P ERMENEUTICA MAURILIO ORBECCHI L rezioni le colonie, ma ciò che sappiamo già conferma la nostra convinzione che siano, anche se forse non le più numerose, sicuramente, le più estese sulla terre»: così recitava il diario di Cook. E non è un caso che il suo pilota thaitiano, Tupaia, lo portò con infallibile precisione proprio in Nuova Zelanda, anche se non lì non aveva mai messo piede prima. Sono il Mediterraneo e l'Oceano Indiano a portarci finalmente in tempi archeologici e storici. Lì la navigazione era per lo più di «cabotaggio», seguendo la linea costiera, mentre il centro del mare era, nelle parole di Braudel, «vuoto come un deserto», mentre tra Africa e Arabia erano i monsoni il «motore» di tutto. Ma si tratta di realtà che impallidiscono di fronte alle gigante- sche spedizioni cinesi in Africa al comando dell’eunuco Zheng He, all’inizio del XV secolo, con una flotta di navi colossali, lunghe 130 metri e larghe 54, con 12 vele ed equipaggi di un migliaio di uomini. Eppure la reazione dell’imperatore cinese fu quella di richiamare la flotta e distruggerla con tutti i resoconti delle sue spedizioni, in quanto si trattava di «racconti ingannevoli di cose bizzarre». Il messaggio implicito di «Beyond the Blue Horizon» è che, se nel breve tempo di una vita abbiamo perso, grazie all' elettronica, le nostre capacità di sopravvivenza, ora non sappiamo nemmeno più come siamo arrivati al punto in cui ci troviamo, abbandonati al di là dell’orizzonte del mare. traduzione di Carla Reschia a filosofia non si risolve nella scienza, è un’attività diversa, ma mi sembra molto difficile fare una buona filosofia in contrasto con la scienza». Chi parla è Maurizio Ferraris, uno dei più influenti filosofi italiani, professore di filosofia teoretica all’Università di Torino e teorico del «New Realism», presentato nel saggio «Manifesto del nuovo realismo» (Laterza). Ferraris sottolinea come nell’antirealismo, che spesso si collega alla critica della scienza, si manifesti una contraddizione pratica. «Prendiamo Martin Heidegger. Tra le sue affermazioni più problematiche c’è l’espressione “La scienza non pensa”. La scienza sarebbe un’attività secondaria rispetto ad altre più fondamentali, come l’arte, la filosofia, la politica. Ma, se le cose stanno così, per quale motivo, quando è entrato in depressione, ha cercato l’aiuto di uno psichiatra, Medard Boss, e non di un pittore, di un filosofo, di un parlamentare?». Quello della malattia - prosegue Ferraris - è un esperimento cruciale: epistemologi anarchici che scrivono che il cardinale Bellarmino aveva più ragione di Galileo, filosofi ermeneutici che sostengono che la scienza non pensa, filosofi dionisiaci per i quali l’artista è superiore all’uomo di scienza, nel momento in cui si ammalano scelgono di farsi curare con quanto di meglio offrono scienza e tecnica. «Allora – ci si domanda – perché prima dicevate che la scienza non pensa e che l’illusione è il massimo bene? Come fate a vivere in questa doppia verità o doppia menzogna? Come ci può essere una discrepanza così forte tra quello che pensate e quello che fate?». “La filosofia prova a fare pace con le verità della ricerca” Il “Nuovo realismo” contro i vecchi stereotipi La medicina è una delle prove dei successi della scienza Maurizio Ferraris Filosofo RUOLO: È PROFESSORE DI FILOSOFIA TEORETICA ALL’UNIVERSITÀ DI TORINO E DIRETTORE DEL «LABONT» (LABORATORIO DI ONTOLOGIA) IL LIBRO: «MANIFESTO DEL NUOVO REALISMO» - LATERZA Questa discrepanza è un problema teorico e vale non solo per la critica della scienza, ma anche per l’antirealismo e per la critica della verità. «Anche il filosofo più radicalmente antirealista - aggiunge Ferraris - si comporta nella vita pratica come il resto del mondo, accettando l’idea che il suo let- to esista anche quando dorme. E lo stesso filosofo che sostiene che la verità è solo un effetto di potere è interessato a sapere a che ora parte il treno, se suo figlio ha fatto i compiti, se piove. Spesso i filosofi antirealisti obiettano che non mettono in discussione nessuna di queste verità ovvie e che il livello, in cui si sostiene che non ci sono fatti, solo interpretazioni, che la verità non esiste e che bisogna dire addio alla verità, è ben altro. Mi chiedo tuttavia quale sia questo livello. Per esempio, è il livello di chi afferma che la Shoah non c’è stata? Dovendo scegliere, è meglio negare la pioggia!». Difficile capire come si pos- sa passare buona parte del proprio tempo alla ricerca della verità e vivere in un mondo che è permeato di scienza, dicendo che la verità stessa è una truffa e la scienza non pensa. Talvolta si ha l’impressione di avere a che fare con la situazione descritta ne «La grande magia» da Eduardo De Filippo: il protagonista, Calogero, sostiene che la vita non è realtà che scorre, ma solo immagine e gioco. A un certo punto chiede al servitore di andare al mercato. E quello gli risponde, chiedendogli il denaro: «Signò, se le immagini dei venditori, al mercato, non vedono le immagini dei soldi, non si prestano al giuoco!». Lo scetticismo filosofico ha tante origini e molte declinazioni. Di certo, in Italia, ha pesato l’eredità del neoidealismo che ha combattuto quella che Ferraris chiama «l’alleanza tra scienza e filosofia» e l’ha sostituita con quella tra storia e filosofia. Per una nuova alleanza, però, è sufficiente, secondo il «Nuovo realismo», «conoscere e accettare le scoperte scientifiche, evitare posizioni contraddittorie fra teorie filosofiche e pratica personale e riconoscere che esistono ampi spazi di realtà, dalla politica all’arte, dove la scienza è marginale e la filosofia ha molto da dire». Dopo decenni di sterile postmodernismo, chi ama la scienza non può che accogliere con favore questo sviluppo filosofico.