DOSAGGIO PROTEINE (08)
Se voglio analizzare una proteina è necessario isolarla dal campione che abbiamo ricavato tramite
centrifugazione, omogeneizzazione, ecc..
PURIFICAZIONE PROTEINE → Significa ottenerla in forma omogenea (pura), cioè far si che la
proteina d’interesse sia l’unica presente nel campione a disposizione. La purificazione di una
proteina costituisce il primo passaggio essenziale nell’analisi delle sue proprietà fisiche e biologiche
ed è una delle procedure più comuni della biochimica pratica. La scelta di una fonte opportuna
(cellula, tessuto, organo) costituisce un requisito fondamentale per la messa a punto di un
procedimento di purificazione efficiente.
FONTE della PROTEINA d’interesse → Nei campioni biologici, quali cellule e tessuti, le proteine
sono sempre presenti in miscele complesse, le quali possono contenere migliaia di proteine diverse.
Risulta dunque critica la scelta del campione biologico di partenza . E’ ovvio che maggiore sarà la
concentrazione della proteina di interesse nella fonte scelta e più semplice sarà la messa a punto del
procedimento di purificazione. Molte proteine sono presenti in piccole quantità o sono del tutto
assenti per cui si utilizza il dna combinante per costringerlo a esprimere la proteina di nostra
interesse.
GRADO di PUREZZA desiderato → Piccole quantità di contaminanti possono essere tollerate, a
seconda delle indagini che si desidera effettuare sulla proteina di interesse
Gradi di purezza del 95% -98% sono sufficienti per la maggior parte delle analisi sperimentali.
Alcuni tipi di analisi, quali la determinazione della struttura mediante cristallografia, richiedono
campioni proteici particolarmente puri.
OBIETTIVO: purificare una proteina
I FASE: RICERCA BIBLIOGRAFICA
DOMANDE: 1.Quali informazioni abbiamo?
2.Quali sono le caratteristiche della proteina?
3.Quali funzioni svolge nella cellula?
4.Dove è presente in elevate quantità?
5.Quali difficoltà ci aspettiamo di incontrare?
II FASE: scelta della procedura
DOMANDE: 1.Qualità o quantità?
2.Identificazione della fonte
3.Scelta dei passaggi
FASE OPERATIVA: Preparazione del campione di partenza
•Isolamento e purificazione
•Caratterizzazione
PARAMETRI UTILI → Ogni passaggio della procedura di purificazione determina la separazione
delle proteine totali presenti nel campione in una serie di frazioni (frazionamento). Per ciascuna
frazione è determinata la quantità di proteine totali e le unità di attività enzimatica della proteina di
interesse.
Una unità enzimatica (U) è definita come la quantità di enzima richiesta per convertire 1 μmol di
substrato in prodotto in 1 min in condizioni definite (generalmente 25 o 30 °C, ad un valore di
pH ottimale). → misurabile con saggio enzimatico
A ogni step del processo di purificazione una parte della proteina di interesse viene persa, perciò
introduciamo il parametro:
RESA= (mg o U di proteine di interesse nella frazione) / (mg o U di proteine di interesse nella
preparazione originale)
Il grado di purezza di un enzima in una particolare frazione è espresso tramite l’attività specifica
(As), la quale pone in relazione l’attività enzimatica con il contenuto totale di proteine presenti nella
preparazione.
As = (U di enzima d’interesse nella frazione) / (mg di proteine totali nella frazione)
Nel corso di una purificazione ottimale la resa diminuisce e l’attività specifica aumenta. Ho sempre
meno proteina come quantità, ma la sua concentrazione nel campione sale.
La messa a punto di un procedimento sperimentale di purificazione di una proteina richiede la
possibilità di: 1. Identificare e quantificare la proteina di interesse fra tutte le altre proteine del
campione di partenza (gli ENZIMI possono essere identificati sulla base della reazione che essi
catalizzano tramite un opportuno SAGGIO ENZIMATICO)
2. Misurare la quantità di proteine totali nel campione
3. Valutare la presenza di proteine contaminanti nel campione di interesse
Identificare e quantificare la proteina di interesse fra tutte le altre proteine del campione di partenza
E’ necessario disporre di un opportuno saggio che consenta di seguire la proteina durante i vari
passaggi del procedimento di purificazione. E’ importante che il saggio disponibile sia eseguibile
rapidamente su molti campioni. Il saggio deve indicare in maniera affidabile la quantità della
proteina desiderata presente ai vari stadi di purificazione. Inoltre il saggio deve essere eseguibile
con una piccola quantità di campione proteico.
ES. SAGGIO ATTIVITA’ ENZIMATICA:
Poniamo che il nostro enzima sia la fosfatasi. Le fosfatasi catalizzano le reazioni d’idrolisi dei
monomeri di fosfato.
R-O-PO32- + H2O → R-O-H + HO-PO32- (HPO42-)
Per trasformare la reazione nel saggio enzimatico basta usare il giusto monoestere del fosfato, come
p-nitrofenil-fosfato un composto incolore che in presenza di fosfato viene convertito in pnitrofenolo, un composto di colore giallo, proporzionale alla concentrazione di fosfatasi. Per vedere
concentrazione di fosfatasi posso usare spettrofotometria poiché assorbirà nel blu.
Le reazioni che richiedono nucleotidi piridinici sono molto usate nei metodi enzimatici di analisi.
Molti enzimi usano coenzimi come (NAD, NADH, NADP, NADPH) e di questi possiamo sfruttare
la loro proprietà di assorbire in modo diverso ad una data lunghezza d’onda quando sono
ossidati/ridotti, inoltre sono ideali perché sono usati stechiometricamente in un gran numero di
reazioni di ossido-riduzione.
Composto ridotto + NAD+ → Composto ossidato + NADH
(non assorbe a 340 nm)
(assorbe a 340 nm)
Saggio enzimatico non specifico, dal momento che evidenzia tutti gli enzimi che usano come
coenzima il NAD+.
Io andando a misurare quanto NADH si è formato so quanto enzima si è presente poiché per ogni
molecola di coenzima ho una molecola di enzima.
Ad esempio la lattato deidrogenasi con il coenzima NAD+ catalizza la reazione di conversione da
lattato a piruvato con produzione di NADH. Per cui misurando a 340 nm posso osservare la
formazione calcolare quanto enzima è presente e ottenere quindi le U.
Saggio enzimatico ci permette perciò di monitorare lungo la purificazione le u presenti nel
campione, se abbiamo anche le proteine totali possiamo calcolare l’attività specifica per ogni step.
Com si calcola la concentrazione totale delle proteine?
Abbiamo visto che nell’UV-visibile le proteine assorbano a 280 nm. La concentrazione delle
proteine può essere stimata quindi misurando l’assorbanza delle soluzioni contenenti le proteine a
280 nm(UV). Non è un metodo distruttivo, infatti è adoperato comunemente perché non distrugge il
campione ed è molto rapido. La maggior parte delle proteine ha un massimo di assorbimento a 280
nm per la presenza degli amminoacidi aromatici triptofano(W), tirosina (Y) e fenilalanina(F).
Poiché la composizione in amminoacidi delle proteine varia notevolmente, l’assorbimento molare
varierà anch’esso di molto, a seconda del contenuto di questi amminoacidi
Proteine che non contengono W, Y e F non avranno un massimo di assorbimento a 280 nm, mentre
proteine che contengono molti residui di W, Y e F avranno elevati valori di assorbimento molare,
con un massimo di assorbimento a 280 nm. Il metodo non è quindi molto accurato a meno che la
proteina sia pura e ne sia noto l’assorbimento molare. Proteine non assorbano normalmente nel
visibile, ma solamente nell’ultravioletto. Eccezioni sono le metallo- proteine che portano legati
metalli di transizione e sono colorate grazie ai metalli. Le proteine hanno un picco a 280 nm e uno
dovuto al legame peptidico a 220 nm, non viene usato perché molte sostanze organiche
interferiscono a questa lunghezza d’onda.
SVANTAGGI: Necessità di utilizzare cuvette di quarzo. A meno che la proteina non sia libera da
altri composti che assorbono luce a 280 nm, i risultati saranno poco accurati. Inoltre gli acidi
nucleici sono particolarmente fastidiosi perché gli anelli purinici e pirimidinici hanno massimi di
assorbimento vicini a 260 nm, con un assorbimento considerevole che si estende fino a 280 nm. Se
sappiamo che gli acidi nucleici sono gli unici contaminanti, la concentrazione della proteina può
essere stimata adoperando una formula che corregge ragionevolmente bene per il contenuto in acidi
nucleici:
[proteina] (mg/ml) = 1,55 A280–0,76 A260
I valori empirici derivano dal fatto che l’assorbanza è addittiva, ossia si può sommare se siamo nelle
condizioni di lambert-beer, problema è che aromatici e acidi nucleici assorbono a due lunghezze
d’onda differenti per cui le code dei due picchi si sovrappongono e i coefficienti servono a
ricordarci che i picchi non sono sovrapposti, ma sfalsati.
VANTAGGI: Non è distruttivo e consente misure in continuo, ad esempio su un eluente di una
colonna cromatografica. Il limite di sensibilità può essere aumentato in maniera significativa
misurando i massimi di assorbimento a lunghezza d’onda comprese tra 190 e 220 nm (legami
peptidici, ma le interferenze possono aumentare)
METODI PER CALCOLARE [PROTEINE]
Si può attaccare cromofori alle proteine affinché siano visualizzate meglio ad una data lunghezza
d’onda o ad una diversa.
METODO DEL BIURETO: storicamente il biureto è il più usato; esso deriva dalla condensazione
dell’urea. Il reattivo del biureto è costituito da una soluzione di solfato di rame alcalino contenente
potassio tartrato di sodio. In condizioni alcaline gli ioni rameici Cu2+ formano un complesso di
coordinazione con quattro gruppi –NH presenti in altrettanti legami peptidici. Il complesso che si
forma assorbe luce nel visibile, con un picco a 550 nm.
VANTAGGI: Essendo basato sull’interazione degli ioni rameici con i legami peptidici, il metodo
è universale e molto riproducibile
SVANTAGGI: Scarsa sensibilità: il metodo non si dimostra infatti adatto alla determinazione di
concentrazioni inferiori ad 1 mg/ml. Si ha interferenza da parte dei sali ammonici: inutilizzabile su
campioni proteici ottenuti per precipitazione con ammonio solfato perché questi campioni
contengono alte concentrazioni di ammonio.
METODO DI LOWRY: Consiste nella reazione del biureto, seguita dalla riduzione in condizioni
alcaline del reagente di Folin-Ciocalteu (acidi misti di fosfomolibdotungstato). Gli ioni di rame
facilitano il processo di riduzione. I gruppi cromogeni principali sono i legami peptidici complessati
con rame (biureto) ed i molibdotungstati ridotti blu, che sono ridotti in gran parte da tirosina,
triptofano ed amminoacidi polari. Il prodotto della reazione, eteropolimolibdeno, ha una forte
colorazione blu, con un massimo di assorbimento a circa 750 nm.
VANTAGGI: Poco costoso e di facile esecuzione. Altamente riproducibile è molto sensibile: è
possibile determinare concentrazioni fino a 10 μg/ml. E’ un metodo diretto.
SVANTAGGI: E’ soggetto ad interferenze da parte di una varietà di sostanze, quali Tris, HEPES ed
EDTA. Le curve standard sono lineari (necessario affinchè la curva sia una retta) solo a basse
concentrazioni proteiche. Sono necessari tempi d’incubazione precisi per ottenere dati riproducibili.
La reazione dipende dal pH ed è necessario avere un pH compreso tra 10 e 10,5.
Recentemente sono stati introdotti un certo numero di reagenti alternativi per la determinazione
degli ioni rameici, i quali consentono di effettuare un saggio più conveniente e riproducibile.
METODO BCA: La reazione del BCA (acido bicinconinico) è simile a quella del reattivo di
Lowry. Cu+2è ridotto a Cu+1dalle molecole proteiche in soluzione alcalina. Due molecole di BCA
chelano uno ione rameoso (Cu+1). Per cui è come un metodo indiretto che sfrutta la coniugazione.
Tale evento determina la formazione di un intenso colore violetto con un massimo di assorbimento
a 562 nm.
VANTAGGI: Sensibilità simile a quella del metodo di Lowry (10 μg/ml). Ridotta suscettibilità alla
presenza di detergenti. Dopo un’incubazione di 30 minuti a 37°C il colore è sufficientemente stabile
per misurazioni attendibili (spostamento del 2,5% in 10 minuti).
SVANTAGGI: Il colore continua a svilupparsi lentamente nel tempo. Interferenza da parte di
carboidrati. Ecco un elenco di una parte delle sostanze che interferiscono con il metodo BCA:
catecolamine, triptofano, lipidi, rosso fenolo, cisteina, tirosina, saccarosio, glicerolo non puro,
H2O2, acido urico e ferro.
METODO DI BRADFORD: Il legame del colorante Coomassie Brilliant Blue G-250 alle proteine
determina uno spostamento del massimo di assorbimento del colorante da 465 nm (rosso) a 595 nm
(blu) in soluzioni acide (Bradford, 1976). Tale colorante forma forti complessi non covalenti con le
proteine tramite interazioni elettrostatiche con gruppi amminici e carbossilici e tramite interazioni di
van der Waals. Il colorante è preparato come soluzione stock in acido fosforico. Il metodo è un
semplice procedimento costituito da un unico passaggio in cui il colorante è aggiunto ai campioni e
si determina l’assorbanza a 595 nm. La quantità di colorante che si lega è proporzionale alla
quantità di proteina presente in soluzione. Pertanto l’intensità del colore blu (dunque
l’assorbimento) è proporzionale alla concentrazione proteica. In genere quantità uguali di proteine
differenti legano la stessa quantità di colorante → il saggio è indipendente dal tipo di proteina.
Poiché l’intensità della colorazione non è lineare in una vasta gamma di concentrazioni di proteine,
si raccomanda fortemente di preparare una curva standard per ogni saggio. La curva di taratura è
molto importante perché permette di verificare che la legge di LB sia lineare e conoscendo
assorbanza ci permette di estrapolare concentrazione x del campione, in quanto abiamo calcolato a
concentrazioni standard l’assorbanza del campione. Solo un caso in cui non è necessaria, ed è
quello in cui abbia una proteina pura e il coefficiente di estensione molare noto in quanto posso
ricavare direttamente C.
VANTAGGI: Semplicità di preparazione del reattivo. Sviluppo del colore immediato. Stabilità del
complesso. Elevata sensibilità (fino a 22 μg/ml). Il saggio è compatibile con la maggior parte dei
tamponi comuni, degli agenti denaturanti come guanidina, HCl 6M e urea 8 M e dei preservanti
come sodioazide.
SVANTAGGI: Il reagente colora le cuvette ed è piuttosto difficile da rimuovere. La quantità di
colorante che si lega alla proteina dipende dal contenuto in aminoacidi basici→ ciò rende difficile la
scelta di uno standard. Molte proteine non sono solubili nella miscela di reazione acida.