Vertigine Posizionale Parossistica Benigna La Vertigine Posizionale

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Vertigine Posizionale Parossistica Benigna
La Vertigine Posizionale Parossistica Benigna (VPPB) è la più frequente forma di disturbo
vestibolare e di vertigine; è stata descritta per la prima volta da Robert Barany nel 1921, anche se
i sintomi e il tipico nistagmo posizionale sono stati definiti da Charles Hallpike solo nel 1952.
Il labirinto dell'orecchio interno (da: www.neuroanatomy.wisc.edu)
Il nostro sistema vestibolare permette di rilevare i movimenti e la posizione del capo nello spazio:
nel labirinto dell’orecchio interno, infatti, si trova la macula dell’utricolo, in grado di rilevare le
accelerazioni lineari e la gravità per mezzo di sassolini di carbonato di calcio detti otoliti o otoconi,
e i 3 canali semicircolari, posti ad angolo retto tra loro, che sono in grado di rilevare le
accelerazioni angolari. Ogni canale semicircolare è ripieno di endolinfa e ha alla sua base un
rigonfiamento detto ampolla, che a sua volta contiene la cupola, una massa gelatinosa della stessa
densità dell’endolinfa, che è collegata a cellule capellute. I movimenti del capo vengono rilevati
mediante i movimenti della cupola, che sono trasmessi dall’endolinfa.
I soggetti affetti da VPPB descrivono attacchi improvvisi di vertigine importante, talora associati a
nausea, scatenati da alcuni movimenti o posizioni, quali girarsi nel letto o voltare il capo. Gli
episodi, che hanno frequenza pluriquotidiana e plurisettimanale, sono brevi (circa 30 secondi), ma
di intensità tale da costringere il soggetto a restare sdraiato e immobile.
Non si associa riduzione dell’udito, mentre è costante la presenza di nistagmo (movimento
ripetitivo degli occhi su un piano, caratterizzato da una fase lenta in una direzione e da una
fase rapida di ritorno alla posizione originale) che permette di identificare il canale semicircolare
interessato, dal momento che l’asse di rotazione del globo oculare nel nistagmo è perpendicolare al
piano del canale affetto.
Canalolitiasi e Cupololitiasi (da Parnes, Diagnosis and management of BPPV, 2003)
La VPPB sarebbe provocata dalla presenza nei canali semicircolari di otoconi, che si possono
trovare liberi nell’endolinfa o più raramente attaccati alla cupola. Nel primo caso si parla di
canalolitiasi (fenomeno descritto per la prima volta nel 1979 da Hall, Ruby e McClure), mentre nel
secondo si parla di cupulolitiasi (termine coniato da Schuknecht nel 1969). La presenza di otoconi
nei canali può creare una pressione sull’endolinfa causando uno spostamento della cupola, creando
una stimolazione anomala e una transitoria asimmetria tra i due labirinti che si manifesta
clinicamente con la crisi vertiginosa. Parallelamente viene attivato riflesso vestibolo-oculare che dà
vita al nistagmo. Il nistagmo prende il nome della direzione della fase rapida e può essere
orizzontale, verticale, obliquo, rotatorio o una combinazione di questi.
La VPPB può derivare dall’interessamento mono o bilaterale di uno o più dei tre canali, in
particolare del posteriore (mentre l’interessamento di quello superiore è estremamente raro), e può
presentarsi a qualunque età (è più frequente tra i 40 e i 60 anni, ed è più comune nelle donne). Si
tratta solitamente di una condizione benigna e autolimitante, ma può essere pericolosa nel momento
in cui la crisi vertiginosa si presenta mentre il soggetto è alla guida o su una scala, tanto per fare un
esempio.
Nel 50-70% dei casi la VPPB è dovuta a cause ignote. Nei casi restanti, il distacco degli otoliti può
essere provocato da labirintite virale (15%), traumi cranici (10%), emicrania (per intenso
vasospasmo), interventi chirurgici all’orecchio interno (con conseguenti danni all’utricolo e rilascio
di otoliti).
Per fare diagnosi di VPPB è fondamentale eseguire un’anamnesi accurata e ricorrere a manovre di
stimolazione quali la manovra di Dix-Hallpike, descritta nel 1952: tale manovra serve a
diagnosticare una VPPB del canale posteriore ed è positiva se dopo 1-5 secondi dalla sua
esecuzione si evoca nistagmo verticale/torsionale e vertigine, la cui intensità è proporzionale alla
risposta del nistagmo. La manovra si esegue spostando rapidamente il paziente da seduto a sdraiato
associando una rapida rotazione del capo; i due canali (sx e dx) devono essere testati separatamente,
applicando la manovra da un lato e poi dall’altro. Esiste anche una manovra per scatenare la VPPB
del canale laterale (paziente sdraiato, cui si fanno girare corpo e testa rapidamente verso il lato
testato), con comparsa di nistagmo orizzontale. La risposta a tali manovre tende a ridursi con la
ripetizione delle stesse.
Per quanto riguarda la diagnosi differenziale, poche condizioni possono mimare la VPPB. Una su
tutte, la malattia di Ménière, in cui però la vertigine non è provocata da cambiamenti di posizione
e dura molto di più (dai 30 minuti a molte ore); inoltre si associano fenomeni uditivi evidenti
(acufene, ipoacusia transitoria).
Infine, per quanto riguarda la terapia, nei casi che non passano da soli (di solito in 6 mesi) sono stati
tentati numerosi approcci. In prima battuta bisogna ricorrre alle manovre di riposizionamento
degli otoliti dal canale affetto all’utricolo (rapidi cambi di posizione della testa per spostare gli
otoliti, secondo schemi precisi), in seguito alle quali è necessario limitare per giorni il movimento,
per garantire la permanenza degli otoliti nella nuova sede. Tali manovre sono molto efficaci, ma nel
20% dei casi la VPPB recidiva. Nei casi più severi si può ricorrere alla sezione chirurgica del nervo
ampollare posteriore, che invia impulsi esclusivamente dal canale semicircolare posteriore (tale
manovra però può anche provocare perdita di udito).
PS: Le manovre diagnostiche e terapeutiche della VPPB DEVONO ESSERE ESGUITE DALLO
SPECIALISTA OTORINOLARINGOIATRA!!! Non provate a fare da soli, potrebbe essere
pericoloso!!!
Per approfondire, leggete questi articoli:
2009 – Caldas MA – Clinical features of benign paroxysmal positional vertigo
2008 – Lopez-Escamez JA - Practical Approach to Recurrent Benign Paroxysmal Positional Vertigo
2003 – Parnes LS - Diagnosis and management of benign paroxysmal positional vertigo
2010 – Caso Clinico sul NEJM, con video del nistagmo provocato
La sinusite
Patologia frequente (ne soffre 1 adulto su 7) e molto disturbante… soprattutto per me!!
I seni paranasali sono cavità presenti nel cranio con lo scopo di alleggerirne il peso (sono cavità
pneumatizzate), di fare da cassa di risonanza alla voce (specie nel canto) e di assorbire le
vibrazioni provocate dalla masticazione. Non ci accorgeremmo neppure della loro esistenza se non
fosse per il fatto che ogni tanto si infiammano, soprattutto in coloro che hanno alterazioni
anatomiche di setto nasale e/o turbinati oppure patologie predisponenti quali la rinopatia allergica o
la discinesia ciliare primaria.
Seni paranasali (tratto da www.msd-italia.it)
Di solito la sinusite acuta (dura meno di un mese) è conseguenza di un banale raffreddore per cui si
dovrebbe parlre più correttamente di rinosinusite acuta: la mucosa nasale infiammata è edematosa
e rende difficile il drenaggio delle secrezioni dagli osti di tutti i seni (pansinusite). Tali secrezioni
si accumulano nei seni e si possono sovrinfettare oltre a causare dolore per la compressione delle
terminazioni nervose: di conseguenza si hanno cefalea, febbre, rinorrea dapprima sierosa e poi
mucopurulenta. Nel caso del seno mascellare l’infezione può essere odontogena, ovvero può
derivare dai denti (per esempio: estensione di un granuloma apicale) per la stretta vicinanza
anatomica con le radici di primo e secondo molare.
Punti sinusali
Ogni seno dà dolore in regioni precise. La flogosi del seno mascellare provoca dolore sordo e
continuo a livello della regione sotto-orbitaria e della fossa canina, evocabile comprimendo il punto
di emergenza del nervo sotto-orbitario (ramo del trigemino). La flogosi del seno frontale provoca
dolore nella regione frontale ed è evocabile con le compressione del punto di Ewing (punto di
emergenza del nervo sovra-orbitario, in corrispondenza della troclea del muscolo obliquo
superiore). Nel caso del seno sfenoidale (che spesso è citato al plurale in quanto presenta un setto
mediano che lo divide in due cavità) la cefalea è localizzata al vertice e all’occipite. I seni etmoidali
provocano cefalea frontale con dolore alla radice del naso (evocabile alla pressione del punto di
Grunwald, in corrispondenza dell’osso nasale).
La diagnosi si basa sulla clinica, ma può essere supportata dalla riduzione della transilluminazione
dei seni paranasali alla diafanoscopia (si pone una lampadina in bocca al paziente che tiene le
labbra chiuse: normalmente i seni provocano la comparsa del cosiddetto spettro di Heryng, con
due aree luminose in corrispondenza delle fosse canine, due a livello delle palpebre inferiori e una
luminosità a livello delle pupille). L’endoscopia nasale, la radiografia dello splacnocranio e la
TC dei seni paranasali devono essere riservate ai casi ricorrenti o cronici (durata > 3 mesi) o con
sospetto di complicanze o di fattori predisponenti.
Sinusite mascellare ed etmoidale (archivio personale)
La terapia è medica, con antibiotici somministrati per almeno 10 giorni (si parte con una
Betalattamina, se questa non ha effetto si può provare un macrolide o un fluorochinolone): è
necessario scegliere un antibiotico in grado di raggiungere le cavità paranasali, che purtroppo non
sono facilemnte raggiungibili. Può essere utile associare abbondanti lavaggi nasali con soluzione
fisiologica. Nelle forme che tendono a recidivare e a cronicizzare si può intervenire
chirurgicamente drenando le secrezioni, allargando i meati e correggendo eventuali alterazioni
anatomiche. Se non curata, la sinusite acuta può provocare complicanze a livello osseo
(osteomieliti), endocraniche (meningite, ascessi cerebrali, tromboflebiti), orbitarie (nevrite ottica
retrobulbare).
Nei bambini i seni non sono del tutto sviluppati, quindi in questi casi la loro flogosi si presenta con
due quadri, diversi da quelli dell’adulto, ovvero l’etmoidite acuta, che si propaga attraverso la
lamina papiracea dell’etmoide verso la regione orbitaria dove provoca spiccato edema delle
palpebre, e l’osteomielite del mascellare superiore, di origine odontogenea (gli abbozzi dentari
vengono raggiunti dai germi per via ematica), in cui si il processo infiammatorio si manifesta con
edema della regione orbitaria, della guancia e della radice del naso.
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