DIALOGO ED ECUMENISMO I GIORNI DELLA PREGHIERA P ensiamo che gio vi ripetere, per c orrettezza, che quando nella Chiesa si parla di dialogo, s’intende il suo rapportarsi con tutte le altre religioni non cristiane con le quali essa non cessa di «dialogare», di ascoltare, di confrontarsi, come insegna la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate: «La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è “via, verità e vita” (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose. Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testi- Paul Gauguin: Il Cristo giallo, olio su t ela (1889), Albright-Knox Art Gallery, Buffalo monianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, con- (USA). È una tela di intenso valore mistico. La scena è ambientata in un paesaggio campestre con le messi e gli alberi, r ossi come il sangue; ai piedi del Cr ocifisso tre servino e facciano progredire i valori spirituali, morali e donne, nei tradizionali costumi bretoni, al posto di Maria, Giovanni e Maria di Magdala, per dire che il Cristo è contemporaneo di ognuno. socio-culturali che si trovano in essi» (cf NA 2). Stilisticamente l’opera deve molto al «cloissonisme», ovvero ad uno stile che, prenPer ecumenismo, invece, s’intende la ricerca dell’unità dendo ispirazione dalle vetrate gotiche, tende a delimitare le figure con spessi trattra le Chiese cristiane, tremendamente oggi divise e fram- ti neri, quali le piombature che circondano le figure delle vetrate, e a campirle con colori uniformi e saturi. mentate. L’unità delle Chiese, insegna il C oncilio, è questione di conversione, è dono di Dio da invocare sempre (cf il Decreto conciliare «Unitatis redintegratio», nn 4.7-8). Molto si è lavorato per l’unità in questi ultimi decenni, perché è volontà di Gesù che la sua Chies a sia una e unita, che tutti i suoi discepoli siano uno come lui e il Padre sono Uno; così Egli ha pregato la sera in cui veniva tradito (cf Gv 17,1-26). Ogni anno la Settimana di preghiera, dal 18 al 25 gennaio, torna a richiamarci all’impegno e alla preghiera, sebbene ogni giorno la Chiesa preghi per l’unità dei credenti in Gesù. La liturgia della Chiesa è il luogo ove più si manifesta come ferita la divisione: i fratelli non possono offrire l’Eucaristia insieme e ciò fa piangere. L’unità è dono da implorare, è urgenza di conversione: la divisione è peccato. Per questo noi ci occupiamo spesso della questione ecumenica, perché la liturgia lo richiede e, proprio a partire da essa, può essere sanata tale ferita, per la grazia di Dio che opera nei sacramenti e guarisce le menti e i cuori. LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA | GENNAIO 2014 35 DIALOGO 16 gennaio 2014 25a GIORNATA PER L’APPROFONDIMENTO E LO SVILUPPO DEL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI L’«Ottava Parola»: Non rubare mi discepoli. Non tutti hanno rifiutato Gesù e i primi credenti in lui formarono la Chiesa Madre di Gerusalemme. Conoscersi, parlarsi, rispettarsi, risanare anche un passato e guarire i ricordi che sono soff erenza per gli uni e per gli altri; adoperarsi per migliorare la condizione dell’uomo sulla terra lavorando insieme per il rispet to del creato e dei dirit ti fondamentali di ogni donna e uomo, di qualunque la titudine e longitudine, lingua e nazione; pr egare, questo possiamo f are con i fratelli ebrei, senza conflitti. Sapienti guide, sia ebraiche che cristiane, come papa Francesco e molti altri, a questo invitano tutti i figli della Chiesa cattolica. In questo gennaio 2014, il giorno 17 cade di v enerdì; al tramonto del sole, come in ogni vigilia del Sabato, le famiglie e comunità ebraiche celebrano il rito dell’accoglienza di questo giorno benedetto e santo, perciò non potrebbero partecipare ad eventuali incontri comuni con i cristiani. Insieme, allor a, è stato stabilito che la Giorna ta di conoscenza e dialog o abbia luogo giovedì 16 gennaio. Il tema di quest’anno è l’«Ottava Parola», il comando del Signore: Non rubare. Mosè riceve la Tavole con le dieci Parole. Marc Chagall, olio su tela, Museo della Bibbia (Nizza). I n Italia e in alcune altre Chiese in Europa, da quaalche decennio, il giorno che precede l’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, è dedicato alla conoscenza e all’approfondimento del dialogo con la religione ebraica. La Chiesa cattolica infatti, scrutando il suo mistero, scopre il suo particolare legame con la religione di Israele. Non può che essere così; vivere questa realtà è indispensabile per lei che ha tut te le sue radici nell’antico popolo di Dio e nelle sue Scritture. A quel popolo, direbbe san Paolo, appartengono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il cult o, le promesse; a loro appartengono i pa triarchi e da lor o proviene Cristo secondo la carne (cf Rm 9,4). Gesù, Messia di Israele e delle Nazioni, secondo la nostra fede, è ebreo e lo è per sempre. Ebrea è Maria, Giuseppe suo sposo, Pietro ed anche Paolo, gli altri apostoli e i pri36 «Q uesto dialogo fraterno ha, in ultima analisi, lo scopo di inc oraggiare la c ollaborazione tra ebrei e cattolici per la giustizia e per la pace, rafforzare l’impegno per la tutela del creato e, sulla base di una crescente amicizia, approfondire la c onoscenza e la stima r eciproche, affinché sia possibile rendere una testimonianza comune della presenza e dell’opera salvifica di Dio in questo mondo. Se è vero che la crisi maggior e del nostro tempo è la crisi di Dio, o vvero l’oblio di Dio e l’ estromissione di Dio dall’esistenza quotidiana, allora ebrei e cristiani sono chiamati soprattutto oggi a rendere sempre presente questo Dio, in tutte le circostanze, a parlare di lui e ad annunciare i suoi insegnamenti a f avore di una pacifica e gioiosa convivenza di tutti gli uomini». Norbert J. Hofmann SDB Segretario della pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo GENNAIO 2014 | LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA DIALOGO NOSTRA AETATE Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Bisognerebbe rileggere tutta la piccola e grandiosa Dichiarazione conciliare sulle religioni non cristiane di cui il 28 ottobre 2015 ricorderemo i 50 anni dalla promulgazione. Qui proponiamo il solo n 4 che riguarda la religione ebraica e che ha segnato una svolta nei rapporti della Chiesa cattolica con il popolo della fede di Abramo. «S crutando il mist ero della Chies a, il s acro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuo vo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell’esodo del popolo elet to dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono sta ti innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: “ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne” (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e c olonne della Chies a, e c osì quei moltissimi primi disc epoli che hanno annuncia to al mondo il Vangelo di Cristo. Come attesta la s acra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è sta ta visitata; gli ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. T uttavia secondo l’Apostolo, gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui v ocazione sono senza penti- LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA | GENNAIO 2014 mento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio c onosce, in cui tut ti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e “lo serviranno sotto uno stesso giogo” (Sof 3,9). Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebr ei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo. E se è v ero che la Chies a è il nuo vo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino per tanto tutti che nella ca techesi e nella predicazione della Parola di Dio non si insegni alcunché che non sia c onforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo. La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia» (Nostra Aetate, 4). 37 DIALOGO L’«OTTAVA PAROLA»: NON RUBARE C itando una deduzione degli antichi maestri, Rashi spiega che questo comandamento si riferisce al rapimento a scopo di estorsione più che al semplice furto. Il divieto di appropriarsi illecitamente dei beni altrui si trova anche in Levitico 19,11. Nella Mekhilta (commenti al libro dell’Esodo), l’ottavo Comandamento viene paragonato al terzo, poiché i ladri e i truffatori sono disposti a pronunciare giuramenti falsi. Inoltre, poiché tutte le cose appartengono al Creatore, il furto rappresenta una profanazione del nome divino e quindi una bestemmia. Secondo lo Shulchan Arukh (la più autorevole codificazione di leggi dell’ebraismo), è proibito anche acquistare beni che sono stati rubati. Nel Talmud viene condannata ogni forma di disonestà, e andando sempre oltre il senso letterale, il comandamento è applicato anche a coloro che rubano le opinioni e le idee altrui o che cercano di ottenere approvazione e favori con l’inganno. LUCHOT HABRIT S ono le Tavole della Legg e, fatte di pietra tagliata a forma cubica, che Mosè por tò dal mont e Sinai. Vi erano incisi col fuoco i Dieci Comandamenti. Nelle Luchot si manifestavano vari miracoli: da qualunque lato si leggessero, la scrittura risultava chiara e comprensibile benché le par ole fossero incise in modo tale da perforare le tavole per tutta la loro lunghezza; gli elementi c entrali delle lettere quadrate rimanevano sospesi, senza mai spostarsi o cader e. Inoltre, malgrado il loro peso fosse enorme, Mosé (il 6 Sivan del 2448 1260 a. e. v. circa) poté trasportarle senza alcuna difficoltà. (Insegnamenti rabbinici) LE DIECI PAROLE SECONDO LA SUDDIVISIONE EBRAICA (Esodo 20,1-17) 1. Io sono il Signore Dio tuo, che ti trasse dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitù. 2. Non avrai altri dei all’infuori di Me. 3. Non pronunziare il nome di Dio invano. 4. Ricordati del Sabato per santificarlo. 5. Onora tuo padre e tua madre, affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra. 6. Non uccidere. 7. Non commettere adulterio. 8. Non rubare. 9. Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. 10. Non desiderare alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. «Chi riesce a vivere secondo i Dieci Comandamenti ha trovato la via diritta che lo innalza verso Dio e gli farà meritare il mondo a venire». (Da un insegnamento ebraico) 38 Per esprimere la lor o gratitudine nei c onfronti di Hashem che ha donato la sua legg e, gli ebrei pronunciano quotidianamente preghiere come questa: «Baruch atah Hashem Elohenu Melech haOlam asher bachar micol 'aamim venatan lanu et torato'. Baruch atah Hashem noten haTorah». «Benedetto sei tu, Hashem (= il Nome) nostro Dio Re del mondo, che ci hai eletti tra tutti i popoli e ci hai dato la tua Torah. Benedetto Hashem che doni la Torah». In questo modo, il dono dei Dieci C omandamenti e di tutti i precetti della Torah appare come un evento attuale che si rinnova continuamente. GENNAIO 2014 | LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA