ars inveniendi - Aracne editrice

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ARS INVENIENDI

Direttore
Fabrizio L
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Comitato scientifico
Louis B
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Giuseppe C
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Domenico C
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Antonello G
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Matthias K
Martin Luther Universität Halle Wittenberg
Edoardo M
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Rocco P
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
José Manuel S F
Universidad de Sevilla
ARS INVENIENDI
Questa collana del Dipartimento di Filosofia “Antonio Aliotta” dell’Ateneo Fridericiano nasce come “porta” aperta al dialogo interculturale
con studiosi vicini e lontani dalla grande tradizione napoletana e italiana. Lo scopo è di offrire un nuovo luogo di confronto senza pregiudizi
ma con una sola prerogativa, quella della serietà scientifica degli studi
praticati e proposti sui più aggiornati itinerari della filosofia e della storiografia, della filologia e della letteratura nell’età della globalizzazione
e in un’università che cambia.
Il pensiero di Hegel
nell’Età della globalizzazione
Atti del Congresso internazionale
Urbino, - giugno 
a cura di
Giacomo Rinaldi
Thamar Rossi Leidi
Contributi di
Stefania Achella
Giovanni Bonacina
Davide D’Alessandro
Klaus-Michael Kodalle
Domenico Losurdo
Alfredo Marini
Douglas Moggach
Wolfgang Neuser
Thomas Posch
Giacomo Rinaldi
Thamar Rossi Leidi
Luigi Ruggiu
Hans-Martin Sass
Helmut Schneider
Massimiliano Tomba
Dieter Wandschneider
Norbert Waszek
Richard D. Winfield
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
INDICE
INTRODUZIONE
GIACOMO RINALDI .......................................................................9
PARTE I
Logica, Metafisica e Filosofia della natura
GIACOMO RINALDI
VERITÀ ED ATTUALITÀ DELL’IDEALISMO ASSOLUTO ....... 51
DIETER WANDSCHNEIDER
IL PROBLEMA DELLA “FONDAZIONE ULTIMA” NELLA
PROSPETTIVA DELLA LOGICA DI HEGEL..............................75
LUIGI RUGGIU
LA LOGICA JENESE DI HEGEL E IL PROBLEMA DEL
TEMPO ........................................................................................101
WOLFGANG NEUSER
LA “HABILITATIONSSCHRIFT” (1801) E LE SUE
IMPLICAZIONI FILOSOFICHE ................................................163
5
6
Indice
PARTE II
Filosofia dello spirito
THAMAR ROSSI LEIDI
PENSIERO E NATURA. ARISTOTELE, HEGEL
(E AVERROÈ) ............................................................................. 183
RICHARD D. WINFIELD
I LIMITI DELL’INTERSOGGETTIVITÀ NELLA
FILOSOFIA HEGELIANA DELLO SPIRITO SOGGETTIVO .. 203
MASSIMILIANO TOMBA
MULTICULTURALITÀ E RICONOSCIMENTO.
RILEGGENDO LA RELAZIONE SERVO–PADRONE .............. 223
NORBERT WASZEK
HEGEL E IL MARE. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
NELLA FILOSOFIA POLITICA DI HEGEL .............................. 241
GIOVANNI BONACINA
SUL CONTRIBUTO DELLA FILOSOFIA HEGELIANA
DELLA STORIA A UNA DEFINIZIONE DEL CONCETTO
DI OCCIDENTE .......................................................................... 265
RICHARD D. WINFIELD
LA NORMATIVITÀ DELLA GLOBALIZZAZIONE ................. 281
HELMUT SCHNEIDER
L’IRONIA NELL’ESTETICA DI HEGEL................................... 301
STEFANIA ACHELLA
RELIGIONE CIVILE VS. RELIGIONE SPECULATIVA.
ATTUALITÀ DELLE RIFLESSIONI HEGELIANE SULLA
RELIGIONE ................................................................................ 311
Indice
7
PARTE III
Hegel e la filosofia contemporanea
KLAUS–MICHAEL KODALLE
RAGIONE INCLUSIVA E RAGIONE ESCLUSIVA. DUE
CONCETTI DI RAGIONE NELL’IDEALISMO TEDESCO
E NELLA SCUOLA HEGELIANA ..............................................333
DOUGLAS MOGGACH
ETICA E POLITICA NELLA SCUOLA HEGELIANA ...............351
DOMENICO LOSURDO
HEGEL, MARX E L’ONTOLOGIA DELL’ESSERE
SOCIALE .....................................................................................381
HANS–MARTIN SASS
UNA VISIONE HEGELIANA DELLA GLOBALIZZAZIONE
E DI INTERNET ..........................................................................401
THOMAS POSCH
LA FILOSOFIA HEGELIANA DELLA NATURA
NELL’INTERPRETAZIONE DI AUGUSTO VERA....................429
DAVIDE D’ALESSANDRO
HEGEL E LO STATO NELL’INTERPRETAZIONE DI
BERTRANDO SPAVENTA ..........................................................453
ALFREDO MARINI
LA DUPLICE DIALETTICA NEOPARMENIDEA
E LE IPOTESI DEL PARMENIDE. SINTESI IDEALISTA
(FICHTE, HEGEL). RIFORME ITALIANE
(CROCE, GENTILE) ....................................................................463
8
Indice
Nota sugli Autori .............................................................................. 515
Indice dei nomi ................................................................................. 519
Il pensiero di Hegel nell’Età della globalizzazione
ISBN 978-88-548-5140-5
DOI 10.4399/97888548514051
pp. 9-47 (ottobre 2012)
INTRODUZIONE
Ai primi di giugno del 2010 ventun relatori e numerosi ascoltatori
interessati si incontrarono nelle aule dell’Università di Urbino per presentare e discutere insieme i risultati delle loro ricerche concernenti
tutti i fondamentali aspetti del pensiero di Hegel, prestando particolare
attenzione al problema della sua attualità teoretica ed etico–politica
nella nostra epoca storica, che viene generalmente, e correttamente,
definita come l’Età della globalizzazione. L’inesauribile ricchezza delle problematiche filosofiche organicamente connesse nell’unità sistematica del pensiero del massimo esponente della filosofia occidentale,
da un lato, e l’eterogenea estrazione e aderenza filosofica degli studiosi intervenuti, spaziante su un’ampia gamma di posizioni del pensiero
quali l’idealismo speculativo, l’idealismo oggettivo, l’esistenzialismo
fenomenologico, il marxismo e la filosofia sistematica antifondazionalista, dall’altro, avrebbero lasciato verosimilmente presumere che nessun risultato rilevante ed unitario sarebbe potuto emergere dal loro
confronto ed interazione. Così, fortunatamente, non è stato; e perciò il
presente volume, che raccoglie, in forma spesso notevolmente ampliata e rielaborata, la gran maggioranza delle relazioni tenute durante il
Congresso, non offre al lettore — a differenza di quanto solitamente
avviene nel caso della pubblicazione degli Atti di un convegno — una
mera silloge di divergenti opinioni circa le tematiche trattate, bensì
una prospettiva storico–critica e teoretica in larga misura convergente,
anche se certamente non immediatamente desumibile dalle formula-
9
10
Giacomo Rinaldi
zioni letterali dei testi che seguono. Del che nessun conoscitore del
pensiero di Hegel, ovviamente, dovrebbe sorprendersi. Una delle lezioni gnoseologiche più importanti ch’egli ci ha impartito, infatti, è
che alla radice della sterminata varietà dei processi reali o riflessivi (in
definitiva coincidenti) della natura e della storia sta sì una più profonda, nel contempo originaria e finale Unità, ma che tale Unità non è un
fatto positivo, un dato esteriormente percepibile ed accertabile, bensì
sempre e di necessità il risultato di una “fatica del pensiero”, che può
conseguire il proprio obiettivo solo ubbidendo incondizionatamente
alla propria logica immanente, che è la necessità della “Cosa stessa”, e
costruendo così la sostanza del suo oggetto mediante la negazione critica della sua immediata datità. Al compimento di tale fatica è dedicata la presente Introduzione, che mediante la sommaria presentazione e
discussione dei testi, in cui il presente volume si articola, intende mettere in rilievo le fondamentali acquisizioni teoretiche e storiografiche
circa il carattere del pensiero hegeliano e le ragioni della sua persistente attualità nella nostra età storica, che da essi con concorde evidenza
emergono.
I.
La Parte I di questo volume, “Logica, Metafisica e Filosofia della
natura”, si apre, in ragione del suo carattere generale e programmatico,
col nostro saggio “Verità ed attualità dell’Idealismo assoluto”. Prendendo decisamente le distanze dall’odierno relativismo ermeneutico,
che nega addirittura in linea di principio la possibilità di elaborare una
adeguata interpretazione dell’“intima essenza”, del “vero spirito” di
una dottrina filosofica storicamente data, esso si propone, anzitutto, di
esplicare gli assunti fondamentali di una siffatta interpretazione del
pensiero di Hegel. Essi si possono sommariamente riassumere nelle
tesi: (a) che esso ha carattere essenzialmente metafisico; (b) che la metafisica da esso originalmente elaborata si distingue essenzialmente da
quella antica e medievale, perché è una metafisica del pensiero infinito
(Vernunft) e non già del pensiero finito (intellectus, ratio), che avanza
cioè la pretesa di elaborare una conoscenza non già meramente analogica ed estrinseca, bensì univoca ed immanente dell’Assoluto; (c) che,
Introduzione
11
a differenza delle maggiori metafisiche dell’Età moderna (quelle di
Spinoza, Schelling e Bradley), esso formula una determinazione
dell’essenza dell’Assoluto in termini non già di statica sostanza, indifferenza o natura, bensì di dinamica soggettività, attività (processo) e
spirito; e (d) che la rivendicazione della realtà assoluta della soggettività in quanto attività e spirito è la peculiare acquisizione filosofica
dell’Idealismo moderno. La filosofia hegeliana è dunque adeguatamente definibile nei termini di una metafisica idealistica dell’Assoluto.
Questo cruciale risultato storiografico ci consente di negare la plausibilità di oggi purtroppo assai diffuse pseudointerpretazioni o pretese
“attualizzazioni” di Hegel quale presunto pensatore “empirista e antimetafisico”, “storicista”, “ermeneutico” o addirittura “relativista” e
“materialista”1. Il saggio prosegue mostrando come il consistente orientamento idealistico del pensiero di Hegel non possa evitare di entrare in conflitto con l’opposta prospettiva ontologica del materialismo
(filosofico e scientifico), ch’egli in effetti critica in profondità, sviluppando a tale proposito un complesso di argomentazioni della più alta
rilevanza e profondità filosofica, che la Hegelforschung contemporanea ha avuto certamente il torto di non porre nel debito rilievo, e che
vengono invece qui esposte ed analizzate in dettaglio. In effetti,
l’evidente abisso gnoseologico e metafisico tra materialismo e idealismo assoluto, che viene in tal modo a delinearsi, costituisce di per sé
un argomento di non trascurabile rilevanza per sostenere l’attualità
storica del pensiero di Hegel nell’Età della globalizzazione. Quest’ultima sorge dalla crisi, politico–reale ed insieme culturale e ideologica,
1
Siamo lieti di aver potuto recentemente constatare, grazie alla lettura di un illuminante saggio di Klaus Düsing, la piena concordanza tra questa nostra definizione dell’essenza del pensiero hegeliano, e la caratterizzazione del medesimo da lui
formulata sulla base della sua originale tipologia delle possibili posizioni del pensiero nei confronti dell’oggettività, come (a) una “metafisica del processo”, e non già
della sostanza; (b) una “metafisica idealistica della costituzione”, in opposizione alla
tradizionale “metafisica realistica della datità”, ed infine (c) come un’“ontologia dialettica”, in opposizione alla kantiana e husserliana “ontologia logico–predicativa”
(urteilslogische Ontologie). Cfr. K. DÜSING, “Ontologische Bestimmungen als Prädikate des Absoluten? Zum Verhältnis von Ontologie und Theologie bei Hegel”, in
AA.VV., Die Logik des Transzendentalen. Festschrift für Jan A. Aertsen zum 65.
Geburtstag, a cura di M. Pickavé, Walter & Gruiter, Berlin–New York 2001, pp.
676–691, qui 682, n. 16.
12
Giacomo Rinaldi
del socialismo reale e delle utopie comuniste, che avevano invece dominato la vita e la mente degli uomini nel XX secolo. L’autocoscienza
filosofica dell’Età della globalizzazione presuppone, quindi, quale
propria imprescindibile condizione di possibilità, la confutazione della
pretesa del materialismo storico e dialettico alla validità obiettiva,
“scientifica” — confutazione che viene fornita, nella maniera più brillante e convincente, proprio e solo dall’idealismo assoluto nella misura in cui gli argomenti che Hegel avanza contro il materialismo tradizionale valgono senza eccezione né restrizioni anche per la concezione
della materia sostenuta da Marx, Engels e Lenin.
Il saggio di Dieter Wandschneider “Il problema della fondazione
ultima nella logica di Hegel” mette giustamente in rilievo l’intima interdipendenza tra la problematica della metafisica hegeliana dell’Assoluto e l’esigenza logica della “fondazione ultima” (Letztbegründung) del sapere. Il pensiero metafisico si propone infatti di esplicare
il fondamento razionale della coscienza empirica, cioè l’idea dell’Assoluto, che non può per principio né essere né essere conosciuto mediante una determinazione concettuale altra da se stesso, che si distingua cioè da esso e lo preceda, giacché in tal caso sarebbe ad essa relativo; la fondazione del sapere resa possibile dalla metafisica dell’Assoluto, dunque, sarà di necessità una “fondazione ultima”. Wandschneider rivendica a ragione la superiorità teoretica della soluzione
formulata dalla Logica speculativa di Hegel rispetto a quella proposta
dalla “pragmatica trascendentale” di K.–O. Apel, H. Albert, ecc. Essa
consiste nella deduzione a priori delle determinazioni logiche più
concrete e coerenti dalla “struttura antinomica” necessariamente caratterizzante i concetti più astratti ed elementari. Il cominciamento assoluto dell’intero sviluppo immanente del pensiero logico sarà perciò il
concetto più vuoto e indeterminato, l’idea dell’Essere; la sua conclusione, invece, la deduzione del concetto più concreto, quello dell’Idea
assoluta, che contiene in sé la soluzione di tutte le contraddizioni esplicate nei concetti precedenti, costituendo così l’unico possibile fondamento ultimo del sapere. La verità e necessità di tale fondamento
consiste dunque esclusivamente nell’intima coerenza delle determinazioni di pensiero, e perciò egli opportunamente polemizza contro quelle pseudointerpretazioni della filosofia hegeliana, come ad es. quella
Introduzione
13
pragmatistica di Brandom2, che ricercano invece nel dato esterno
dell’intuizione sensibile l’origine e la garanzia ultima della verità
dell’inferenza logica. Ma l’identificazione della verità del pensiero con
la pura coerenza logica, e dunque identità, delle sue determinazioni
immanenti non sta alla base anche dei tradizionali principi logico–
formali di non contraddizione e del terzo escluso? Egli non esita a rispondere affermativamente a questa domanda, e perciò attribuisce esplicitamente loro un ruolo decisivo nella fondazione ultima del sapere perseguita dalla “logica fondamentale”. Ma non è altresì innegabile
che ogni “concreto” concetto speculativo, nella misura in cui riconcilia la struttura antinomica esplicata nei concetti più astratti, integra ed
unifica eo ipso in sé proprio quelle determinazioni opposte, e in
definitiva contraddittorie, che il principio di non contraddizione esclude invece l’una dall’altra, costituendosi così, rispetto ai suoi opposti momenti astratti, come quel tertium che il principio del terzo escluso dichiara essere impossibile? A questa obiezione, già da noi a suo
tempo rivolta a Wandschneider3, egli replica ora che è necessario distinguere tra le “contraddizioni ordinarie”, per le quali valgono incondizionatamente i principi di non contraddizione e del terzo escluso, e
le “contraddizioni dialettiche”, per le quali esse invece non valgono,
perché nel “concetto sintetico”, in cui esse vengono riconciliate, i termini contraddittori si dispongono su un “livello differente” rispetto a
quello delle contraddizioni ordinarie. Questa soluzione appare certamente plausibile, ma nella prospettiva della logica fondamentale di
Wandschneider dà palesemente luogo ad un’ulteriore difficoltà. Se il
concetto sintetico, in cui i contraddittori vengono unificati, si dispone
su un livello differente da quello in cui essi si escludono, la loro iden2
Cfr. D. WANDSCHNEIDER, “Robert B. Brandoms pragmatistische Hegel–
Adaption”, in AA.VV., Naturwissenschaft und Methode in Hegels Naturphilosophie,
a cura di W. Neuser, Königshausen & Neumann, Würzburg 2009, pp. 177–193; e
G. RINALDI, Absoluter Idealismus und zeitgenössische Philosophie. Bedeutung und
Aktualität von Hegels Denken, Peter Lang Verlag, Frankfurt a. M. e altrove 2012,
“Einleitung”, pp. 9–10.
3
Cfr. ID., “Über das Verhältnis der dialektischen Methode zu den Naturwissenschaften in Hegels absolutem Idealismus”, in AA.VV., Naturwissenschaft und Methode in Hegels Naturphilosophie, cit., p. 52, n. 33; ristampato in ID., Absoluter Idealismus und zeitgenössische Philosophie, cit., pp. 118–119, n. 36.
14
Giacomo Rinaldi
tità con sé nel caso delle contraddizioni ordinarie viene inevitabilmente ad avere carattere meramente analitico, è cioè solo la vuota identità
dei concetti di genere, che esclude da sé ciò da cui differisce. Kant
sembra aver chiaramente compreso questo stato di cose quando distingue4 il principio di non contraddizione, quale fondamento ultimo
dei giudizi analitici (come tali gnoseologicamente irrilevanti), dal
principio dell’unità sintetica originaria dell’appercezione, quale fondamento ultimo dei giudizi sintetici a priori (i soli gnoseologicamente
rilevanti). Dovremo, dunque, concludere che i principi di non contraddizione e del terzo escluso formulano sì una condizione necessaria
della validità oggettiva del pensiero, che tuttavia non è una condizione
sufficiente (perché non sono in grado di fondare la conoscenza sintetica a priori) e neppure fondamentale (perché nella costruzione del sapere i giudizi analitici svolgono solo un ruolo marginale, in definitiva
meramente espositivo o didattico). Come si può, dunque, ciò nondimeno identificare in essi il principio ultimo della logica fondamentale,
cioè della Logica speculativa o della metafisica dell’Assoluto? Si deve, tuttavia, riconoscere a Wandschneider che la sua enfasi sui principi
di non contraddizione e del terzo escluso, per quanto inopportuna in
rapporto al problema della fondazione ultima del sapere, vale certamente, in sede storico–critica, contro quelle prospettive filosofiche
contemporanee, quali l’ontologia realistica di N. Hartmann5 o la Teoria critica della società di Adorno6, che tengono fermo alla realtà e verità dell’“aporia” o della contraddizione irrisolta e insolubile, minando
così alla radice non solo il fondamento ultimo del sapere speculativo,
bensì pure le più elementari condizioni di possibilità del pensiero discorsivo e della coscienza empirica.
Alla consueta obiezione, che l’empirismo scettico o “fallibilismo”,
dominante in influenti tendenze dell’epistemologia contemporanea, e
4
Cfr. I. KANT, Critica della ragion pura, trad. it. di G. Gentile, Laterza, Bari
19659, pp. 176–181.
5
Cfr. G. RINALDI, Autonomous and Heteronomous Reason in Contemporary
Systematic Philosophy, in «Magazzino di filosofia», in preparazione. È il testo di una
conferenza da noi tenuta il 29 aprile 2011 presso il Dipartimento di filosofia della
University of Georgia (USA).
6
Cfr. ID., Dialettica, arte e società. Saggio su Theodor W. Adorno, QuattroVenti, Urbino 1994, Parte I, cap. 2, pp. 37–57, e Parte II, cap. 1, pp. 151–166.
Introduzione
15
non solo in esse, rivolge contro ogni tentativo di fondazione ultima del
sapere, e cioè che essa è resa impossibile dalla necessaria presenza
dell’errore nel pensiero umano, egli replica che vero e falso sono concetti differenti; che il primo può essere perciò pensato in maniera consistente prima e indipendentemente dal secondo; che l’esistenza
dell’errore, di conseguenza, è solo un fatto contingente, che non può
come tale inficiare la possibilità di principio della conoscenza della
verità, e quindi anche la fondazione ultima del sapere. La possibilità di
quest’ultima, tuttavia, non implica per lui eo ipso la sua realtà. La
stessa Logica hegeliana, infatti, per quanto costituisca il tentativo storico più riuscito di fondazione ultima del sapere, non sarebbe pienamente soddisfacente. A tal proposito egli cita la stessa ammissione di
Hegel, nella Prefazione alla seconda edizione del suo capolavoro7, che
essa, per essere adeguata al suo concetto, dovrebbe essere riscritta almeno 77, e non già solo 7 volte, come Platone sosteneva a proposito
della Repubblica, e quale suo limite fondamentale indica, citando Vittorio Hösle, l’assenza in essa di un adeguato sviluppo della categoria
logico–metafisica dell’Intersoggettività.
A queste obiezioni di Wandschneider si può replicare che esse si
basano su una serie di presupposti metafisici che il pensiero speculativo di Hegel, in realtà, aveva già saputo brillantemente criticare e superare: cioè l’opposizione esclusiva tra verità ed errore, la differenza insuperabile tra possibilità e realtà e la realtà positiva di una pluralità irrelata di soggetti (o sostanze) finite. Com’egli afferma in un celebre
luogo della Fenomenologia dello spirito8, il concetto del falso non è
semplicemente l’“altro” di quello del vero, bensì si riferisce essenzialmente ad esso come ad un suo momento inattuale sì, ma anche in
esso necessariamente contenuto. L’errore dell’odierno fallibilismo non
è perciò quello di affermare la necessità dell’errore, bensì la sua attualità (realtà positiva), laddove esso è in realtà solo il contenuto negativo
ed astratto dell’autoctisi del concreto pensiero in atto, che come tale è
eo ipso vero. Se esistesse veramente l’opposizione esclusiva tra vero e
7
Cfr. G.W.F. HEGEL, Wissenschaft der Logik, in ID., Werke in 20 Bänden (= W),
a cura di E. Moldenhauer e K.M. Michel, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1969–1971,
vol. I (= W5), p. 33.
8
Cfr. ID., Phänomenologie des Geistes (= W3), pp. 40–41.
16
Giacomo Rinaldi
falso sostenuta da Wandschneider, l’idea stessa di una Fenomenologia
dello spirito come scienza del sapere apparente o appunto del falso sarebbe per principio chiaramente impossibile. Quanto, poi, alla differenza tra possibilità e realtà, possiamo qui limitarci ad osservare che il
risultato della dialettica delle categorie modali esplicate da Hegel nella
terza sezione della “Dottrina dell’essenza” è la loro finale identificazione nella determinazione di pensiero della Necessità assoluta:
l’unica vera possibilità è quella che per intrinseca necessità si realizza9, e perciò anche il progetto teoretico della logica fondamentale non
può rimanere in eterno un mero “ideale” o Sollen privo di realtà (storica). L’assenza della “categoria” dell’Intersoggettività nella Scienza
della Logica, infine, non ne costituisce sicuramente un limite, per il
semplice fatto che essa, a rigore, non è una categoria (logica), cioè una
“determinazione del pensiero” (Denkbestimmung) puro, bensì una
“determinazione concettuale” (Begriffsbestimmung) dello spirito
finito, che come tale contiene in sé una residua materia sensibile, consistente nella posizione immediata di una pluralità di soggetti individuali nello spazio e nel tempo, e perciò finiti, e delle loro relazioni esterne (e perciò, in definitiva, impossibili ed impensabili). L’intersoggettività, cioè l’essere sociale dell’uomo, di conseguenza — come
emerge chiaramente dalle analisi hegeliane dell’“autocoscienza riconoscitiva” nella Fenomenologia dello spirito e nell’Enciclopedia, e
come noi abbiamo cercato di mostrare nella nostra Teoria etica10 — è
solo una forma a priori del mondo sensibile, resa sì necessaria
dall’oggettivazione del volere in esso, ma che nel processo dello spirito viene gradualmente “tolta” in una “unità superiore”, quella
dell’Idea o Spirito assoluto, che non è in alcun modo configurabile in
termini di intersoggettività.
9
Cfr. ID., Wissenschaft der Logik, vol. II (= W6), pp. 200–212; ID., Enzyklopädie
der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse (1830), vol. I (= W8), § 143 e
Zusatz.
10
Cfr. W3, pp. 145–155; Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im
Grundrisse (1830), vol. III (= W10), §§ 430–437; G. RINALDI, Teoria etica, Edizioni
Goliardiche, Trieste 2004, Parte II, cap. 3, pp. 287–310; e ID., Absoluter Idealismus
und zeitgenössische Philosophie, cit., “Einleitung”, pp. 11–12, n. 41, dove sono citate, tra l’altro, alcune Nachschriften hegeliane, da cui emerge con chiarezza il vero
senso della concezione hegeliana dell’autocoscienza riconoscitiva.
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