Manifesto per un Patto di Solidarieta` Intergenerazionale

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IL MANIFESTO DI
Un patto di solidarietà intergenerazionale
1. Il rapporto tra le generazioni è la principale forma tramite cui le società si rinnovano, ed è anche
il legame sociale basilare che, a partire dalla nascita biologica, dà occasione all’adulto di esercitare
la propria potenzialità generativa e creatrice, ma anche, al contrario, ne mette in luce la potenzialità
de-generativa e (auto)distruttrice. Insieme con la circolazione delle idee e delle persone – che sta
gradualmente costruendo un’inedita società civile globalizzata –, l’arrivo nel forum sociale delle
giovani generazioni è infatti il principale processo tramite cui gli orizzonti culturali di senso delle
società si rinnovano. Così, il cambiamento generazionale è al tempo stesso il motore del
cambiamento storico e lo strumento più adatto per fronteggiarlo.
2. Generazioninsieme intende istruire un’opera di sensibilizzazione, di approfondimenti e di
proposte, su questo aspetto cruciale dell’innovazione sociale. Si tratta di un’opera da svolgere a tutti
i livelli, cercando le più ampie convergenze: partiti politici, sindacati, associazioni culturali,
fondazioni di studio, associazioni di volontariato e quanti altri possano essere interessati in Italia e
all’estero sulle tematiche sopra richiamate. Aderisce alla proclamazione dell’anno 2012 come
l’anno della solidarietà intergenerazionale promossa dal Parlamento europeo e condivide la
relazione allo stesso Parlamento sulla “sfida demografica e la solidarietà tra le generazioni”, dove si
afferma che “una società degna dell’uomo debba fondarsi sul principio della giustizia
generazionale” e che “l’economia e la società hanno bisogno, per raggiungere i loro obiettivi,
dell’esperienza, dell’impegno e del patrimonio di idee di tutte le generazioni”.
3. Il tema del rapporto tra le generazioni diventa cruciale nella crisi che stiamo attraversando.
Questa è così profonda e qualitativamente diversa, da far emergere le contraddizioni dell’intero
sistema economico e dello stesso modello di sviluppo a livello globale. Una crisi sistemica, che
pregiudica come mai in precedenza il nostro futuro. Questa situazione di crisi richiederebbe
l’assunzione di un'ottica intergenerazionale nelle politiche economiche e sociali nazionali e
europee. Soprattutto in termini di economia e democrazia economica; mercato del lavoro e politiche
attive; welfare, con particolare attenzione al sistema pensionistico e di sostegno alla non
autosufficienza, e workfare in un contesto di piena occupazione, con particolare interesse per il
sistema degli ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito; spesa sociale e investimenti pubblici;
istruzione, formazione e sistemi della conoscenza.
4. La prima dimensione in cui la riflessione dei rapporti tra le generazioni può contribuire alla
comprensione dell’attuale crisi è la conoscenza del profilo socio-demografico italiano. L’Italia è un
Paese che registra un’elevata speranza di vita, bassi tassi di natalità, una continua flessione della
popolazione attiva e delle persone occupate, un progressivo aumento dell’immigrazione. Bisogna
interrogarsi su come questo profilo, inedito nella storia italiana, impatti sulla bassa crescita del PIL
e della produttività (di sistema), sull’elevato debito pubblico, sull’alto tasso di inattività e di
disoccupazione giovanile, sui modesti livelli dell’innovazione e della conoscenza (anche qui di
sistema), sulle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, sulla scarsa mobilità
sociale, sulla non universalità del nostro sistema di welfare, sui divari territoriali, sulle “cadute” del
capitale sociale.
5. Il consolidamento degli interessi costituiti, delle disuguaglianze e dell’immobilismo, tanto sociale
quanto economico, genera individualismo, solitudine, insicurezza e incertezza. La consapevolezza,
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o anche la sola intuizione di questa imprevedibilità, alimenta il timore del futuro, predisponendo al
ripiegamento egoistico e al restringimento della prospettiva temporale del pensiero sull’immediato
presente. È improrogabile il cambiamento di modelli di sviluppo basati sulla disoccupazione
crescente, sulla precarizzazione e umiliazione del lavoro, sull’esasperazione competitiva che
depaupera l’ambiente e sulla rincorsa all’arricchimento finanziario. Malgrado un estremo bisogno di
solidarietà e coesione, molte società, come quella italiana, si sono trovate ad affrontare questo
tornante storico impoverite da un’ideologia individualistica, che cerca di sfuggire alle necessarie
riforme sociali, da innervare con maggior mobilità economica e sociale, maggiore perequazione,
maggiore democrazia partecipata.
6. Un aspetto cruciale della riflessione psico-sociale sul tema della crisi che stiamo attraversando è
quello di interpretare questa situazione, non solo e non tanto nei termini di un disagio psicologico
individuale, ma anche e soprattutto nella cornice più complessa dell’equilibrio tra le generazioni. In
questa linea di riflessione sono rilevanti le ricerche che mettono in luce una certa lentezza
nell’acquisizione e nel riconoscimento dell’autonomia sociale adulta dei giovani italiani. Questa
lentezza è indubbiamente legata alle dinamiche del lavoro, che portano a una diffusissima
condizione di precarietà occupazionale che rischia di divenire anche esistenziale. Vista nella cornice
dei rapporti tra le generazioni, questa lentezza segnala anche una difficoltà degli adulti nel superare
una ristretta – sia pur comprensibile – visione familistica, assumendosi le proprie responsabilità per
il bene comune di tutta la generazione successiva e non solo per i propri figli.
7. Di fronte a questa situazione complessa è necessario un approccio che non insegua il contingente
ma che ricerchi risposte di lungo periodo, e per almeno tre generazioni: i padri, i figli e i nonni. La
via delle riforme necessarie all’Italia richiede la continua ricerca della coesione sociale, e quindi
sempre la considerazione dell’ equilibrio e della solidarietà tra generazioni, con riferimento pure
alla popolazione immigrata.
8. Per dare seguito a tale approccio occorre ripensare anche le categorie di “giovane”, di “adulto” e
di “anziano”, specialmente nella società italiana. Nel ridefinire il significato della parola “giovane”
diventa fondamentale la rielaborazione dei bisogni e delle “capacità” ascrivibili a tale definizione:
autonomia, autorealizzazione, progettualità, speranza nella società e introduzione di una novità nel
“senso” della storia di cui si fa parte. Allo stesso modo, occorre riconoscere la categoria di “adulto”
al plurale per le esperienze personali che vive quotidianamente in una continua e fisiologica
situazione di differenziazione culturale e di ruoli assunti sempre più conflittuali. La generatività
sociale necessita della loro attiva assunzione di responsabilità, in particolare nelle transizioni
vissute, per trasmettere una leale e proficua collaborazione fra le generazioni di uomini e donne nei
diversi ambiti e ambienti di vita. Occorre ridefinire la categoria di “anziano”. Proprio la maggiore
longevità deve consentire una ridefinizione dinamica della cosiddetta “soglia di anzianità”
considerando gli anni di residua aspettativa di vita. Assistenza per i bisognosi e i non
autosufficienti, ma anche politiche di “invecchiamento attivo”. Valorizzazione dei saperi e delle
esperienze di una vita, anche come migliore condizione per quello “scambio” tra generazioni
affinché il futuro non sia una mera riproduzione del passato, ma l’apertura al nuovo e ai maggiori
gradi di libertà e avanzamento civile.
9. Per questo, occorre rovesciare la deriva di una società fondata sulla riduzione dei diritti e degli
spazi pubblici a fronte di un’aspra competizione globale, che si muove nell’attuale grave
indebolimento della politica nazionale ed internazionale. Il governo, qualsiasi governo, invece,
dovrebbe mettere in campo le politiche economiche necessarie allo sviluppo civile. Scegliere lo
sviluppo civile, significa cercare la crescita imprimendo equità al sistema-Paese, cominciando dal
fisco, dal welfare e dall’istruzione. Il governo non può e non deve esimersi dal governare il
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mercato, che rappresenta un’istituzione della società civile che va regolamentata come altre
importanti istituzioni nell’interesse generale. Le politiche economiche, fiscali e industriali orientate
all’equità e agli investimenti reali – che partano dal lato dell’offerta quanto dal lato della domanda
– sono indispensabili per far crescere le imprese e creare buona e sicura occupazione, quindi
l’economia e la società.
10. Attualmente sembra che l’usuale confronto tra nuove e vecchie generazioni abbia preso una
strada stretta e tortuosa ed anche pericolosa. Nel processo evolutivo abbiamo già visto che alla
cooperazione intergenerazionale si accompagna anche un conflitto; ma tale conflitto, che è fonte
dell’innovazione sociale, diviene invece distruttivo se coloro che sono al potere resistono alla
naturale transizione generazionale. In Italia viviamo oggi in una situazione tendenzialmente
bloccata e l’immobilità generazionale e strettamente collegata a quella sociale. Una politica
sciagurata vorrebbe nascondere il conflitto sociale e distributivo più generale tra gruppi privilegiati
e gruppi svantaggiati, presentandolo come un conflitto intergenerazionale, in cui si propone di
risolvere la vulnerabilità delle generazioni più giovani con la cancellazione dei diritti acquisiti e
l’estensione a tutte le generazioni di una medesima precarietà. Si arriva dunque a proporre una
significativa riduzione di quei diritti, tramite un abbassamento delle pensioni future e dei “costi di
licenziamento”. In una inaccettabile compensazione tra diritti. Si tratta tuttavia di soluzioni che
determinano in realtà delle perdite anche per le generazioni più giovani, a fronte di inconsistenti
futuri vantaggi, ma anzi nel peggioramento generale. Il messaggio che passa è quello di apertura di
una soluzione fittizia della conflittualità tra generazioni, che toglierebbe risorse a molti delle
generazioni precedenti per destinarle non a tutti i giovani, ma solo ai figli dei soliti privilegiati. Ai
giovani, pertanto, che sono in balia di un mercato del lavoro che non li protegge quando sono
occupati o li respinge addirittura fuori, viene detto che la ragione di questa loro situazione risiede
nella loro “eccessiva protezione” dei lavoratori più anziani. La scoperta dell’inganno in questa
presentazione del conflitto avverrà poi nel futuro, quando i giovani percepiranno pensioni esigue
dopo aver contribuito largamente a finanziare l’attuale spesa pensionistica.
11. In questa discussione è in gioco l’idea stessa di sostenibilità, oltre che quella di sviluppo. Gli
obiettivi scelti dalla Strategia di Lisbona, prima, e dall’Agenda 2020, poi, intendono «fare
dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di
realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore
coesione sociale». Anche se poi l’Europa non si è data gli strumenti e soprattutto le effettive
politiche economiche e sociali per la realizzazione di tali ambiziosi obiettivi. In tale disegno non è
prevista alcuna contrapposizione fra generazioni, soprattutto se si adotta il principio di sostenibilità
sociale ed economico di lungo periodo. Qualsiasi linea di governo che assecondi un modello di
sviluppo di “bassa qualità” e che non punti sulla “conoscenza come infrastruttura” del Paese non
può che accentuare i conflitti e allontanare gli obiettivi europei. Generazioninsieme lavorerà per
mettere in luce gli aspetti costruttivi e innovativi del confronto intergenerazionale, sottolineando
come esso sia necessario per sviluppare e valorizzare non solo il capitale naturale, fisico,
economico, ma anche quello conoscitivo, culturale e storico dell’Italia.
12. Un’idea migliore di sistema economico e di società è già fortemente presente nella Costituzione
italiana. Proprio partendo dalla visione dell’economia e della società della nostra Costituzione si
può ricostruire un’idea di politica e di democrazia fondata sul diritto e il dovere del lavoro.
Recuperare, insomma, una visione e un ruolo della politica che deve cavalcare l’economia e non
viceversa, salvo non essere disarcionata da questa, e le cui parole chiave rimangono sempre:
uguaglianza, equità, libertà, fraternità, dignità, giustizia, partecipazione, sviluppo, pubblico, merito,
cultura e, soprattutto, lavoro.
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13. In sintesi, Generazioninsieme si propone di dare un contributo per superare la situazione attuale
non con scelte regressive penalizzanti per le fasce più deboli, ma con una spinta in avanti verso
assetti sociali di democrazia e di solidarietà quali quelli ispirati dalla nostra stessa Costituzione.
Assetti che trovano, nel solidale rapporto tra le generazioni, la loro base più evidente e più solida.
Un fecondo terreno di approfondimento anche per nuove teorie economiche più attente alla persona,
nelle sue complesse relazioni, e quindi nello scambio di “beni relazionali”, anziché esclusivamente
sull’individuo isolato o sulla collettività in una visione organicistica.
14. Concretamente, l’Associazione si impegna a:
- assumere un programma di “osservazione”, di studio, di approfondimento multidisciplinare sui
rapporti intergenerazionali;
- effettuare un’accurata ricerca delle iniziative assunte in merito da altri Paesi e delle soluzioni
concretamente adottate al fine di permettere uno scambio costante di esperienze;
- elaborare reports periodici, ai quali dovrebbe essere data ampia diffusione, sia tramite canali
tradizionali (convegni, pubblicazioni, articoli), sia tramite nuovi canali (informatici) di
informazione e comunicazione;
- individuare metodi, assetti organizzativi, attività produttive per la valorizzazione delle esperienze,
anche nel rinnovamento delle classi dirigenti;
- prevedere forme di solidarietà tra generazioni, seguendo nuovi e più giusti criteri di merito;
- studiare e valorizzare le “buone pratiche” già esistenti o che potrebbero essere attuate per la
sostenibilità del sistema-Italia dal punto di vista economico, sociale e dunque intergenerazionale.
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