GLI APPALTI PUBBLICI: I DIRITTI E LE TUTELE DEI LAVORATORI E DEI CONSUMATORI/UTENTI IN UNA MUTAZIONE NORMATIVA COSTANTE Pompei Alessandro INDICE Capitolo I L’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE DEGLI APPALTI PUBBLICI 1............................................................................................................................... La normativa nazionale alla vigilia del recepimento delle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18 ...................................................................................................................................... 3 2............................................................................................................................... Le Direttive Comunitarie 2004/17 e 2004/18: le novità contenute ...................................................... 3 3............................................................................................................................... Verso un quadro normativo unitario: recepimento delle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18 e la legge delega............................................................................................................. 4 4............................................................................................................................... Dalla Legge delega al Codice degli Appalti Pubblici............................................................................... 5 5............................................................................................................................... Il Codice degli Appalti Pubblici entra in vigore ................................................................................. 6 6............................................................................................................................... Le modifiche al Codice degli Appalti Pubblici: dalla L. 286/2006 alle novità del miniriforma avvenuta con il DL 70/2011 ........................................................................................ 7 7............................................................................................................................... Le modifiche al Codice degli Appalti Pubblici: dalle novità di fine 2011 al DL 69/2013 convertito in L. 98/2013 (Decreto del Fare)................................................................................... 9 8............................................................................................................................... Riass umiamo. Il Codice dei Contratti Pubblici........................................................................................ 12 9. .............................................................................................................................. Il Regolamento di attuazione e di esecuzione del Codice degli appalti pubblici............................... 14 Capitolo II LA DIMENSIONE CIVILISITICA E LAVORISTICA DEGLI APPALTI PUBBLICI 10. ............................................................................................................................ Il contratto di appalto: la disciplina civilistica .................................................................................... 11. ............................................................................................................................ Il contratto di appalto. L’evoluzione della disciplina lavoristica: la legge 1369 del 1960................... 12. ............................................................................................................................ Il contratto di appalto. L’evoluzione della disciplina lavoristica: la legge 196/97 (Legge Treu) e la Dlgs 276/2003 (Legge Biagi) ........................................................................... 15 17 20 Capitolo III APPALTI PUBBLICI: DIRITTI E TUTELE DEI LAVORATORI 13. ............................................................................................................................ L’App alto illecito e l’appalto fraudolento ................................................................................................. 23 14. ............................................................................................................................ Appalt i pubblici ed obblighi retributivi e contributivi ................................................................................. 24 2 15. ............................................................................................................................ Il regime di responsabilità solidale ................................................................................................... 25 16. ............................................................................................................................ La responsabilità solidale degli enti previdenziali, assicurativi e fiscali .............................................. 28 17. ............................................................................................................................ Durc ed Appalti Pubblici......................................................................................................................... 33 18. ............................................................................................................................ Resp onsabilità solidale e il Dlgs 81/2008………………………………………………………………......... 34 19. ............................................................................................................................ Camb io di gestione negli appalti pubblici e diritti dei lavoratori............................................................... 36 Capitolo IV APPALTI PUBBLICI: DIRITTI E TUTELE DEI CONSUMATORI 20. ............................................................................................................................ La tutela del consumatore: un excursus storico e normativo.............................................................. 39 21. ............................................................................................................................ La tutela del consumatore negli appalti pubblici................................................................................. 43 22. ............................................................................................................................ Biblio grafia ............................................................................................................................................. 49 Capitolo I L’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE DEGLI APPALTI PUBBLICI 1. La normativa nazionale alla vigilia del recepimento delle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18 La legislazione nazionale che precede il recepimento delle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18 risulta essere multiforme e polverizzata. Gli appalti sopra soglia comunitaria 1 di forniture, servizi, nonché lavori,servizi e forniture nei servizi speciali erano normati rispettivamente dal Dlgs 358/1992, Dlgs 157/1995 e dal Dlgs 158/1995. Gli appalti di lavori sopra e sotto soglia erano disciplinati dalla L. 109/1994 (Legge Merloni o legge Quadro sui lavori pubblici) che successivamente ha subito notevoli modifiche con tre atti normativi (Merloni bis 2 , Merloni Ter 3 e Merloni Quater 4 ). Gli appalti di forniture sotto soglia erano disciplinati dal DPR 573/1994. Mancava una disciplina 1 Ultimamente il Regolamento della Commissione Europea n. 1251 del 30.11.2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L. 319/43 del 02/12/2011, modifica, a valere dal 1° GENNAIO 2012 e fino al 31 DICEMBRE 2013, le soglie europee per gli appalti. Dunque le soglie indicate nell'art.28, comma 1, lettere a), b), c) del DLgs. n. 163/2006 risultano essere oggi, al netto dell’IVA, così rideterminate per i contratti pubblici nei settori ordinari: 1) €.130.000 per gli appalti di forniture e servizi aggiudicati dalle amministrazioni che sono autorità governative centrali indicate nell'allegato IV ; 2) €.200.000 per gli appalti di forniture e di servizi aggiudicati da stazioni appaltanti diverse da quelle indicate nell'allegato IV (vi rientrano le Istituzioni Scolastiche ed Educative); 3) €.5.000.000 per gli appalti e per le concessioni di lavori pubblici. Da tutto quanto sopra esposto e facendo seguito alla nuove indicazioni della legislazione Comunitaria, le istituzioni scolastiche per il biennio 2012/2013 avranno quale valore della soglia di riferimento, da tener presente nella fase di attuazione delle proprie procedure di appalto per l’acquisizione di forniture di beni e servizi , l’importo di €. 200.000,00 2 L. 216/1995 3 L. 415/1998 4 L. 166/2002 3 organica degli appalti di servizio sotto soglia. I servizi e le forniture in economia delle vari amministrazioni erano regolati dal DPR 384 del 2001 mentre i lavori in economia erano disciplinati in generale dal DPR 554 del 1999 5 . Le procedure di affidamento delle grandi infrastrutture erano regolate dal Dlgs 1990 del 2002 poi novellato dal Dlgs 189 del 2005 mentre nel 2004 venne approvato il Dlgs 30/2004 che si occupava degli appalti pubblici dei beni culturali. 2. Le Direttive Comunitarie 2004/17 e 2004/18: le novità contenute Il diritto comunitario con le due direttive ha voluto affrontare la tematica degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture dei settori ordinari e speciali ed in particolare la direttiva 2004/18 voleva unificare la disciplina degli appalti e concessioni di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari 6 mentre la direttiva 2004/17 disciplina gli appalti e concessioni di lavori, servizi e forniture dei settori speciali 7 . Le novità delle suddette direttive riguardano nuovi strumenti contrattuali e mezzi modernizzanti: Nuovi meccanismi di affidamento dei contratti 8 ; L’appalto di lavori possa avere ad oggetto sia la sola esecuzione, che l’esecuzione e progettazione, che la realizzazione con qualsiasi mezzo; L’utilizzo di strumenti informatici, per le pubblicazioni e le comunicazioni 9 nonché la contrattazione 10 Le due direttive potenziano gli strumenti per garantire una concorrenza effettiva attraverso: un maggiore rigore nella predeterminazione dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; un più articolato contraddittorio nella fase di verifica delle offerte anomale; il principio di equivalenza delle specifiche tecniche inerenti alle prestazioni contrattuali Le direttive valorizzano le esigenze sociali e ambientali sia nell’affidamento sia nell’esecuzione degli appalti pubblici: l’utilizzabilità di criteri ambientali per la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; la possibilità di esigere condizioni ambientali e sociali per l’esecuzione del contratto; la possibilità di riservare l’affidamento degli appalti a laboratori che impiegano mano d’opera disabile; la possibilità di prevedere speciali procedure per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica. Regolamento di attuazione della L.109 del 1994 Ossia tutti tranne quelli disciplinati dalla direttiva 2004/17 e quelli estranei alle due direttive es: gli appalti segretati 7 Gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica 8 L’accordo quadro, il sistema dinamico di acquisizione, il dialogo competitivo, la contrattazione tramite centrali di committenza 9 La pubblicazione di avvisi e capitolati sul sito della stazione appaltante, la trasmissione di bandi e avvisi alla Comunità europea per via elettronica 10 Le aste elettroniche 5 6 4 3. Verso un quadro normativo unitario: recepimento del direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18 e la legge delega Attraverso la L. n. 62/2005 (legge comunitaria 2004) all’art. 25, si è deciso di delegare il Governo a definire un quadro normativo finalizzato al recepimento delle direttive 2004/17 e 2004/18 attraverso uno o più decreti legislativi. Precisamente si delinea che lo strumento normativo è costituito da «uno o più decreti legislativi», che costituiscano un «unico testo normativo 11 ». La legge ha voluto demandare al Governo il chiarimento dei principi della materia e la sistematizzazione della disciplina di dettaglio nella consapevolezza della difficoltà di raccogliere la copiosa e stratificata disciplina vigente in materia di pubblici appalti. Inoltre la legge ha inteso incaricare il Governo di recepire le direttive tali e quali ma inserendole in un «quadro normativo». Le due direttive contengono al contempo istituti a recepimento obbligatorio e istituti a recepimento facoltativo; la scelta operata attraverso la Legge Delega è stata di aderire totalmente alle due direttive. Il Governo si è attenuto a tale criterio della legge delega, e ha recepito fedelmente le direttive comunitarie. In sede di recepimento della direttiva 2004/18, si è previsto: un maggior numero di ipotesi di utilizzabilità della procedura negoziata; la licitazione privata con scelta delle imprese da invitare rimessa alla stazione appaltante, limitatamente agli appalti di importo particolarmente elevato; la scelta, rimessa alla stazione appaltante, e non predeterminata dalla legge, tra criterio di aggiudicazione del prezzo più basso e criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; un regime della verifica delle offerte anomale più rispettoso del diritto. Inoltre sono stati recepiti i nuovi strumenti negoziali previsti dalle direttive e, in particolare, l’accordo quadro, il dialogo competitivo, la centrale di committenza, le aste elettroniche. Il codice ha preso atto di tale evoluzione normativa, e ha ritenuto che ragioni di omogeneità e coerenza militassero a favore di una soluzione uniforme, nel rispetto del diritto comunitario. La legge delega ha inteso poi coordinare in un unico testo normativo, oltre che delle procedure di appalto comunitarie, anche delle altre disposizioni in vigore. Per cui sono state inserite nel codice le altre disposizioni vigenti in materia di procedure di affidamento e quelle in materia di progettazione dei lavori ed esecuzione del contratto di appalto e così facendo si è voluto unificare tutta la disciplina di rango primario degli appalti in un unico corpo normativo. Il Codice ha voluto semplificare le procedure di affidamento che non costituiscono diretta applicazione delle normative comunitarie ossia i cosiddetti contratti sotto soglia con un evidente intento di recupero di 11 Art. 25 c. 1 lettera a) L. 62 del 2005 5 trasparenza e par condicio, giustificando così l’inserimento in un unico testo della disciplina i contratti sopra e sotto soglia. La legge delega ha voluto attribuire all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici dei compiti di vigilanza nei settori di servizi, forniture e lavori, in attuazione della normativa comunitaria e così facendo con il codice l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici diviene Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Infine il Codice ha recepito nell’intenzione della legge delega i criteri selettivi dell’offerta (prezzo più basso ed offerta economicamente più vantaggiosa) 12 lasciando alle stazioni appaltanti la scelta tra i due criteri selettivi. 4. Dalla Legge delega al Codice degli Appalti Pubblici Dopo la pubblicazione della legge delega, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha istituito una commissione di studio, per l’analisi delle problematiche del recepimento delle direttive comunitarie e dell’attuazione della legge delega. Sull’articolato predisposto la commissione di studio ha predisposto un documento su cui sono state acquisite le osservazioni delle associazioni delle categorie imprenditoriali e professionali interessate e delle amministrazioni pubbliche concertanti e interessate. Il testo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 13 gennaio 2006, è stato trasmesso agli organi competenti 13 per i pareri obbligatori previsti dalla legge delega e il parere del Consiglio di Stato, non obbligatorio 14 . L’articolato è stato adeguato ai pareri di tali organi, ed è stato approvato in via definitiva dal Governo il 23 marzo 2006. 5. Il Codice degli Appalti Pubblici entra in vigore L’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti Pubblici è stato caratterizzato un iter accidentato. Tra la pubblicazione in G.U. del codice e la sua entrata in vigore abbiamo assistito ad un cambio di legislatura e quindi di un nuovo Governo che con la l. n. 228/2006 ha differito l’applicazione di alcuni articoli del codice. Sentenza della C. giust. CE 7 ottobre 2004, C– 247/2002 Conferenza unificata e Commissioni parlamentari di Camera e Senato 14 Parere necessario però nel caso di Testi Unici 12 13 6 Due successivi decreti legislativi hanno fatto slittare, ulteriormente alcuni articoli al 1° agosto 2007 15 mentre altri sono stati ulteriormente differiti fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento di attuazione ed esecuzione del codice 16 Per quanto riguarda il regime transitorio, dalla l. n. 228/2006 e dal primo e secondo d.lgs. correttivo (d.lgs. n. 6/2007 e d.lgs. n. 113/2007) si desumono quattro periodi: quello che va dal 1° luglio 2006 all’11 luglio 2006, vale a dire fino al giorno anteriore alla data di entrata in vigore della l. n. 228/2006 (che entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, 12 luglio 2006); quello che va dal 12 luglio 2006 al 31 gennaio 2007; quello che va dal 1° febbraio 2007 al 31 luglio 2007; quello che va dal 1° agosto 2007 fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento. Da notare il fatto che nel periodo che va dal 1° luglio – 11 luglio 2006, il codice è stato in vigore anche in relazione alle disposizioni successivamente sospese dalla l. n. 228/2006, sicché ai bandi e inviti pubblicati e inviati in tale arco temporale si applicano le disposizioni del codice medesimo. 6. Le modifiche al Codice degli Appalti Pubblici: dalla L. 286/2006 alle novità della miniriforma avvenuta con il DL 70/2011 La l. n. 286/2006, di conversione del DL n. 262/2006, ha inserito in tale DL, ex novo, un art. 2, di cui alcuni commi che incidono in materie del codice: il comma 85 ha aumentato di due membri i componenti dell’Autorità di vigilanza 17 mentre i commi da 82 a 92 dettano significative innovazioni in materia di concessioni autostradali 18 . La legge finanziaria per il 2007 (l. n. 296/2006) ha inciso su molti istituti contemplati dal codice dei contratti pubblici. Innanzitutto consente alle regioni di costituire centrali di committenza per l’acquisto di beni e servizi, al fine di contenimento e razionalizzazione della relativa spesa. Tali centrali potranno essere costituite anche da più regioni e opereranno in favore di amministrazioni ed enti regionali nonché di enti del servizio sanitario nazionale e altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel territorio regionale. Tali centrali di committenza stipuleranno, secondo gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni 19 previste per la Consip 20 . Le centrali di committenza regionali e la Consip costituiranno un sistema a rete per realizzare sinergie e armonizzare i piani di razionalizzazione della spesa. La Legge finanziaria inoltre novella gli artt. 86 e 87 del codice (in materia di valutazione del costo del lavoro e del rispetto degli obblighi di sicurezza in sede di valutazione delle offerte anomale) e l’art. 163, c. 1. Inoltre, Dlgs. n. 6/2007 Dlgs. n. 113/2007 17 L’innovazione è stata inserita anche nel codice con il Dlgs. n. 113/2007 (secondo decreto legislativo correttivo) 18 A loro volta novellati dalla legge finanziaria per il 2007 19 art. 26, c. 1, l. n. 488/1999 (Legge Finanziaria 2000), 20 Consip è una società per azioni del Ministero dell'Economia e delle Finanze e svolge attività di consulenza, assistenza e supporto in favore delle amministrazioni pubbliche nell’ambito degli acquisti di beni e servizi operando in qualità di centrale di committenza nazionale 15 16 7 attraverso una legge non di settore e quindi non novellando il codice, detta numerose norme che incidono sulla materia del codice, ma senza novellarle, tra cui: l’istituto della locazione finanziaria 21 per l’acquisizione, realizzazione, completamento, delle opere pubbliche; le regole in tema di qualificazione per gli appalti di servizi, in cui i requisiti tecnici e la disponibilità dei mezzi tecnici necessari possono essere dimostrati tramite locazione finanziaria l’obbligo al ricorso delle amministrazioni statali, con alcune eccezioni, al mercato elettronico, per gli acquisti di beni e servizi sotto soglia comunitaria, secondo il DPR n. 101/2002 (art. 1, c. 450), e l’utilizzo della rete telematica per i negozi elettronici (art. 1, c. 452); peraltro secondo il codice appalti, tale regolamento sarà abrogato quando entrerà in vigore il nuovo regolamento di attuazione del codice appalti una nuova disciplina per Consip e centrali di committenza regionali le regole per talune società pubbliche e le norme per talune infrastrutture strategiche e concessioni di opere pubbliche (Anas) Il primo Dlgs. correttivo (Dlgs. n. 6/2007), oltre a differire al 1° agosto 2007 l’entrata in vigore degli istituti già differiti al 1° febbraio 2007, ha introdotto in prevalenza correzioni formali al codice, e talune modifiche sostanziali (in tema di pubblicità, vigilanza sulle SOA, avvalimento). Il secondo Dlgs. correttivo (Dlgs. n. 113/2007) ha introdotto numerose innovazioni sia sostanziali che formali tra cui: l’estensione dell’ambito soggettivo degli appalti segretati, consentiti d’ora innanzi anche all’amministrazione della giustizia; la pubblicizzazione delle SOA 22 ; la riduzione del rischio del concessionario, mediante previsione del rimborso, allo scadere della concessione, della quota non ammortizzata; l’eliminazione del diritto di prelazione del promotore nel project financing; l’eliminazione dei minimi tariffari per i progettisti; l’ampliamento delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento non solo degli incarichi di progettazione e i concorsi di progettazione, ma per un più ampio novero di servizi connessi all’architettura e all’ingegneria. Al contempo sono stati differiti nel tempo: 21 La locazione finanziaria è un contratto di leasing. Esso si svolge tra l’utilizzatore (il soggetto interessato al godimento del bene) la società di leasing che acquista un bene mobile o costruisce un bene immobile secondo le indicazioni del richiedente e ne mantiene la proprietà fino la momento del riscatto e il soggetto che fornisce il bene o costruisce il bene immobile 22 Le SOA sono delle Società a carattere privato, costituite secondo criteri dettati dal regolamento sulla qualificazione , devono essere Società per Azioni, con un capitale sociale interamente versato minimo di un miliardo. Sono autorizzate dall'Autorità di vigilanza dei lavori pubblici a valutare l'idoneità di un impresa e a rilasciarne un attestato di qualificazione, Un impresa , per ottenere la qualificazione, deve stipulare contratto con una SOA, la quale , dopo aver valutato l'idoneità della stessa, rilascia l'attestato. Per risultare idonea ad ottenere la qualificazione un impresa deve adeguarsi alle normative riportate nel DPR 34/00 e dimostrare di aver realizzato negli ultimi 5 anni lavori pari all'importo per cui chiede la qualificazione , in pratica non è altro che la reiscrizione ad un altro Albo, questa volta gestito dall'Autorità di Vigilanza dei lavori pubblici, sempre con categorie e classifiche, dimostrato tramite l'attestato SOA. 8 la liberalizzazione dell’appalto misto di progettazione ed esecuzione, e la possibilità di appalto concorso e appalto integrato senza limiti oggettivi solo sopra soglia, il dialogo competitivo; L’ampliamento della trattativa privata, che consegue all’estensione soggettiva degli appalti segretati all’amministrazione della difesa, e la riduzione del rischio del concessionario, mediante previsione del rimborso, allo scadere della concessione, della quota non ammortizzata vanno nella direzione di una restrizione della concorrenza. Di converso una maggiore concorrenza deriva mediante ristretti i margini di manovra per la pubblica amministrazione mediante drastica limitazione dell’appalto – integrato e dell’appalto – concorso sotto soglia, e mediante un sostanziale azzeramento della procedura ristretta in tutti i settori ordinari. La legge finanziaria per il 2008 (l. n. 244/2007) ha determinato il regime di responsabilità per inosservanza dei termini nell’accordo bonario, ha generalizzato il divieto di arbitrato per le pubbliche amministrazioni (eliminato dal d.lgs. n. 53/2010) ed ha definito i nuovi criteri di computo dell’indennità di espropriazione. Il d.lgs. n. 152/2008 è l’ultimo correttivo possibile, essendo ormai scaduto il termine biennale, decorrente dal 1° luglio 2006 (data di entrata in vigore del codice), per le correzioni. A partire da ora ulteriori interventi sul codice potranno avvenire solo con scelta diretta del Parlamento (mediante legge, o legge di conversione di decreto legge). Il Dlgs 152/2008 compie degli adeguamenti al diritto comunitario su tre fronti 23 . Inoltre procede nell’intento di un coordinamento formale ed una copertura legislativa 24 a norme del regolamento generale (in itinere). Infine riscrive il project financing, per rilanciare le opere pubbliche realizzate con il concorso di capitali privati, semplificando il procedimento, e ripristinando il diritto di prelazione 25 . Ulteriori correttivi sono:la riscrittura della disciplina dell’affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo, le semplificazioni per gli appalti sotto soglia, l’ulteriore circoscrizione della possibilità di esclusione automatica delle offerte anomale negli appalti sotto soglia. Con il terzo d.lgs. correttivo si completa la codificazione della materia dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, e si apre la strada al regolamento. Il d.lgs. n. 53/2010 è stata recepita in Italia la c.d. direttiva ricorsi 2007/66/CE apportando modifiche in tema di accesso agli atti, comunicazione dell’aggiudicazione, tutela processuale, norme poi inserite nel C.P.A. (Codice di procedura Amministrativa) 26 . L’art. 4, DL 13 maggio 2011 n. 70, convertito in l. 12 luglio 2011 n. 106, ha apportato numerose modifiche di carattere sostanziale al codice appalti, per risolvere problemi applicativi 27 . Il decreto legge modificato in sede di conversione ha determinato dei differenziati regimi di entrata in vigore delle singole norme (alcune in vigore 23 Procedura d’infrazione n. 2007/2309 e costituzione in mora del 1 febbraio 2008. Condanna della legislazione italiana, da parte della C. giust. CE 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06, relativamente all’esclusione automatica delle offerte anomale negli appalti sotto soglia. Sentenza della C. giust. CE 21 febbraio 2008 C-412/04, che aveva condannato, in via postuma, svariate disposizioni della l. Merloni. 24 Come da indicazioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. 25 Già cassato dal Dlgs n. 113/2007 26 Vedi Mazzonetto F. e D. Volpe “ Le dirompenti modifiche apportate dal Dlgs n.53 del 20 marzo 2010 al Codice dei Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture: prime istruzioni per la loro immediata applicazione” 27 a) una chiarificazione dei requisiti generali di partecipazione e un freno al contenzioso sulle procedure di affidamento attraverso il principio di tassatività delle cause di esclusione e la necessità di predisposizione di bandi tipo; b) elevati i limiti di soglia della trattativa privata, e si è introdotto un regime transitorio di esclusione automatica delle offerte anomale negli appalti sotto soglia; c) la possibilità di condanna ad una astreinte in caso di lite temeraria. 9 dal 14 maggio 2011 e altre in vigore dal 13 luglio 2011, e inoltre per molte disposizioni è dettato uno specifico regime transitorio). Le modifiche legislative toccano il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006) ma anche il regolamento generale di attuazione (DPR n. 207/2010), in vigore dai primi di giugno 2011 28 . Le ragioni delle modifiche apportate sono: a) ridurre i tempi di costruzione delle opere pubbliche, specie se di interesse strategico; b) semplificare le procedure di affidamento dei contratti pubblici relativi alle opere pubbliche; c) garantire un più efficace sistema di controllo; d) ridurre il contenzioso. 7. Le modifiche al Codice degli Appalti Pubblici: dalle novità di fine 2011 al DL 69/2013 convertito in L. 98/2013 (Decreto del Fare) Il DL 6 dicembre 2011 n. 201, convertito in l. 22 dicembre 2011 n. 214 detta negli artt. da 41 a 47 disposizioni in materia di contratti pubblici che mirano, da un lato, a razionalizzare e correggere precedenti e recenti interventi normativi nel settore 29 e dall’altro lato ad accelerare la realizzazione delle grandi opere, mediante interventi correttivi della disciplina delle infrastrutture strategiche e delle concessioni di lavori pubblici e misure volte a favorire il concorso del capitale privato alle grandi opere. Il DL 24 gennaio 2012 n. 1 (Decreto Cresci Italia) convertito in l. n. 27/2012 tocca in più punti il codice appalti, quanto a infrastrutture strategiche, project financing, concessione, progettazione. Disciplina il project per l’edilizia carceraria, e riscritto il project con l’inserimento delle opere destinate alla nautica da diporto. Viene introdotto nel codice appalti un nuovo tipo contrattuale: il contratto di disponibilità. Il DL n. 5/2012 (Decreto Semplifica Italia) convertito in l. n. 35/2012 modifica il codice inserendo la Banca dati nazionale dei contratti pubblici ed intervenendo sulle sponsorizzazioni e sui requisiti generali dell’art. 38. Il DL n. 52/2012 convertito in l. n. 94/2012 (Spendig Review 1) detta numerose misure finalizzate a razionalizzare gli acquisti mediante loro centralizzazione e a ridurre la spesa pubblica in materia di pubblici contratti. Il DL 95/2012 convertito In l. n. 135/ 2012 (Spending Review 2) detta le misure per favorire l’accesso delle piccole e medie imprese sia attraverso la suddivisione, da parte delle stazioni appaltanti ove possibile ed economicamente conveniente, degli appalti in lotti funzionali, sia attraverso criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese. Determina inoltre l'acquisizione di lavori, servizi e forniture dei Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia che deve essere fatta attraverso un’unica centrale di 28 Questo pone la questione se le norme del regolamento modificate mantengano la natura regolamentare e il conseguentemente regime di impugnazione, o acquisiscono rango legislativo e quindi l’impossibilità di impugnarle con ricorso giurisdizionale o sospese con ordinanza cautelare, ma solo denunciate per incostituzionalità. 29 c.d. decreto sviluppo (DL. n. 70/2011) e con il c.d. statuto dell’impresa (l. n. 180/2011) 10 committenza nell'ambito delle unioni dei comuni ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento e il mercato elettronico della pubblica amministrazione. Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento. Le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere. I documenti non possono essere richiesti a prestatori di servizi o di forniture stabiliti in Stati membri che non prevedono la pubblicazione del bilancio. Sono illegittimi i criteri che fissano, senza congrua motivazione, limiti di accesso connessi al fatturato aziendale. L'offerta è corredata da una garanzia, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell'offerente. Nel caso di procedure di gara realizzate in forma aggregata da centrali di committenza, l'importo della garanzia è fissato nel bando o nell'invito nella misura massima del 2 per cento del prezzo base. L'esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10% dell'importo contrattuale. In caso di aggiudicazione con ribasso d'asta la garanzia sarà incrementata con 1 punto % per ogni punto di ribasso superiore al 10% e con 2 punti % per ogni punto di ribasso superiore al 20%. Il DL 179/2012, convertito in l. 221/2012 (Decreto Crescita 2.0) introduce importanti modifiche al Codice dei contratti relativamente alla forma dei contratti, d'appalto, alle misure per le infrastrutture, ai requisiti della cifra di affari, all'anagrafe unica delle stazioni appaltanti, allo svincolo delle ritenute di buona esecuzione ed alla revisione triennale dell’attestazione SOA. Il DL 69/2013 conv. in l. 98/2013 (Decreto del Fare) proroga al 31 dicembre 2015 della possibilità, per le stazioni appaltanti, di applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale per gli appalti fino alla soglia comunitaria (5 milioni di €); diviene obbligatorio per le stazioni appaltanti di motivare nella determina a contrarre, le ragioni della mancata suddivisione dell’appalto in lotti; è prevista fino al 31 dicembre 2014 la corresponsione obbligatoria in favore dell’appaltatore di un’anticipazione del prezzo pari al 10% dell’importo contrattuale 30 ; l’acquisizione d’ufficio del Durc nella fase di accertamento relativo alle cause di esclusione nonché in occasione del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o dello stato finale dei lavori stessi; si amplia l’ambito soggettivo dell’istituto dell’intervento sostitutivo 31 che sarà effettuato oltre che dalla P.A. anche da amministrazioni aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, enti ed altri soggetti aggiudicatori, stazioni appaltanti. Si proroga a 120 giorni dalla data di emissione la validità del Durc rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Si è previsto che il prezzo più basso sia determinato al netto delle spese relative al 30 Deroga al divieto previsto dall’art. 140 c.1 DPR 207/2010 Qualora si rilevi dal Durc un’inadempienza contributiva relativa ad una o più imprese impiegate nell’esecuzione del contratto, si potrà trattenere dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza ed effettuare direttamente il pagamento agli enti previdenziali ed assicurativi. 31 11 costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dal CCNL di settore tra le OO.SS. dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale 32 : si tratta di un provvedimento che ripristina certezza per tutti i lavoratori impiegati nella filiera dell’appalto in quanto le imprese, nelle gare esperite con la procedura del massimo ribasso, non potranno più proporre alti ribassi con il pretesto di costi inferiori di manodopera e di aumento della produttività in forza di una migliore capacità organizzativa. Dopo 3 mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge, la documentazione relativa ai requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo e economico–finanziario sarà acquisita attraverso al Banca dati dei Contratti Pubblici. 8. Riassumiamo. Il Codice dei Contratti Pubblici Il codice recepisce in un unico testo entrambe le direttive e riguarda non solo gli appalti, ma, più in generale, i contratti pubblici (comprensivi di appalti e concessioni) aventi per oggetto lavori, servizi e forniture, nei settori ordinari e speciali, sopra e sotto la soglia comunitaria. Consta di 5 parti. La parte I, intitolata “Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice” contiene le norme relative a oggetto, principi, definizioni, fonti di disciplina, riparto tra Stato e Regioni, Autorità di vigilanza e Osservatorio, responsabile del procedimento, accesso; nonché l’elencazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice La parte II, intitolata “Contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture nei settori ordinari”, disciplina i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi, e forniture, nei settori ordinari, sia sopra che sotto soglia comunitaria. Sono dettate disposizioni peculiari per i lavori e trovano spazio le discipline relative a: concessione di lavori pubblici; project financing, di cui però si prevede l’estensione ai servizi, da attuarsi con il regolamento (art. 152, c. 3, codice); infrastrutture strategiche; leasing finanziario Disposizioni speciali sono poi dettate per gli appalti nel settore della difesa e nel settore dei beni culturali. La disciplina degli appalti sotto soglia comunitaria si compone di pochi articoli, quelli derogatori della disciplina degli appalti sopra soglia, che rimane nel resto applicabile. 32Art. 82 c.3 bis Codice Appalti novellato Decreto del Fare “Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.” 12 La parte III è intitolata ai “Contratti pubblici di lavori, servizi, forniture nei settori speciali” ossia si elencano le disposizioni applicabili ai settori speciali e la disciplina specifica per gli appalti nei settori speciali. La parte IV è intitolata al “Contenzioso” e disciplina gli strumenti stragiudiziali e giudiziali di composizione delle liti in materia di contratti pubblici e, in particolare, la transazione, l’accordo bonario, l’arbitrato, nonché le norme in tema di giurisdizione e riti speciali, e la tutela cautelare ante causam La parte V contiene le disposizioni di coordinamento e transitorie, nonché le abrogazioni. Seguono gli Allegati, come nelle direttive che si recepiscono. Il testo coordina una disciplina fortemente frammentata e abroga disposizioni che erano contenute in circa sessanta diversi dispositivi normativi; si recepiscono, tenendo conto dei principi del sistema italiano, le direttive comunitarie sui pubblici appalti e il coordinamento della disciplina dei contratti sotto soglia è avvenuto. Nel codice sono state raccolte le disposizioni relative ai settori ordinari (direttiva 2004/18) e ai settori c.d. speciali (direttiva 2004/17), nonché quelle relative agli appalti di lavori, servizi e forniture sotto soglia comunitaria, sia per quanto riguarda le procedure di gara, sia per quanto riguarda la fase di esecuzione del contratto e il contenzioso. Inoltre sono stati recepiti nuovi istituti di derivazione comunitaria, quali l’accordo quadro 33 , il dialogo competitivo, l’asta elettronica, il sistema dinamico di acquisizione. È stata prevista la procedura negoziata negli ambiti consentiti dal diritto comunitario ed è stata lasciata alle stazioni appaltanti 34 la scelta tra il criterio del prezzo più basso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa 35 . In aggiunta agli istituti processuali già vigenti (transazione, accordo bonario, arbitrato, rito speciale davanti al giudice amministrativo), è stata introdotta la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo relativo ai pubblici appalti ed è stato previsto uno strumento consultivo precontenzioso presso l’Autorità di vigilanza. Allo scopo di correggere gli abusi cui il sistema della qualificazione tramite SOA ha dato luogo, si è previsto che i requisiti per la qualificazione delle imprese devono essere acquisiti esclusivamente tramite l’Autorità di vigilanza. Rispetto al testo deliberato in via preliminare il 13 gennaio 2006, il codice approvato in via definitiva dal Governo reca importanti modifiche finalizzate ad una maggiore tutela della concorrenza e prevenzione di fenomeni distorsivi, nonché ad una corretta delimitazione delle sfere di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni. In particolare, il testo definitivo contiene: la riscrittura della disciplina relativa al riparto di competenze legislative e regolamentari di Stato, Regioni, e Province autonome; Finora previsto solo per i settori speciali Secondo le indicazioni della C. giust. CE 35 In relazione a quest’ultimo criterio è stata prevista la trasparenza e conoscibilità ex ante degli elementi di valutazione da parte degli operatori 33 34 13 la conferma, per gli appalti sotto soglia, dei limiti di importo per gli affidamenti in economia e la licitazione semplificata; l’esclusione automatica, negli appalti sotto soglia, solo se prevista dal bando, trovando applicazione, altrimenti, il regime di esclusione previo contraddittorio; la fissazione, per gli incarichi di progettazione, di una soglia unica di 100.000 euro, al di sopra della quale si applicano le procedure comunitarie, e al di sotto della quale devono essere rispettati i principi del Trattato della Comunità europea a tutela della concorrenza; la revisione straordinaria delle attestazioni SOA già rilasciate. E’ stata fatta salva tutta la vigente disciplina antimafia e di sicurezza dei cantieri. Il codice entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e trova applicazione solo ai bandi pubblicati dopo la sua entrata in vigore. 9. Il Regolamento di attuazione e di esecuzione del Codice degli appalti pubblici Il Regolamento generale di esecuzione e attuazione del codice, DPR 5 ottobre 2010 n. 207 (G.U. 10 dicembre 2010 n. 288), destinato ad entrare in vigore 180 giorni dopo e dunque in data 8 giugno 2011, ha avuto un iter travagliato. Il testo del nuovo regolamento consta di 359 articoli suddivisi nell’ambito di sette parti. Inoltre fanno parte integrante del nuovo regolamento anche 16 allegati da A a P (oltre allegato B1). In particolare: la parte I è dedicata alle disposizioni comuni; la parte II, che è quella più consistente, disciplina i contratti pubblici di lavori nei settori ordinari; la parte III tratta dei contratti pubblici di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari; la parte IV disciplina i contratti pubblici di forniture nei settori ordinari e tutti gli altri contratti di servizi nei settori ordinari; la parte V disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali; la parte VI disciplina i contratti che si eseguono all’estero; la parte VII reca le disposizioni transitorie e le abrogazioni. Esistono varie novità all’interno del nuovo regolamento. Vi la definizione più analitica dei livelli di progettazione con riferimento alle relazioni tecniche ed agli elaborati grafici, e la regolamentazione della verifica del progetto da parte di strutture accreditate interne o esterne alla stazione appaltante. E’ istituito un sistema 14 sanzionatorio 36 delle SOA, nel caso di la violazione di obblighi informativi e degli obblighi inerenti l’attività di qualificazione. Si definisce un procedimento nell' Autorità di vigilanza di annullare le attestazioni SOA viziate. Viene ottimizzata la disciplina del casellario informatico e la si estende anche ai servizi e alle forniture, attuando la regola secondo cui i certificati di lavori posti a base della qualificazione vengono acquisiti solo tramite il casellario. Si regolamentata la garanzia globale di esecuzione e si disciplina l’attuazione del dialogo competitivo e dell’appalto misto di progettazione ed esecuzione. Si introduce la finanza di progetto per i servizi e si disciplina la direzione, l’esecuzione e la contabilità per servizi e forniture Capitolo II LA DIMENSIONE CIVILISTICA E LAVORISTICA DEGLI APPALTI PUBBLICI 10. Il contratto di appalto: la disciplina civilistica Il contratto di appalto è disciplinato civilisticamente negli articoli 1655 – 1677 c.c., “l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”. È un contratto a titolo oneroso a effetti obbligatori che può avere ad oggetto la realizzazione di un’opera, oppure l’esecuzione di un servizio. Il committente ha diritto di veder soddisfatto il proprio interesse, che si esplica nella fruizione del servizio o nella consegna dell’opera pattuita. L’appaltatore, per liberarsi dal vincolo obbligatorio, è tenuto a conseguire necessariamente un determinato esito corrispondente all’interesse del creditore. L’appaltatore organizza liberamente i mezzi che costituiscono il complesso aziendale e sul piano organizzativo l’appalto permette di traslare all’esterno, nello specifico in capo all’appaltatore, il rischio del risultato produttivo e dell’impossibilità di lavoro. È per sua natura un contratto a esecuzione prolungata. Il pagamento del corrispettivo sarà necessariamente subordinato all’adempimento dell’appaltatore e alla verifica dell’idoneità dell’opera. 36 Consistente in sanzioni pecuniarie e interdittive 15 L’appaltatore gestisce a proprio rischio l’adempimento della prestazione dedotta in contratto: trattasi di rischio d’impresa l’eventualità che l’appaltatore non riesca a coprire i costi sostenuti con il corrispettivo pattuito, cui si aggiunge il rischio di non ricevere alcun compenso nel caso questi non sia in grado di realizzare l’opera salvo che l’esecuzione sia diventata impossibile per causa imputabile al committente. L’assunzione del rischio d’impresa è il requisito fondamentale affinché l’appaltatore sia, a tutti gli effetti, un imprenditore e non un mero intermediario. Quindi un appalto è legittimo quando: la professionalità dell’attività svolta (art. 2082 c.c.); l’assunzione del rischio d’impresa; l’organizzazione autonoma dei mezzi e delle persone necessarie; Committente dell’opera o del servizio può essere sia un soggetto pubblico, sia un soggetto privato. È da rilevare tuttavia, che la disciplina codicistica dell’appalto può essere integralmente applicata ai soli appalti privati. Se il committente è un soggetto pubblico, la disciplina codicistica è integrata o sostituita da una complessa legislazione speciale. Tra i lavoratori dipendenti impiegati nell’appalto e appaltatore si instaura un normale rapporto di lavoro subordinato. Rimane estraneo a tale rapporto il committente, che beneficerà del risultato dell’attività coordinata e gestita interamente dall’appaltatore. Accanto allo schema civilistico dell’appalto, il legislatore del 1942 menziona la figura del contratto di subappalto nell’art. 1656 c.c., senza peraltro definirlo. La definizione dello stesso deriva da un atto giurisprudenziale della Suprema Corte. Il subappalto è un “contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto” 37 . Il subappalto è, a sua volta, un contratto di appalto, con il quale l’appaltatore demanda a un terzo l’esecuzione dell’opera o del servizio pattuita con il committente principale. Questo si obbliga alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotto in contratto con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio. Si viene a delineare così un secondo rapporto obbligatorio che lega l’appaltatore iniziale al subappaltatore. Al contrario, non esiste nessun rapporto che lega il committente principale al nuovo appaltatore, eccezion fatta per il profilo della ripartizione delle responsabilità come da recenti modifiche della disciplina giuslavoristica dell’appalto. Il subappalto può avere il medesimo oggetto dell’appalto principale o una sua frazione: nel primo caso siamo di fronte a una forma d’integrazione orizzontale, in cui le imprese cooperano tra loro per il raggiungimento dello stesso risultato; mentre nel secondo caso siamo di fronte a una forma d’integrazione verticale, che lega le imprese gerarchicamente. L’appaltatore principale sostanzialmente dirige i lavori e il subappaltatore li esegue creando nei fatti una dipendenza economica che espone a maggiori rischi di sottotutela dei lavoratori. 37 Cassazione civile, Sezione Lavoro, sentenza del 07 marzo 2008, n. 6208; 16 La disciplina codicistica in materia di appalto contiene altresì una specifica norma avente ad oggetto la tutela delle posizioni creditizie dei lavoratori impiegati in appalti. L’art. 1676 c.c. sancisce che “coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”. L’azione di cui all’art. 1676 c.c., per esplicita previsione della Corte di Cassazione, può essere esercitata anche dai dipendenti del subappaltatore nei confronti del sub-committente 38 . “L'art. 1676 c.c., funziona nel senso che il committente diviene diretto debitore degli ausiliari dell'appaltatore fino a concorrenza del prezzo di appalto” 39 . I dipendenti dell’appaltatore, fermo restando il diritto di rivolgersi al proprio datore di lavoro per la soddisfazione del proprio credito, possono pretendere direttamente dal committente il loro compenso economico, nei limiti del debito residuo che questi ha nei confronti dell’appaltatore al momento della presentazione della domanda (c.d. azione di rivalsa). Il committente, pertanto, non potrà liberarsi pagando quanto dovuto all’appaltatore, poiché rimarrebbe in ogni caso vincolato nei confronti dei dipendenti di quest’ultimo che hanno proposto domanda per il soddisfacimento del loro credito 40 . Nessuna legittimazione ad agire è riconosciuta, di contro, all’ente previdenziale e all’agenzia fiscale, che restano privi di strumenti [codicistici] per il recupero di eventuali versamenti omessi. La tutela delle posizioni creditizie dei lavoratori disciplinata dal codice civile, così come strutturata, è una tutela molto debole, che non può essere estesa al recupero dei versamenti fiscali e previdenziali omessi dal datore di lavoro. Inoltre, affinché il credito del lavoratore trovi soddisfazione, è necessario che occorrano contestualmente i seguenti presupposti: l’esistenza di un credito derivante da un rapporto di lavoro subordinato nei confronti dell’appaltatore; un debito residuo del committente nei confronti della controparte per l’opera o il servizio commissionato; la prestazione lavorativa del dipendente prestata in quel determinato appalto 41 . 11. Il contratto di appalto. L’evoluzione della disciplina lavoristica: la legge 1369 del 1960 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza del 9 agosto 2003, n. 12048; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, massima del 19 marzo 2008, n. 7384: "La previsione contenuta nell'art. 1676 c.c., in base alla quale i lavoratori dipendenti dell'appaltatore hanno, nei confronti del committente, un'azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all'attività lavorativa prestata per eseguire l'opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltatore, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della "ratio" della norma, che è ravvisabile nell'esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell'appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell'inadempimento di questi - esigenza che ricorre identica nell'appalto e nel subappalto". 40 Corte di Cassazione, Sezione Civile, sentenza del 19 aprile 2006, n. 9048; 41 Corte di Cassazione, Sezione Civile, sentenza del 14 marzo 2001, n. 3559. 38 39 17 La legge 1369 del 1960 ha avuto il compito, per circa un quarantennio, di discernere tra ipotesi legittime e genuine di appalto di opere e servizi e fenomeni illegittimi di mera interposizione nei rapporti di lavoro, sia nel settore pubblico, sia nel settore privato. Norma che ha introdotto il generale divieto di interposizione nella fornitura di prestazioni di lavoro. Prima di questa legge, l’unico riferimento normativo connesso al fenomeno dell’interposizione era contenuto nell’art. 2127 del codice civile, dedicato alla regolazione dell’interposizione nel lavoro a cottimo. La L. 1369/60, coerentemente con la struttura industriale manifatturiera di stampo fordista dell’epoca, impone un generico divieto di fornitura di mere prestazioni di lavoro, affidate in appalto o in qualsiasi altra forma. Tale norma ha inteso precluderne gli appalti fittizi, in cui l’appaltatore è uno pseudo-appaltatore e il committente è uno pseudo committente. L’approccio del legislatore nei confronti dei rapporti interpositori è chiaro: l’inserimento di un terzo soggetto tra utilizzatore e prestatore di lavoro non può in nessun caso perseguire interessi meritevoli di tutela, in quanto sempre pregiudizievole dei diritti dei lavoratori. La fattispecie sanzionata dalla legge 1369 è la fornitura di manodopera, simulata sotto le vesti (formali e non sostanziali) di contratti di appalto, di cui all’art. 1655 c.c.. Le conseguenze civilistiche dell’inosservanza del divieto erano pesanti. A un’ammenda a carico dell’interponente e del soggetto interposto si affiancava una sanzione civile: i dipendenti impiegati in violazione del divieto erano considerati dipendenti del committente, ritenuto il vero e il solo datore nel rapporto di lavoro, che rende concreto, con il suo comportamento, il vincolo di subordinazione. Il giudice in questi casi si limitava a rilevare la nullità del contratto simulato e l’esistenza di fatto di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, in capo al soggetto interponente, con i soggetti “solo formalmente” dipendenti dell’interposto. Nessun riferimento, invece, riguardo la responsabilità dell’appaltatore interposto, conseguente alla dichiarazione di nullità del contratto simulato, in merito agli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro. Tuttavia il vuoto viene colmato dalla Suprema Corte che ha così sentenziato “Nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono i primi tre commi dell'art. l legge 23 ottobre 1960 n. 1369 (divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego della mano d'opera negli appalti di opere e di servizi) la nullità del contratto fra committente ed appaltatore (o intermediario) e la previsione dell'ultimo comma dello stesso articolo, secondo cui i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, comportano che solo sull'appaltante (o interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, non potendosi configurare una (concorrente) responsabilità dell' appaltatore (o interposto) in virtù dell'apparenza del diritto e dell'apparente 18 titolarità del rapporto di lavoro stante la specificità del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli interessi ad esso sottesi” 42 . La giurisprudenza, nell’intento di individuare i criteri da cui si potesse desumere la genuinità dell’appalto, prese inizialmente come punto di riferimento gli elementi tipici di tale contratto, come da combinato disposto dell’art. 2082 c.c. e dell’art. 1655 c. c.,. L’autonoma organizzazione dei mezzi, dei capitali e delle persone, l’assunzione del rischio di impresa e la professionalità nell’esercizio dell’attività sono prontamente qualificati come indici rivelatori del carattere imprenditoriale dell’attività economica esercitata dall’appaltatore. L’appalto era considerato lecito qualora fosse verificata l’esistenza di una autonoma organizzazione dei mezzi e la gestione a proprio rischio dell’attività di impresa. Quest’interpretazione escludeva la possibilità che attività a bassa intensità organizzativa e ad alta intensità di lavoro potessero legittimamente 43 formare oggetto di appalti di servizi. La progressiva smaterializzazione dell’impresa, cresciuta esponenzialmente con l’affermarsi del settore dei servizi e del settore informatico, evidenziò l’inadeguatezza dell’apparato strumentale quale criterio discriminante tra appalto lecito e interposizione illecita. Si pensi agli appalti a bassa intensità organizzativa nei quali il requisito organizzativo si confonde con l’organizzazione del lavoro oppure ai settori ad alta intensità tecnologica dove l’apporto di beni immateriali supera di gran lunga l’apporto di beni materiali. Da ciò si desume come il confine tra appalto, specie se di servizi, e quella che oggi è definita somministrazione di manodopera è apparso concretamente labile. Tuttavia la tipologia degli appalti, vietati oppure consentiti, dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1369 si desume non solo dall'art. 1, commi 1 e 3, che pone il principio generale del divieto di appalti di mera manodopera, ma anche dagli artt. 3 e 5, i quali, nel dettare la disciplina degli appalti leciti, forniscono utili criteri tipologici interpretativi di quelli illeciti. L’ art. 3 salvaguarda la parità di trattamento tra i lavoratori dipendenti del committente ed i lavoratori impiegati in appalti (leciti), da eseguirsi all’interno dell’impresa: sono appalti genuini a forte rischio di sottotutela. L’intento perseguito dal legislatore era rendere omogeneo il trattamento economico normativo applicato ai Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza del 26 ottobre 2006, n. 22910; Ad eccezione delle ipotesi fatte salve nell’art. 5 L. 1369/60: Le disposizioni di cui all'articolo 3 della presente legge non si applicano: a) agli appalti per costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti; b) agli appalti per installazione o montaggio di impianti e macchinari; c) ai lavori di manutenzione straordinaria; d) ai trasporti esterni da e per lo stabilimento; e) agli appalti che si riferiscono a particolari attività produttive, le quali richiedano in più fasi successive di lavorazione, l'impiego di mano d'opera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa, sempre che tale impiego non abbia carattere continuativo; f) agli appalti per prestazioni saltuarie ed occasionali, di breve durata, non ricorrenti abitualmente nel ciclo produttivo e nell'organizzazione dell'impresa. Per tali appalti l’esclusione dalla disciplina di cui all'articolo 3 dovrà essere preventivamente autorizzata, di volta in volta, dall'Ispettorato del lavoro competente; g) agli appalti per l'esecuzione dei lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti - esclusi per questi ultimi gli appalti di cui al secondo comma dell'articolo 3 - conclusi con imprese che impiegano il personale dipendente presso più aziende contemporaneamente. Per tali appalti l’esclusione dalla disciplina di cui all'articolo 3, salva la disposizione dell'articolo 1676 del Codice civile, dovrà essere autorizzata preventivamente dall'Ispettorato del lavoro competente del luogo dove i lavori devono eseguirsi. Restano ferme le disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1955, n.407; h) agli appalti per la gestione dei posti telefonici pubblici, di cui all'articolo 55 del regolamento di esecuzione dei titoli I, II e III del libro II della legge postale e delle telecomunicazioni, approvato con regio decreto 19 luglio 1941, n. 1198, soltanto nei casi in cui la prestazione del lavoratore per l'espletamento del servizio telefonico non sia prevalente rispetto a quella da lui normalmente svolta. 42 43 19 dipendenti del committente e dell’appaltatore e così facendo si sarebbe disincentivato forme di esternalizzazione elusive delle garanzie riconosciute ai lavoratori. L’innalzamento delle tutele predisposte per i lavoratori impiegati negli appalti intraaziendali è rafforzato dalla previsione dell’obbligo di responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore riguardante i diritti di natura contributiva e retributiva dei lavoratori coinvolti: diritti che possono essere esercitati durante l’esecuzione del contratto di appalto e sino ad un anno dalla cessazione dello stesso, al termine del quale si applica la solo tutela del codice civile. La L. 1369/90 supera in tutela l’art. 1676 del c.c. poiché Il vincolo solidale incombente sul committente non è circoscritto al solo debito che questi ha nei confronti dell’appaltatore al tempo in cui i dipendenti propongono domanda, ma racchiude tutti i diritti economici del lavoratore, indipendentemente, quindi, dal fatto che il committente abbia versato o meno il corrispettivo per l’esecuzione dell’appalto. La disciplina della responsabilità solidale e il vincolo della parità di trattamento negli appalti non si applicano, tuttavia, alle ipotesi di appalto elencate nell’articolo 5, Il rafforzamento della tutela dei lavoratori è limitato, come abbiamo visto, ai soli appalti da eseguirsi all’interno delle aziende 44 . Non si comprendono appieno la ragioni in virtù delle quali hanno diritto a ottenere una protezione più intensa i lavoratori che si trovino a svolgere l’attività lavorativa a stretto contatto con i dipendenti del committente e non anche la manodopera impiegata in appalti esterni ma che sono comunque a rischio di sotto tutela. 12. Il contratto di appalto. L’evoluzione della disciplina lavoristica: la legge 196/97 (Legge Treu) e la Dlgs 276/2003 (Legge Biagi) Già da tempo dottrina e giurisprudenza avevano iniziato, come abbiamo avuto modo di evidenziare, un lento ma progressivo processo di disapplicazione del divieto di interposizione. Il primo tentativo di adeguamento della disciplina sull’outsourcing è stato realizzato con la legge 196/97che ha legittimato l’utilizzo di una particolare forma d’interposizione, il lavoro temporaneo tramite agenzia. Lasciando pertanto inalterato il confine sostanziale tra appalto lecito ed interposizione vietata. La legge autorizza, in determinati casi, imprese private iscritte in appositi albi (c.d. imprese fornitrici) a mettere a disposizione delle imprese utilizzatrici le prestazioni di lavoro temporaneo di lavoratori assunti dalle prime, ai quali era garantito il trattamento retributivo in vigore nelle seconde 45 . La legge delega 30 del 14 febbraio del 2003 fissò le linee guida di quella che è divenuta poi la riforma del mercato del lavoro Dlgs 276/2003, conosciuta come Legge Biagi. A prima lettura, infatti, l’art.1, comma II, del D.Lgs. 276 sembrerebbe ampliare i casi di esclusione non solo al personale delle Pubbliche Amministrazioni, Un appalto può essere considerato interno all’impresa nel momento in cui l’attività dedotta in contratto afferisce al ciclo produttivo dell’impresa committente; appalti esterni, invece, si devono intendere tutte quelle forme di appalto non collegate funzionalmente al normale ciclo produttivo dell’impresa appaltante (criterio funzionale) 45 Cassazione penale sezione terza penale sentenza del 26 gennaio 2004 n. 2583 44 20 come previsto dall’art. 6 della Legge Delega n. 30 del 2003, secondo cui le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate, ma anche alle Pubbliche Amministrazioni tout court. Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma II, del D.Lgs. 276 del 2003 impone di ritenere che non sia configurabile una totale esclusione delle Pubbliche Amministrazioni dall’applicazione delle norme del decreto. Il riferimento di tale articolo alle Pubbliche Amministrazioni deve ritenersi limitato alle sole ipotesi in cui esse operino come datori di lavoro, mentre esso non riguarda la Pubbliche Amministrazioni nel proprio ruolo istituzionale 46 . È l’art. 29 del Dlgs. 276 del 2003 che si occupa della disciplina giuslavoristica dell’appalto lecito, ferma restando quella che è la normativa codicistica in materia. Come recita l’art. 29 c.1, “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa”. Affinché si perfezioni un appalto legittimo, è necessaria la presenza simultanea di due requisiti: l’organizzazione dei mezzi, anche immateriali, che costituiscono il complesso aziendale, il potere organizzativo e direttivo e la gestione a proprio rischio dell’attività d’impresa. L’eliminazione della presunzione d’illiceità dell’appalto prevista dall’ora abrogato art. 1 della legge 1369 del 1960, già mitigata in sede giurisprudenziale per gli appalti labour intensive, rappresenta l’elemento di maggior novità della nuova disciplina. La legittimità dell’appalto è svincolata dalla proprietà dei mezzi di produzione ed è strettamente legata al profilo organizzativo e direttivo dell’attività d’impresa gestita dall’appaltatore. Nessun limite legislativo è previsto rispetto alle attività che possono validamente costituire oggetto di contratto di appalto. Qualsiasi attività di impresa, finanche facenti parte del core business dell’azienda, può divenire oggetto di appalto. Inoltre si è demandato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il compito di emanare dei codici di buone pratiche e di indici presuntivi 47 in materia d’interposizione illecita e appalto genuino, che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e dell’assunzione effettiva del rischio tipico di impresa da parte dell’appaltatore 48 . Codici che a oggi non sono stati ancora emanati, tuttavia il Ministero del Lavoro già 46 Mainardi S., Dlgs 10 settembre 2003 n. 276 e riforma del mercato del lavoro, in Lavoro nelle P.A., 2003; Casale D., Pubbliche Amministrazioni e Dlgs n. 276/2003, in Lavoro nelle P.A. 2006; Trib. Pavia, 29.4.2006 in D.L. Riv. critica dir. lav., 2006. 47 “Tali codici e indici presuntivi recepiscono, ove esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di categoria stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” Art. 84 c.2 Dlgs 276/2003 48 Art. 84 c.2 Dlgs 276/2003 21 con la Circolare 48 del 15/12/2004 ha inteso fornire alle commissioni di certificazione 49 i requisiti che i contratti di appalto devono possedere ai fini della loro certificazione. Tali requisiti sono stati ripresi nella Circolare 5 del 11/02/2011 che afferma come deve essere oggetto di valutazione: La tipologia di attività appaltata; L’organizzazione dei mezzi necessari per la realizzazione dell’opera o del servizio da parte dell’appaltatore; La durata determinata o determinabile dell’attività dedotta nel contratto d’appalto; La rilevanza delle competenze dei lavoratori impiegati dall’appaltatore a fronte della scarsa rilevanza di attrezzature o beni strumentali; La presenza di un considerevole know-how aziendale in possesso dell’appaltatore nell’ambito dell’appalto di lavori specialistici. Successivamente sempre la circolare cita alcuni indici rivelatori della sussistenza di rischio d’impresa: L’appaltatore ha già in essere un’attività imprenditoriale che viene esercitata abitualmente; L’appaltatore svolge una propria attività produttiva in maniera evidente e comprovata; L’appaltatore opera per conto di differenti imprese da più tempo o nel medesimo arco temporale considerato. Infine esiste un’analisi di contenuti formali quali: L’iscrizione dell’appaltatore al registro delle imprese, con particolare riguardo alla data, all’oggetto sociale, nonché al capitale sociale; Il libro giornale, il libro degl’inventari e il libro dei cespiti ammortizzabili; Il libro unico del lavoro per le scritturazioni afferenti alla data di assunzione nonché alle qualifiche e mansioni dei lavoratori impiegati nell’appalto; Il documento unico di regolarità contributiva. 49 Art.76 Dlgs276/03 22 Capitolo III APPALTI PUBBLICI: DIRITTI E TUTELE DEI LAVORATORI 13. L’Appalto illecito e l’appalto fraudolento La Circolare del Ministero del Lavoro n. 5 del 2001 richiama i precetti della Direttiva sui servizi ispettivi e le attività di vigilanza del 18 settembre 2008 e ribadisce la tolleranza zero nei confronti dei cosidetti pseudo appalti. In base a quanto disposto dall’art.18 c.5-bis Dlgs 276/2003 nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art.29 c.1 l’utilizzatore ed il somministratore sono puniti con l’ammenda di 50€ per ogni lavoratore occupato per giornata di occupazione. Il reato può essere estinto in base alla prescrizione degli ispettori che prescriverà allo pseudo-appaltatore l’immediata cessazione di fornitura di manodopera e allo pseudo-committente l’immediata cessazione dei lavoratori somministrati illecitamente o di assumere gli stessi alle proprie dipendenze o infine, ricorrendo le 23 condizioni dell’art. 20 Dlgs 276 del 2003, l’assunzione degli stessi tramite agenzia di somministrazione autorizzata. Nel caso si accerti lo sfruttamento di minori nell’appalto, si avrà una pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’incremento dell’ammenda fino al sestuplo. Inoltre all’art. 29 c.3-bis Dlgs 276/2003 nel caso di un appalto che violi l’art. 29 c.1 il lavoratore potrà chiedere a norma dell’art.414 c.p.c. la costituzione del rapporto di lavoro in capo al soggetto che ha utilizzato la prestazione. Questo non comporta un’automatica costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore ma rappresenta un diritto potestativo in capo al lavoratore 50 . La norma prevede inoltre all’art. 27 c.2 del Dlgs 276/2003 che “tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione” L’Appalto illecito posto in essere per eludere i diritti dei lavoratori che derivano da disposizioni inderogabili di legge o di Contratto collettivo si configura il reato di somministrazione fraudolenta di cui all’art.28 del Dlgs 276/2003. La sanzione vedrà oltre quella contemplata per l’appalto illecito l’ulteriore sanzione di 20 € per ogni lavoratore impiegato e per ogni giorno di lavoro. Il provvedimento ispettivo consisterà nella regolarizzazione da parte del committente fraudolento di tutti i lavoratori illecitamente impiegati per tutta la durata di effettivo impiego nello pseudo-appalto fraudolento. Il somministratore dovrà cessare la fornitura di manodopera e agevolare l’assunzione dei lavoratori alle dipendenze dell’utilizzatore. Il contratto stipulato con la finalità di eludere norme di legge e di CCNL si ritiene nullo in base al combinato disposto artt. 1344 e 1418 del c.c. con le conseguenze previste nel art. 21 del Dlgs 276/2003 ossia la nullità del contratto di somministrazione con i lavoratori considerati alle dipendenze dell’utilizzatore. Le eventuali differenze retributive e contributive possano essere richieste all’utilizzatore e, in base all’art. 2126 c.c., nei confronti del somministratore 14. Appalti pubblici ed obblighi retributivi e contributivi Relativamente all’obbligatorietà del regime retributivo da applicare ai dipendenti dell’appaltatore nel settore degli appalti pubblici il Legislatore ha predisposto una serie di tutele a favore dei lavoratori. Il Ministero del Lavoro nella circolare 5 del 2011 richiama l’art. 36 della Legge 300/1970 ”nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che esercitano Il diritto potestativo è la situazione giuridica soggettiva che consiste nell'attribuzione di un potere ad un soggetto allo scopo di tutelare un interesse modificando la situazione giuridico-patrimoniale di un altro soggetto che si trova in stato passivo di soggezione 50 24 professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalti attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo del beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria o della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l’imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge”. Altre forme di tutela sono riscontrabili nel Codice dei contratti pubblici Dlgs 163 del 2006 e nel Regolamento di attuazione DPR 207 del 2010: Art. 5 c.5 lett. r) Dlgs n. 163 del 2006 Generico intervento sostitutivo della Stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva e contributiva dell’appaltatore le cui modalità di attuazione sono state rinviate all’emanazione di un apposito regolamento di attuazione Art. 4 c.2 DPR 207 del 2010 Nel caso di acquisizione di DURC che segnali un’inadempienza contributiva relativa ad uno o più soggetti impiegati nell’appalto (appaltatore e/o subappaltatore), il responsabile del procedimento trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza e lo versa direttamente agli enti previdenziali ed assicurativi. Art. 5 DPR 207 del 2010 Nel caso di inadempienza retributiva dell’appaltatore, del subappaltatore o del cottimista nei confronti del personale dipendente, il responsabile del procedimento invita le parti a provvedervi entro i 15gg successivi. Qualora l’inadempienza perdurasse, la Stazione appaltante può procedere al pagamento diretto delle retribuzioni a favore dei lavoratori scomputando tali somme da quelle dovute all’esecutore del contratto o al subappaltatore inadempiente. In caso di contestazione delle richieste, è investita la DTL territorialmente competente per gli accertamenti del caso Art 118 c.6 Dlgs 163 del 2006 L’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per settore e zona nella quale si eseguono le prestazioni. 15. Il regime di responsabilità solidale La disciplina delle obbligazioni solidali in materia di appalti denota la necessità da parte del legislatore di costituire un sistema idoneo di garanzie che obbliga i soggetti operanti nella filiera degli appalti alla 25 corresponsione delle retribuzioni, al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi nonché sulle ritenute fiscali (nel caso del rapporto appaltatore e subappaltatore). Così facendo si è voluto evitare una dispersione delle responsabilità come prodotto del meccanismo interpositorio dell’istituto dell’appalto. Nel caso di specie si è aperta negli anni una disquisizione supportata da opzioni ermeneutiche e da giurisprudenza circa l’applicabilità dell’art. 29 c. 2 Dlgs 276/2003 (nella versione riformata dall’art.21 L. 35/2012) ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni. Tale articolo, come sappiamo, stabilisce un vincolo di solidarietà tra committente, appaltatore e subappaltatore entro il termine di decadenza di due anni 51 dalla cessazione dell’appalto per la corresponsione a favore dei lavoratori dei trattamenti retributivi, previdenziali ed assistenziali dovuti. Tale titolo decadenziale di due anni opera previsto per l’esercizio dei relativi diritti opera non solo in riferimento all’esercizio dell’azione da parte del lavoratore, creditore di somme di natura retributiva, ma anche all’esercizio dell’azione da parte degli Istituti (Inps e Inail) creditori di contributi previdenziali dovuti, pur confermando la prescrizione quinquennale prevista per il recupero contributivo del datore di lavoro inadempiente 52 . L’esclusione dalla responsabilità solidale della Stazione appaltante pubblica si fonda sulla generale esclusione prevista dall’art. 1 c.2 Dlgs 276/2003. Tuttavia abbiamo già confutato come costituzionalmente non possa essere configurata una totale esclusione delle Pubbliche amministrazioni, nel loro ruolo istituzionale, dall’applicazione del Decreto ed anzi come la stessa esclusione sia limitata alle sole ipotesi in cui le P.A. operino in qualità di datrici di lavoro. Posizione supportata dalla giurisprudenza, secondo cui l’art. 29 del D.Lgs. 276 del 2003 è applicabile anche agli appalti conferiti dalle Pubbliche Amministrazioni, in quanto la deroga contenuta nell’art. 6, comma I, della legge n. 30 del 2003 è limitata esclusivamente al personale delle stesse e non si estende invece ai lavoratori dipendenti dall’appaltatore 53 . La circostanza che la Pubblica Amministrazione si avvalga, mediante la stipulazione di un contratto di appalto, di un soggetto privato per l’espletamento di un servizio pubblico non esclude il vincolo di solidarietà passiva tra l’Amministrazione e tale soggetto, con la conseguenza che i lavoratori dipendenti possono reclamare il pagamento di quanto loro spettante nei confronti dell’uno o dell’altro dei soggetti debitori in solido 54 . Il regime solidaristico delineato si pone a tutela dei lavoratori dipendenti dall’appaltatore, e l’Amministrazione appaltante, obbligata quale responsabile in solido a corrispondere ad essi quanto dovuto dall’appaltatore, ha Passaggio da1 a 2 anni operato dall’art.1 c. 911 L. 296/2006 Questa interpretazione contrasta con la Sentenza n. 996 del 2007 Corte di Cassazione Sez. Lavoro secondo cui la decadenza di due anni non può essere applicata ad istituti quali Inps ed inail che sono terzi nell’appalto e i cui diritti autonomi, scaturenti dal rapporto di lavoro, sono soggetti all’ordinaria prescrizione dell’art. 3 L.335/95 51 52 53 Trib. Busto Arsizio, 29.3.2010, in D.L. Riv. critica dir. lav., 2010; Trib. Novara, 3.3.2011, in D.L. Riv. critica dir. lav., 2011; Trib. Milano, Sez. lav., 22.1.2010, n. 317, in Ragiusan, 2011. Sul punto, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 12.07.2004, n. 10088 54 26 la possibilità di recuperare successivamente le somme erogate 55 avvalendosi dell’azione di regresso, disciplinata dall’art. 1299 del Codice Civile 56 . Sull’applicabilità dell’29 c. 2 Dlgs 276/2003 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni è intervenuto il recente DL 76/2013 convertito in L. 99/20013 che esclude dall'ambito dell'intero regime di solidarietà disciplinato dall'articolo 29 del Dlgs 276/2003 i contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni (di cui all'art. 1, comma 2, del Dlgs n. 165/2001). In particolare non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni quanto disposto dall’art 29 comma 2 del Dlgs 276/2003. Le altre due novità contenute nell’art.9 c.1 DL 76/2013 convertito in L. 99/20013 sono: L’ estensione dell’obbligazione solidale ai debiti retributivi, contributivi ed assicurativi maturati dall’appaltatore in relazione alla propria forza-lavoro, ancorché reclutata con contratti di lavoro autonomo sempre fatta eccezione per gli appalti stipulati dalla pubblica amministrazione La derogabilità della contrattazione collettiva al regime solidaristico in oggetto solo in riferimento ai debiti di natura retributiva. Già la circolare 5/2011 del Ministero del Lavoro, infatti, facendo riferimento allo stesso articolo 29 della legge Biagi (che usava genericamente il termine «lavoratori») aveva indicato come beneficiari delle tutele poste dal regime della responsabilità solidale non soltanto i lavoratori subordinati ma anche gli altri soggetti impiegati nell'appalto con diverse tipologie contrattuali, come i collaboratori a progetto e gli associati in partecipazione. Anche l’inps con la circolare 106/2012, aveva ribadito lo stesso principio. Il DL 76/2013 convertito in L. 99/20013 estende la solidarietà anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori autonomi. La circolare 35/2013 del Ministero del Lavoro ha chiarito che il riferimento della norma si limita ai collaboratori coordinati e continuativi e ai collaboratori a progetto impiegati nell'appalto, e non anche ai lavoratori autonomi che sono tenuti in via esclusiva ad assolvere i relativi oneri. La Legge 28.06.2012 n. 92 (c.d. Riforma Fornero), intervenendo direttamente sull’art. 29, aveva conferito alla contrattazione collettiva il potere di derogare al regime solidaristico in analisi. In realtà, già l’art. 8, comma 2, lett. a), L n. 148/2011, aveva previsto la possibilità di deroga ad opera della contrattazione collettiva di prossimità. Il Ministero del Lavoro (lettera circolare n. 7258/2013) aveva espresso una certa riserva a che la fonte contrattuale potesse derogare al regime previdenziale ed assistenziale contenuto nell’art. 29, muovendo dall’assunto secondo cui le disposizioni collettive non potessero incidere direttamente sui “saldi” di finanza pubblica. 55 56 Trib. Pavia, 29.4.2006, in D.L. Riv. critica dir. lav., 2006 Cass. Civ., Sez. III, 30.10.2007, n. 22860 27 L’obbligazione solidale tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori può essere inibita (esclusivamente in relazione ai trattamenti retributivi dovuti ai lavoratori impiegati nell’appalto/subappalto) se i contratti collettivi nazionali di lavoro, sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore, dispongano diversamente, individuando metodi e procedure di controllo della regolarità degli appalti, senza poter però incidere sul regime della contribuzione dovuta per il periodo di esecuzione del contratto. Peraltro, tenendo conto che spesso le imprese della filiera non applicano lo stesso contratto collettivo, non è chiaro se il CCNL che preveda regole ad hoc debba essere quello applicato dall’appaltante o dall’appaltatore. Nell’attribuzione ai CCNL del compito di individuare procedure specifiche di verifica della regolarità rientra anche la disciplina del coinvolgimento dei soggetti della filiera per incapienza dei beni di chi esegue l’opera, in caso di contenzioso nella materia. In base a quest’ultima disposizione, il debitore solidale (committente imprenditore o datore di lavoro), chiamato a rispondere in sede giudiziale del pagamento insieme con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori, può proporre un’eccezione con la quale chiede che sia preventivamente escusso il patrimonio di questi ultimi. In queste ipotesi, sebbene il giudice accerti la responsabilità solidale, l’azione esecutiva può essere promossa nei confronti del committente solo dopo che l’esecuzione verso il patrimonio del responsabile abbia dato esito infruttuoso. Inoltre, la norma conferma una procedura già esperibile nei casi di responsabilità solidale, che consiste nella possibilità da parte del committente, chiamato a rispondere al posto del responsabile, di richiedere la restituzione di quanto pagato attraverso l’azione di regresso. In conseguenza di quanto sopra e fino a nuova giurisprudenza di merito l’unica forma di solidarietà che sussiste tra un committente pubblico ed un appaltatore privato è quella contemplata dall’art. 1676 del C.C. che tuttavia presenta due limitazioni: a) L’oggetto, circoscritto al solo trattamento economico dovuto dall’appaltatore ai propri dipendenti, con esclusione degli adempimenti previdenziali; b) La quantificazione del debito solidale si riferisce esclusivamente a quanto dovuto dal committente all’appaltatore al momento della presentazione da parte dei lavoratori della domanda giudiziale e a condizione che lo stesso committente pubblico non abbia estinto il debito nei confronti degli esecutori dei lavori. Unitamente a quanto sopra è necessario accludere limitatamente agli appalti pubblici l’art.118 c. 6 Dlgs 163/2006 (Codice degli Appalti Pubblici) che così recita: “ L'affidatario e' tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; e', altresi', responsabile in solido dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto.” 28 Da ciò deriva che nell’ambito dei contratti pubblici sussiste un regime di responsabilità solidale nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore senza alcun vincolo temporale o quantitativo mentre nei rapporti tra committente pubblico e appaltatore trova applicazione la disciplina generale. 16. La responsabilità solidale degli enti previdenziali, assicurativi e fiscali Sulla responsabilità solidale degli enti previdenziali ed assicurativi negli appalti pubblici incide il recente intervento del DL 76/2013 (Decreto lavoro Governo Letta) convertito in L. 99/20013 che esclude dall'ambito dell'intero regime di solidarietà disciplinato dall'articolo 29 c.2 del Dlgs 276/2003 i contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni (di cui all'art. 1, comma 2, del Dlgs n. 165/2001). La recentissima modifica legislativa è infatti priva di giurisprudenza a riguardo. Il legislatore ha introdotto un gruppo di norme, basate sulla tecnica della responsabilità solidale, con lo scopo di fornire una specifica tutela agli Enti pubblici previdenziali, assicurativi e fiscali. Il combinato disposto degli artt. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 e 35, comma 28, DL 4.7.2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani) comporta che committente, appaltatore e subappaltatore sono solidalmente responsabili per i trattamenti retributivi e per i contributi previdenziali (e assicurativi) 57 dovuti ai lavoratori dell’appalto; mentre solo appaltatore e subappaltatore sono responsabili in solido per l’effettuazione e il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dei contributi assicurativi obbligatori dei dipendenti cui è tenuto il subappaltatore 58 . La responsabilità solidale garantisce crediti che, a differenza dei crediti dei lavoratori dell’appalto, sono di pertinenza di soggetti terzi rispetto al contratto di lavoro sotteso al contratto di appalto. L’obbligazione solidale non si estende né alle sanzioni civili irrogate dall’INPS in caso di omessa contribuzione 59 né alle sanzioni amministrative eventualmente irrogate all’appaltatore o al subappaltatore dall’Ispettorato del lavoro. Secondo l’art. 26 Dlgs 81/2008, il committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore non è indennizzato ad opera dell’INAIL: la solidarietà del committente non può essere intesa senza riferirsi anche ai premi dovuti per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. Per cui riassumendo soggetti attivi dell’obbligazione solidale prevista dall’art. 29, comma 2, siano INPS e INAIL: già si è rilevato, infatti, che la dottrina maggioritaria ritiene che la responsabilità solidale in questione operi nei confronti di INPS e INAIL, in quanto diretti titolari dei crediti previdenziali ed assicurativi. Il regime di responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2 deve essere integrato con la residua disciplina prevista dal «decreto Bersani» che, a seguito di una parziale abrogazione di diversi commi dell’art 35, DL 4.7.2006 n. 223, convertito in legge 4.8.2006 n. 248, attualmente prevede che “l’appaltatore risponde in solido artt. 29, comma 2, DLgs. 276/2003 35, comma 28, DL 4.7.2006, n. 223 59 Sulle somme per le quali il committente è chiamato a rispondere in solido, il ministero del Lavoro (circolare 2/2012) ha precisato che, in seguito alla modifica apportata dal DL 5/2012, il regime di solidarietà non si applica alle sanzioni civili. 57 58 29 con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore”. Il regime di responsabilità solidale del «decreto Bersani» riguarda, oggi, tutti coloro che assumano la posizione di appaltatore e subappaltatore, senza alcuna limitazione o esclusione soggettiva. L’ambito di estensione della responsabilità solidale dal lato attivo si riferisce agli Enti pubblici preposti al prelievo fiscale (Ministero del Tesoro e Agenzia delle Entrate), oltre che, naturalmente, ad INPS e INAIL. L’ambito oggettivo di applicazione della norma investe l’effettuazione e il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, nonché il versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore; la responsabilità solidale non ha limiti quantitativi. L’attuale disciplina del «decreto Bersani» determina due regimi di responsabilità solidale parzialmente differenti in caso di appalto e di subappalto: il regime della responsabilità solidale del committente è, infatti, determinato dal solo art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003. L’Art. 1676. del cc per gli appalti pubblici ha circoscritto al solo trattamento economico dovuto dall’appaltatore ai propri dipendenti, con esclusione degli adempimenti previdenziali 60 . Non sussiste più, invece, alcuna responsabilità solidale del committente per le ritenute fiscali poiché il DL 97/2008 ha abrogato l’art. 35, comma 34, del «decreto Bersani» ove si prevedeva che “resta fermo quanto previsto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, che deve intendersi esteso anche alla responsabilità solidale per l’effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente”; mentre nessun riferimento alla responsabilità solidale fiscale del committente è previsto per gli appalti pubblici. il regime della responsabilità solidale dell’appaltatore-subappaltante risulta, invece, più complesso, essendo determinato dal contemporaneo operare dell’art. 29, comma 2, DLgs 276/2003, dall’art. 35 comma 28, «decreto Bersani» e dall’art.118 c. 6 Dlgs 163/2006 (Codice degli Appalti Pubblici) mentre nulla è menzionato dall’art. 1676. del c.c. per gli appalti pubblici. Indi per cui per quanto concerne i trattamenti retributivi dei dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore, in realtà, non si registra alcuna sovrapposizione normativa tra le tre leggi. La responsabilità solidale è disciplinata dal solo art. 29, comma 2 e dall’art. 118 c. 6 Dlgs 163/2006. Per quanto concerne, invece, i contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, la disciplina è più complessa. Ai sensi del solo art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003, committente, appaltatore e 60 “Contratti d’Appalto: il vademecum del Ministero del Lavoro” in Lavoro e Previdenza n. 14 del 4 Aprile 2011 p.17 30 subappaltatori sono solidalmente responsabili per i contributi previdenziali (e assicurativi) dei lavoratori impiegati nell’appalto e nel subappalto di cui si giovano il committente e l’appaltatore. Ai sensi dell’art.35, comma 28, «decreto Bersani», invece, solo appaltatore e subappaltatore rispondono in solido dell’effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, nonché del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti cui è tenuto il subappaltatore. Ai sensi dell’art. 118 c. 6 Dlgs 163/2006 “L'affidatario e' tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; e', altresi', responsabile in solido dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto.” 61 Appare chiaro come mentre negli appalti privati committente, appaltatore e subappaltatore rispondono in solido per i contributi previdenziali (e assicurativi), mentre solo appaltatore e subappaltatore rispondono dell’effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente; negli appalti pubblici avremo solo una responsabilità solidale fiscale, contributiva previdenziale ed assicurativa tra appaltatore e subappaltatore. Altra disputa di dottrina e giurisprudenza sui termini decadenziali . Relativamente agli appalti privati l’azione attiva di Inps e Inail volta al recupero solidale su committente, appaltatore e subappaltatori dovrebbe comportare l’assoggettamento della relativa azione, al pari di quella dei lavoratori, al termine di decadenza di due anni ivi previsto art.29 c.2 Dlgs 276/2003. Nessun termine di decadenza per far valere la responsabilità solidale di appaltatore e subappaltatore per il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ex art. 35, comma 28, «decreto Bersani», in assenza di una previsione legislativa in tal senso. Mancando un giurisprudenza sul termine decadenziale di cui all’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 la dottrina oggi richiama la giurisprudenza formatasi sull’art. 4 legge 1369/1960 (abrogata proprio dal Dlgs 276/2003) e di fatto estende anche agli Enti il termine di decadenza di due anni dalla cessazione dell’appalto di cui all’art. 29 D.Lgs. 276/2003. Tuttavia una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha affermato come il termine di decadenza di due anni dalla cessazione dell’appalto si riferisce esclusivamente al diritto dei lavoratori utilizzati nell’appalto di pretendere l’adempimento da parte del committente della obbligazione solidale avente ad oggetto il pagamento dei «trattamenti retributivi loro dovuti» mentre il diritto degli Enti di pretendere E continua così “L'affidatario e, per suo tramite, i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell'inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, nonché copia del piano di cui al comma 7. Ai fini del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o dello stato finale dei lavori, l'affidatario e, suo tramite, i subappaltatori trasmettono all'amministrazione o ente committente il documento unico di regolarità contributiva”. 61 31 l’adempimento degli obblighi derivanti dalla legge, il quale resterebbe, invece, soggetto al termine di prescrizione quinquennale. Negli appalti pubblici invece la disquisizione non sembra essere articolata come nel privato valendo la prescrizione quinquennale. Nel 2012 la legge di conversione del DL n. 83/2012 (Decreto Sviluppo) modifica integralmente il comma 28 dell’articolo 35 del DL n. 223/2006, introducendo i commi 28bis e 28ter e stabilendo in caso di appalto e subappalto: la responsabilità diretta del committente, specificatamente sanzionata, nella fattispecie di omesso controllo documentale di alcune evidenze fiscali; la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore per le ritenute sui redditi di lavoro dipendente e per il versamento dell’Iva dovuta dal subappaltatore in relazione alle prestazioni effettuate in ambito di rapporto di subappalto. Ai sensi del comma 28ter dell’articolo 35 del DL n. 223/2006, le disposizioni (di cui ai commi 28 e 28-bis) si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che svolgono un’attività rilevante ai fini Iva e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli artt.73 (soggetti IRES) 62 e 74 (Stato ed enti pubblici) 63 TUIR. E comunque sono escluse le stazioni appaltanti di cui all’art.3 comma 33 del Dlgs 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) 64 . Sono soggetti all'imposta sul reddito delle societa': a) le societa' per azioni e in accomandita per azioni, le societa' a responsabilita' limitata, le societa' cooperative e le societa' di mutua assicurazione , nonche' le societa' europee di cui al regolamento (CE) n.2157/2001 e le societa' cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle societa',nonche' i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita' commerciali; c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato; d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. 63 Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalita' giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunita' montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta. 64 L’espressione”stazione appaltante” (…)comprende le amministrazioni aggiudicatrici ed altri soggetti di cui all’art.32 Codice dei contratti pubblici Art. 32. Amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori (…) a) lavori, servizi, forniture, affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici; b) appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, nei limiti stabiliti dall'articolo 142; c) lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali; (disposizione da coordinare con l’art.13 del DL 223 del 04/07/2006, entrato in vigore il 4/07/2006, convertito con parziali modifiche dalla legge n. 248 del 04/08/2006, entrata in vigore il 12/08/2006) d) lavori, affidati da soggetti privati, di cui all'allegato I, nonché lavori di edilizia relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, edifici destinati a funzioni pubbliche amministrative, di importo superiore a un milione di euro, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei lavori; e) appalti di servizi, affidati da soggetti privati, relativamente ai servizi il cui valore stimato, al netto dell'i.v.a., sia pari o superiore a 211.000 euro, allorché tali appalti sono connessi ad un appalto di lavori di cui alla lettera d) del presente comma, e per i quali sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei servizi; (soglia implicitamente rettificata in Euro 206.000 dalla norma self-executing art.1 e 2 del Regolamento CE del 4/12/2007 N. 1422/2007 con effetto dal 01/01/2008) f) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell'amministrazione aggiudicatrice; g) lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150. L'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l’avente diritto a richiedere il permesso di costruire presenti all'amministrazione stessa, in sede di richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare delle opere da eseguire, con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L'amministrazione, sulla base del progetto preliminare, indice una gara con le modalità previste dall’articolo 55. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e le esecuzioni di lavori. L’offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva ed esecutiva, per l’esecuzione dei lavori e per gli oneri di sicurezza; (lettera così sostituita dal DLgs. 152 del 11/09/2008 in vigore dal 17/10/2008) 62 32 Nella nuova versione, la responsabilità solidale permane in capo all’appaltatore e subappaltatore mentre il committente diventa titolare di uno specifico potere di controllo. Il committente è autorizzato dalla legge a sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione della documentazione 65 da parte dell'appaltatore. Il controllo deve essere riferito ai pagamenti scaduti alla data del pagamento del corrispettivo. La norma introduce un divieto ad eseguire il pagamento in mancanza della prova documentale dell’avvenuto versamento. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è, infatti, punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dal subappaltatore. Il comma 28 dell’articolo 35 del DL n. 223/2006, come riformulato ad opera del DL n. 83/2012 prevede che in caso di contratto di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti del corrispettivo dovuto, del versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’Iva dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto. Quest’anno il DL 69 del 2013 (Decreto del Fare) convertito in legge 98/2013 è intervenuto sulla responsabilità solidale ed in particolare su quella fiscale negli appalti, cancellando quella per l’IVA. 17. Durc ed Appalti Pubblici L’art. 6 DPR 207/2011 definisce il DURC come “il certificato che attesta la regolarità di un operatore economico per quanto concerne gli adempimenti INPS, INAIL nonché Cassa Edile per i lavori, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento” e delinea l’ambito di applicazione del DURC nei contratti pubblici precisando che la regolarità contributiva si riferisce a tutti i contratti, siano essi di lavori di servizi o di forniture. Il DURC deve essere richiesto, senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico e, dunque, anche nel caso di acquisti in economia o di modesta entità. La Stazione appaltante ha l’obbligo di richiedere d’ufficio il DURC. Il DURC deve essere richiesto per ogni “operatore economico”, intendendo con tale termine qualsiasi “imprenditore, fornitore, prestatore di servizi raggruppamento o consorzio di essi” 66 , sia esso persona fisica o persona giuridica, che sia parte di un rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione e che, ai fini del rilascio del DURC, sia tenuto all’obbligo di iscrizione nei confronti degli Enti previdenziali e delle Casse edili. Il DURC non può essere sostituito, nella sua funzione probante, dalla cosiddetta autocertificazione 67 . Le imprese cui è consentito di presentare una dichiarazione in luogo del DURC sono solo per contratti di forniture e servizi fino a 20.000 euro stipulati con la P.A. e la società in house come previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i) e comma 2, D.Lgs. 163/2006, e dall’art. 4, comma 14-bis DL 70/2011. h) lavori, servizi forniture affidati dagli enti aggiudicatori di cui all'articolo 207, qualora, ai sensi dell'articolo 214, devono trovare applicazione le disposizioni della parte II anziché quelle della parte III del presente codice. 65 Documentazione che può consistere anche nell’asseverazione rilasciata da CAF o da professionisti abilitati 66 art. 3, comma 22, Codice dei contratti pubblici 67 Inps e Inail Nota congiunta n. 573 del 26/01/2012; Ministero del lavoro nota n. 619 del 16 gennaio 2012; art. 14 comma 6-bis DL 5/2012 (DL semplificazioni) 33 L’obbligo di acquisizione del DURC sussiste per ogni singolo appalto pubblico e, all’interno di questo, per ciascuna delle singole fasi procedimentali 68 . L’obbligo sussiste anche per la verifica della regolarità prevista in capo ai subappaltatori e a tutte le imprese esecutrici 69 . I DURC emessi per un lavoro pubblico non possono essere utilizzati per fini diversi da quello per cui sono stati richiesti. Per quanto riguarda le imprese appaltatrici (o subappaltatrici) le conseguenze sotto il profilo procedimentale che possono derivare nel caso di un DURC negativo sono, in relazione alla fase della procedura nella quale in concreto ci si trova: perdita dell’aggiudicazione dell’appalto impossibilità di stipulare i contratti di appalto o di subappalto revoca dell’appalto già aggiudicato perdita del diritto al pagamento degli stati di avanzamento lavori perdita del diritto al pagamento delle liquidazioni finali. Nell’ipotesi di DURC negativo, opera l’istituto dell’intervento sostitutivo della stazione appaltante 70 ai sensi dell’art. 4 DPR 207/2010 versando, in tutto o in parte, le somme dovute in forza del contratto di appalto direttamente ai predetti Istituti e Casse. Anche il DL 69 del 2013 (Decreto del Fare) convertito in legge 98/2013 è intervenuto nell’ambito del DURC e appalti pubblici. Il DL corregge l’art. 38 Dlgs 163/2006 affermando quanto già previsto dalla L. 2/2009 (conversione del DL 185 del 29 novembre 2008 cosiddetto Decreto Anticrisi) e cioè che grava sulla stazione appaltante e sull’ente aggiudicatore l’obbligo di chiedere direttamente il DURC per la verifica di cause di esclusione dalla gara d’appalto. In caso di un’inadempienza contributiva relativa ad uno o più soggetti impiegati nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza. Il pagamento di quanto dovuto per l’inadempienza accertata è disposto direttamente agli Enti previdenziali ed assicurativi. In caso di mancanza di requisiti per il rilascio del DURC o dell’annullamento del documento rilasciato gli Enti preposti al rilascio invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro e non oltre 15 gg. Il DURC rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha validità 120 gg e sarà utilizzato per tutte le finalità indicate dalla legge fatta eccezione per il pagamento del saldo finale per il quale è necessaria l’acquisizione di un nuovo DURC. Infine nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture gli enti aggiudicatori acquisiscono d’ufficio il DURC in corso di validità relativo ai subappaltatori ai fini del rilascio dell’autorizzazione nonché nei casi di pagamento dello stato di avanzamento lavori e per il certificato di collaudo. art. 6, comma 3, DPR 207/2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione Codice Contratti Pubblici) l’art.6, comma 5, DPR 207/2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione Codice Contratti Pubblici) 70 Ministero del lavoro, con circolare 3/2012; l’INAIL (Istruzioni operative del 21 marzo 2012 n. 2029) e l’INPS (circolare 54/2012) 68 69 34 18. Responsabilità solidale e il Dlgs 81/2008 Come abbiamo già evidenziato l’art. 26, comma 4, Dlgs 81/2008 stabilisce che “Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”. Si delinea una tutela rafforzata della salute e sicurezza attraverso il riconoscimento di un’obbligazione risarcitoria in capo a committente, appaltatore e subappaltatori relativa a determinati tipi di infortuni e indirettamente finalizzata al rafforzamento della posizione creditoria dei lavoratori stessi. Tramite la responsabilità solidale si ricollega al contratto di lavoro tra appaltatore e lavoratore il committente che, in quanto terzo rispetto al rapporto di lavoro, resterebbe altrimenti privo di responsabilità. Così facendo il committente partecipa dell’obbligo di sicurezza di cui sono titolari appaltatore e subappaltatoridatori di lavoro ex artt. 2087 e 1655 c.c. certo che l’oggetto dell’obbligazione è molto limitato e di dubbia interpretazione. Di certo la norma esclude sicuramente un’obbligazione solidale del committente per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti di appaltante e subappaltante. Inoltre la responsabilità solidale del committente operi solo con riferimento ad eventi infortunistici che, indennizzati dall’Inail, tuttavia generino danni ulteriori, estranei al regime assicurativo pubblico e gravanti unicamente sul datore di lavoro. In particolare, si tratta dei c.d. danni differenziali, eccedenti l’indennizzo ex art. 13 D.Lgs. 38/2000. Sono definiti rischi specifici i rischi propri di ogni singola attività che è svolta nell’esecuzione dell’appalto e, dunque, propri di ciascun datore di lavoro (appaltatore, subappaltatore). Tali rischi si contrappongono ai rischi da interferenza ossia quei rischi che derivano dalla sovrapposizione, nell’ambito di unico teatro lavorativo, di più attività svolte da operatori economici diversi. In ogni caso, la responsabilità solidale prevista dall’art. 26 opera con riferimento a qualsiasi tipologia di appalto. Mentre il suo ambito di applicazione soggettivo riguarda, dal lato passivo, i committenti, gli appaltatori e i subappaltatori che assumano, a loro volta, la veste di appaltanti e subappaltanti e che, peraltro, possiedano la qualifica di imprenditori; dal lato attivo, i lavoratori subordinati dell’appaltatore e del subappaltatore. Il DL 69 del 2013 (Decreto del Fare) convertito in legge 98/2013 è intervenuto sul capitolo sicurezza sul lavoro e appalti: nelle attività a basso rischio infortunistico 71 il committente, dopo aver elaborato il DUVRI, in 71 Art. 29 c. 6-ter Dlgs 81/2008 35 alternativa all’obbligo di ridurre al minimo i rischi di interferenze, può individuare un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenze professionali, tipiche di un preposto, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a cooperazione e coordinamento. Dell’individuazione dell’incaricato o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto d’appalto. Ai dati dell’incaricato accedono il rappresentante dei lavoratori (RLS) e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. L’esonero dall’obbligo di cooperazione negli appalti già previsto dall’art. 26 c.3-bis Dlgs 81/2008 72 non scatta in presenza di rischio di incendio elevato o di svolgimento di attività in ambienti confinanti o dalla presenza di agenti nocivi. 19. Cambio di gestione negli appalti pubblici e diritti dei lavoratori L’argomento oggetto del presente paragrafo è quanto mai attuale, in un contesto di crisi generale che spinge i committenti alla ricerca spasmodica della riduzione dei costi. Si manifestano quindi appalti al ribasso, che determinano scompensi occupazionali notevoli, in settori dove già le tutele lavoristiche sono minime. La materia della successione negli appalti tra imprese trova la propria disciplina nell’ambito della contrattazione collettiva. Tranne i settori coperti dalla tutela contrattuale, solitamente quelli maggiormente coinvolti nelle attività in appalto, tutti gli altri sono totalmente privi di precisa assistenza. Tra i vari contratti collettivi si ricordano il CCNL Turismo (artt. 345 e ss.), il CCNL Multiservizi (art. 4), il CCNL Igiene ambientale (art. 6) che prevedono una risoluzione dei rapporti di lavoro da parte dell’impresa cedente e un obbligo di assunzione ex novo da parte dell’impresa subentrante senza alcun periodo di prova per i dipendenti neo assunti, con reciproca esenzione dal periodo di preavviso. L’automatismo coinvolge in prevalenza le figure operaie, occupate negli impianti in appalto, non estendendosi invece al personale impiegatizio e di staff che presta la propria attività in strutture di proprietà dell’azienda. In particolare il CCNL Igiene Ambientale ed il CCNL Multiservizi estendono il meccanismo a tutti i dipendenti in organico nell’appalto, mentre il CCNL Turismo prevede per la società subentrante la facoltà di esclusione di coloro che svolgono funzioni di coordinamento e controllo ovvero dei lavoratori di concetto. In base alle disposizioni dell’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276/2003, la successione di un’impresa ad un’altra nella gestione di un servizio concesso in appalto non costituisce un trasferimento d'azienda o meglio di ramo d’azienda, non verificandosi il passaggio di un complesso di beni organizzati tra il vecchio e il nuovo 72 Servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno 36 appaltatore. Di conseguenza il passaggio del dipendente da un’azienda all’altra in caso di cambio appalto può avvenire, diversamente da quanto dispone l’art. 2112 c.c., senza riconoscere l’anzianità del lavoratore o la sua retribuzione o il suo livello di inquadramento, salvo che il contratto collettivo preveda condizioni di miglior favore disponendo, per esempio, che il rapporto prosegua a parità di condizioni 73 . Di conseguenza, inoltre, non opera né il regime speciale di solidarietà tra cedente e cessionario previsto, a vantaggio dei lavoratori interessati, dall’art. 2112, comma 1, c.c., né il regime di solidarietà tra committente e appaltatore richiamato dall’ultimo comma della medesima norma codicistica, ma solo quello ordinario che riguarda in generale l’appalto. Al riguardo, mentre il CCNL Multiservizi si limita a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali dei dipendenti oggetto del passaggio, la clausola sociale prevista dal CCNL Turismo obbliga l’impresa subentrante a farsi carico del personale presente nell’appalto alle medesime condizioni economiche precedenti, ivi inclusi trattamenti individuali ad personam (es. superminimo) che saranno assorbiti in occasione dei successivi aumenti salariali collettivi. Di conseguenza ad esempio il CCNL multiservizi, la garanzia del mantenimento del posto di lavoro, che in realtà come vedremo determina l’avvio di un nuovo ed autonomo rapporto trattandosi di diritto alla riassunzione con quanto ne consegue in ordine all’esaurimento dell’anzianità aziendale, non è assistita da alcuna garanzia di mantenimento dei precedenti livelli retributivi. Infatti la Cassazione penale con sentenza n. 16733 del 13 aprile 2010 ha affermato il principio di diritto secondo il quale l’imprenditore può tranquillamente riassumere i lavoratori occupati dal precedente appaltatore, senza ritenersi obbligato a mantenere le condizioni retributive legate al precedente rapporto di lavoro. Diversamente, vedi la Corte di Cassazione Sez. Lavoro con la recente sentenza n. 9011 del 5 giugno 2012, ove il mantenimento delle precedenti condizioni è imposto dal disciplinare d’appalto, l’azienda soccombente è obbligata autonomamente a mantenere i livelli occupazionali e retributivi in essere, per il solo fatto di partecipare alla gara. Infatti, l’indagine circa l’applicazione o meno del CCNL da parte del subentrante è stata considerata superflua, ritenendo l’impegno a partecipare all’appalto sufficiente a configurare il precetto. La stabilità del rapporto di lavoro garantita dalla contrattazione collettiva potrebbe risultare scarsamente efficace per il fatto di essere garantita proprio a livello contrattuale. Infatti le clausole in esso contenute, che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro, sono opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli una previsione analoga 74 . L'impresa subentrante sarà tenuta all’assunzione solo se è vincolata per affiliazione sindacale o per ricezione volontaria dal contratto collettivo nazionale che lo prevede. Di conseguenza se l’impresa subentrante applicasse un contratto collettivo privo di una disciplina specifica sul cambio di appalto non sarebbe obbligata a farsi carico dei dipendenti licenziati dall’impresa uscente. 73 74 Min. Lav. interpello n. 22/2012 Ibidem 37 Tuttavia, anche a prescindere dalle norme contrattuali, il lavoratore potrebbe sempre impugnare il licenziamento per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario nei confronti dell’impresa uscente 75 questo perché la tutela garantita dai contratti collettivi non esclude, ma si somma a quella prevista a favore del lavoratore nei confronti dell’impresa uscente che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto. I licenziamenti effettuati a seguito della cessazione di un contratto di appalto sono esclusi, a prescindere dal numero di lavoratori coinvolti, dall'ambito di applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi per riduzione del personale di cui alla legge n. 223/1991. Tuttavia la legge n. 31/2008, in linea con la giurisprudenza 76 prevede che la disciplina dei licenziamenti collettivi non trova applicazione per i soli lavoratori riassunti dall'impresa subentrante, e non anche per quelli che a seguito del cambio di appalto fossero in esubero perché la subentrante non è in grado di ricollocarli. Questi, in particolare, rientrano nella fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (licenziamento economico), tuttavia sono soggetti alla nuova procedura obbligatoria di conciliazione prevista dalla legge n. 92/2012. Contrariamente, come stabilito dalla recente L.99/2013 conversione del DL 76/2013 (Decreto Lavoro Governo Letta), tale procedura non si applica quando al licenziamento è seguita l'assunzione presso altro datore di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro 77 . Indi per cui nel caso in cui i lavoratori non riassunti in sede di passaggio siano fino ad un massimo di quattro, l’impresa uscente dovrà aprire la procedura obbligatoria di conciliazione di cui all’art. 7 della legge n. 604/1966 (così come modificato dall’art. 1, commi 40 e 40 della legge n. 92/2012) innanzi alla commissione provinciale di conciliazione ex art. 410 c.p.c. Laddove invece i lavoratori in esubero siano più di quattro, in presenza dei presupposti previsti dalla legge n. 223/1991, l’azienda uscente sarà tenuta ad attivare una procedura di mobilità 78 . La legge n. 92/2012 all’art. 2 comma 31 (modificato dalla legge di stabilità 2013), introducendo la c.d. tassa sui licenziamenti, ha specificato che la stessa non è dovuta in caso di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Cass., sez. lav., sent. cit.; Cass., sez. lav., n. 4166/2006; v. anche Cass., sez. lav., n. 3337/1998; Cass., sez. lav., n. 15593/2002 Cass. Sez. lav. n. 5828/2002; Cass. Sez. lav. n. 2463/2000; Cass. Sez. lav. n. 4883/1998 77 Art.7 c.4 L. 99/2013 (Legge Lavoro Letta) “La procedura di cui al presente articolo non trova applicazione in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all'articolo 2110 del codice civile, nonche' per i licenziamenti e le interruzioni del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui all'articolo 2, comma 34, della legge 28 giugno 2012”, n. 92 e art. 2 c. 34 L.92/2012 (Riforma Fornero) “…licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuita' occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale” 78 Circolare Min. Lav. n. 3/2013 75 76 38 Capitolo IV APPALTI PUBBLICI: DIRITTI E TUTELE DEI CONSUMATORI 20. La tutela del consumatore: un excursus storico e normativo Una prima forma di movimento in difesa dei consumatori ha origine negli Stati Uniti d'America. La coscienza dei consumatori inizialmente si manifestò come una spinta riformista per alleviare la sorte della classe operaia, dal momento che, quando fu fondata la National Consumer League nel 1898, il suo obiettivo principale era di proteggere non i consumatori ma gli operai. La prima organizzazione di consumatori nel vecchio continente nasce in Danimarca nel 1947, e successivamente, nel 1955, in Gran Bretagna fu il governo stesso che istituì il "Consumer Council", per assicurare anche ai consumatori la possibilità di esprimersi su materie che tradizionalmente erano riservate a produttori e Commercianti. Dopo l'esordio di Danimarca e Regno Unito l'esempio fu seguito dai paesi scandinavi e dall'area del Benelux, dalla Francia e dalla Germania, dove si istituirono dapprima organismi amministrativi cui seguirono in molti casi apposite legislazioni. La risoluzione del Consiglio della CE del 14 aprile 1975 riordinò in modo organico tutte le iniziative e le priorità in materia di tutela del consumatore e precisò con molta chiarezza che gli obiettivi di tale intervento sono: 1) La protezione contro i rischi e per la salute del consumatore; 2) La protezione degli interessi economici del consumatore; 3) La predisposizione di consulenza e assistenza per il risarcimento dei danni; 4) L'informazione e l'educazione del consumatore; 39 5) La consultazione e la rappresentanza dei consumatori nella predisposizione delle decisioni che li riguardano; Il primo luglio 1987 è entrato in vigore l'Atto Unico Europeo 79 con cui è stato integrato e modificato il trattato di Roma, ed è stato rafforzato il ruolo del comitato economico e sociale, che ha competenza in materia di protezione del consumatore. A partire dal 1990 la Commissione CE ha iniziato l'elaborazione di piani strategici ad ampio respiro, i cosiddetti "piani triennali", aventi lo scopo di incidere realmente sulle politiche degli stati membri nei settori riguardanti la tutela dei consumatori, per giungere ad un’effettiva armonizzazione delle legislazioni 80 : a) Il primo piano abbraccia il periodo1990/1992 b) Il secondo Piano triennale abbraccia il periodo1993/1995 c) Il terzo Piano triennale il periodo dal 1996 al 1998 Le prime forme di mobilitazione consumeristica si sviluppano in Italia contemporaneamente agli altri paesi europei. Nel 1955 nasce l’Unione Nazionale Consumatori come evoluzione di un’associazione romana di utenti dei pubblici esercizi che operava da alcuni anni. Tra la metà degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta il movimento dei consumatori attraversa la sua fase più difficile in cui molti punti di debolezza incombono, nonostante i molti tentativi di costruire organizzazioni e di promuovere fronti più o meno ampi che assumano la rappresentanza dei consumatori. Nel 1977 nasce la Lega Consumatori ACLI che si appoggia anche a gruppi di acquisto raccolti in cooperative di consumatori a base autogestita; si interessa particolarmente di educazione alla gestione del bilancio familiare all’autotutela della salute e alle scelte di alimentazione. Nel 1981 le tre centrali cooperative e le tre centrali sindacali danno vita alla Federazione Nazionale Consumatori. Di fatto la Federazione Nazionale non decolla mai, sia per quelle incertezze strategiche che per i contrasti interni, la crisi precipita nella metà degli anni Ottanta, anche in seguito alla rottura dell’unità sindacale, e l’esperienza viene chiusa nel 1987. La CISL crea l’ADICONSUM che, grazie all’investimento di risorse rilevanti, conquista rapidamente una posizione di rilievo nel panorama consumerista. La UIL dà vita all’ADOC che punta particolarmente alle attività di formazione e informazione dei consumatori. La CGIL sostiene con una convenzione la Federconsumatori che punta molto al coinvolgimento degli associati nella vita dell’organizzazione che deve funzionare con il massimo di democrazia interna. Alla fine degli anni ottanta molti fattori contribuiscono a modificare lo scenario del movimento consumerista. Nel 1984 nasce a Milano Agrisalus e la specializzazione iniziale riguarda l’alimentazione e la salute. La stessa nel 1993 avvia un progetto confederativo e, aggregando altre associazioni locali o specializzate, si trasforma in ACU (Associazione Consumatori Utenti). 79 80 Firmato il 28/2/1986 e ratificato in Italia con legge 23/12/1986 n. 909. II piano d'azione della Commissione CE, Rivista critica di Diritto privato, II/94, p.153. 40 Nel 1986 nasce il CODACONS che riunisce una ventina di associazioni locali specializzate, con una presenza diffusa soprattutto nel centro sud. Per migliorare la visibilità del movimento consumerista e per coordinare le attività viene creata nel 1986 e formalizzata nel 1989 la Consulta Nazionale Consumatori e Utenti, cui partecipano nove associazioni. Tuttavia la Consulta si scioglierà presto nel 1992 all’uscita delle tre associazioni sindacali. Le prime leggi italiane a tutela dei consumatori vedono la luce alla fine degli anni '80 ma è negli ultimi anni che hanno raggiunto una produzione ragguardevole. La regolamentazione di tale materia è il frutto dell'adeguamento del nostro ordinamento alla normativa comunitaria. La tutela dei consumatori è stata sempre al centro delle politiche comunitarie: la Comunicazione n. 531 del 02/10/2001 della Commissione Europea è un libro Verde che ha avuto come scopo quello di avviare una consultazione pubblica sulla forma migliore di regolamentazione in materia di pratiche commerciali leali. In Italia la tutela del consumatore nasce alla fine degli anni '80 come tutela della salute fisica del medesimo. Il DPR 24 maggio 1988 n. 224, attuazione della Direttiva CEE 85/374, stabilisce, per la prima volta, la responsabilità del produttore per i danni cagionati dai difetti dei suoi prodotti. Con il DLgs 15 gennaio 1992 n. 50, attuazione della Direttiva 85/577/CEE, sono introdotte le garanzie per il consumatore che stipula un contratto fuori dai locali commerciali, con esclusione di quelli aventi ad oggetto beni immobili, la fornitura di prodotti alimentari e quelli assicurativi e finanziari. È concesso, tra gli altri, il c.d. "diritto di ripensamento", cioè il diritto di recesso senza specificare alcun motivo e senza incorrere in alcuna sanzione e/o spesa, da esercitare entro sette giorni. Con il DLgs n. 174/95, tale diritto di recesso, da esercitare entro trenta giorni dalla stipula, anche a coloro che contraggono una polizza sulla vita. La Legge 6 febbraio 1996 n. 52, attuazione della Legge comunitaria 1994, ha introdotto nel nostro codice civile gli articoli 1469-bis e seguenti in tema di clausole abusive nei contratti col consumatore. Per la prima volta il consumatore o l'utente riceve dal Legislatore una tutela effettiva. Per arrivare ad una tutela positiva, ai "diritti essenziali" del consumatore occorrerà attendere prima la Legge 30 luglio 1998 n. 281 (la c.d. legge quadro sui diritti dei consumatori) e poi il DLgs 2 febbraio 2002 n. 24 sulle c.d. garanzie post-vendita. La sopra citata Legge quadro n. 281/98 recante "la disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti", all'art. 1, 2°comma, enuclea i diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti: a) tutela della salute; b) sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi; c) adeguata informazione e corretta pubblicità; d) educazione al consumo; e) correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi; f) promozione e sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti e, infine, 41 g) erogazione dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza. Tra i diritti sopra elencati occorre evidenziare il diritto all'informazione. Tale diritto garantisce la qualità del prodotto o del servizio che deve essere rispondente alle informazioni comunicate previamente dal produttore o dal fornitore. Questo diritto è stato specificato nel DLgs 17 marzo 1995 n. 111, attuazione della Direttiva 90/314, sui c.d. "pacchetti turistici" e dal DLgs 9 novembre 1998 n. 427, attuazione della Direttiva 94/47,sulla c.d. "multiproprietà". L'art. 3 della Legge quadro, inoltre, introduce la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti a tutela degli interessi collettivi. Le associazioni dei consumatori e degli utenti, individuate a norma della L. n. 281/98, successivamente si sono viste riconoscere vari poteri 81 . Il DLgs 2 febbraio 2002 n. 24, attuazione della Direttiva 1999/44, sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, ha introdotto, utilizzando la tecnica legislativa della novella del codice civile, gli articoli 1519-bis e seguenti, apprestando una disciplina a tutela dei consumatori che affianca quella già esistente in materia di vendita di beni mobili prevista dagli articoli 1510 e seguenti. Il Legislatore, ancora una volta recependo una direttiva comunitaria, ha realizzato una tutela positiva per il consumatore che ha ora il diritto, cui corrisponde l'obbligo del venditore, di ottenere un bene conforme alle disposizioni contrattuali. Le novità introdotte dalla recente normativa sono costituite dai rimedi in caso di non conformità del bene al contratto e dai termini per la denuncia del difetto e per la prescrizione dell'azione 82 . Vale la pena di menzionare, per evidenziare come il Legislatore comunitario prima, e quello italiano poi, abbiano creato, in relazione al continuo sviluppo della tecnologia, una rete di protezione per il consumatore, il DLgs 22 maggio 1999, n. 185 - attuazione della Direttiva 97/7/CE - in materia di contratti a distanza. Il 22 luglio 2005, il Consiglio dei Ministri ha varato il Codice del Consumo Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 83 in cui sono state accorpate diverse normative, tra le quale le numerose direttive in materia di tutela dei consumatori, recepite e vigenti nel nostro ordinamento in maniera frammentata. Tra queste: la famosa direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, le direttive 84/450/CEE e 97/55/CEE in materia di pubblicità ingannevole, quella 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze, i circuiti tutto compreso, la 93/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti con i consumatori, e l’elenco potrebbe continuare fino a ricomprendere la direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti e altri numerosi provvedimenti di diritto interno. 81 Per esempio, il Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 13 dicembre 2001 n. 456, che ha determinato i criteri per la composizione degli organi decidenti e per lo svolgimento delle procedure di reclamo in materia di bonifici transfrontalieri, all'art. 3, ha affidato ad almeno tre delle predette associazioni la designazione dei componenti rappresentativi dei consumatori nell'organo decidente, che può considerarsi dunque una sorta di organismo di autodisciplina. 82 Accanto ai tradizionali rimedi della riduzione del prezzo o della risoluzione del contratto, sono stati previsti i rimedi, da esperire in via primaria, della riparazione o della sostituzione del bene, senza spese per il consumatore 83 Frutto del lavoro di una commissione istituita presso il Ministero dello Sviluppo economico, in forza della delega contenuta nell’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229. 42 Il Codice entra in vigore il 23 ottobre 2005 e rappresenta il testo fondamentale di riferimento in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti. Il testo si compone di 146 articoli ed è finalizzato al riordino e alla semplificazione della normativa a tutela del consumatore. In questo modo il diritto dei consumatori assume sempre più autonomo rilievo nell’ambito dell’ordinamento civile e si coordina con i principi e gli indirizzi comunitari. Il Codice del Consumo appronta regole di tutela riferibili non solo alla disciplina del contratto, ma anche alla fase precontrattuale e più in generale a tutte le relazioni giuridiche con i soggetti della catena di produzione e distribuzione di prodotti e servizi, tutto ciò al fine di assicurare un elevato livello di tutela del consumatore. Ci si è chiesti se l'opera di riassetto e coordinamento delle varie disposizioni legislative in materia dei consumatori sia effettivamente avvenuta con l'emanazione di un "codice" propriamente inteso quale complesso sistematico ed organico di norme, o ci si trovi piuttosto in presenza di un "testo unico" volto a riassumere le molteplici leggi vigenti in Italia a tutela del consumatore, senza pretesa di organicità. Le class action costituiscono una realtà ormai consolidata in molti Paesi stranieri, primi fra tutti gli Stati Uniti. Sono azioni collettive, e non individuali, con cui più risparmiatori e/o consumatori fanno richiesta al giudice di risarcire i danni subiti per via di comportamenti illeciti di società e imprese. In pratica, risparmiatori e/o consumatori, anziché agire in giudizio da soli per soddisfare le loro pretese risarcitorie, agiscono congiuntamente, avendo subito danni da una medesima condotta illecita della società convenuta in giudizio. La direttiva n. 98/27/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19-5-98 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi del consumatori in UE stabilisce che enti legittimati quali ad esempio associazioni dei consumatori o autorità pubbliche indipendenti, sono autorizzate ad agire in giudizio per conto di un gruppo di persone danneggiate dalla condotta del convenuto. In Italia, una norma di questo tipo è stata introdotta con la Legge 281/98 (c.d. Legge quadro sui diritti dei consumatori). Per effetto dall’art. 2, comma 446, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), si è introdotto, nel Codice del consumo Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, l’art. 140-bis che disciplina l’azione collettiva risarcitoria, quale importante nuovo strumento di protezione dei consumatori. Da una analisi nel merito della norma ci si rende conto che la class action italiana è lontana dall’omologa azione americana: mentre negli Stati Uniti le azioni collettive possono essere esperite direttamente dagli interessati, In Italia la decisione esclusiva sul se e come agire spetterà alle associazioni di categoria. Inoltre mentre nelle class actions statunitensi è prevista la discovery, uno strumento processuale che consente all’attore di accedere ai documenti e agli archivi delle società convenute in giudizio e di interrogarne i rappresentanti legali sotto giuramento, nessuna traccia di tutto questo è presente nella proposta italiana. 21. La tutela del consumatore negli appalti pubblici. 43 L’erogazione dei servizi pubblici è caratterizzata dall’assenza di un preciso quadro di riferimento sistematico sul piano legislativo che ha dato adito a dispute dottrinali e giurisprudenziali. Esistono difficoltà sia di carattere teorico sia di carattere pratico e si è sempre avvertita una scarsa tutela dell’ordinamento nei confronti dell’utente. La giurisprudenza distingue la fase di organizzazione dalla fase di gestione del servizio pubblico. Nella fase di organizzazione viene individuata una posizione di interesse legittimo 84 dell’utente, mentre nella successiva fase di erogazione del servizio viene attribuita allo stesso una posizione di diritto soggettivo 85 . La Cassazione, Sez. Unite, con sentenza del 27 luglio 1998, n. 7343, ha affermato il principio in base al quale, nel caso di gestione di un servizio pubblico in forma di impresa, al privato che intende beneficiare di un determinato servizio, non è possibile attribuirgli un diritto soggettivo nella fase in cui il gestore esercita poteri di imperio, sia con riguardo alle scelte inerenti a mezzi e modalità per far fronte a detto servizio, che ai criteri di ripartizione tra i destinatari del servizio offerto. Solo successivamente, il soggetto gestore del servizio pubblico agisce sul piano privatistico, mediante rapporti negoziali con gli utenti. Solamente in tale fase è possibile riconoscere al privato un diritto soggettivo, tutelabile davanti al giudice ordinario, volto ad ottenere la stipulazione del contratto in base alle condizioni determinate. Tra utente e soggetto gestore, nella fase di erogazione del servizio, può essere individuato un rapporto contrattuale che può essere ricondotto al contratto di somministrazione, mentre, secondo altra opinione, può essere qualificato come contratto di utenza pubblica. Lo studio di questi due contratti ha dato luogo ad altrettante teorie: quella soggettiva e quella oggettiva. La teoria soggettiva si basa sulla natura giuridica del soggetto gestore, per cui è pubblico quel contratto in cui il servizio sia imputabile direttamente o indirettamente allo Stato mentre per la teoria oggettiva, è qualificabile come servizio pubblico quell’attività caratterizzata dalla pubblica utilità o dal pubblico interesse per la collettività; il tutto a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto che assume il compito di esercitare il servizio. Una caratteristica che contraddistingue il servizio pubblico, può essere individuata nella necessità che lo stesso sia erogato nel rispetto del principio di imparzialità. Tale principio si traduce in una serie di obblighi a carico del gestore, come quello di esercizio e tariffario, principi questi finalizzati alla realizzazione della continuità, regolarità, capacità e qualità. Questi principi trovano un’esatta corrispondenza in materia di servizio pubblico nell’ambito comunitario e, in particolare nel c.d. servizio di interesse economico generale. L’art. 86 del trattato istitutivo la Comunità europea 86 sancisce la generale sottoposizione alla disciplina del Trattato L'interesse legittimo è una delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute dal diritto italiano. Si tratta della situazione giuridica soggettiva della quale è titolare un soggetto nei confronti della pubblica amministrazione che esercita un potere autoritativo attribuitole dalla legge e consiste nella pretesa che tale potere sia esercitato in conformità alla legge. 85 il diritto soggettivo, posizione giuridica soggettiva di vantaggio che l’ordinamento attribuisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in ordine ad un bene, nonché tutela degli interessi afferenti al bene stesso in modo pieno ed immediato. La tutela del diritto soggettivo è affidata al giudice ordinario (art.24, Cost.) e solo in alcune materie al giudice amministrativo, in base all’art.103 della Costituzione che prevede la cd. giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 86 Articolo 86 84 44 delle imprese pubbliche e delle imprese cui gli Stati membri riconoscono diritti speciali ed esclusivi e prevede l’applicazione delle norme sulla concorrenza alle “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio 87 ”, nei limiti in cui non ostacoli l’adempimento della specifica missione loro affidata e purché non risultino compromessi gli interessi della Comunità. La nozione di servizio di interesse economico generale, è gestita in base ad un formale atto di incarico, con un regime che deroga alle regole in materia di concorrenza, il quale comporta, da un lato, una serie di obblighi a carico del soggetto erogatore e, dall’altro, il controllo pubblicistico sulle modalità di erogazione del servizio. Se l’erogazione del servizio ha luogo in una situazione di monopolio legale, è necessario individuare quale possa essere lo strumento più idoneo per la tutela dell’utente. Una prima forma di tutela deriva dalla parità di trattamento sancita dall’art. 2597 c.c. 88 , in base al quale è fatto obbligo di contrattare a carico del monopolista legale con chiunque richieda le prestazioni, che formano oggetto dell’impresa. La tutela dell’utente si attua utilizzando uno strumento di derivazione privatistico, che pone limitazioni alla libertà dell’impresa monopolistica erogatrice del servizio. Nonostante la natura pubblicistica del soggetto, è applicabile l’art. 2597 c.c., in quanto, laddove si è in presenza di un ente pubblico, per la sua applicazione è necessario che l’ente gestisca il servizio in forma di impresa e svolga la sua attività in regime di monopolio. L’applicazione dell’art. 2597 c.c. induce a ritenere che l’offerta del servizio è regolato da disposizioni di carattere codicistico e che, nel momento dell’offerta, sono riconosciuti all’utente diritti soggettivi. La seconda forma di tutela dell’utente è la responsabilità civile del gestore del servizio; anche questo strumento interviene nella fase di erogazione. Appare evidente che, in materia di erogazione di servizi pubblici, vige un regime misto pubblico-privato, in quanto è possibile individuare una fase preliminare di organizzazione e di programmazione del servizio, integralmente pubblicistica e una fase relativa alla concreta erogazione governata esclusivamente dal diritto privato. Altra fonte di tutela deriva dall’istituzione dell’Autorità di regolazione istituita con la legge n. 481/1995. Nella materia dei servizi di pubblica utilità, sottoposti alla vera e propria attività di regolazione da parte di autorità specializzate di settore (così tipicamente per l’erogazione di servizi elettricità e gas, o per le telecomunicazioni), la protezione dei consumatori/utenti appare quale elemento certamente non secondario 1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità. 3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni. 87 E’ una forma di mercato in cui, a differenza di quanto avviene nella concorrenza, un solo operatore economico (venditore) offre un bene alla collettività. L'impresa che opera in tali condizioni domina quindi il mercato in relazione al bene che produce. Si parla poi di (--) legale quando la produzione di determinati beni o servizi è attuata dallo Stato o da altro ente pubblico [v. art. 11 c.c.] oppure da un imprenditore privato per effetto di una concessione amministrativa [v. 2084]. In ogni caso si tratta di fattispecie in cui è la legge che riserva ad un solo imprenditore la produzione e il commercio di quel dato bene 88 Chi esercita un'impresa in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di contrattare [ art. 2932 c.c.] con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di trattamento [artt. 1679 e 1680 c.c.]. Note: L'obbligo di contrarre del monopolista e quello di rispettare la parità di trattamento tra i diversi richiedenti, costituiscono due evidenti deroghe al principio generale della libertà di contrarre [v. art. 1322 c.c.]. Il primo obbligo presuppone però che le richieste siano compatibili con i mezzi dell'impresa [v. art. 1679 c.c.]. Il rispetto del principio della parità di trattamento comporta, invece, che il monopolista debba rendere note al pubblico le proprie condizioni contrattuali al fine di tutelare i consumatori contro eventuali condizioni eccessivamente onerose o vessatorie [v. art. 1341 c.c.]. 45 degli obiettivi di sistema perseguiti attraverso la promozione della concorrenza e dell’efficienza. Obiettivi che portano con sé, quale naturale conseguenza, anche la promozione della qualità dei servizi per l’utenza, della trasparenza dei contratti e delle tariffe, e in generale della correzione di tutti quei comportamenti dell’esercente (che si direbbero “opportunistici”) intesi a scaricare sull’utente disfunzioni e inefficienze dell’azienda di erogazione (ad es., indennizzi per i ritardi nella prestazione; accesso agli uffici e alle informazioni; semplificazione delle procedure; libertà di disdetta e diritti di recesso; meccanismi agevolati di soluzione delle controversie). In altre parole, dal punto di vista della costruzione formale dei procedimenti amministrativi attraverso i quali beni come l’energia o il gas, o le risorse della telecomunicazione, arrivano nella disponibilità dei singoli, la protezione del consumatore/utente entra come elemento necessario di un percorso che parte, originariamente, dallo smantellamento di un monopolio, passa attraverso la moltiplicazione dei soggetti di erogazione del servizio e/o la loro privatizzazione (in tutti i sensi che questo termine assume in rapporto al carattere nazionale o locale del servizio), ed arriva al singolo utente attraverso un contratto; il quale perciò si presenta inevitabilmente disciplinato dal regolatore anche attraverso l’inserzione di clausole o di altri atti del soggetto erogatore (ad esempio, le Carte dei servizi), tutti intesi a proteggere la sua posizione come soggetto la cui corretta trasparente ed efficiente fruizione è elemento logicamente imprescindibile dell’efficienza e competitività del servizio (si pensi alle pratiche di valutazione), e non solo come soggetto genericamente e paternalisticamente “debole”. Nel proseguo della disquisizione, circa la tutela del consumatore negli appalti pubblici, ci chiediamo se a prestazioni rese dal servizio pubblico ad esempio Servizio Sanitario Nazionale, sia applicabile il Codice del consumo Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Risulta a tal proposito quanto definito dalla Cassazione civile, sez. III, ordinanza 02.04.2009 n. 8093. La Suprema Corte, investita della questione in sede di regolamento di competenza, esamina l’applicabilità del Codice del consumo al rapporto fra utente e servizio sanitario nazionale. O meglio, considera se l’utente possa essere definito “consumatore o utente” ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 del DLgs 206/2005 e se la struttura sanitaria pubblica possa assumere le vesti di “professionista” sempre nel senso indicato dalla citata norma. Con tutto ciò che ne consegue in materia di applicabilità del foro del consumatore (art. 33,comma 2 lett. u). La Corte pone anche a confronto l’ipotesi in cui il cittadino si rivolga, invece, ad una struttura privata convenzionata o meno. La Suprema Corte si è trovata a rispondere al quesito se il rapporto fra cittadino e SSN, instaurato con la fruizione di una prestazione sanitaria, ricade nell’ambito di operatività del Codice del consumo, con conseguente applicabilità del foro del consumatore. La Corte da risposta negativa al quesito proposto. In primo luogo premette che nel Codice del Consumo esistono solo due norme che si riferiscono all’utente del servizio pubblico: l’art. 2, comma 2, lett. g) dove si riconosce ai consumatori ed agli utenti il diritto “all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità 46 ed efficienza” e l’art. 101, titolato “Norma di rinvio”, ed avente, per l’appunto, natura programmatica di rinvio ad una successiva ed ulteriore produzione normativa di Stato e Regioni. Dal coordinamento tra le due norme, la Suprema Corte deduce che il rapporto di utenza con il servizio pubblico ricade, in linea di massima, nell’ambito di applicazione del codice. Tuttavia si è valutato quali disposizioni del citato decreto legislativo siano o meno applicabili al rapporto di utenza pubblica. Esaminando l’art. 3, che fornisce le definizioni di utente e professionista, si può dedurre che al cittadino-utente si attaglia perfettamente la definizione di “utente” di cui alla lett. a) dell’art. 3. Invece è dubbio che alla struttura ospedaliera facente capo al S.S.N., che eroga certamente dei servizi professionali, possa tuttavia riferirsi la definizione di “professionista” ai sensi dell’art. 3, lett. c) 89 . La Corte specifica che, pur ipotizzando la configurabilità della figura di professionista, ai sensi del Codice del consumo, in capo all’azienda sanitaria pubblica, non sia superabile l’ostacolo all’applicabilità del foro del consumatore offerto dal tenore letterale del titolo primo della parte terza “Dei contratti del consumatore in generale”, e dalla stessa rubrica “Clausole vessatorie nel contratto fra professionista e consumatore”. Presupposto indispensabile affinché possa trovare applicazione l’art. 33, comma 2, lett. u) è, infatti, l’esistenza di un contratto fra professionista e consumatore. Quando il cittadino si rivolge alla struttura pubblica non si conclude alcun contratto ma semplicemente si da corso all’adempimento di un dovere di prestazione direttamente discendente dalla legge. A nulla rileva la pacifica riconduzione della responsabilità della struttura ospedaliera anche pubblica nell’alveo della responsabilità contrattuale. Infatti il concetto di responsabilità contrattuale è inteso, come è pacifico in dottrina e giurisprudenza, di responsabilità che nasce dall’inadempimento di un rapporto obbligatorio preesistente. A supporto della propria tesi, la Suprema Corte svolte ulteriori riflessioni in merito alla territorialità dell’espletamento della prestazione sanitaria ed alla libera scelta dell’utente di fruirne fuori dal proprio territorio di residenza. Viene evidenziata come l’erogazione di prestazioni da parte del servizio sanitario pubblico è garantita attraverso una organizzazione imperniata sul principio di territorialità, ovvero mediante l’articolazione di organizzazioni preposte ad un determinato territorio, mentre la fruizione del servizio non è necessariamente collegata alla residenza dell’utente. Da ciò la Corte fa discendere la conclusione che l’utente, qualora decida di rivolgersi ad una struttura del servizio sanitario nazionale diversa da quella del proprio luogo di residenza, si pone in una situazione non assimilabile a quella del consumatore di cui alla lett. u) dell’art. 33 citato. La Suprema Corte esclude pertanto che alla controversia tra struttura afferente al Servizio Sanitario Nazionale e utente possa applicarsi quanto disposto dall’art. 33, lett. u) del Codice del Consumo in materia di “foro del consumatore”. Alla soluzione dell’inapplicabilità deve pervenirsi anche nell’ipotesi che il consumatore si sia rivolto ad una struttura convenzionata per la fruizione di prestazioni a carico del SSN. La disposizione del 89 <<Alla struttura ospedaliera facente capo ai S.S.N., posto che il detto servizio si articola sia attraverso strutture direttamente gestite dalla mano pubblica (e, quindi, da organismi di diritto pubblico, come l'azienda qui resistente), sia attraverso strutture gestite da privati che abbiano ricevuto l'autorizzazione a svolgere il servizio in convenzione, v'è da chiedersi se possa attagliarsi la definizione di "professionista", di cui all'art. 3, lett. e). La risposta all'interrogativo parrebbe certa nel caso delle seconde, perchè esse, sulla base della convenzione, agiscono come soggetti imprenditoriali (che, cioè, perseguono un proprio utile), mentre è dubitativa riguardo alle prime. Anche se l'interprete subisce certamente la suggestione della configurabilità dell'attività delle strutture di mano pubblica pur sempre come attività "professionale", il che potrebbe giustificare che esse siano comprese nella definizione di "professionista">>. 47 Codice del Consumo troverà, nondimeno applicazione qualora il rapporto fra utente e struttura convenzionata abbia avuto ad oggetto anche prestazioni aggiuntive direttamente a carico dello stesso e, naturalmente, nel caso di espletamento di una prestazione sanitaria da parte di una struttura non convenzionata nell’ambito di un rapporto privatistico con l’utente. In conclusione abbiamo visto come il principio di imparzialità nell’erogazione del servizio pubblico si traduca in una serie di obblighi a carico del gestore finalizzati alla realizzazione della continuità, regolarità, capacità e qualità del servizio stesso; abbiamo anche visto come una delle norme del Codice del Consumo che si riferisce all’utente del servizio pubblico (l’art. 2, comma 2, lett. g) riconosca ai consumatori ed agli utenti il diritto all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza. Ci chiediamo come qualità, efficienza, continuità, regolarità, capacità, caratteristiche fondamentali e costitutive del Servizio Pubblico, siano percepite dall’utente nel servizio a completa gestione ed erogazione pubblica e nello stesso servizio (parte di esso) a gestione ed erogazione privata. Il tempo a disposizione e la limitata possibilità di accesso alle fonti accademiche ci hanno impedito un approfondimento nel merito. Ad oggi ignoriamo l’esistenza di indagini in tal senso indi per cui ci riserviamo la possibilità che questo possa diventare un’occasione di approfondimento futuro. 48 BIBLIOGRAFIA Alpa G., “Il diritto dei consumatori”, IV ed., Roma - Bari, 2002; Alvino I., “Il confine tra appalto e interposizione nel Dlgs276/2003” in Il Lavoro nella giurisprudenza,11, 2005; Amato P., “Sulla distinzione tra somministrazione di lavoro e appalto: aspetti comparatistici”, in Il Diritto del Mercato del Lavoro, Edizioni Scientifiche Italiane, 3, 2006; Anastasio G., “L’obbligazione solidale negli appalti”, Il quotidiano Ipsoa, 2013; Biagi M., (continuato da) Tiraboschi M., “Istituzioni di diritto del lavoro”, Giuffrè Edizioni, 2003; Bonardi O., “L’utilizzazione indiretta dei lavoratori”, Milano, Franco Angeli, Collana di diritto del Lavoro, 2001; Bonati G., Ferraris M., De Fazio G., Gallo M., Bonalda F., “Il decreto del fare dopo la conversione”, Guida al lavoro n. 35, 2013; Botteon F., “Solidarietà tra committente e appaltatore (e subappaltatore) in materia di lavoro”, Appalti&Contratti n. 7, 2012; Buffa F.,De Lucia G. “Il lavoratore nel trasferimento d’azienda”, Halley Editrice,2006; Camardi C,. “La protezione dei consumatori tra diritto civile e regolazione del mercato. 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