La conversazione tra aziende
e un pubblico che cambia.
We are a generation that is always on
and always connected. Where our lives
jump on-line and off is no longer just
indecipherable, it’s irrelevant.
Julia Roy
Le aziende, nell’intento di promuovere prodotti o servizi, hanno
dovuto cambiare radicalmente l’approccio di conversazione con i
consumatori, sempre più attori del processo di posizionamento di
brand e prodotti; parliamo in tal caso di “prosumer”; il consumatore
ha facoltà di parola e diviene co-creatore dell’identità di marca.
Come è noto i prodotti, in modo particolare quelli che richiedono un
bisogno maggiore di informazioni prima della decisione di acquisto,
(come nel caso dei prodotti tecnologici o automotive), sono stati e
vengono da sempre discussi, giudicati, consigliati da persone, consumatori e utenti, influenzando quelle che sono le predisposizioni
all’acquisto da parte di altri potenziali consumatori. L’accesso a
internet ha profondamente cambiato i limiti di distribuzione geografica fino a ora conosciuti. Le applicazioni 2.0 permettono la condivisione e di conseguenza il passaparola tra utenti che condividono passioni e interessi comuni. Da sempre, le persone sono alla ricerca di
individui a loro simili, con i quali condividere lo stesso gruppo; le
comunità virtuali diventano sempre più ricche di rapporti da pari-apari, simili a quelli face-to-face, nella ricerca di consenso e autostima personale. Far parte di una community significa non solo essere
entusiasti per un argomento, un prodotto, una persona, ma anche
aver la possibilità di criticare e argomentare delle prese di posizione
differenti fa quelle volute dalla marca.
15
Buzz marketing nei social media
La produzione di contenuti fino a ora esclusiva dei classici mezzi
di comunicazione, vede il crescente sviluppo di nuovi media e, in particolar modo, dei contenuti prodotti dagli utenti. L’uomo non può non
comunicare, ed è grazie a internet che trova la possibilità di abbattere i confini imposti dalle distanze spaziali e dai canali di comunicazione. Ci troviamo nell’era della “Rinascita della conversazione”;2 gli
utenti sono prima di tutto persone che condividono gli uni con gli altri
esperienze e conoscenza. È lo stesso concetto di knowledge a riempirsi di significato grazie alle social media technologies.
Nell’era della conversazione digitale sono le persone a essere al
centro dell’analisi. La grande ondata che si sta divulgando e a cui tutti
stiamo partecipando è definita User Generated Content (Contenuto
Generato dagli Utenti). In accordo con Wikipedia, la definizione è
nata nel 2005 negli ambienti del web publishing e dei new media per
indicare il materiale disponibile sul web prodotto da utenti invece
che da società specializzate. Esempi di contenuto generato dagli
utenti sono foto e video digitali, blog, podcast e wiki. Esempi di
spazi web che si basano su questa filosofia sono Flickr, Friends
Reunited, FourDocs, YouTube, Second Life e Wikipedia. Una declinazione del contenuto generato dagli utenti e lo user generated marketing, pubblicità, messaggi e comunicazioni create dagli utenti in
crowdsourcing (due esempi in questo senso sono bootb e Zooppa).
Le recenti evoluzioni nel campo dell’informazione hanno visto la
nascita di format tv che riprendono il concetto di UGC riadattandolo al formato televisivo tradizionale come nel caso di CurrentTV.
La percentuale di utenti che fruiscono/producono contenuti web,
aumenta sempre più e con un ritmo di notevole rilevanza dal 2007
a oggi. Come possiamo vedere nella seguente tabella i consumatori
di “User Generated” tenderanno ancora a crescere, almeno secondo
le previsioni pubblicate da e-marketer.
Anche in Italia aumenta la produzione di contenuti con un ritmo
2. Age of Conversation eBook.
16
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Figura 1. Fonte eMarketer.
di aggiornamento più costante nel tempo. Nelle tabelle che seguono, notiamo le percentuali di fruizione nel tempo di contenuti User
Generated (figure 2-3).
Il pubblico se da una parte si rende partecipe nella creazione di
contenuti, dall’altra è sempre più “volatile”, alla ricerca di informazioni diverse. Il web diventa un luogo di confronto e soprattutto terreno fertile per ottenere informazioni utili sia didattiche che di intrattenimento, riproducendo on-line le relazioni fino a ora ricercate solo
nei gruppi di riferimento tradizionali (amici, lavoro, famiglia, ecc.).
Ci fidiamo sempre più degli estranei dal momento in cui vengono
stabilite delle relazioni, che se pur mediate, vengono vissute e interpretate come parte del quotidiano. Se con i mass media l’interazione
peer-to-peer rimane localizzata e limitata al faccia a faccia, i social
media hanno aperto la porta ai consumatori, affinché possano pubblicare i propri contenuti e con estrema semplicità divulgarli.
La facilità con cui è possibile produrre, condividere opinioni e influenzare altri utenti ha dato vita alla democratizzazione dell’influenza dei gruppi sociali. A differenza dell’offline, oggi le esperienze
sono divulgate al mondo intero. Mai fino a ora siamo stati esposti a
così tante opinioni e raccomandazioni, di cui molte provenienti da
17
Buzz marketing nei social media
Figura 2. Fonte Universal McCann.
estranei, ovvero persone “normali”, né celebrità né particolarmente
esperte. Da una comunicazione one-to-many siamo passati alla ricerca di un’interazione one-to-one, per evolvere verso la comunicazione many-to-many.
Considerando non tanto le tecnologie, ma l’uso e l’influenza che
queste hanno sulle persone, potremmo porci una domanda. Che
cosa ricercano gli utilizzatori nelle diverse forme di interazione?
Riprendendo la teoria di Maslow già applicata al marketing tradizionale, possiamo suddividere in via teorica e interpretativa, i bisogni soddisfatti e ricercati nelle social technologies.
Maslow raggruppa i bisogni fondamentali in cinque categorie:
bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di autorealiz18
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Figura 3. Fonte: Universal McCann.
zazione. Non si limita a una classificazione, ma postula l’esistenza
di una gerarchia dei bisogni, che sarebbe in funzione dello sviluppo
dell’individuo. Secondo lo psicologo statunitense ci sarebbe un
ordine prioritario, nel senso che ognuno di noi comincia a ricercare
la soddisfazione dei bisogni prioritari prima di passare alla categoria successiva.
Questi bisogni di ordine inferiore, una volta soddisfatti, lasciano
spazio ai bisogni della classe superiore, che iniziano così a influenzare il nostro comportamento. Ci sarebbe quindi un’attenuazione
progressiva dell’intensità dei bisogni soddisfatti e un’intensità crescente, invece, di quelli di ordine superiore non ancora soddisfatti.
L’analisi di Maslow riesce a mettere in evidenza la struttura multi19
Buzz marketing nei social media
Figura 4. Elaborazione dell’autore del concetto di Piramide di Maslow 2.0. Fonte
www.aysoon.com
dimensionale e gerarchizzata dei bisogni. Queste categorie di bisogni coesistono sempre; ciò che cambia è il grado d’importanza che
ognuna di esse può assumere a seconda dell’individuo o, per uno
stesso individuo, in base alle circostanze.
• Sopravvivenza: bisogni fisiologici – a livello più basso troviamo
quelli che sono gli strumenti che soddisfano il bisogno di conoscenza e di comunicazione diretta via e-mail
• Sicurezza: bisogno di protezione morale e fisica – ovvero non
solo gli antivirus, ma in particolar modo la sicurezza della propria
identità nel web
• Socializzazione: è a questo livello che il web 2.0 viene in risposta al bisogno di appartenenza e di comunicazione immediata,
grazie ai network che si creano tra utilizzatori
20
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
• Stima: il riconoscimento superiore, viene dato a coloro che decidono di esporsi attraverso i blog, grazie cui esprimono punti di
vista personali e stimolano discussioni
• Autorealizzazione: a livello più alto, troviamo coloro che contribuiscono a un sapere autorevole e condiviso. Le classifiche degli
aggregatori di notizie come Wikio, Technorati fanno parte del
senso di autorevolezza ricercata dagli utenti.
Il profilo del consumatore postmoderno
Il nuovo consumatore è diventato più scaltro, esigente e selettivo,
competente, proattivo e tendenzialmente infedele alla marca. Il consumatore di oggi è alla ricerca di esperienze più che prodotti, emozioni e sensazioni più che valori d’uso,3 generando inediti modelli di
consumo più simili al patchwork che alla linearità/prevedibilità del
passato. Il consumatore postmoderno vuole prodotti “unici” su misura e personalizzati ed è alla ricerca costante di informazioni su ciò
che si acquista in modo rapido e possibilmente con un approccio
one-to-one. Il consumatore acquisisce potere e consapevolezza della
discrezionalità; la sua tradizionale passività e subalternità verso chi
produce/vende non trova più alcun riscontro; intende instaurare un
rapporto dialettico che impone all’impresa il passaggio dalla logica
della transazione a quella della relazione.
In un mondo dove l’individualismo prende forza, le persone
vogliono scambiare, comunicare, legarsi agli altri: sono alla ricerca
di legami, con le istituzioni come con le marche. L’esplosione delle
nuove tecnologie d’informazione ha infatti stravolto i rapporti con
gli altri. Da un punto di vista positivo, questa esplosione ha aperto
un’enorme possibilità di connessione, e riconnessione, di capacità
critiche tra i propri comportamenti e quelli degli altri.4
3. Fabris, G. (2003), Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco
Angeli, Milano, pp. 126-138
4. Eric de Rugy, Attache-moi, 2008.
21
Buzz marketing nei social media
Il XXI secolo pone alla ribalta un nuovo consumatore in continua
trasformazione, la cui eterogeneità e complessità sono il riflesso
sociale dei cambiamenti che investono l’epoca contemporanea. Si
prospetta uno scenario di mercato globale ipercompetitivo, dominato dalle nuove tecnologie dell’informazione che consentono all’individuo di essere capillarmente e costantemente informato.
Il consumatore è alla ricerca di prodotti personalizzati, vuole poter
essere valorizzato nell’utilizzo del prodotto o servizio, nel rapporto
con chi produce il prodotto. Il consumo permea ormai ogni sfera esistenziale dell’individuo che lo assume quale medium espressivo
della propria reale identità, spesso palesando, attraverso i diversificati atti di consumo, la pluralità e l’eclettismo della personalità.5
In sostanza il consumatore odierno è:
• Autonomo, non più subordinato alla marca. Nel mercato moderno non sono i prodotti a competere ma i messaggi. La marca è un
elemento sempre più astratto, basato su valori sociali condivisi,
identità culturali emergenti
• Competente, internet ha dato un potere enorme al consumatore
che ora ha conoscenze sui prodotti e sa scegliere
• Esigente, chiede sempre più qualità e servizio
• Selettivo, il consumatore è molto più attento a ciò che acquista
anche grazie alla fonte di informazioni inesauribile che è internet
• Orientato in senso olistico, nella scelta sono coinvolte tutte le
dimensioni tangibili e intangibili. “È all’interno dell’impero del
capitalismo che le dinamiche di consumo diventano un mezzo per
affermare la propria identità, non più l’ostentazione di uno status symbol. Il consumo e le marche diventano forme di aggregazione collettiva e strumenti di formazione dell’identità”.6
Come vedremo, l’uso che le persone fanno dei media e il tempo
con cui un media si diffonde abbastanza da essere chiamato mass5. Ibidem.
6. Cova, Pallera e Giordano, 2007.
22
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
media, influenza in modo significativo non solo il mercato ma le
esigenze stesse della comunicazione.
Il report Nielsen sul fenomeno dei social network nel mondo
Secondo lo studio Global Faces and Networkend Places, il report
Nielsen sul fenomeno dei social network nel mondo datato marzo
2009, i due terzi degli utenti internet nel mondo visita blog e social
network, categoria che occupa ormai quasi il 10% del tempo totale
speso on-line. Le member community hanno superato le e-mail personali diventando la quarta categoria più visitata in assoluto, dopo i
motori di ricerca, i portali generalisti e i siti di software per PC.
Ma la crescente diffusione dei social network e, di conseguenza,
l’aumento dell’audience, è solo metà della storia: le persone dedicano sempre più tempo a questi siti, il che non solo comporta cambiamenti nel modo di trascorrere il tempo on-line ma ha anche implicazioni sul modo di comportarsi e relazionarsi con gli altri nella vita
di tutti i giorni. Il mondo dei media e della pubblicità si trova quindi ad affrontare le sfide ma anche le opportunità che questo nuovo
mezzo di comunicazione porta con sé. Se è vero infatti che i social
network rappresentano nuovi attori sullo scenario competitivo,
offrono però allo stesso tempo a editori e inserzionisti la possibilità
di trovare modi completamente nuovi per rapportarsi ai propri utenti: bisogna solo capire quali siano le strategie migliori per riuscirci.
Il coinvolgimento degli utenti nei social network è tale da poter
cambiare il modo in cui ci si rivolge ai consumatori non solo sui
mezzi digitali ma anche su quelli tradizionali.
Se il tempo dedicato a internet in generale non cresce tanto quanto il tempo dedicato ai social network significa che questi ultimi
stanno portando via quote di tempo alle altre categorie web. Nella
maggior parte dei paesi considerati, la percentuale del tempo on-line
dedicata a blog e social network è più che raddoppiata (figura 5).
23
Buzz marketing nei social media
Figura 5. In Svizzera l’incremento maggiore della percentuale di tempo online spesa
sui siti member community. Fonte Nielsen Online, Global Index, dicembre 2007.
I social network sono partiti tra i più giovani, poi con il passare
del tempo si sono diffusi sempre di più, anche grazie a siti come
Facebook, la cui formula di successo ha aperto le porte dei social
network a un’audience molto più ampia. La conseguenza è che nella
composizione dell’audience di blog e social network diminuisce la
percentuale rappresentata dagli under 18 mentre aumenta quella
degli over 50 (figura 6).
Alla base dell’esistenza dei social network c’è l’amicizia, il fatto
che gli iscritti attraverso l’interazione danno qualcosa l’uno all’altro. In questo senso, la pubblicità dovrebbe seguire la stessa logica
del dare un valore aggiunto attraverso l’interazione e il dialogo.
Il marketing sui social network è un po’ come l’amicizia: richiede tempo e dedizione, gli investimenti economici non bastano.
Il fenomeno dei social network sta cambiando drasticamente il
comportamento delle persone, offrendo quindi nuove sfide e opportu24
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Figura 6. Le member community raggiungono utenti più maturi. Fonte Nielsen
Online.
nità sia all’industria dei media che a quella pubblicitaria. Blog e social
network occupano il 10% del totale tempo speso su internet, eppure,
a parte alcune eccezioni, restano ancora un mezzo poco redditizio.
La Generazione Y
La Generazione Y è la generazione sulla quale il web gioca un
ruolo determinante, influenzando profondamente le esperienze relazionali tra individui: il linguaggio è fatto di nuovi segni e parole.
Sono ragazzi fra i 18 e i 25 anni, che vivono costantemente connessi on-line, cresciuti in piena espansione della comunicazione digitale. Assidui frequentatori delle più famose community on-line –
Facebook, MySpace, YouTube – utilizzano Skype per comunicare
anche al posto del telefono, sono early adopter di molti servizi web
2.0. Tecnologia, moda ed entertainment sono solo alcune dei principali temi dibattuti nella Rete.
Una ricerca intrapresa dalla Calvin Klein ha definito questa generazione “technosexual”, considerando la Generazione Y come un
gruppo di riferimento con un considerevole potere d’acquisto,
25
Buzz marketing nei social media
un’approfondita conoscenza dei prodotti nonostante la giovane età,
e con una fedeltà al brand inferiore rispetto alla media dei consumatori. Cresciuti con telefonini e computer, possiamo considerarli dei
digital native, abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto
di segni sintetici che esprimono emozioni: il loro mondo “digitale”
si arricchisce così di strumenti come chat, blog, forum e iPod, social
network di immagini, siti preferiti, status.
Solo negli Stati Uniti il quotidiano Usa Today stima che i giovani
della “Y Gen” sono all'incirca 70 milioni: tutti ragazzi sotto i trent’anni con un rapporto assolutamente confortevole con le tecnologie più
avanzate e che rappresentano la forza lavoro e il know-how del nostro
immediato domani. Una ricerca della Harris Interactive ha evidenziato che la Generazione Y – solamente negli States – spende 172 miliardi di dollari all'anno, influenzando anche gran parte delle decisioni
d'acquisto di un pubblico più adulto, genitori in testa.
Sul fronte italiano in particolare, una ricerca realizzata dall’istituto B&F per conto di Tequila-Italia (che prende in esame un
campione di 400 ragazzi fra i 18 e i 25 anni) ha rilevato che internet è il mezzo di comunicazione più seguito in questa fascia d’età
(95% del campione), seguito da radio (70%), tv classica (64%),
l’emittente musicale MTV (29%), Sky (7%).
I siti più visitati sono quelli di musica (43%), sport e calcio
(24%), informazione (20%), viaggi e aerei (17%). Fra i brand online il più noto, sempre secondo la ricerca, è YouTube (per il 64%
degli intervistati), seguito da MySpace (36%). Quanto agli sms, il
42% dei ragazzi interpellati dice di inviarne da 10 a 19 al giorno, il
40% ne invia da 1 a 9.7
La generazione X, che la ha preceduta, si è identificata invece
nella mancanza di ottimismo nel futuro, scetticismo, sfiducia nei
valori tradizionali e nelle istituzioni. I suoi appartenenti sono cresciuti nella deindustrializzazione del mondo occidentale e nella
recessione economica dei primi anni Novanta e del 2000 (figura 7).
7. www.adnkronos.com
26
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Figura 7. Gen Y e Gen X a confronto. Fonte: www.slideshare.net
Survey 2.0
Una ricerca del 2007 di Forrester pubblicata nel famosissimo
testo Winning in a World Trasformed by Social Technologies propone dei dati statistici circa le attività svolte dai cittadini statunitensi
nel momento in cui questi sono on-line. Le prime tre posizioni, in
termini di percentuali, sono occupate rispettivamente da:
• Guardo video prodotti da altri utenti, 29%
• Consulto forum o gruppi di discussione on-line, 28%
• Visito siti di social network, 25%
Abbiamo voluto in qualche modo replicare l’indagine realizzandola su un campione di 100 utenti italiani, lanciando una survey e
pubblicizzandola su Twitter e FriendFeed.
Fermo restando le scelte – con la sola aggiunta di “uso friendfeed” – abbiamo chiesto agli utenti di indicare quali attività tra quelle
27
Buzz marketing nei social media
elencate svolgessero almeno una volta al mese. Dai risultati è emerso in generale un maggiore coinvolgimento degli utenti attraverso
gli strumenti a disposizione nel web (questo sicuramente è in parte
anche dovuto alla particolare tipologia di target che abbiamo colpito, un campione che si è dimostrato essere molto avvezzo alle tecnologie della Rete). Da sottolineare il balzo in avanti legato alla
maggiore partecipazione verso i social network in generale, e verso
i blog e twitter in particolare.
Un’altra indagine di Forrester, pubblicata sempre nel testo a
firma Li e Bernoff, del 2006, si propone di comprendere, con l’avvento dell’era di internet, quali siano le fonti che gli americani connessi alla Rete ritengono più fidate, più credibili. Anche in questo
caso, sempre mantenendo inalterate le risposte possibili, abbiamo
lanciato una survey on-line su un campione rappresentativo di 100
utenti nel web chiedendo loro di valutare le varie voci – alla domanda “quanto ti fidi delle fonti di informazione relative a prodotti/servizi?” – indicando una preferenza su una scala che, crescendo, andava da “non mi fido” a “mi fido totalmente”.
Le prime tre posizioni della ricerca americana vedevano nell’ordine:
• Opinione di un amico o di un conoscente che ha fruito del prodotto/servizio, 83%
• Recensione del prodotto/servizio apparsa su un giornale, una rivista o in tv, 75%
• Informazioni pubblicate sul sito del produttore, 69%.
I risultati che abbiamo registrato, rispetto alla ricerca di riferimento, sono molto diversi. Se infatti le opinioni di un amico/conoscente si confermano come “prima scelta” della stragrande maggioranza degli utenti, la credibilità di una recensione apparsa su un
giornale, una rivista o in tv subisce un netto calo, passando da un
75% a un 35.7%, relegando tale spazio comunicativo in ultima posizione rispetto alle altre scelte disponibili.
28
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Viceversa scalano posizioni le opzioni che vedono attivamente
partecipi gli utenti: le recensioni di blogger passano così dal 30% al
67.4%, le opinioni delle community di utenti dal 50% al 73.2%. Il
web 2.0 è insomma vivo più che mai ed è sempre più considerato
dai potenziali consumatori il territorio primo nel quale reperire (e
condividere) informazioni, opinioni, giudizi, una tappa ormai quasi
obbligata per vagliare l’acquisto di un bene/servizio.
29
Buzz marketing nei social media
Gli strumenti del web 2.0
Nel paragrafo precedente abbiamo citato il neologismo “web 2.0”:
di cosa si tratta? L’espressione “web 2.0” venne usata per la prima
volta con una sessione di brainstorming durante una conferenza a
ridosso dello scoppio della bolla speculativa che colpì le cosiddette
dotcom a cavallo del nuovo millennio: Dale Dougherty, pioniere del
web e vicepresidente di O’Reilly, fece notare che, tutt’altro che
“crollata”, la Rete era più importante che mai, con nuove interessanti applicazioni e siti che nascevano con sorprendente regolarità.
Il concetto venne poi ripreso e approfondito nell’ormai famosissimo articolo di Tim O’Reilly What Is Web 2.0: Design Patterns and
Business Models for the Next Generation of Software, del 30 settem-
30
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
bre 2005. Il concetto alla base del ragionamento di O’Reilly è il
seguente: le società che erano sopravvissute alla bolla sembravano
avere alcune caratteristiche in comune.
Ancora oggi c’è grande disaccordo circa il significato di web 2.0:
alcuni lo denigrano, considerandolo un termine di marketing (da
sostituire all’ormai arcaico new economy), una moda, mentre altri lo
accettano come il nuovo standard convenzionale.
Come molti concetti importanti, il web 2.0 non ha confini rigidi
ma, piuttosto, un centro gravitazionale. Lo si può immaginare come
un insieme di principi e di procedure che collegano un autentico
“sistema solare” di siti che dimostrano questi principi, o parte di
essi, a una distanza variabile da tale centro.
Web 2.0 è quindi l’insieme di tutte quelle applicazioni on-line che
permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente (blog,
forum, chat, sistemi quali Wikipedia, Youtube, Facebook, Myspace,
Gmail, ecc.).
La locuzione pone l’accento sulle differenze rispetto al cosiddetto web 1.0 diffuso fino agli anni Novanta e composto prevalentemente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione con
l’utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l’uso delle
email e l’uso dei motori di ricerca.
Per le applicazioni web 2.0, spesso vengono usate tecnologie di
programmazione particolari, come AJAX (Gmail usa largamente
questa tecnica per essere semplice e veloce) o Adobe Flex.
Un esempio potrebbe essere il social commerce, l’evoluzione
dell’e-commerce in senso interattivo che consente una maggiore
partecipazione dei clienti, attraverso blog, forum, sistemi di feedback ecc.8
Quello che più interessa nell’ambito della comunicazione e del
marketing, non sono le tecnologie che caratterizzano il web 2.0, ma
8. www.wikipedia.com
31
Buzz marketing nei social media
ciò che gli utenti fanno con esse. Analizzare i bisogni è il primo
passo affinché si possa prevedere con un margine di certezza le sue
evoluzioni e predire l’evoluzione delle relazioni tra aziende e consumatori.
Alcuni degli aggettivi che caratterizzano le social media technologies, rispecchiano le implicazioni che queste hanno avuto gli utenti del web:
•
•
•
•
•
Scambio
Comunicazione
Autogestione
Collaborazione
Implicazione
Le reti sociali sono sviluppate su piattaforme che consentono
un’interazione tra gli utenti, permettendo loro di scambiare contenuti audio, video e testuali. Al centro di ogni social network c’è un
interesse che accomuna chi vi prende parte, in base al loro centro
d’interesse: LinkedIn, Facebook, MySpace, Twitter, Viadeo, Social/
Median, ecc.
Il concetto essenziale che accomuna gli strumenti del web 2.0, è
la possibilità per un membro che fa parte di una comunità, di poter
ingrandire la propria cerchia di amici invitando altri membri appartenenti o meno alla comunità9 (figura 8).
Una rete sociale su internet è una trasposizione di una rete naturale: un gruppo di persone tra loro connesse da diversi legami sociali portati da una conoscenza casuale, da rapporti di amicizia, di lavoro o da vincoli familiari. Una rete è dunque composta da soggetti,
relazioni e nodi, che generano appartenenza e identità.
I contenuti informativi e di intrattenimento possono essere scelti
dagli utenti in base alle proprie preferenze. L’uso degli RSS, e piat9. Gabriel, (P.), 2002, 3ème Congrès International du Marketing, Les logiques d’un marketing pragmatique orienté marché.
32
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Figura 8. Schema di concettualizzazione delle reti sociali. Fonte www.aysoon.com
taforme come Netvibes consentono, ad esempio, di “customizzare”
attraverso widget la stessa fruizione di utility, contenuti testuali,
video e podcast. La possibilità di co-creare i contenuti e di personalizzarli, poi, permette di parlare non solo come abbiamo già accennato di UGC, ma anche di User Generated Media.
La collaborazione ha un’importante implicazione sociale oltre
una rilevanza nel processo di comunicazione tramite computer. Il
successo di Wikipedia è stato l’inizio di un’evoluzione nel campo
della co-creazione di contenuti, in particolare per la facilità con cui
chiunque può partecipare alla stesura delle definizione di un argomento.
Una wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cui
contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che ne
hanno accesso, come in un forum.
La modifica dei contenuti è aperta e libera, ma viene registrata in
una cronologia permettendo in caso di necessità di riportare la parte
interessata alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo
collaborativo.
33
Buzz marketing nei social media
Come vedremo sono le stesse imprese a poter beneficiare delle
wiki per portare a termine progetti comuni.
L’implicazione degli utenti nella rete è resa possibile da uno dei
bisogni fondamentali delle persone, ovvero quello di condividere
esperienze e sentirsi parte di un gruppo. Diventerebbe altrimenti difficile spiegare il motivo per cui gli utenti partecipano attivamente,
lasciando feedback, commentando e votando. Gli utilizzatori aumentano la loro soglia di attenzione agli argomenti qualora fanno parte di
una community. Una comunità virtuale o comunità on-line è, nell’accezione più comune del termine, un insieme di persone interessate a un determinato argomento, o con un approccio comune alla
vita di relazione, che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica, oggigiorno in prevalenza internet, e le reti di telefonia. Tale
aggregazione non è necessariamente vincolata al luogo o paese di
provenienza; essendo infatti questa una comunità on-line, chiunque
può partecipare ovunque si trovi con un semplice accesso alle reti,
lasciando messaggi nei forum. Nella sua evoluzione le possibilità di
creare una community virtuale ha aumentato le sue possibilità di
interazione. Un esempio è la piattaforma Ning, che consente a ogni
utente di partecipare al topic principale della community, ma al
tempo stesso poter usufruire di un blog personale all’interno della
piattaforma anche per creare propri gruppi e discussioni.
I blog sono una delle evoluzioni della produzione di contenuti
che più ha cambiato le sorti della comunicazione on-line, rappresentando oltre all’informazione anche l’autogestione dei contenuti e lo
scambio del sapere, un know-how condiviso. Lo stesso “blog” attiva tra i suoi fruitori una connessione, costituendo una sfera dove si
intrecciano contatti di amicizia e lavoro di breve e lungo raggio.
Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero “traccia su
rete”. Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel 1997 in America;
il 18 luglio 1997 è stato scelto come data di nascita simbolica del
blog, riferendosi allo sviluppo, da parte dello statunitense Dave
Winer, del software che ne permette la pubblicazione (si parla di
34
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
proto-blog), mentre il primo blog è stato effettivamente pubblicato
il 23 dicembre dello stesso anno, grazie a Jorn Barger, un commerciante americano appassionato di caccia che decise di aprire una
propria pagina personale per condividere i risultati delle sue ricerche sul web riguardo il suo hobby. Nel 2001 è divenuto di moda
anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla
gestione di blog.
I social bookmark hanno ulteriormente agevolato la diffusione
di notizie e contenuti tra coloro che fanno parte dello stesso network. I social bookmark vengono classificati tramite tag, aumentando le possibilità di ricerca e classificazione delle notizie. Differenti
sono i cosiddetti “aggregatori di notizie” come Wikio o il più recente esperimento italiano “OKNotizie”.
I microblog come Twitter inizialmente nato come strumento integrato alla telefonia cellulare, è presto passato dallo scopo originale di
far sapere al mondo quello che si sta facendo a un canale per pubblicare micropost (il limite massimo della piattaforma è di 140 caratteri). Questo ha generato appunto dei microblog: ovvero dei blog
aggiornati anche con frequenza altissima (anche diverse volte
all’ora) nei quali si lanciano segnalazioni, rapidi commenti, consigli,
auguri o anche dove ci si piange un po’ addosso (nel perfetto stile dei
blog).
FriendFeed, è un’ulteriore evoluzione che integra microblogging
e un aggregatore di contenuti, consentendo di mantenere aggiornati
gli amici sugli aggiornamenti dei propri social media.
Generi differenti di utilizzatori
L’uso che gli utenti fanno delle social technologies, sono direttamente riconducibili al profilo delle persone che vi prendono parte.
Come vedremo, individuare il target di riferimento e considerare le
variabili che spingono gli utenti a partecipare attivamente alla con35
Buzz marketing nei social media
versazione, è il livello che costruisce le fondamenta di una strategia
di SMM (social media marketing).
Le domande che possiamo porci sono: perché gli utenti partecipano? Perché scaricano foto su Flickr? Perché inviano link agli
amici? Cosa c’è dietro la partecipazione?
Possiamo così suddividere gli utenti in base al loro profilo:10
• Creatori: al vertice della scala troviamo coloro che, almeno una
volta al mese, pubblicano un blog o un articolo on-line, aggiornano una pagina web, o caricano dei contenuti video o audio su siti
come YouTube. In base a un’indagine svolta nel 2007 negli Stati
Uniti, i Creatori rappresentano il 18% degli adulti connessi in
Rete; in Europa arrivano solo al 10%, mentre la Corea del Sud,
che ha una popolazione di blogger molto attiva, possiede una percentuale di Creatori pari al 38%.
• Critici: reagiscono ai contenuti pubblicati su internet da altre persone, postano commenti su blog o forum, votano e/o modificano
i wiki. Dato che è più facile reagire che creare, non sorprende che
i Critici siano più numerosi dei Creatori. Fra i cittadini statunitensi adulti collegati a internet, uno su quattro è Critico; in Europa si
scende a uno su cinque, mentre in Giappone i Critici rappresentano il 36% della popolazione dotata di connessione.
• Collezionisti: memorizzano una serie di Url e tag grazie al servizio di social bookmarking come del.icio.us, votano per i loro siti
preferiti attraverso servizi come Digg, o ricorrono agli RSS feed
tramite servizi come Bloglines. Tale attività di raccolta e aggregazione delle informazioni svolge un ruolo fondamentale in vista
dell’organizzazione della smisurata quantità di contenuti prodotta
dai Creatori e dai Critici. I Collezionisti rappresentano un gruppo
10. Charlene LI, Josh Bernoff, Groundswell: winning in a world transformed by social technologies, Havard Business Press 2008.
36
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
d’élite, solo il 10% dei cittadini statunitensi e di quelli europei, ma
si prevede che aumentino via via che un numero crescente di siti
proporrà diverse attività mirate a questo stile di partecipazione.
• Socievoli: partecipano o mantengono un profilo nei social network come MySpace o Facebook. Sono importanti in quanto
incrementano la popolazione che utilizza questo tipo di tecnologie. Negli Stati Uniti hanno già raggiunto il 25% della popolazione connessa a internet; nella Corea del Sud si avvicinano al 40%.
Attualmente l’Europa è in ritardo sul fronte delle attività legate al
social networking, tanto che la percentuale dei Socievoli è la
metà di quella registrata negli Stati Uniti.
• Spettatori: fruiscono di tutto ciò che viene prodotto da altri: blog,
video on-line, podcast, forum, recensioni. Dato che essere uno
Spettatore richiede uno sforzo minimo, non sorprende che questo
sia il gruppo più vasto: corrisponde al 48% dei navigatori statunitensi, al 37% di quelli europei e ai due terzi di quelli giapponesi.
• Inattivi: sono coloro che non partecipano ancora alle conversazioni on-line. Fra gli adulti dotati di una connessione internet nel
2007 rappresentano il 41% degli statunitensi, il 53% degli europei e solo il 37% dei sudcoreani (si fa riferimento solo alla popolazione on-line, infatti chi non ha accesso a internet non ha modo
di partecipare - figura 9).
Il 90% degli utenti leggono ma non partecipano attivamente alle
discussioni, tuttavia vengono da queste influenzati. Il 9% partecipa
saltuariamente, ma possono essere classificati come joiners, collectors e critics (vedi sopra). Coloro che partecipano più attivamente
sono l’1%, creando wiki, aggiornando blog ecc. (questo 1% resta
comunque una grande fetta della popolazione e non considera coloro che aggiornano saltuariamente). Questo 1% tuttavia alimenta e stimola la conversazione e l’interazione, permettendo a una community di autoalimentarsi grazie ai contributi e valori di tutti gli utenti.
Per rispondere in parte alla domanda sul perché le persone parte37
Buzz marketing nei social media
cipano ai social media, Ayelet Noff (Social Media Marketing Expert
and Consultant) considera alcuni aspetti:
• Reciprocità anticipata: un utente è motivato a fornire il suo contributo nell’aspettativa di ricevere in dietro un aiuto o informazioni utili, qualora ne avesse lui bisogno
• Incremento di riconoscimento sociale: desiderio di prestigio
• Senso di efficacia: gli utenti avvertono di avere qualche effetto
all’interno di una rete sociale (un esempio è Wikipedia)
• Connessione: più un utente è legato ad altre persone in un network, più è spinto a partecipare attivamente al fine di tenere vive
le amicizie
• Emotional safety: il senso di appartenenza e identificazione con
un gruppo accresce la sensazione di sicurezza.
Figura 9. Fonte Groundswell 2008.
38
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Le implicazioni dei social media nel rapporto
tra imprese e consumatori
Con blog, forum e social media i mercati sono sempre più conversazionali, per citare una delle più celebri frasi del “Cluetrain
Manifesto”. Questo significa che le aziende devono essere pronte e
disponibili a mettersi in ascolto e dialogare con i propri utenti/clienti, senza fare affidamento alle sole relazioni pubbliche di tipo tradizionale e monodirezionale. Un mercato è una struttura sociale composta da persone, aziende e prodotti che si relazionano: è una rete
sociale. Un ambiente che consente di compiere azioni e attività economiche, genera tra le persone dialogo e dibattiti provocati anche da
input e output economici, per nuove esigenze e nuovi bisogni.
Per un’azienda è fondamentale accrescere la notorietà del brand
insieme a una buona reputazione; il web è un media che deve essere considerato al pari degli strumenti della comunicazione tradizionale, considerando cosa lo accomuna e cosa lo differenzia dagli altri
media.
La possibilità di votare i venditori su ebay.com, ad esempio, così
come lasciare commenti o raccomandazioni su Amazon.com sono
stati i primi segnali di un cambiamento nel rapporto tra consumatori
e brand. Gli utenti possono pubblicamente dare il proprio giudizio
sull’esperienza di acquisto, oltre che sul prodotto stesso, influenzando coloro che dopo di lui acquisteranno.
I consumatori sono sempre più consapevoli delle tecniche di
comunicazione delle imprese e sono sensibili all’inganno. D’altra
parte, le imprese comunicano attraverso media sempre più frammentati e come unica risposta aumentano i messaggi in base ai concorrenti, al fine di aumentare le vendite.11 I consumatori passano più
del 20% del loro tempo sul nuovo media, se pur le agenzie cercano
11. Gregory Pouy: www.marketing-etudiant.fr
39
Buzz marketing nei social media
di convincere i clienti ad aumentare gli investimenti sul web, questi
restano intorno al 7% degli investimenti di marketing.12
Al pari della pubblicità tradizionale anche i banner ultimamente
sul web perdono la loro efficacia. In effetti, prima di concludere un
acquisto, il consumatore domanda ai suoi amici e conoscenti, in più
Google diventa una fonte di informazioni senza precedenti per raccogliere le considerazioni di consumatori come lui (il 70% resta
nella prima pagina della ricerca).
I brand si “democratizzano”, l’audience si evolve in “gruppi di
persone con gli stessi interessi”, i messaggi lasciano posto alle opinioni. Le conversazioni tra marca e consumatore sono quelle dove
entrambe le parti coinvolte sono partecipi, informate e apprezzate.13
Parliamo sempre di più di conversazioni P2P (da pari a pari),
dove non solo viene considerata l’influenza tra individui nelle decisioni di acquisto, ma nella comunicazione significa presupporre che
si instauri una relazione tra pari dove l’azienda/il brand non esprima la propria superiorità, ma si metta in una posizione contemporaneamente di ascolto ed esposizione della propria tesi, come qualsiasi altro utente (figura 10).
Gli individui possiedono delle informazioni più ricche e diversificate di quelle veicolate “dall’alto” dai tradizionali messaggi corporate. Questo elemento deve essere preso in considerazione dalle
imprese, poiché queste non possono evitare che i consumatori parlino tra loro su forum, blog e social network.
Per la prima volta la tecnologia ha raggiunto un punto in cui ogni
persona ha la possibilità di esprimere la propria opinione. Questa
voce, si articola e diffonde attraverso i social media, può essere
estremamente forte e può sostanzialmente cambiare il modo di pensare di individui, aziende e comunità.14
12. IAB 2007.
13. Conoscere il marketing: scenari in continua evoluzione, il Sole 24 Ore.
14. http://technobabble2dot0.wordpress.com
40
La conversazione tra aziende e un pubblico che cambia
Sia nei media tradizionali che on-line la pubblicità sta inesorabilmente creando un punto di saturazione. Questo non preannuncia una
morte prematura dei mezzi tradizionali, ma esige un nuovo approccio conversazionale. Yankelovich (società di consulenza specializzata nel miglioramento dei piani aziendali) afferma che il 70% degli
individui non crede più ai messaggi pubblicitari, molti sono attivamente schierati contro le attività pubblicitarie invasive e ingannevoli. Di conseguenza la pubblicità in mezzi come tv e radio perde
audience e vede aumentare i costi di oltre il 40% negli ultimi dieci
anni.15
Secondo J. Walker Smith, CEO di Yankelovich: “La resistenza al
marketing non è un desiderio improvviso di smettere di comprare. I
consumatori vogliono interagire con le marche. Sono intelligenti,
tecnologicamente avanzati e con poco tempo a disposizione.
Vogliono un marketing che mostri maggior rispetto e attenzione per
il loro tempo. Finché non miglioreremo il nostro approccio con i
Figura 10. Principali fonti che influenzano le decisioni di acquisto.
15. Vanksen, presentazione sul buzz marketing, www.slideshare.net
41
Buzz marketing nei social media
consumatori, essi continueranno a resistere e a chiudersi ai messaggi pubblicitari delle aziende”.16
Un’ulteriore ricerca della Nielsen analizza il livello medio di
fiducia nella pubblicità per ogni paese considerato. Come possiamo
notare dalla figura n. 9, l’Italia con il 32% vede un italiano su tre
non fidarsi della pubblicità.
Jonathan Carson, di Nielsen BuzzMetrics afferma: “Nei mercati
in via di sviluppo, la pubblicità è vista come un “convogliatore” di
informazioni utili. Nei paesi maggiormente sviluppati, le persone
non hanno bisogno che la pubblicità svolga quel ruolo. Essi hanno
già troppe informazioni”.
Questa affermazione probabilmente dimostra l’esistenza di una
relazione tra sviluppo economico e fiducia nella pubblicità.
Nel prossimo capitolo dedicato al Word of mouth esamineremo
l’importanza del passaparola e come le aziende debbano oggi considerare i nuovi media al fine di conoscere cosa le persone dicono,
pensano e sentono circa i loro prodotti o servizi (figura 11).
Figura 11. Fiducia nella pubblicità relativa a ciascuna nazione.
16. www.yankelovich.com, 26 aprile 2004.
42