1 Principi della meccanica quantistica molecolare 1. Incertezza della

Principi della meccanica quantistica molecolare
1. Incertezza della misura
Heisenberg ha formulato un principio d’indeterminazione riguardante oggetti in movimento.
Secondo tale principio il moto di un oggetto che abbia massa m e stia seguendo una traiettoria
unidimensionale (descritta nel suo evolversi mediante una coordinata x) è caratterizzato da due
incertezze correlate, ineliminabili pur se l’accuratezza degli apparecchi a disposizione per effettuare
misure fosse sottoposta ad incrementi illimitati.
All’incertezza x sul posizionarsi se ne accompagna un’altra, px,, inerente alla quantità di
moto mvx (detta anche momento lineare), ed il loro prodotto trova un approssimato riscontro nella
costante h di Planck:
βˆ†π‘₯ βˆ†(π‘šπ‘£π‘₯ ) = βˆ†π‘₯ βˆ†π‘π‘₯ ≈ β„Ž
(β„Ž = 6.62608 π‘₯ 10−34 𝐽 𝑠)
(1)
Poichè l’energia cinetica T è proporzionale al momento:
𝑝π‘₯2
𝑇=
2π‘š
(2)
il principio d’indeterminazione sancisce l’impossibilità di conoscere simultaneamente in modo del
tutto preciso il collocarsi dell’oggetto e l’ammontare della sua energia complessiva. La carenza di
precisione riguardante l’energia cinetica si ripercuote infatti sul valore energetico totale. L’errore
globale previsto è trascurabile per oggetti macroscopici, ma diventa rilevante quando sono in gioco
particelle microscopiche come gli elettroni.
Il sussistere del limite invalicabile posto dal principio di Heisenberg fa sì che se di un
elettrone è nota con assoluta accuratezza l’energia acquistino un valore solo probabilistico le
informazioni riguardanti il dove possa trovarsi.
2. Comportamento corpuscolare delle onde elettromagnetiche
Per chiarire in modo preciso lo svolgersi dei processi fotoelettrici innescati dalle radiazioni
di tipo elettromagnetico Planck ha dovuto basarsi sull’ipotesi che esse possiedano anche una natura
corpuscolare. In alcune circostanze il loro essere descritte come flussi ondulatori deve cioè venir
sostituito dal pensarle costituite da fotoni, corpuscoli il cui contenuto energetico è valutabile
attraverso il prodotto tra la costante h di Planck e la frequenza  dalla quale la radiazione volta per
volta corrispondente risulta caratterizzata:
𝐸 = β„Žο΅
(3)
3. Comportamento ondulatorio delle particelle microscopiche
Dopo aver sottoposto ad indagine critica alcune precise risultanze sperimentali De Broglie è
giunto alla conclusione che gli elettroni ed altre particelle corpuscolari possiedono anche una natura
ondulatoria. La lunghezza d’onda  che contraddistingue una tra tali particelle manifesta secondo
De Broglie una proporzionalità inversa rispetto al momento collegato, identificabile come px se si
continua ad ipotizzare un moto lungo una traiettoria sulla quale sia x la coordinata di riferimento. A
rendere la proporzionalità esplicita concorre la costante h di Planck:
=
β„Ž
𝑝π‘₯
(4)
4. Equazione di Schrödinger per moti monodimensionali
1
Schrödinger ha costruito la metodologia quantistica che ha preso il suo nome elaborando i
presupposti contenuti nel principio d’indeterminazione e nelle identità attraverso le quali vien dato
riscontro alla duplice natura corpuscolare ed ondulatoria degli elettroni.
Accogliendo il limite conoscitivo posto da Heisenberg, Schrödinger ha cercato di esprimere
la probabilità (e non la certezza) che un elettrone in movimento monodimensionale si trovi entro un
trattino infinitesimo della traiettoria seguita. Ha ipotizzato che a fornire la probabilità debba essere,
secondo logica, il prodotto tra l’ampiezza dx del trattino ed un termine dipendente sia dalla
coordinata x identificativa della posizione sulla traiettoria che dal tempo t. Per esplicitare tale
termine ha imposto che coincida con il quadrato di una funzione della coordinata e del tempo (la
scelta della struttura quadratica assicura alla probabilità valutazioni positive, come le si richiede).
Viene pertanto ad essere riprodotta in questa maniera la probabilità da rispecchiare:
 ∗ (π‘₯, 𝑑)(π‘₯, 𝑑) 𝑑π‘₯
(5)
La presenza dell’asterisco rimanda al complesso coniugato. Si tiene in tal modo conto,
nell’ottenere il quadrato, della possibilità che la funzione possa avere forma complessa.
Poichè alla probabilità spettano valutazioni frazionarie il suo integrale esteso a tutti valori
assunti dalla coordinata implica un risultato unitario, in quanto inclusivo della totalità delle possibili
alternative probabilistiche:
+∞
∫−∞  ∗ (π‘₯, 𝑑) (π‘₯, 𝑑) 𝑑π‘₯ = 1
(6)
Il manifestarsi di un risultato finito nell’integrale quadratico condotto sull’intero spazio
accessibile fa sì che la funzione sia detta normalizzata.
Per rappresentare integrali del tipo appena visto si ricorre spesso alla simbologia bra-ket:
<  | >
(7)
È un simbolismo che presuppone moltiplicare il complesso coniugato di quanto si trova a
sinistra della barra verticale per il termine posto alla sua destra e per gli incrementi infinitesimi della
totalità delle coordinate spaziali coinvolte, eseguendo poi integrazioni sugli intervalli ad esse
collegati, saturandoli completamente.
Alla funzione coinvolta Schrödinger ha assegnato il nome di funzione d’onda, perchè deve
descrivere un corpuscolo che manifesta anche comportamenti ondulatori. Coerentemente le ha
anche attribuito una possibile struttura matematica che rimanda, attraverso l’impiego di un termine
esponenziale con argomento immaginario, ad un’onda il cui andamento è riprodotto dal sommarsi
tra due elementi, uno reale ed uno complesso:
π‘₯
𝑑
π‘₯
𝑑
π‘₯
𝑑
(π‘₯, 𝑑) = 𝐴 𝑒π‘₯𝑝 [2πœ‹π‘– ( − )] = 𝐴 {π‘π‘œπ‘  [2πœ‹ ( − )] + 𝑖 𝑠𝑖𝑛 [2πœ‹ ( − )]}
 𝜏
 𝜏
 𝜏
(8)
In A trova riscontro l’ampiezza dell’oscillazione ondulatoria, mentre la lunghezza d’onda 
ed il periodo  (reciproco della frequenza ) ne rispecchiano la ripetitività:
(π‘₯ + , 𝑑) = (π‘₯, 𝑑)
(π‘₯, 𝑑 + 𝜏) = (π‘₯, 𝑑)
(9)
Schrödinger ha poi imposto che la natura corpuscolare dell’elettrone fosse recepita dalla
funzione d’onda. Tale scopo è stato raggiunto utilizzando le equivalenze (3) e (4), dovute a Planck e
De Broglie, per intervenire su lunghezza d’onda e frequenza facendo spazio al momento lineare ed
all’energia complessiva:
2
π‘₯
𝑑
π‘₯
𝑖
(π‘₯, 𝑑) = 𝐴 𝑒π‘₯𝑝 [2πœ‹π‘– ( − )] = 𝐴 𝑒π‘₯𝑝 [2πœ‹π‘– ( − 𝑑)] = 𝐴 𝑒π‘₯𝑝 [ (𝑝π‘₯ π‘₯ − 𝐸𝑑)]
 𝜏


(10)
Al simbolo  corrisponde il rapporto tra la costante di Planck h ed il fattore 2:
=
β„Ž
= 1.05457 π‘₯ 10−34 𝐽 𝑠
2πœ‹
(11)
Applicando alla funzione d’onda ottenuta operatori che agiscono ricavando le sue derivate
parziali la si ritrova moltiplicata per le valutazioni proprie del momento lineare e dell’energia:
−𝑖 
πœ•
(π‘₯, 𝑑) = 𝑝π‘₯ (π‘₯, 𝑑)
πœ•π‘₯
𝑖
πœ•
(π‘₯, 𝑑) = 𝐸(π‘₯, 𝑑)
πœ•π‘‘
(12)
Va rilevato che la valutazione del momento lineare px non può ritenersi nella generalità dei
casi indipendente dal valore considerato per la coordinata spaziale x (perchè la quantità di moto è
spesso soggetta a variazioni lungo la traiettoria). È invece ipotizzabile indipendenza dalla medesima
coordinata per la valutazione dell’energia totale E. Al contenuto energetico complessivo di un
sistema corrisponde infatti molto spesso un ammontare che può modificarsi nel tempo ma si
mantiene istante dopo istante uniforme rispetto allo spazio, pur non sottraendosi a variazioni nel suo
ripartirsi tra energia cinetica ed energia potenziale. Ad un momento lineare dipendente sia dalla
coordinata spaziale che dal tempo fa dunque riscontro un’energia da ritenere legata alla sola
seconda variabile.
L’operatore costruito appositamente per rendere una funzione moltiplicata dalla sua energia
totale è denominato hamiltoniano e si indica come H. La seconda tra le identità (12) presuppone
quindi una necessaria equivalenza tra l’agire dell’operatore hamiltoniano e l’effetto prodotto dalla
derivata rispetto al tempo:
𝑖
πœ•
(π‘₯, 𝑑) = 𝐸(π‘₯, 𝑑) = 𝐻(π‘₯, 𝑑)
πœ•π‘‘
(13)
Ha preso in tal modo forma l’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo:
𝑖
πœ•
(π‘₯, 𝑑) = 𝐻(π‘₯, 𝑑)
πœ•π‘‘
(14)
Vi rivestono il ruolo di incognite le possibili funzioni d’onda del sistema considerato, alle
quali è richiesto il rispetto dei vincoli soddisfatti dalla funzione capostipite esemplificativa definita
attraverso le identità in sequenza (10). Vanno pertanto cercate, dopo aver costruito l’appropriato
hamiltoniano, accertando il sussistere dell’equivalenza tra l’azione dell’operatore e quanto
scaturisce dal moltiplicare per i ed  la derivata parziale rispetto al tempo.
5. Equazione di Schrödinger per moti monodimensionali stazionari
Quando un sistema si trova in uno stato stazionario i valori delle sue proprietà soggette ad
essere misurate (che in meccanica quantistica vengono dette osservabili fisiche) non cambiano nel
tempo. Indipendenti dal tempo debbono quindi essere, in tal caso, anche operatori che siano stati
espressamente costruiti per agire sulla funzione d’onda fornendo valutazioni delle osservabili, ad
iniziare dall’hamiltoniano.
Il sussistere della stazionarietà consente di fattorizzare la funzione d’onda che descrive
l’elettrone in moto unidimensionale cui si sta facendo riferimento, rendendola prodotto tra due
funzioni, dipendenti l’una dalla coordinata e l’altra dal tempo:
3
(π‘₯, 𝑑) = (π‘₯) 𝑔(𝑑)
(15)
L’assetto fattorizzato dà origine a due utili equazioni, quando sia introdotto nella sequenza
d’identità (13). Le conferisce infatti questa forma:
𝑖  (π‘₯)
πœ•
𝑔(𝑑) = 𝐸(π‘₯)𝑔(𝑑) = 𝑔(𝑑)𝐻(π‘₯)
πœ•π‘‘
(16)
dalla quale si deducono agevolmente le due relazioni attese:
πœ•
𝐸
𝑔(𝑑) = −𝑖 𝑔(𝑑)
πœ•π‘‘

𝐻(π‘₯) = 𝐸(π‘₯)
(17)
Dalla prima equazione viene determinata la parte della funzione d’onda complessiva che
rispecchia il suo evolversi nel tempo quando sussiste la stazionarietà dei valori delle osservabili.
La seconda equazione, detta equazione di Schrödinger per stati stazionari, rende possibile
determinare il contributo dipendente dalla coordinata spaziale alla funzione d’onda, stabilendo
inoltre il valore atteso per l’energia. Costituisce l’equazione agli autovalori dell’operatore
hamiltoniano. Viene infatti denominata in questo modo un’equazione volta ad identificare funzioni
sulle quali l’azione dell’operatore coinvolto ha come effetto il moltiplicarle per una costante
numerica. Tali funzioni sono dette autofunzioni dell’operatore, mentre le costanti moltiplicative
rappresentano i suoi autovalori. Le autofunzioni di un operatore risultano essere in genere
molteplici. Così accade anche per l’hamiltoniano. Il riuscire ad esplicitare più funzioni descrittive
dei comportamenti di un elettrone o di un altro sistema, anzichè una sola, rivela il suo poter
accedere a stati fisicamente diversi. Ognuna delle funzioni cui si è pervenuti rimanda ad uno degli
stati accessibili. Lo stato cui corrisponde il valor minimo dell’energia vien detto fondamentale,
mentre i rimanenti sono definiti eccitati.
È agevole ed immediato risolvere la prima equazione:
𝑔(𝑑) = 𝑔0 𝑒π‘₯𝑝 (−𝑖
𝐸

𝑑)
(18)
Nella funzione ottenuta compare una costante, g0, che fissa il suo valore al tempo nullo. È
appropriato attribuirle un valore unitario, se si decide, come in genere accade, di procedere
imponendo che la funzione (x) risulti correttamente normalizzata.
Il vincolo sulla normalità che deve essere soddisfatto dalla funzione d’onda complessiva
fattorizzata assume infatti, conseguentemente, questo aspetto:
+∞
∫  (π‘₯, 𝑑) (π‘₯, 𝑑) 𝑑π‘₯ =
∗
𝑔0∗
𝑔0 𝑒π‘₯𝑝 (𝑖
−∞
=
𝑔0∗
𝐸

𝑑) 𝑒π‘₯𝑝 (−𝑖
𝐸

+∞
𝑑) ∫ ∗ (π‘₯)(π‘₯) 𝑑π‘₯ =
−∞
(19)
𝑔0 = 1
ed acquista evidenza l’opportunità di assegnare a g0 il valore unitario prospettato. La funzione
d’onda complessiva soddisfa in tal modo automaticamente il requisito sulla normalità, purchè già lo
rispetti la sua parte che racchiude la dipendenza dalla coordinata spaziale:
⟨|⟩ = 1
→
βŸ¨ο™|ο™βŸ© = 1
(20)
4
6. Valutazione di osservabili fisiche diverse dall’energia complessiva
Lo scopo di valutare un’osservabile fisica si persegue sistematicamente, nell’ambito della
meccanica quantistica, utilizzando un operatore che riesca ad esplicitarla agendo sulla funzione
d’onda descrittiva del sistema cui vien fatto riferimento. L’effetto che tale agire realizza è rendere il
valore atteso dell’osservabile un termine moltiplicativo della funzione. Agli operatori finora
incontrati, relativi a momento lineare ed energia complessiva, se ne aggiungono quindi
innumerevoli altri.
Se si indica con u la valutazione che compete ad una generica osservabile fisica, appare
opportuno attribuire il simbolo U all’operatore corrispondente, per dar evidenza all’intercorrere di
uno stretto rapporto. Quando sussiste stazionarietà all’operatore va richiesto, per essere appropriato,
di intervenire sulla sola parte spaziale della funzione d’onda, senza presentare dipendenza dal
tempo. In ambito monodimensionale nasce allora la seguente concatenazione di identità:
π‘ˆο™(π‘₯, 𝑑) = 𝑔(𝑑)π‘ˆοΉ(π‘₯) = 𝑒π‘₯ 𝑔(𝑑)(π‘₯) = 𝑒π‘₯ (π‘₯, 𝑑)
(21)
Generalmente la valutazione ux che in tal maniera si ricava per un’osservabile diversa
dall’energia complessiva E ha validità solo locale, ossia è in dipendenza dal particolare valore della
coordinata coinvolto. Conviene allora premoltiplicare per il complesso coniugato della funzione
d’onda e postmoltiplicare per l’incremento infinitesimo della coordinata spaziale:
 ∗ (π‘₯, 𝑑)π‘ˆο™(π‘₯, 𝑑)𝑑π‘₯ = 𝑔∗ (𝑑) ∗ (π‘₯)π‘ˆοΉ(π‘₯)𝑔(𝑑)𝑑π‘₯ =
= 𝑒π‘₯  ∗ (π‘₯)(π‘₯)𝑑π‘₯ =
(22)
= 𝑒π‘₯  ∗ (π‘₯, 𝑑)(π‘₯, 𝑑)𝑑π‘₯
Il valore locale ottenuto per l’osservabile risulta in tal modo moltiplicato per la probabilità di
osservarlo, indipendente dal tempo poichè non ha alcun effetto concreto l’intervento della funzione
g(t):
𝑔∗ (𝑑)𝑔(𝑑) = 𝑒π‘₯𝑝 (𝑖
𝐸

𝑑) 𝑒π‘₯𝑝 (−𝑖
𝐸

(23)
𝑑) = 1
Al valor medio u della medesima osservabile (di significativo interesse perchè è quanto
verrebbe prodotto da una misura sperimentale, destinata a cogliere il sovrapporsi probabilistico
delle molteplici situazioni diverse presenti nel campione multiparticellare trattato) si puo’ pertanto
giungere integrando:
+∞
+∞
𝑒 = ∫−∞  ∗ (π‘₯)π‘ˆοΉ(π‘₯)𝑑π‘₯ = < |π‘ˆοΉ > = ∫−∞  ∗ (π‘₯)π‘ˆο™(π‘₯)𝑑π‘₯ = < |π‘ˆο™ >
(24)
7. Costruzione di operatori
Dovendo costruire l’operatore collegato ad un’osservabile fisica ed inerente ad un sistema
contraddistinto da stazionarietà vanno compiute due operazioni in successione. In una prima fase si
esprime la relazione fisica che valuta l’osservabile utilizzando coordinate spaziali e momenti
lineari. Quanto così ottenuto si pone poi in forma operatoriale mantenendo tal quali le coordinate e
rimpiazzando i momenti con l’operatore, già incontrato, che permette di dedurli dalla funzione
d’onda. L’operatore risultante è del tutto adeguato per agire sulla funzione d’onda avendo come
effetto il renderla moltiplicata dal valore atteso dell’osservabile.
A scopo esplicativo può essere utile ricavare l’operatore hamiltoniano proprio di un
oscillatore armonico, che costituisce il modello fisico cui si fa ricorso per descrivere l’ampliarsi ed
il contrarsi alternato della lunghezza del legame in una molecola biatomica.
5
Nell’energia complessiva di un oscillatore armonico confluiscono due termini. Vi si
ritrovano infatti sommate l’energia cinetica T e l’energia potenziale V:
𝑇=
1
π‘š 𝑣2
2 π‘Ÿ π‘₯
𝑉=
1 2
π‘˜π‘₯
2
(25)
Concorrono a determinarle variabili e parametri descrittivi del sistema in cui si manifesta il
moto oscillatorio. Quando vien fatto riferimento ad una molecola biatomica compaiono quantità che
le sono proprie:
x = coordinata che valuta la variazione (positiva o negativa) della lunghezza del legame
atomo-atomo rispetto al valore d’equilibrio;
mr = m1 m2 / (m1 + m2) = massa molecolare ridotta, nella quale vanno a combinarsi le masse
m1 ed m2 degli atomi costitutivi;
vx = velocità del moto oscillatorio;
k = costante di richiamo, cui spetta riprodurre l’intensità dell’azione compensativa antagonista
rispetto al deformarsi del legame.
Dopo aver riscritto le energie utilizzando coordinata e momento lineare:
𝑝π‘₯2
𝑇=
2π‘šπ‘Ÿ
1
𝑉 = π‘˜π‘₯ 2
2
(26)
si effettua la conversione negli operatori corrispondenti:
1
πœ•
πœ•
2 πœ• 2
𝑇=
(− 𝑖 
) (− 𝑖 
)=−
2π‘šπ‘Ÿ
πœ•π‘₯
πœ•π‘₯
2π‘šπ‘Ÿ πœ•π‘₯ 2
𝑉=
1 2
π‘˜π‘₯
2
(27)
L’operatore hamiltoniano coincide con la loro somma, perchè deve trovarvi riscontro
l’energia complessiva:
2
πœ•2
1 2
𝐻 =𝑇+𝑉 =−
+
π‘˜π‘₯
2π‘šπ‘Ÿ πœ•π‘₯ 2 2
(28)
8. Equazione di Schrödinger per sistemi multielettronici stazionari
Le modalità secondo le quali è stato finora descritto il comportamento di un singolo
elettrone in moto unidimensionale, seguendo la procedura impostata da Schrödinger, possono
adattarsi agevolmente per studiare sistemi multielettronici.
Se sussiste stazionarietà l’equazione di Schrödinger da risolvere deve ancora determinare la
funzione d’onda complessiva nella sua parte non dipendente dal tempo. A costituire tale termine è
una funzione  in cui trova riscontro l’apporto degli N elettroni presenti nel sistema:
𝐻(1, 2, … , 𝑁) = 𝐸(1, 2, … , 𝑁)
(29)
Poichè il posizionamento di ciascun elettrone va definito fissando i valori delle tre
corrispondenti coordinate spaziali (x, y, z), la funzione  dipende da 3 N variabili.
6
Il suo quadrato concorre a misurare la probabilità collegata al reperire simultaneamente il
primo elettrone del sistema entro l’elemento di volume dV1 = dx1 dy1 dz1, individuato dai valori x1,
y1, z1 delle coordinate, il secondo elettrone del sistema entro l’elemento di volume dV2 = dx2 dy2 dz2,
individuato dai valori x2, y2, z2 delle coordinate, ... :
 ∗ (1, 2, … , 𝑁)(1, 2, … , 𝑁)𝑑𝑉1 𝑑𝑉2 … 𝑑𝑉𝑁
(30)
Permane il vincolo della normalizzazione:
+∞
+∞
+∞
∫−∞ ∫−∞ ∫−∞ …  ∗ (1, 2, … , 𝑁)(1, 2, … , 𝑁)𝑑𝑉1 𝑑𝑉2 … 𝑑𝑉𝑁 =< | >= 1
(31)
e sono ancora integrali in cui appaiono appropriati operatori indipendenti dal tempo a fornire
valutazioni delle osservabili fisiche:
+∞
+∞
+∞
𝑒 = ∫−∞ ∫−∞ ∫−∞ …  ∗ (1, 2, … , 𝑁)π‘ˆοΉ(1, 2, … , 𝑁)𝑑𝑉1 𝑑𝑉2 … 𝑑𝑉𝑁 =< |π‘ˆοΉ >
(32)
Il numero delle coordinate coinvolte cresce rapidamente al crescere del numero degli
elettroni. La crescita è ancora più accentuata quando debba essere considerato anche il ruolo svolto
dallo spin elettronico, da trattare utilizzando coordinate specifiche.
9. Operatore hamiltoniano di un sistema atomico o molecolare
Nel costruire l’operatore hamiltoniano relativo ad un sistema d’interesse chimico (un atomo,
una molecola, più atomi, più molecole, ... ) si adotta solitamente l’approssimazione semplificativa
proposta da Born ed Oppenheimer. Stabilisce che l’energia cinetica dei nuclei atomici possa venir
calcolata come termine a parte, da introdurre in un secondo tempo nell’energia totale, dopo aver
preliminarmente valutato gli altri addendi.
Il predisporre, adottando tale criterio, un operatore hamiltoniano non inclusivo dell’apporto
riconducibile ai moti nucleari fa sì che la corrispondente equazione di Schrödinger fornirà, se
risolta, un’energia complessiva dalla quale il contributo cinetico dei nuclei rimarrà escluso.
Nell’operatore privo dell’addendo collegabile all’energia cinetica dei nuclei debbono essere
inclusi tutti i rimanenti termini energetici, destinati a fornire un apporto positivo o negativo
all’ammontare energetico globale, secondo che la loro natura diminuisca od accresca la stabilità del
sistema. A dar origine ad essi sono il moto degli elettroni e gli effetti di tipo interattivo, con natura
attrattiva o repulsiva, elettrone-nucleo, elettrone-elettrone, nucleo-nucleo.
È possibile assegnare all’operatore una struttura generale, valida per sistemi nei quali sia
presente stazionarietà e di agevole adattamento agli atomi ed alle molecole presi volta per volta in
considerazione. La si ricava avvalendosi della corrispondenza operatoriale individuata per le
coordinate ed i momenti lineari ad esse riconducibili:
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘–
𝐻=−
∑
𝑗
+
1
4πœ‹πœ€0
2
1
∇𝑗2 −
2π‘šπ‘’
4πœ‹πœ€0
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘– π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘–
∑
∑
𝑗
π‘˜>𝑗
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘– 𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖
∑
𝑗
2
𝑍 𝑒 2
∑
π‘Ÿο¬π‘—

𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖 𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖
𝑒
1
+
∑
π‘Ÿπ‘—π‘˜ 4πœ‹πœ€0

∑
πœ‡>
Compaiono:
7
(33)
𝑍 π‘πœ‡ 𝑒
π‘Ÿο¬πœ‡
2
∇𝑗2 =
πœ•2
πœ•2
πœ•2
+
+
πœ•π‘₯𝑗2 πœ•π‘¦π‘—2 πœ•π‘§π‘—2
2
2
π‘Ÿπ‘π‘ž = √(π‘₯𝑝 − π‘₯π‘ž ) + (𝑦𝑝 − π‘¦π‘ž ) + (𝑧𝑝 − π‘§π‘ž )
2
me = massa dell’elettrone;
e = carica dell’elettrone;
Z = numero dei protoni contenuti nel nucleo dell’atomo ;
ο₯0 = costante dielettrica del vuoto.
L’espressione appena dedotta può essere resa più agile ed essenziale facendo ricorso alle
unità atomiche (a.u.) introdotte con intenti semplificativi da Hartree.
Alle unità atomiche si perviene assegnando valori di riferimento unitari ad alcune quantità
basilari:
π‘šπ‘’ = 1
4πœ‹ο₯0 = 1
𝑒=1
=1
(34)
Sono queste assegnazioni a permettere di determinare in modo univoco ogni altra rimanente
unità atomica. Nasce così un insieme di unità particolarmente adatte a riprodurre valutazioni riferite
ad atomi e molecole, eliminando ridondanze numeriche. L’effetto di alleggerimento appare chiaro
quando si considerano i valori che alle medesime unità spetterebbero se la loro valutazione unitaria
fosse sostituita dal corrispondente ammontare espresso ricorrendo al chilogrammo, al coulomb, al
metro, al joule, ...:
me (massa dell’elettrone, unità atomica per le masse) = 9.10938 x 10-31 kg;
e (carica dell’elettrone, unità atomica per le cariche elettriche) = 1.60218 x 10-19 C;
a0 (Bohr, unità atomica per le lunghezze) = 5.29177 x 10-11 m;
Eh (Hartree, unità atomica per le energie) = 4.35974 x 10-18 J;
...
Se vien fatto spazio alle unità atomiche l’espressione generale (33) dell’operatore
hamiltoniano assume un aspetto convenientemente semplificato:
1
𝐻=−
2
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘–
∑
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘– 𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖
∇𝑗2
−
𝑗
π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘– π‘’π‘™π‘’π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘›π‘–
+
∑
∑
𝑗
π‘˜>𝑗
∑
∑
𝑗

𝑍
π‘Ÿο¬π‘—
𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖 𝑛𝑒𝑐𝑙𝑒𝑖
1
+ ∑
π‘Ÿπ‘—π‘˜

∑
πœ‡>
(35)
𝑍 π‘πœ‡
π‘Ÿο¬πœ‡
e si prospetta come supporto utile per costruire espressioni proprie di sistemi particolari.
8
È il seguente, ad esempio, l’operatore hamiltoniano valutato in unità atomiche del boro
(atomo costituito da un nucleo che comprende cinque protoni e da cinque elettroni):
1
5 1
5 1
5 1
5 1
5
𝐻 = − ∇12 − − ∇22 − − ∇23 − − ∇24 − − ∇25 − +
2
π‘Ÿ1 2
π‘Ÿ2 2
π‘Ÿ3 2
π‘Ÿ4 2
π‘Ÿ5
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
π‘Ÿ12 π‘Ÿ13 π‘Ÿ14 π‘Ÿ15 π‘Ÿ23 π‘Ÿ24 π‘Ÿ25 π‘Ÿ34 π‘Ÿ35 π‘Ÿ45
(36)
Se si passa all’idruro di litio (molecola che include due nuclei e quattro elettroni) si
configura così l’operatore hamiltoniano riferito ad unità atomiche:
1
3
1
1
3
1
1
3
1
1
3
1
𝐻 = − ∇12 −
−
− ∇22 −
−
− ∇23 −
−
− ∇24 −
−
2
π‘Ÿπ΄1 π‘Ÿπ΅1 2
π‘Ÿπ΄2 π‘Ÿπ΅2 2
π‘Ÿπ΄3 π‘Ÿπ΅3 2
π‘Ÿπ΄4 π‘Ÿπ΅4
+
1
1
1
1
1
1
3
+
+
+
+
+
+
π‘Ÿ12 π‘Ÿ13 π‘Ÿ14 π‘Ÿ23 π‘Ÿ24 π‘Ÿ34 𝑅
A = nucleo del litio (3 protoni);
(37)
B = nucleo dell’idrogeno (1 protone);
R = distanza internucleare (parametro geometrico da guardarsi come una costante caratteristica
del sistema, in quanto viene applicata l’approssimazione di Born ed Oppenheimer sul poter
supporre per i nuclei un assetto spaziale che non manifesta variazioni).
9