglioramento di una collaborazione a livello regionale, nazionale, regionale e internazionale per
elaborare, applicare e sorvegliare politiche sull’occupazione eque e che tengano conto della specificità di genere.
Miglioramento pratiche assistenziali
Ricerca, adattamento e diffusione di approcci innovativi per colmare il divario tra il sistema sanitario e i bisogni della
Comunità, in particolare per le cure a domicilio, cure palliative, promozione della salute, prevenzione della malattia,
riabilitazione e interventi di emergenza.
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Contributi
ed esperienze
Tabella 2 - segue
Elaborazione di un programma di ricerca per rafforzare i servizi infermieristici ed ostetrici.
Sviluppo di conoscenze in ambito infermieristico ed ostetrico in collaborazione con i partner, sulla relazione
costo/efficacia e sull’impatto su popolazioni con HIV/AIDS, salute degli adolescenti, gravidanza sicura, salute mentale,
tubercolosi e malaria.
Elaborazione di direttive sull’uso degli infermieri e delle ostetriche per migliorare i risultati dei piani sanitari in alcuni
settori prioritari.
Ricerca, adattamento e diffusione di modelli di valutazione dei servizi infermieristici ed ostetrici.
Elaborazione di norme relative alla pratica infermieristica ed ostetrica e facile accesso agli strumenti di valutazione.
Ricerca e promozione di modelli decisionali in grado di ottimizzare il contributo delle competenze infermieristiche ed
ostetriche.
Formazione personale sanitario infermieristico
Elaborazione e diffusione di modelli e di interventi per integrare le competenze essenziali ed aggiornare i programmi di
studio.
Elaborazione e diffusione di competenze essenziali per la pratica infermieristica ed ostetrica ai vari livelli di formazione.
Elaborazione di un quadro di competenze comuni che tenga conto della complementarietà delle cure infermieristiche
ed ostetriche e delle altre discipline.
Messa a punto e diffusione di approcci innovativi in tutti gli ambiti formativi, ottimizzando l’uso delle tecnologie.
Messa a punto e diffusione di modelli innovativi per la formazione continua degli infermieri e delle ostetriche, tra cui
programmi imperniati sulla qualità delle cure.
Sostegno all’elaborazione di metodi efficaci per rafforzare le capacità di direzione in ambito infermieristico ed ostetrico
ed agevolazione all’accesso a queste cariche.
Messa a punto e diffusione di strumenti per produrre e valutare norme per la formazione infermieristica ed ostetrica.
Sostegno allo sviluppo delle capacità d’insegnamento, privilegiando le metodologie che legano la teoria alla pratica e la
formazione ai servizi.
Sviluppo delle capacità istituzionali in ambito formativo tramite:
• gemellaggio di scuole per infermieri e di ostetriche;
• collaborazione Sud-Sud e Nord-Sud;
• sviluppo del corpo docenti.
Promozione della collaborazione a livello regionale, nazionale ed internazionale, per sostenere la creazione di reti e la
collaborazione tra discipline ed istituzioni.
Gestione e amministrazione generale
Strumenti sui diversi metodi di regolamentazione e di legislazione applicabili alle cure infermieristiche ed ostetriche (ad
esempio il ruolo degli infermieri in materia di prescrizione).
Classificare procedure fondate sulle evidenze e su una buona relazione costo/efficacia per creare o rafforzare
regolamenti in grado di sostenere l’elaborazione di meccanismi come la registrazione, l’autorizzazione ad esercitare ed
il rilascio di attestati ai professionisti della salute.
Strumenti e meccanismi per garantire che i servizi infermieristici ed ostetrici contribuiscano a influenzare le riforme legislative.
Strumenti e banche di dati che permettano di valutare l’importanza degli errori dei singoli operatori o delle istituzioni e
le loro ripercussioni per le cure sanitarie.
Interventi e meccanismi per la prevenzione degli errori degli operatori o delle istituzioni.
Favorire il contributo della professione agli accordi commerciali internazionali con impatto sulla legislazione e la
regolamentazione del personale sanitario.
Integrazione di modelli e di strumenti per la formazione degli infermieri e delle ostetriche nelle politiche, leggi e
regolamentazioni in materia di salute.
Ricerca di modelli e di strumenti per favorire la partecipazione degli infermieri e delle ostetriche all’elaborazione delle
leggi e regolamentazioni.
Elaborazione di direttive, o rafforzamento dei principi esistenti, per approvare i programmi di formazione di infermieri e
ostetriche e facilitarne l’attuazione.
Elaborazione o rafforzamento di principi per l’accreditamento di infermieri ed ostetriche e loro attuazione.
Produzione di modelli con un buon rapporto costo/efficacia per migliorare la qualità dell’assistenza infermieristica ed
ostetrica.
Elaborazione di disegni di legge destinati a proteggere gli operatori sanitari che denunciano errori e malpratica.
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G. Cengia, B. Micheloni, L. Tessari, O. Tosi: La carenza di infermieri e le strategie per affrontarla
Dibattito critico
In questa sede, verranno aperti solo alcuni nodi critici:
• Affrontare la carenza con gli Operatori Socio sanitari. La recente introduzione della figura dell’Operatore Socio Sanitario anche con
formazione complementare è occasione di
grande dibattito. Molto dipenderà da come
vengono impegnate queste figure, quanti
operatori saranno utilizzati, quanti ne saranno formati dalle Regioni (solo a titolo di esempio, la regione Veneto prevede 3000 posti
per anno) ma, soprattutto, se la loro posizione viene pensata a sostituzione o ad integrazione degli infermieri. I 13.000 infermieri
che lasciano l’assistenza ogni anno saranno
sostituiti dai nuovi infermieri laureati (per la
Federazione Ipasvi il numero dei laureati è
passato dai 2.430 del ‘98 ai 6.700 del 2004)
o dagli Operatori Socio Sanitari? Come si modificheranno gli esiti assistenziali? Come si
modificherà la pratica infermieristica? In assenza di standard omogenei di riferimento,
esiste il rischio di una assistenza infermieristica e di supporto disomogenea tra regioni?
• Reclutamento degli infermieri stranieri. In Italia aumenta l’attenzione a questo problema.
Sono molti gli infermieri stranieri, infatti, che
lavorano nel pubblico e nel privato. Quali sono le strategie per rendere efficace il loro inserimento e ridurre le difficoltà legate alle barriere linguistiche e ad una preparazione professionale diversa da quella italiana?
• I turni di servizio rigidi contribuiscono a determinare la carenza. Con sistemi di gestione dei turni più flessibili forse verrebbero
meno alcune richieste di part time o di abbandono precoce della professione di chi desidera dedicare più tempo alla propria famiglia, di chi sta studiando. Esistono in Italia
esperienze che hanno sperimentato l’efficacia dei turni flessibili?
• Il nido aziendale. La professione è ancora
al femminile e le donne in età fertile rappresentano la maggioranza della forza lavoro.
Il problema dell’accudimento dei figli nei primi tre anni di vita e fino al passaggio nella
scuola dell’infanzia è rilevante. Questo comporta un maggior numero di assenze del personale, orienta a scelte di riduzione di orario o all’abbandono. La realizzazione di ni-
di aziendali potrebbe dare una buona risposta a questo problema. Quali sono gli effetti nelle aziende che hanno sperimentato
queste soluzioni?
• I modelli organizzativi costituiscono ancora un’importante causa di demotivazione, frustrazione ed abbandono. Quali sono gli effetti nelle molte realtà che hanno sperimentato innovazioni? E qual è la frazione di carenza determinata, invece, da cambiamenti
organizzativi gestiti male, senza condivisione, per razionalizzare processi o risorse senza la partecipazione degli infermieri?
• Rientro nella professione. Non emerge ancora in Italia una strategia di valorizzazione
e recupero degli infermieri che hanno lasciato l’assistenza. Qualora rientrino, non esistono sistemi di ricertificazione delle competenze o di retraining: spesso la loro percezione è di non essere all’altezza o di offrire
assistenza insicura. Quali azioni potremmo
attivare per facilitare1 coloro che hanno lasciato la professione (per accudire i propri
anziani, i figli) a rientrarvi?
Suggerimenti per approfondire
PAROLE
CHIAVE
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retention, nursing management, nursing turnover, nurses burn out, nurses mobility.
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