Principi della meccanica quantistica molecolare 1. Incertezza della misura Heisenberg ha formulato un principio d’indeterminazione riguardante oggetti in movimento. Secondo tale principio il moto di un oggetto che abbia massa m e stia seguendo una traiettoria unidimensionale (descritta nel suo evolversi mediante una coordinata x) è caratterizzato da due incertezze correlate, ineliminabili pur se l’accuratezza degli apparecchi a disposizione per effettuare misure fosse sottoposta ad incrementi illimitati. All’incertezza οx sul posizionarsi se ne accompagna un’altra, οpx,, inerente alla quantità di moto mvx (detta anche momento lineare), ed il loro prodotto trova un approssimato riscontro nella costante h di Planck: βπ₯ β(ππ£π₯ ) = βπ₯ βππ₯ ≈ β (β = 6.62608 π₯ 10−34 π½ π ) (1) Poichè l’energia cinetica T è proporzionale al momento: ππ₯2 π= 2π (2) il principio d’indeterminazione sancisce l’impossibilità di conoscere simultaneamente in modo del tutto preciso il collocarsi dell’oggetto e l’ammontare della sua energia complessiva. La carenza di precisione riguardante l’energia cinetica si ripercuote infatti sul valore energetico totale. L’errore globale previsto è trascurabile per oggetti macroscopici, ma diventa rilevante quando sono in gioco particelle microscopiche come gli elettroni. Il sussistere del limite invalicabile posto dal principio di Heisenberg fa sì che se di un elettrone è nota con assoluta accuratezza l’energia acquistino un valore solo probabilistico le informazioni riguardanti il dove possa trovarsi. 2. Comportamento corpuscolare delle onde elettromagnetiche Per chiarire in modo preciso lo svolgersi dei processi fotoelettrici innescati dalle radiazioni di tipo elettromagnetico Planck ha dovuto basarsi sull’ipotesi che esse possiedano anche una natura corpuscolare. In alcune circostanze il loro essere descritte come flussi ondulatori deve cioè venir sostituito dal pensarle costituite da fotoni, corpuscoli il cui contenuto energetico è valutabile attraverso il prodotto tra la costante h di Planck e la frequenza ο΅ dalla quale la radiazione volta per volta corrispondente risulta caratterizzata: πΈ = βο΅ (3) 3. Comportamento ondulatorio delle particelle microscopiche Dopo aver sottoposto ad indagine critica alcune precise risultanze sperimentali De Broglie è giunto alla conclusione che gli elettroni ed altre particelle corpuscolari possiedono anche una natura ondulatoria. La lunghezza d’onda ο¬ che contraddistingue una tra tali particelle manifesta secondo De Broglie una proporzionalità inversa rispetto al momento collegato, identificabile come px se si continua ad ipotizzare un moto lungo una traiettoria sulla quale sia x la coordinata di riferimento. A rendere la proporzionalità esplicita concorre la costante h di Planck: ο¬= β ππ₯ (4) 4. Equazione di Schrödinger per moti monodimensionali 1 Schrödinger ha costruito la metodologia quantistica che ha preso il suo nome elaborando i presupposti contenuti nel principio d’indeterminazione e nelle identità attraverso le quali vien dato riscontro alla duplice natura corpuscolare ed ondulatoria degli elettroni. Accogliendo il limite conoscitivo posto da Heisenberg, Schrödinger ha cercato di esprimere la probabilità (e non la certezza) che un elettrone in movimento monodimensionale si trovi entro un trattino infinitesimo della traiettoria seguita. Ha ipotizzato che a fornire la probabilità debba essere, secondo logica, il prodotto tra l’ampiezza dx del trattino ed un termine dipendente sia dalla coordinata x identificativa della posizione sulla traiettoria che dal tempo t. Per esplicitare tale termine ha imposto che coincida con il quadrato di una funzioneο della coordinata e del tempo (la scelta della struttura quadratica assicura alla probabilità valutazioni positive, come le si richiede). Viene pertanto ad essere riprodotta in questa maniera la probabilità da rispecchiare: ο ∗ (π₯, π‘)ο(π₯, π‘) ππ₯ (5) La presenza dell’asterisco rimanda al complesso coniugato. Si tiene in tal modo conto, nell’ottenere il quadrato, della possibilità che la funzione possa avere forma complessa. Poichè alla probabilità spettano valutazioni frazionarie il suo integrale esteso a tutti valori assunti dalla coordinata implica un risultato unitario, in quanto inclusivo della totalità delle possibili alternative probabilistiche: +∞ ∫−∞ ο ∗ (π₯, π‘)ο (π₯, π‘) ππ₯ = 1 (6) Il manifestarsi di un risultato finito nell’integrale quadratico condotto sull’intero spazio accessibile fa sì che la funzione sia detta normalizzata. Per rappresentare integrali del tipo appena visto si ricorre spesso alla simbologia bra-ket: < ο |ο > (7) È un simbolismo che presuppone moltiplicare il complesso coniugato di quanto si trova a sinistra della barra verticale per il termine posto alla sua destra e per gli incrementi infinitesimi della totalità delle coordinate spaziali coinvolte, eseguendo poi integrazioni sugli intervalli ad esse collegati, saturandoli completamente. Alla funzione coinvolta Schrödinger ha assegnato il nome di funzione d’onda, perchè deve descrivere un corpuscolo che manifesta anche comportamenti ondulatori. Coerentemente le ha anche attribuito una possibile struttura matematica che rimanda, attraverso l’impiego di un termine esponenziale con argomento immaginario, ad un’onda il cui andamento è riprodotto dal sommarsi tra due elementi, uno reale ed uno complesso: π₯ π‘ π₯ π‘ π₯ π‘ ο(π₯, π‘) = π΄ ππ₯π [2ππ ( − )] = π΄ {πππ [2π ( − )] + π π ππ [2π ( − )]} ο¬ π ο¬ π ο¬ π (8) In A trova riscontro l’ampiezza dell’oscillazione ondulatoria, mentre la lunghezza d’onda ο¬ ed il periodo ο΄ (reciproco della frequenza ο΅) ne rispecchiano la ripetitività: ο(π₯ + ο¬, π‘) = ο(π₯, π‘) ο(π₯, π‘ + π) = ο(π₯, π‘) (9) Schrödinger ha poi imposto che la natura corpuscolare dell’elettrone fosse recepita dalla funzione d’onda. Tale scopo è stato raggiunto utilizzando le equivalenze (3) e (4), dovute a Planck e De Broglie, per intervenire su lunghezza d’onda e frequenza facendo spazio al momento lineare ed all’energia complessiva: 2 π₯ π‘ π₯ π ο(π₯, π‘) = π΄ ππ₯π [2ππ ( − )] = π΄ ππ₯π [2ππ ( − ο΅π‘)] = π΄ ππ₯π [ (ππ₯ π₯ − πΈπ‘)] ο¬ π ο¬ ο¨ (10) Al simbolo ο¨ corrisponde il rapporto tra la costante di Planck h ed il fattore 2ο°: ο¨= β = 1.05457 π₯ 10−34 π½ π 2π (11) Applicando alla funzione d’onda ottenuta operatori che agiscono ricavando le sue derivate parziali la si ritrova moltiplicata per le valutazioni proprie del momento lineare e dell’energia: −π ο¨ π ο(π₯, π‘) = ππ₯ ο(π₯, π‘) ππ₯ πο¨ π ο(π₯, π‘) = πΈο(π₯, π‘) ππ‘ (12) Va rilevato che la valutazione del momento lineare px non può ritenersi nella generalità dei casi indipendente dal valore considerato per la coordinata spaziale x (perchè la quantità di moto è spesso soggetta a variazioni lungo la traiettoria). È invece ipotizzabile indipendenza dalla medesima coordinata per la valutazione dell’energia totale E. Al contenuto energetico complessivo di un sistema corrisponde infatti molto spesso un ammontare che può modificarsi nel tempo ma si mantiene istante dopo istante uniforme rispetto allo spazio, pur non sottraendosi a variazioni nel suo ripartirsi tra energia cinetica ed energia potenziale. Ad un momento lineare dipendente sia dalla coordinata spaziale che dal tempo fa dunque riscontro un’energia da ritenere legata alla sola seconda variabile. L’operatore costruito appositamente per rendere una funzione moltiplicata dalla sua energia totale è denominato hamiltoniano e si indica come H. La seconda tra le identità (12) presuppone quindi una necessaria equivalenza tra l’agire dell’operatore hamiltoniano e l’effetto prodotto dalla derivata rispetto al tempo: πο¨ π ο(π₯, π‘) = πΈο(π₯, π‘) = π»ο(π₯, π‘) ππ‘ (13) Ha preso in tal modo forma l’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo: πο¨ π ο(π₯, π‘) = π»ο(π₯, π‘) ππ‘ (14) Vi rivestono il ruolo di incognite le possibili funzioni d’onda del sistema considerato, alle quali è richiesto il rispetto dei vincoli soddisfatti dalla funzione capostipite esemplificativa definita attraverso le identità in sequenza (10). Vanno pertanto cercate, dopo aver costruito l’appropriato hamiltoniano, accertando il sussistere dell’equivalenza tra l’azione dell’operatore e quanto scaturisce dal moltiplicare per i ed ο¨ la derivata parziale rispetto al tempo. 5. Equazione di Schrödinger per moti monodimensionali stazionari Quando un sistema si trova in uno stato stazionario i valori delle sue proprietà soggette ad essere misurate (che in meccanica quantistica vengono dette osservabili fisiche) non cambiano nel tempo. Indipendenti dal tempo debbono quindi essere, in tal caso, anche operatori che siano stati espressamente costruiti per agire sulla funzione d’onda fornendo valutazioni delle osservabili, ad iniziare dall’hamiltoniano. Il sussistere della stazionarietà consente di fattorizzare la funzione d’onda che descrive l’elettrone in moto unidimensionale cui si sta facendo riferimento, rendendola prodotto tra due funzioni, dipendenti l’una dalla coordinata e l’altra dal tempo: 3 ο(π₯, π‘) = οΉ(π₯) π(π‘) (15) L’assetto fattorizzato dà origine a due utili equazioni, quando sia introdotto nella sequenza d’identità (13). Le conferisce infatti questa forma: π ο¨ οΉ(π₯) π π(π‘) = πΈοΉ(π₯)π(π‘) = π(π‘)π»οΉ(π₯) ππ‘ (16) dalla quale si deducono agevolmente le due relazioni attese: π πΈ π(π‘) = −π π(π‘) ππ‘ ο¨ π»οΉ(π₯) = πΈοΉ(π₯) (17) Dalla prima equazione viene determinata la parte della funzione d’onda complessiva che rispecchia il suo evolversi nel tempo quando sussiste la stazionarietà dei valori delle osservabili. La seconda equazione, detta equazione di Schrödinger per stati stazionari, rende possibile determinare il contributo dipendente dalla coordinata spaziale alla funzione d’onda, stabilendo inoltre il valore atteso per l’energia. Costituisce l’equazione agli autovalori dell’operatore hamiltoniano. Viene infatti denominata in questo modo un’equazione volta ad identificare funzioni sulle quali l’azione dell’operatore coinvolto ha come effetto il moltiplicarle per una costante numerica. Tali funzioni sono dette autofunzioni dell’operatore, mentre le costanti moltiplicative rappresentano i suoi autovalori. Le autofunzioni di un operatore risultano essere in genere molteplici. Così accade anche per l’hamiltoniano. Il riuscire ad esplicitare più funzioni descrittive dei comportamenti di un elettrone o di un altro sistema, anzichè una sola, rivela il suo poter accedere a stati fisicamente diversi. Ognuna delle funzioni cui si è pervenuti rimanda ad uno degli stati accessibili. Lo stato cui corrisponde il valor minimo dell’energia vien detto fondamentale, mentre i rimanenti sono definiti eccitati. È agevole ed immediato risolvere la prima equazione: π(π‘) = π0 ππ₯π (−π πΈ ο¨ π‘) (18) Nella funzione ottenuta compare una costante, g0, che fissa il suo valore al tempo nullo. È appropriato attribuirle un valore unitario, se si decide, come in genere accade, di procedere imponendo che la funzione οΉ(x) risulti correttamente normalizzata. Il vincolo sulla normalità che deve essere soddisfatto dalla funzione d’onda complessiva fattorizzata assume infatti, conseguentemente, questo aspetto: +∞ ∫ ο (π₯, π‘)ο (π₯, π‘) ππ₯ = ∗ π0∗ π0 ππ₯π (π −∞ = π0∗ πΈ ο¨ π‘) ππ₯π (−π πΈ ο¨ +∞ π‘) ∫ οΉ∗ (π₯)οΉ(π₯) ππ₯ = −∞ (19) π0 = 1 ed acquista evidenza l’opportunità di assegnare a g0 il valore unitario prospettato. La funzione d’onda complessiva soddisfa in tal modo automaticamente il requisito sulla normalità, purchè già lo rispetti la sua parte che racchiude la dipendenza dalla coordinata spaziale: β¨οΉ|οΉβ© = 1 → β¨ο|οβ© = 1 (20) 4 6. Valutazione di osservabili fisiche diverse dall’energia complessiva Lo scopo di valutare un’osservabile fisica si persegue sistematicamente, nell’ambito della meccanica quantistica, utilizzando un operatore che riesca ad esplicitarla agendo sulla funzione d’onda descrittiva del sistema cui vien fatto riferimento. L’effetto che tale agire realizza è rendere il valore atteso dell’osservabile un termine moltiplicativo della funzione. Agli operatori finora incontrati, relativi a momento lineare ed energia complessiva, se ne aggiungono quindi innumerevoli altri. Se si indica con u la valutazione che compete ad una generica osservabile fisica, appare opportuno attribuire il simbolo U all’operatore corrispondente, per dar evidenza all’intercorrere di uno stretto rapporto. Quando sussiste stazionarietà all’operatore va richiesto, per essere appropriato, di intervenire sulla sola parte spaziale della funzione d’onda, senza presentare dipendenza dal tempo. In ambito monodimensionale nasce allora la seguente concatenazione di identità: πο(π₯, π‘) = π(π‘)ποΉ(π₯) = π’π₯ π(π‘)οΉ(π₯) = π’π₯ ο(π₯, π‘) (21) Generalmente la valutazione ux che in tal maniera si ricava per un’osservabile diversa dall’energia complessiva E ha validità solo locale, ossia è in dipendenza dal particolare valore della coordinata coinvolto. Conviene allora premoltiplicare per il complesso coniugato della funzione d’onda e postmoltiplicare per l’incremento infinitesimo della coordinata spaziale: ο ∗ (π₯, π‘)πο(π₯, π‘)ππ₯ = π∗ (π‘)οΉ ∗ (π₯)ποΉ(π₯)π(π‘)ππ₯ = = π’π₯ οΉ ∗ (π₯)οΉ(π₯)ππ₯ = (22) = π’π₯ ο ∗ (π₯, π‘)ο(π₯, π‘)ππ₯ Il valore locale ottenuto per l’osservabile risulta in tal modo moltiplicato per la probabilità di osservarlo, indipendente dal tempo poichè non ha alcun effetto concreto l’intervento della funzione g(t): π∗ (π‘)π(π‘) = ππ₯π (π πΈ ο¨ π‘) ππ₯π (−π πΈ ο¨ (23) π‘) = 1 Al valor medio u della medesima osservabile (di significativo interesse perchè è quanto verrebbe prodotto da una misura sperimentale, destinata a cogliere il sovrapporsi probabilistico delle molteplici situazioni diverse presenti nel campione multiparticellare trattato) si puo’ pertanto giungere integrando: +∞ +∞ π’ = ∫−∞ οΉ ∗ (π₯)ποΉ(π₯)ππ₯ = < οΉ|ποΉ > = ∫−∞ ο ∗ (π₯)πο(π₯)ππ₯ = < ο|πο > (24) 7. Costruzione di operatori Dovendo costruire l’operatore collegato ad un’osservabile fisica ed inerente ad un sistema contraddistinto da stazionarietà vanno compiute due operazioni in successione. In una prima fase si esprime la relazione fisica che valuta l’osservabile utilizzando coordinate spaziali e momenti lineari. Quanto così ottenuto si pone poi in forma operatoriale mantenendo tal quali le coordinate e rimpiazzando i momenti con l’operatore, già incontrato, che permette di dedurli dalla funzione d’onda. L’operatore risultante è del tutto adeguato per agire sulla funzione d’onda avendo come effetto il renderla moltiplicata dal valore atteso dell’osservabile. A scopo esplicativo può essere utile ricavare l’operatore hamiltoniano proprio di un oscillatore armonico, che costituisce il modello fisico cui si fa ricorso per descrivere l’ampliarsi ed il contrarsi alternato della lunghezza del legame in una molecola biatomica. 5 Nell’energia complessiva di un oscillatore armonico confluiscono due termini. Vi si ritrovano infatti sommate l’energia cinetica T e l’energia potenziale V: π= 1 π π£2 2 π π₯ π= 1 2 ππ₯ 2 (25) Concorrono a determinarle variabili e parametri descrittivi del sistema in cui si manifesta il moto oscillatorio. Quando vien fatto riferimento ad una molecola biatomica compaiono quantità che le sono proprie: x = coordinata che valuta la variazione (positiva o negativa) della lunghezza del legame atomo-atomo rispetto al valore d’equilibrio; mr = m1 m2 / (m1 + m2) = massa molecolare ridotta, nella quale vanno a combinarsi le masse m1 ed m2 degli atomi costitutivi; vx = velocità del moto oscillatorio; k = costante di richiamo, cui spetta riprodurre l’intensità dell’azione compensativa antagonista rispetto al deformarsi del legame. Dopo aver riscritto le energie utilizzando coordinata e momento lineare: ππ₯2 π= 2ππ 1 π = ππ₯ 2 2 (26) si effettua la conversione negli operatori corrispondenti: 1 π π ο¨2 π 2 π= (− π ο¨ ) (− π ο¨ )=− 2ππ ππ₯ ππ₯ 2ππ ππ₯ 2 π= 1 2 ππ₯ 2 (27) L’operatore hamiltoniano coincide con la loro somma, perchè deve trovarvi riscontro l’energia complessiva: ο¨2 π2 1 2 π» =π+π =− + ππ₯ 2ππ ππ₯ 2 2 (28) 8. Equazione di Schrödinger per sistemi multielettronici stazionari Le modalità secondo le quali è stato finora descritto il comportamento di un singolo elettrone in moto unidimensionale, seguendo la procedura impostata da Schrödinger, possono adattarsi agevolmente per studiare sistemi multielettronici. Se sussiste stazionarietà l’equazione di Schrödinger da risolvere deve ancora determinare la funzione d’onda complessiva nella sua parte non dipendente dal tempo. A costituire tale termine è una funzione οΉ in cui trova riscontro l’apporto degli N elettroni presenti nel sistema: π»οΉ(1, 2, … , π) = πΈοΉ(1, 2, … , π) (29) Poichè il posizionamento di ciascun elettrone va definito fissando i valori delle tre corrispondenti coordinate spaziali (x, y, z), la funzione οΉ dipende da 3 N variabili. 6 Il suo quadrato concorre a misurare la probabilità collegata al reperire simultaneamente il primo elettrone del sistema entro l’elemento di volume dV1 = dx1 dy1 dz1, individuato dai valori x1, y1, z1 delle coordinate, il secondo elettrone del sistema entro l’elemento di volume dV2 = dx2 dy2 dz2, individuato dai valori x2, y2, z2 delle coordinate, ... : οΉ ∗ (1, 2, … , π)οΉ(1, 2, … , π)ππ1 ππ2 … πππ (30) Permane il vincolo della normalizzazione: +∞ +∞ +∞ ∫−∞ ∫−∞ ∫−∞ … οΉ ∗ (1, 2, … , π)οΉ(1, 2, … , π)ππ1 ππ2 … πππ =< οΉ|οΉ >= 1 (31) e sono ancora integrali in cui appaiono appropriati operatori indipendenti dal tempo a fornire valutazioni delle osservabili fisiche: +∞ +∞ +∞ π’ = ∫−∞ ∫−∞ ∫−∞ … οΉ ∗ (1, 2, … , π)ποΉ(1, 2, … , π)ππ1 ππ2 … πππ =< οΉ|ποΉ > (32) Il numero delle coordinate coinvolte cresce rapidamente al crescere del numero degli elettroni. La crescita è ancora più accentuata quando debba essere considerato anche il ruolo svolto dallo spin elettronico, da trattare utilizzando coordinate specifiche. 9. Operatore hamiltoniano di un sistema atomico o molecolare Nel costruire l’operatore hamiltoniano relativo ad un sistema d’interesse chimico (un atomo, una molecola, più atomi, più molecole, ... ) si adotta solitamente l’approssimazione semplificativa proposta da Born ed Oppenheimer. Stabilisce che l’energia cinetica dei nuclei atomici possa venir calcolata come termine a parte, da introdurre in un secondo tempo nell’energia totale, dopo aver preliminarmente valutato gli altri addendi. Il predisporre, adottando tale criterio, un operatore hamiltoniano non inclusivo dell’apporto riconducibile ai moti nucleari fa sì che la corrispondente equazione di Schrödinger fornirà, se risolta, un’energia complessiva dalla quale il contributo cinetico dei nuclei rimarrà escluso. Nell’operatore privo dell’addendo collegabile all’energia cinetica dei nuclei debbono essere inclusi tutti i rimanenti termini energetici, destinati a fornire un apporto positivo o negativo all’ammontare energetico globale, secondo che la loro natura diminuisca od accresca la stabilità del sistema. A dar origine ad essi sono il moto degli elettroni e gli effetti di tipo interattivo, con natura attrattiva o repulsiva, elettrone-nucleo, elettrone-elettrone, nucleo-nucleo. È possibile assegnare all’operatore una struttura generale, valida per sistemi nei quali sia presente stazionarietà e di agevole adattamento agli atomi ed alle molecole presi volta per volta in considerazione. La si ricava avvalendosi della corrispondenza operatoriale individuata per le coordinate ed i momenti lineari ad esse riconducibili: ππππ‘π‘ππππ π»=− ∑ π + 1 4ππ0 ο¨2 1 ∇π2 − 2ππ 4ππ0 ππππ‘π‘ππππ ππππ‘π‘ππππ ∑ ∑ π π>π ππππ‘π‘ππππ ππ’ππππ ∑ π 2 πο¬ π 2 ∑ πο¬π ο¬ ππ’ππππ ππ’ππππ π 1 + ∑ πππ 4ππ0 ο¬ ∑ π>ο¬ Compaiono: 7 (33) πο¬ ππ π πο¬π 2 ∇π2 = π2 π2 π2 + + ππ₯π2 ππ¦π2 ππ§π2 2 2 πππ = √(π₯π − π₯π ) + (π¦π − π¦π ) + (π§π − π§π ) 2 me = massa dell’elettrone; e = carica dell’elettrone; Zο¨ = numero dei protoni contenuti nel nucleo dell’atomo ο¨; ο₯0 = costante dielettrica del vuoto. L’espressione appena dedotta può essere resa più agile ed essenziale facendo ricorso alle unità atomiche (a.u.) introdotte con intenti semplificativi da Hartree. Alle unità atomiche si perviene assegnando valori di riferimento unitari ad alcune quantità basilari: ππ = 1 4πο₯0 = 1 π=1 ο¨=1 (34) Sono queste assegnazioni a permettere di determinare in modo univoco ogni altra rimanente unità atomica. Nasce così un insieme di unità particolarmente adatte a riprodurre valutazioni riferite ad atomi e molecole, eliminando ridondanze numeriche. L’effetto di alleggerimento appare chiaro quando si considerano i valori che alle medesime unità spetterebbero se la loro valutazione unitaria fosse sostituita dal corrispondente ammontare espresso ricorrendo al chilogrammo, al coulomb, al metro, al joule, ...: me (massa dell’elettrone, unità atomica per le masse) = 9.10938 x 10-31 kg; e (carica dell’elettrone, unità atomica per le cariche elettriche) = 1.60218 x 10-19 C; a0 (Bohr, unità atomica per le lunghezze) = 5.29177 x 10-11 m; Eh (Hartree, unità atomica per le energie) = 4.35974 x 10-18 J; ... Se vien fatto spazio alle unità atomiche l’espressione generale (33) dell’operatore hamiltoniano assume un aspetto convenientemente semplificato: 1 π»=− 2 ππππ‘π‘ππππ ∑ ππππ‘π‘ππππ ππ’ππππ ∇π2 − π ππππ‘π‘ππππ ππππ‘π‘ππππ + ∑ ∑ π π>π ∑ ∑ π ο¬ πο¬ πο¬π ππ’ππππ ππ’ππππ 1 + ∑ πππ ο¬ ∑ π>ο¬ (35) πο¬ ππ πο¬π e si prospetta come supporto utile per costruire espressioni proprie di sistemi particolari. 8 È il seguente, ad esempio, l’operatore hamiltoniano valutato in unità atomiche del boro (atomo costituito da un nucleo che comprende cinque protoni e da cinque elettroni): 1 5 1 5 1 5 1 5 1 5 π» = − ∇12 − − ∇22 − − ∇23 − − ∇24 − − ∇25 − + 2 π1 2 π2 2 π3 2 π4 2 π5 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 + + + + + + + + + + π12 π13 π14 π15 π23 π24 π25 π34 π35 π45 (36) Se si passa all’idruro di litio (molecola che include due nuclei e quattro elettroni) si configura così l’operatore hamiltoniano riferito ad unità atomiche: 1 3 1 1 3 1 1 3 1 1 3 1 π» = − ∇12 − − − ∇22 − − − ∇23 − − − ∇24 − − 2 ππ΄1 ππ΅1 2 ππ΄2 ππ΅2 2 ππ΄3 ππ΅3 2 ππ΄4 ππ΅4 + 1 1 1 1 1 1 3 + + + + + + π12 π13 π14 π23 π24 π34 π A = nucleo del litio (3 protoni); (37) B = nucleo dell’idrogeno (1 protone); R = distanza internucleare (parametro geometrico da guardarsi come una costante caratteristica del sistema, in quanto viene applicata l’approssimazione di Born ed Oppenheimer sul poter supporre per i nuclei un assetto spaziale che non manifesta variazioni). 9