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G. M. PROSPERI
appunti aggiornati al 1.7.2004
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,
5,&+,$0,',0(&&$1,&$
/HJJLGHOPRWR
La descrizione del moto in Fisica è sempre riferita ad uno specifico sistema di
riferimento ., supposto definito da una terna d’assi cartesiani (che in generale
supporremo ortogonali) e da un sistema di orologi. Nello studio del movimento conviene
sempre riferirsi inizialmente a corpi di dimensioni molto piccole da potersi idealizzare
come punti. I corpi estesi possono essere sempre supposti scomposti in piccole parti
ciascuna della quali possa ancora essere trattata come un punto.
Esiste una classe di sistemi privilegiati, detti VLVWHPLLQHU]LDOL, in cui le leggi del moto
hanno una forma particolarmente semplice. così:
Si definisce VLVWHPDLQHU]LDOH un sistema in cui vale la /HJJHG¶,QHU]LD che si esprime
/HJJH G¶,QHU]LD (prima legge della dinamica): 8Q FRUSR SXQWLIRUPH R SXQWR
PDWHULDOH R SDUWLFHOOD VX FXL QRQ DJLVFH DOFXQD IRU]D ULPDQH LQ TXLHWH R VL PXRYH GL
PRWRUHWWLOLQHRXQLIRUPH.
Per IRU]D s’intende una JUDQGH]]D YHWWRULDOH ) che esprime le azioni che altri corpi
esercitano su un dato corpo. Esistono forze di vari tipi e specifiche teorie che le
determinano. In generale )si suppone definita attraverso una forza di calibrazione di tipo
noto -)che la equilibra. Si suppone che l’azione tra due corpi, e quindi le forze che la
esprimono, divengano trascurabili quando i due corpi sono sufficientemente lontani.
Perciò, una formulazione alternativa della legge d’inerzia è:
8Q FRUSR SXQWLIRUPH VXIILFLHQWHPHQWH ORQWDQR GD DOWUL FRUSL UHVWD LQ TXLHWH R VL
PXRYHGLPRWRUHWWLOLQHRXQLIRUPH
Un esempio tipico di sistema con grande approssimazione inerziale è il sistema che
ha origine nel sole e assi diretti secondo tre stelle molto lontane (VLVWHPD GHOOH VWHOOH
ILVVH). Con approssimazione meno buona si possono, a molti effetti, considerare inerziali
un sistema con origine nel centro della terra e assi diretti ancora secondo tre stelle o
anche uno solidale con la terra. Il concetto di sistema inerziale è un FRQFHWWR OLPLWH;
nessun sistema concreto è esattamente inerziale. Vedremo che
2JQL VLVWHPD .‡ LQ PRWR WUDVODWRULR XQLIRUPH ULVSHWWR DG XQ VLVWHPD LQHU]LDOH . q
DQFK¶HVVR LQHU]LDOH 9LFHYHUVD VH .‡ VL PXRYH ULVSHWWR D . GL XQ PRWR SL FRPSOHVVR
1
(traslatorio accelerato, rotatorio, o una combinazione di moto traslatorio e moto
rotatorio), HVVRQRQqLQHU]LDOH
(TXD]LRQHGL1HZWRQ (seconda legge della dinamica): /¶DFFHOHUD]LRQHDGLXQFRUSR
SXQWLIRUPH VRJJHWWR DG XQD IRU]D ) q GLUHWWD FRPH ) H LQ PRGXOR SURSRU]LRQDOH DO
PRGXORGL)In formule
PD = ) .
(1.1)
Nella (1.1) P rappresenta un coefficiente di proporzionalità caratteristico del corpo, detto
PDVVD, che PLVXUD O¶LQHU]LD GHO FRUSR. Ricordiamo che l’ accelerazione D all’ istante W è
definita come la derivata rispetto a W della velocità Y al medesimo istante e Y è definita
come la derivata, sempre rispetto a W, del YHWWRUH SRVL]LRQH [ (cioè il vettore che ha per
componenti le tre coordinate del punto [\]nel sistema di riferimento considerato, [
[L\M]N. Cioè
D GYGW
(1.2)
e
Y = G[GW
,
(1.3)
ovvero per componenti
e
D GY GWD GY GWD GY GW
Y
G[GWY G\GWY G]GW
Combinando le (1.2) e (1.3) si ha anche D G [GW la (1.1) si può perciò riscrivere
anche in una delle due forme alternative
(1.1b).
PGYGW )(1.1a)
oppure
PG [GW )
La forza ) nelle equazioni precedenti è supposta funzione solo della posizione e della
velocità del corpo all’ istante considerato ) )([Y)(oltre naturalmente le posizioni e le
velocità degli altri corpi presenti che qui però si suppongono note. Primo e secondo
membro della (1.1b) dipendono solo dalla funzione vettoriale [ [(W) che esprime come
varia la posizione del corpo al variare del tempo. La (1.1b) diviene allora un’ HTXD]LRQH
GLIIHUHQ]LDOH per la [(W) e sarà soddisfatta solo per specifiche forme di questa. La teoria
delle equazioni differenziali afferma che, per una data )([Y) , esiste sempre ed è unica
una soluzione che soddisfa ad un certo tempo convenzionalmente assunto come inizialeW0
due condizioni del tipo
[(W0) = [0
e
Y(W0) = Y0
,
(1.4)
dove [0 e Y0 rappresentano la posizione e la velocità assunta dal corpo a tale istante. Per
determinare il moto del nostro corpo occorre cioè non solo conoscere l’ espressione della
forza ma anche la posizione e la velocità ad un certo tempo fissato W0.
Del risultato precedente si può dare una giustificazione intuitiva immediata senza
ricorrere ai risultati sulle equazioni differenziali. Usando la (1.1a), la posizione [ e la
2
velocità Y della particella al tempo W0 + GW possono essere calcolati in funzione delle
stesse grandezze al tempo W0. Si ha
[(W0 + GW) = [0 + GWY0
e
Y(W0 + GW) = Y0 + GW)( [0 , Y0 ) P .
(1.5)
Questa relazione può venire iterata ed essere usata per calcolare [ e Ysuccessivamente
ai tempi W0 + 2GW , W0 + 3GW ecc. , fino a raggiungere un qualsiasi tempo W.
(VHPSLR1.1. Consideriamo un corpo soggetto ad una forza costante ) . Integrando
due volte da W0 a W la (1.1b) e usando la (1.4) otteniamo
[ [0 + ( W- W0 ) Y0 + ½ ( W- W0 )2 )P.
(1.6)
(VHPSLR 1.2. Consideriamo una particella vincolata a muoversi su una retta [sotto
l’ azione di una forza elastica ) -N[che lo richiama verso l’ origine. La sua equazione
di moto sarà
PG2[GW =-N[.
(1.7)
Un sistema di questo tipo è detto RVFLOODWRUH DUPRQLFR. Come si vede con una
sostituzione l’ equazione (1.7) è risolta dall’ espressione
[= D cos ( wW+ g ) ,
(1.8)
con D e g costanti qualsiasi, purché sia w = (NP)½ . Poiché è sempre possibile
scegliere D e g in modo da rendere soddisfatte la (1.4) (che in questo caso si riduce
evidentemente ad un sistema di due equazioni scalari) qualunque siano i valori di [0 e Y0
assegnati, è chiaro che la (1.8) non è solo una soluzione della (1.7), ma è la più JHQHUDOH
VROX]LRQH (che appunto dovrà dipendere da due costanti arbitrarie). Nel caso W0 = 0 si ha
ad esempio esplicitamente
[= [0 cos wW(Y0/w) sin wW.
(1.9)
In generale la (1.8) rappresenta una particella che oscilla tra le posizioni estreme -D e D
con un periodo
7=
2p
P
= 2p
.
w
N
(1.10)
(VHPSLR1.3. Supponiamo che nell’ esempio precedente, oltre alla forza elastica, agisca
sulla particella una IRU]D GL UHVLVWHQ]D ) = - hY, diretta sempre in verso opposto a
quello del moto della stessa e in modulo proporzionale alla sua velocità. L’ equazione di
moto questa volta si scrive
PG2[GW =-N[- hG[GW
(1.7‡)
e si verifica che per h< 2(PN)½ l’ espressione
3
[= D H
cos ( wW+ g ) ,
(1.8‡)
è ancora soluzione per D e g costanti qualsiasi (e quindi la soluzione generale), purché
sia ora l = h2P e w = [NP-(h2P)2]½ = [w02-(h2P)2]½ . In questo caso siamo in
presenza di un moto RVFLOODWRULR VPRU]DWR (cioè la cui ampiezza D H
decresce
esponenzialmente nel tempo) e di frequenza ridotta. Se si ha invece h> 2(PN)½ ammette
invece nel campo reale soluzioni del tipo FH
con l=l =[h– (h2 - 4mk)½] /2P e la
soluzione generale si scrive
[ = F H
+ F H
.
(1.8—)
Il corpo allontanato dalla posizione di equilibrio vi ritorna senza oscillare. Nel caso limite
h= 2(PN)½ (VPRU]DPHQWRFULWLFR), infine, la soluzione diviene
[ = (D + EW )H
,
(1.8‡‡‡)
con l= (N/2P)½ ed ancora D e E costanti arbitrarie.
(VHUFL]LR 1,1. Verificare esplicitamente che le (1.8), (1.8) e (1,8) sono effettive soluzioni delle rispettive
equazioni di moto e determinare le costanti in modo da soddisfare assegnate condizioni inziali.
Consideriamo ora un sistema di 1corpi puntiformi specificati dall’ indice M= 1, 2, …
1. In tal caso dovremo scrivere un equazione di Newton per ciascuno dei corpi e quindi
P D
) M 1, 2,«1
(1.11)
Supporremo gli 1 corpi sufficientemente lontani da ogni altro corpo e quindi che tutte le
forze sono forze interne al sistema. L’ ipotesi più semplice che si può fare è allora che le
forze siano puramente posizionali e a GXHFRUSL, cioè che la forza che si esercita sul corpo
M sia semplicemente la risultante delle forze esercitate singolarmente da ciascuno degli
corpi. In formule
) Ê ) (1.12)
dove ) sta ad indicare la forza che il corpo Oesercita sul corpo M (OžM) e dipende solo
dalla loro posizione relativa. In queste condizioni si ammette la seguente legge:
/HJJHGHOO¶D]LRQHHUHD]LRQH(terza legge della dinamica). /DIRU]D) FKHLOFRUSR
O HVHUFLWD VXO FRUSR M q GLUHWWD VHFRQGR OD FRQJLXQJHQWH OM HG q XJXDOH H FRQWUDULD D
TXHOODFKHMHVHUFLWDVXO
) = -) (1.13)
Va precisato che le ipotesi fatte sopra non sono le più generali. Si possono considerare
forze ancora della forma (1.12) che soddisfano la (1.13), ma che dipendono anche dalla
velocità relativa delle particelle, forze a WUHFRUSLcioè forze tra tre particelle MOU che
4
dipendono inseparabilmente dalle tre posizioni relative e si annullano quando due
qualsiasi delle stesse si allontanano sufficientemente l’ una dall’ altra, forze a TXDWWUR
FRUSL, ecc.
Gli 1 corpi sopra considerati si possono, inoltre, considerare parte di un sistema più
ampio, in cui i corpi ulteriori hanno massa molto più elevata ed esercitano un’ azione sui
corpi considerati, senza però essere apprezzabilmente influenzati dalla presenza di questi.
La forza ) che agisce sul corpo M , si può allora scrivere come somma di una forza
interna e di una esterna ) ) int) est , dove) intpuò ancora essere supposto della
forma (1.12), mentre ) est dipende solo dalla posizione del corpo Med esprime l’ azione su
quest ultimo dei corpi più pesanti che per il resto non intervengono nelle equazioni
(1.11).
7UDVIRUPD]LRQLGL*DOLOHRHUHODWLYLWjJDOLOHLDQD
Supponiamo di avere due sistemi di riferimento .e .‡ in moto WUDVODWRULRXQLIRUPH
uno rispetto all’ altro. I vettori posizione di una particella rispetto ai due sistemi sono dati
rispettivamente da
[=[L\M]Ne[‡=[‡L‡\‡M‡]‡N‡ .
(2.1)
Dire che .‡ si muove di moto traslatorio rispetto a . significa che gli assi di .‡ si
muovono restando sempre paralleli a se stessi o, equivalentemente, che i versoriL‡, M‡e
N‡ non mutano col tempo. Per le velocità si ha similmente
Y=G[GWLG\GWMG]GWNeY‡=G[‡/dtL‡G\‡/dtM‡G]‡GWN‡ ,
(2.2)
e quindi, sempre tenendo conto del fatto cheL‡, M‡e N‡ non mutano nel tempo rispetto .,
si può scrivere
Y‡=G[‡/GW ,
(1.3‡)
non solo, come ovvio, con riferimento a .‡ ma anche con riferimento a . Se ora
indichiamo con [0(W) la posizione rispetto a . al tempo W dell’ origine 2‡ di .‡ abbiamo
in generale
[‡(W) = [(W) – [0(W)
(2.3)
e, ponendo secondo l’ ipotesi [0 = ZW
[‡(W) = [(W) – ZW
(2.4)
La (2.4) esprime la posizione di una particella rispetto a .‡ in funzione del tempo e della
posizione della stessa rispetto a . ed è detta WUDVIRUPD]LRQHGL*DOLOHRDerivando questa
relazione rispetto al tempo in . e tenendo conto di quanto detto a proposito della (1.3‡),
abbiamo la regola di addizione delle velocità
5
Y‡ = Y-Z(2.5)
e derivando ulteriormente la (2.5)
D‡=D(2.6)
che esprime l’ invarianza dell’ accelerazione. Osserviamo ulteriormente che essendo la
trasformazione (2.3) sostanzialmente una traslazione anche la posizione relativa tra due
particelle risulta invariante; abbiamo cioè
U‡ = [‡ -[‡ = [ -[ = U .
(2.7)
Tenuto conto di quanto detto a proposito delle equazioni (1.11), le equazioni (2.6) e
(2.7) ci permettono di affermare, che in assenza di forze esterne le (1.11), supposte valide
in .,risultano valide anche in .‡. Poiché quando le forze sono nulle le (1.11), o anche
la (1.1) esprimono il principio d’ inerzia questo fatto ci garantisce in particolare che se . è
inerziale anche .‡ in moto traslatorio uniforme rispetto a . è inerziale e le (1.11)
valgono in qualsiasi riferimento inerziale. Nell’ ipotesi di esistenza di forze esterne ciò
che rende un particolare sistema privilegiato rispetto agli altri è la circostanza che alcuni
corpi, trattati come infinitamente pesanti sono stati esclusi dalla trattazione.
Supponiamo inversamente che . sia inerziale, ma .‡ si muova di moto qualsiasi
rispetto a . . In questa circostanza 2‡ non si muove più di moto uniforme, inoltre L‡, M‡e
N‡ ruotano, in generale, rispetto a . e nel derivare prima la (2.1) e poi la (2.2) bisogna
tener conto anche della variazione di queste grandezze. Senza riportare i calcoli espliciti
ci limitiamo ad affermare che in questo caso la (2.6) va sostituita con l’ equazione
seguente
D‡=D-D - D! ,
(2.8)
dove D" (DFFHOHUD]LRQHGLWUDVFLQDPHQWR) dipende dalle coordinate della particella rispetto
a .‡ma non dalla sua velocità Y‡D# , invece (DFFHOHUD]LRQHGL&RULROLV),è data da D# =
w™Y‡. In quest’ ultima espressione wè velocità angolare istantanea, cioè un vettore che
ha per direzione l’ asse istantaneo di rotazione e modulo uguale alla velocità angolare,
pure istantanea, di rotazione attorno a tale asse.
Nella (2.8) la prima grandezza rappresenta l’ accelerazione della particella rispetto a
. quando essa resta fissa rispetto a .‡ , la seconda l’ accelerazione subita dalla particella
per effetto di un suo spostamento da un punto ad un altro di .‡ con diversa velocità di
trascinamento (è quel che accade ad esempio se una particella si sposta lungo l’ asse [‡
mentre .‡ ruota attorno all’ asse ]‡ ). E’ chiaro che, se vale la (2.8), D=0 non implica D‡
=0, quindi .‡ non è inerziale. Se poi si usa la (2.8) nelle (1.11), queste ultime si possono
riscrivereancora nella forma
P D‡ =)‡ (2.9)
pur di porre, tuttavia,
6
)‡ =) )"$ +)# con
(2.10)
)"% =-P D )#& = -P D# =-P w™Y‡ Il carattere non inerziale di .‡ si manifesta, quindi, nella necessità di aggiungere
nelle equazioni di moto scritte in tale sistema le IRU]H DSSDUHQWL )"' e )# alle forze
ordinarie ) che compaiono in .. Nell’ esempio del sistema .‡ ruotante attorno all’ asse ]‡
, )" si riduce alla cosiddetta IRU]DFHQWULIXJD mentre )# è la IRU]DGL&RULROLV. Effetti di
tali forze apparenti collegati al moto di rotazione della Terra si hanno nella compressione
di quest’ ultima ai poli, nella dipendenza dell’ accelerazione di gravità dalla latitudine,
nell’ inclinazione verso ovest dei venti alisei. Effetti del moto di rivoluzione attorno al
baricentro terra-luna e attorno al sole si hanno nel fenomeno delle maree.
/HJJLGLFRQVHUYD]LRQHGHOPRPHQWROLQHDUHHGHOPRPHQWRDQJRODUH
Si dice PRPHQWROLQHDUH o TXDQWLWjGLPRWR di una particella la grandezza S=PY
si dice PRPHQWRDQJRODUHULVSHWWRDOO¶RULJLQH del sistema di riferimento l’ espressione 0
= [ ™ S= [ ™ PYsi dice ancora PRPHQWRDQJRODUHULVSHWWRDG XQ qualsiasi SXQWRILVVR
di riferimento 4 l’ altra 0( = ([-[( ) ™ S= ([-[( ) ™ PY
Essendo le P delle costanti le (1.11) si possono riscrivere come
GGW (P Y =) .
(3.1)
In assenza di forze esterne si ha, d’ altra parte, per la (1.13)
Ê ) = Ê ) = 0
e, quindi
GGW Ê P Y =0 ,
(3.2)
(3.3)
cioè in assenza di forze esterne il PRPHQWROLQHDUHWRWDOH3=Ê P Y non cambia col
tempo è una FRVWDQWH GHO PRWR. E’ questa la OHJJH GL FRQVHUYD]LRQH GHO PRPHQWR
OLQHDUHSe esistono forze esterne le (3.3) dovranno essere sostituite con
GGW Ê P Y =5est ,
(3.4)
dove 5est indica la risultante di tutte le forze esterne agenti sulle singole particelle del
sistema.
Introdotto il FHQWURGLPDVVDdefinito da
;cm = Ê P [ Ê P ,
(3.5)
derivando si ha
7
3= Ê P Y =Ê P 9cm .
(3.6)
Per la (3.4) allora il centro di massa di un sistema si muove come una corpo puntiforme
di massa uguale alla massa complessiva del sistema e soggetto alla risultante di tutte le
forze esterne che agiscono sul sistema. In particolare, se la risultante di tutte le forze
esterne è nulla, il punto si muove di moto rettilineo uniforme.
Ricordando che, come segue immediatamente dalla definizione, il prodotto
vettoriale D™ Eè nullo se D e E sono paralleli, si ha immediatamente GGW( [ ™ S=
GGW ([ ™ P Y = [ ™ GGW (P Y In assenza di forze esterne, inoltre, per la (1.13) e
ricordando che ) ) è diretta come [ -[ , si ha
Ê [ ™ ) =½Ê ( [ -[ ) ™ ) = 0
(3.7)
GGWÊ [ ™ S = GGWÊ [ ™ P Y = 0 .
(3.8)
e quindi dalla (1.11)
Questa equazione esprime la OHJJHGLFRQVHUYD]LRQHGHOPRPHQWRDQJRODUHWRWDOH0
Ê [ ™ S = Ê [ ™ P Y . Un risultato analogo vale, evidentemente, se il momento
angolare è riferito ad un qualsiasi punto fisso 4.
Se, invece, esistono forze esterne, si ha di nuovo in luogo della (3.8)
GGWÊ [ ™ S = GGWÊ [ ™ P Y = W
(3.9)
dove Wè il PRPHQWRWRWDOHGHOOHIRU]H agenti sul sistema, definito da W=Ê [ ™ ) =
Ê [ ™ ) est .
(VHPSLR 3.1. Consideriamo il moto di un pianeta 3 intorno al sole 6
nell’ approssimazione in cui trattiamo quest’ ultimo come fisso (massa infinita). Se
scegliamo l’ origine degli assi in 6 , il momento angolare del sistema coincide
semplicemente con il momento angolare del pianeta 0 [ ™ S = [ ™ PY, che pertanto
si conserva La traiettoria descritta da 3 giace innanzitutto in un piano (è noto che è
anche un’ ellisse con un fuoco in 6 , ma ciò è meno immediato e qui noni interessa),
possiamo infatti sempre scegliere il piano [\ in tale modo che ad un qualche istante W0
risulti ] (W0 ) = 0 e Y* (W0 ) = 0 . E’ allora chiaro che per ] e Y* uguali a 0 ad ogni tempo
tali variabili spariscono dalle equazioni per le restanti variabili ed è possibile soddisfare
sia le equazioni di moto , sia le condizioni iniziali. In questa situazione, il vettore 0
risulta ortogonale al piano dell’ orbita ed è rivolto dal lato da cui questa si vede percorsa
in senso antiorario. Il suo modulo 0 è per definizione dato da 0= UPYsin a, dove a è
l’ angolo formato da Y con il raggio 63. L’ area percorsa da 63 durante l’ intervallo di
tempo GW è, d’ altra parte, data da G$ = ½ UYGWsin a. Ne segue G$GW (2m) d0GW =
0 , quindi 63GHVFULYHDUHHXJXDOLLQWHPSLXJXDOL. E’ questa la VHFRQGDOHJJHGL.HSOHUR
sul moto dei pianeti. Tale legge è, perciò, nient’ altro che la conservazione del momento
angolare e per se non specifica delle forze gravitazionali, non dipende dalla particolare
forma della dipendenza della forza da U.
8
(VHPSLR 3.2. Una pattinatrice può regolare la propria velocità di rotazione attorno
alla punta di un pattino semplicemente allargando o stringendo le braccia o flettendo il
busto e allungando l’ altra gamba. Ciò corrisponde ad un aumento o ad una riduzione
delle componenti orizzontali dei vettori di posizione delle varie parti del suo corpo.
Questi, per la (3.8), deve essere compensati da una corrispondente variazione delle
velocità (evidentemente le forze esercitate dai muscoli sulle varie parti dello scheletro
sono tutte forze interne al sistema).
/HJJHGLFRQVHUYD]LRQHGHOO¶HQHUJLD
Un corpo puntiforme sotto l’ azione di una forza ) si porti dalla posizione [ alla
posizione punto [ + G[. Si dice lavoro compiuto durante il suddetto spostamento
infinitesimo l’ espressione
d/= ) ¼G[=)¼.Y GW .
(4.1)
Osserviamo che per la (1.1a) si ha
G( ½ PY2 ) = ½ PG( Y 2 + Y 2 + Y 2 ) = P( Y GY + Y GY + Y GY ) =
= PY¼GY=)¼.Y GW = d/ (4.2)
La quantità ½ PY2 è detta HQHUJLDFLQHWLFD del corpoe la (4.2) è detta spesso WHRUHPD
GHOO¶HQHUJLDFLQHWLFD.
Nel caso di uno spostamento finito da una posizione iniziale [1 ad una finale [2
lungo una curva O , il lavoro è definito suddividendo O in segmenti infinitesimi e
sommando i singoli lavori elementari
12
(4.3)
D/= lim,.-0/ 0 Ê" )([" ) ¼D[" = (O) ×1 1 G[¼)([) ,
dove l’ integrale dipende in generale dalla linea O lungo cui è stato calcolato. Da questa
segue il teorema dell’ energia cinetica in forma finita.
½ PY2
2
- ½ PY12 = D/
(4.4)
Un caso particolarmente interessante si presenta se l’ integrale che compare
all’ ultimo membro della (4.3) dipende dai due punti estremi [1 e [2 ma non dal
particolare cammino O seguito. Se ciò accade, fissato un punto di riferimento [0, si
definisce HQHUJLDGLSRVL]LRQH la grandezza
3
8([) = - ×3 G[‡¼)([‡) ,
0
dove, coerentemente con l’ ipotesi, non è indicato il cammino. Si ha allora
D/ = 8([1) - 8([2)
(4.5)
(4.6)
e quindi, sostituendo nella (4.4),
9
½ PY2
2
+ 8([2) = ½ PY12 + 8([1) .
(4.7)
Data l’ arbitrarietà dei tempi W1 e W2 , la (4.7) ci dice che la quantità
( = ½ PY 2 + 8([) ,
(4.8)
che è detta HQHUJLD WRWDOH resta costante durante il movimento, per cui tutto quello che
per effetto del lavoro compiuto dalle forze agenti sulla nostra particella si guadagna in
energia cinetica si perde in energia di posizione e viceversa.
Il risultato precedente è detto WHRUHPDGLFRQVHUYD]LRQHGHOO¶HQHUJLD e le forze per
cui esso è valido, cioè per cui D/ è indipendente dal cammino O, sono dette IRU]H
FRQVHUYDWLYHOsserviamo che a causa dell’ arbitrarietà nella scelta del punto [0 nella (4.5)
l’ energia di posizione 8([), e quindi l’ energia totale ( sono definite a meno di una
costante addittiva.
Si può osservare che l’ indipendenza dal cammino O del lavoro compiuto dalla forza
sul corpo (eq. (4.3)) quando questo si porta da una posizione [1 a una posizione [2 è
equivalente all’ affermazione che il lavoro lungo una generica linea chiusa & è sempre
nullo
¶× 4
G[¼)([) = 0
(4.9)
(dove il simbolo introdotto sta appunto ad indicare un integrale eseguito lungo una linea
chiusa). Dette, infatti, Oed O‡ due curve distinte che connettono [1 con [2 , O e - O‡
costituiscono nel loro insieme una tale linea chiusa e si ha
D/ - D/‡ = (O ) ×3
32
1
G[¼)([) -(O ‡) ×3
31
2
G[¼)([) = ¶
× 5 G[¼)([)
e quindi D/ = D/‡ equivale alla (4.9).
Ritorniamo sulla (4.6) e applichiamola al caso di due punti infinitamente vicini [1 Ÿ [
e [2 Ÿ [G[Abbiamo
d/ = )6 G[)7 G\)8 G] 8[-8([+G[)= - G[›8/› [- G\ ›8/› \- G]›8/› ] .
Confrontando la seconda e l’ ultima espressione, concludiamo che le componenti di una
forza conservativa si possono esprimere in funzione dell’ energia di posizione tramite la
relazione
)6
- › 8/› [)7
- › 8/› \)8
- › 8/› ](4.10)
Osserviamo che per tale tipo di forze il lavoro d/ coincide con il differenziale della
funzione - 8([\]) , è, come si dice, un GLIIHUHQ]LDOHHVDWWR.
Inversamente, se d/ è un differenziale esatto, cioè se esiste una funzione 8 per cui
valgono le (4.10), si ha
10
D/= (O) ×3 1
32
G[¼)([) = - (O) ×3 1
32
(G[›8/›[+ G\ ›8/›\+ G]›8/› ]) =
9 2 G8
= - ×9 GW
= 8([1) - 8([2).
(4.11)
1
GW
Quindi la forza è conservativa e 8 è l’ energia di posizione.
Dalle (4.2), (1.1a) e (4.10) abbiamo infine
G(GW GGW( ½ PY2 + 8([)) = PY¼GYGW
G[GW›8/›[+ G\GW ›8/›\+ G]GW›8/› ] Y¼(PGYGW- )) = 0 ,
(4.12)
che mostra di nuovo il teorema di conservazione dell’ energia utilizzando direttamente le
equazioni del moto.
)RU]HFRQVHUYDWLYHHQRQFRQVHUYDWLYH
(VHPSLR 4.1. Per una particella sulla retta, tutte le forze che dipendono solo dalla
posizione sono conservative. Detta )([) una tale forza è sufficiente porre
8([) = per avere
×
0
G[‡¼)([‡)
)([) = - G8([)/dx .
(4.13)
(4.14)
Nel caso particolare di una forza elastica )([) = - N [ , scegliendo [0 = 0, si ha
immediatamente 8([) = ½ N[2 e l’ energia totale è
( ½ (PY2 + N[2) ,
(4.15)
che per una soluzione scritta nella forma (1.8) diviene ( ½ ND2 , è cioè proporzionale
al quadrati dell’ ampiezza.
(VHPSLR 4.2. Consideriamo una particella nello spazio tridimensionale soggetta ad
una forza costante )0. Le (4.9) sono soddisfatte ponendo semplicemente
8([) = - )0 ¼[,
(4.16)
avendo assunto uguale a zero l’ energia di posizione nell’ origine. In particolare per il peso
di un corpo sulla superficie della terra, se scegliamo l’ asse ] del nostro sistema di
riferimento lungo la verticale al punto considerato, possiamo scrivere
8([) = 8(]) = PJ]
(4.17)
e l’ energia totale è
( ½ PY2 + PJ] .
(4.18)
11
(VHUFL]LR 4.1 Utilizzando la (4.18) calcolare la velocità assunta da un corpo lasciato cadere da
un’ altezza K . Confrontare con il risultato ottenuto risolvendo l’ equazione del moto (cfr. (1.6). Casa cambia
nei due casi se il corpo è lasciato scivolare su di un piano inclinato (si trascurino gli attriti) ?
(VHPSLR 4.3. Consideriamo un corpo di massa P su cui agisce una forza diretta verso
un punto 2 e il cui modulo dipende solo dalla distanza da 2 (IRU]DFHQWUDOH).. Assunto
2 come origine degli assi e posto U = |[| = [ 2 + \ 2 + ] 2 (la distanza del corpo da 2),
possiamo scrivere
) )(U) [U(4.19)
dove )(U) è una grandezza dotata di segno e )(U) < 0 significa forza diretta nella
direzione opposta al vettore unitario [r e quindi attrattiva, F(U) > 0 forza diretta come
[r e quindi repulsiva. Tenendo conto della relazione
›U ›
=
[2 + \ 2 + ] 2 =
›\ ›\
\
=
[ +\ +]
si vede allora immediatamente che la (4.10) è verificata per
2
2
:0
8([) = 8(U) = ×: GU ‡) (U ) ,
2
\
,
U
(4.20)
(4.21)
dove U ;< rappresenta di nuovo un’ arbitraria distanza scelta come riferimento. Se )(U) si
annulla abbastanza rapidamente all’ infinito è poi conveniente scegliere U ; = Š , cioè
assumere l’ energia di posizione all’ infinito nulla..In particolare, se il corpo è un pianeta,
supponiamo il sole disposto in 2 e ne indichiamo la massa con 0 abbiamo
P0
) (U ) = -* 2 e quindi
U
8 ( U ) = -*
P0
,
U
(4.22)
che rappresenta l’ energia di posizione del pianeta sotto l azione del sole. Similmente se
supponiamo in 2 una carica elettrica fissa 4 e il corpo in considerazione portatore di
1 T4
una carica T, abbiamo in valore e segno ) =
e
4pe 0 U 2
1 T4
8 (U ) =
,
(4.23)
4pe 0 U
l’ energia di posizione elettrostatica della particella di carica T in presenza della carica
0
fissa 4 L’ espressione 9 (U ) = -*
, che rappresenta l’ energia potenziale posseduta da
U
un corpo di massa unitaria sotto l’ azione gravitazionale del corpo di massa 0 (il sole), è
detto SRWHQ]LDOH del FDPSR JUDYLWD]LRQDOH creato da tale corpo. Analogamente
12
1 4
, energia potenziale di una particella di carica unitaria, è detto SRWHQ]LDOH
4pe 0 U
del FDPSRHOHWWURVWDWLFRcreato dalla carica 4
(VHPSLR 4.4. Consideriamo ora un sistema di cariche elettriche puntiformi 41 , 42 ,
43 , . . . disposte in certe posizioni fisse. La forza complessiva che queste esercitano su
una particella di carica T è data da
9 (U ) =
)=
1
4pe 0
Ê=
T4=
U> U> ,(4.24)
U= 2
dove abbiamo indicato con U> il vettore congiungente la posizione di 4s con quella della
particella, U> = [-[> , e con U> il suo modulo (cioè la distanza di 4s da T ). Data la
linearità della (4.9) si ha che anche ) come la (4.19) può essere derivata da un’ energia
potenziale, e quindi è conservativa, e si ha
8 ([) =
1
4pe 0
Ê=
T4=
U=
,
(4.25)
e, naturalmente, per il SRWHQ]LDOH del corrispondente campo elettrostatico 9([) =
4=
1
. Le (4.24) e (4.25) si possono immediatamente estendere al caso di un
=
=
Ê
4pe 0
U=
corpo esteso su cui si abbia una distribuzione di cariche elettriche con densità r([) (cioè
G4= r([) G9rappresenta la carica elettrica contenuta nel volumetto G9 ), immaginando
di scomporre il corpo stesso in porzioni sufficientemente piccole da poter essere trattate
come punti. Abbiamo ad esempio in tal caso
1
1
G9 ‡r ( [‡, \ ‡, ] ‡)
.
(4.26)
×
2
4pe 0
( [ - [‡) + ( \ - \ ‡) 2 + ( ] - ] ‡) 2
Considerazioni analoghe si possono ripetere per l’ azione gravitazionale esercitata da un
sistema di masse puntiformi fisse, o da un corpo esteso con una certa distribuzione di
massa.
(VHPSLR 4.5. Consideriamo invece una particella 3 sul piano su cui agisce una forza
il cui modulo dipende solo la distanza U di 3 da un punto fisso 2 , ma la cui direzione
sia sempre ortogonale ad 23 e il verso per esempio antiorario rispetto a 2. Ci si rende
immediatamente conto che il lavoro compiuto da una forza di questo tipo dipende dal
cammino seguito dalla particella. Per esempio, se la particella si porta da un punto $ ad
un punto % posti alla stessa distanza da 2 seguendo un arco di circonferenza in senso
orario o in senso antiorario il lavoro è addirittura di segno opposto. Equivalentemente il
lavoro lungo un’ intera circonferenza non è nullo. La forza non è conservativa!
(VHPSLR 4.6. Consideriamo ancora una forza che sia diretta sempre in direzione
opposta al moto di un corpo ed in modulo proporzionale alla velocità ) - h Y (una
forza di questo tipo può rappresentare ad esempio la resistenza opposta da un fluido). E’
chiaro che di nuovo si tratta di una forza non conservativa. Il lavoro compiuto sul corpo,
quando questo si sposta tra due posizioni successive, dipende dalla velocità con cui si
9 (U ) =
13
muove e dalla lunghezza della traiettoria descritta e non si può definire un’ energia che si
conserva. Nel caso dell’ oscillatore armonico smorzato dell’ esempio (1.3), se ancora
definiamo l’ energia secondo la (4.25), abbiamo
(=
1
A @?
PD 2 H 2 (w 2 + l 2 cos 2w W + lw sin 2w t)
2
che si annulla rapidamente al crescere di W.
6LVWHPDGL1SDUWLFHOOH
Consideriamo ora un sistema di 1 particelle e supponiamo che le forze esistenti al
loro interno soddisfino le ipotesi della OHJJH G¶D]LRQH H UHD]LRQH. Per ogni coppia di
particelle in luogo della (4.19) si può scrivere
)BC )BC (UBC ) UBC U
(4.27)
Dove UBC = [B - [C è il vettore che congiunge O con M e UBC è il suo modulo, cioè la
distanza tra M e O . La (4.27) soddisfa automaticamente la (1.13). Posto inoltre
I
8BC (UBC ) = ×H D E GU)F$G (U )
si ha, come a proposito della (4.19),
)JK%L
- › 8JK /› [J )JKNM
- › 8JK /› \J )JKO
(4.28)
- › 8JK /›]J (4.29)
Posto ancora
8([1[2,…[P ) = ÊJQRK 8 S$T (UJK ) ,
(4.30)
Si ha anche
)JUL
- › 8/› [J )JVM
- › 8/› \J )JWO
- › 8/›]J (4.31)
Sulla (4.31) si può ragionare come a proposito della (4.9). Si vede in tal modo che
l’ espressione
(= ½ ÊJ PJ YJ 2 + 8([1[2,…[P ),
(4.32)
ancora detta HQHUJLD WRWDOH del sistema di particelle, è una costante del moto.
All’ espressione (4.30) possono naturalmente essere aggiunte eventuali energie di
posizione dovute a forze conservative esterne. La conservazione della (4.32) esprime il
WHRUHPDGLFRQVHUYD]LRQHGHOO¶HQHUJLD per un sistema di particelle.
Un primo immediato esempio d’ applicazione di questo teorema si ha nello studio
dell’ urto elastico tra due particelle. Si supponga che queste interagiscano tramite una
forza conservativa che si annulla rapidamente con la distanza. Possiamo allora supporre
che le particelle, provenienti da grande distanza, restino sufficientemente vicine solo per
14
un tempo molto breve rispetto alla scala di tempi considerata, e si allontanino
nuovamente. Prima e dopo tale breve intervallo di tempo le particelle si muoveranno in
linea retta, non saranno soggette a forze e la loro energia sarà semplicemente uguale alla
somma delle due energie cinetiche. Durante l’ interazione esse si scambieranno energia e
momento e le loro traiettorie si incurveranno, di conseguenza esse emergeranno con
valori delle velocità differenti in direzione e valore. Se indichiamo con Y1 , Y2 e Y1‡ , Y2‡ le
velocità rispettivamente prima e dopo il tempo d’ interazione per le leggi di conservazione
dell’ energia e del momento dovremo in ogni caso avere
Z
Z
Z
Z
½ P X YY +½ P[ YZ = ½ P X YY ‡ + ½ P[ YZ ‡
P X YY + P[ YZ = P X YY ‡ + P[ YZ ‡
Queste equazioni non determinano completamente il moto, ma restringono la classe dei
possibili risultati finali.
3ULQFLSLRGLFRQVHUYD]LRQHGHOO¶HQHUJLD
I due esempi di forze non conservative considerati sopra, 4.5 e 4.6 meritano qualche
commento. L’ attrito o la resistenza opposta da un mezzo fluido al moto di un corpo
esprimono il risultato complessivo delle forze esercitate sul corpo stesso dagli atomi o
dalle molecole del mezzo che non sono incluse nella trattazione. Il SULPRSULQFLSLRGHOOD
7HUPRGLQDPLFD ci dice, d’ altra parte, che l’ energia che un corpo perde per effetto di forze
del tipo considerato nell’ esempio 4.6 si ritrova sotto forma di HQHUJLDLQWHUQD del corpo o
del mezzo, cioè sotto forma di energia degli atomi o delle molecole che li costituiscono.
Similmente, forze SRVL]LRQDOL ma QRQ LUURWD]LRQDOL come quelle considerate in 4.5, si
presentano tipicamente nelle interazioni con il FDPSR HOHWWURPDJQHWLFR e l’ energia
acquistata o perduta da una particella carica per effetto di esse va interamente a scapito o
vantaggio dell’ HQHUJLDGHOFDPSR stesso.
In entrambi gli esempi, perciò, l’ energia si conserva purché si allarghi
sufficientemente il sistema fisico considerato. Lo stesso discorso vale per forze che
derivano secondo le (4.10) da un potenziale dipendente dal tempo. In generale, la
possibilità di definire un’ energia che si conserva, per ogni sistema isolato, è ritenuto un
requisito fondamentale per l’ accettabilità di una teoria in Fisica. Quello che nel caso della
sola Meccanica si è presentato come un teorema, valido per alcuni tipi di forze, è assunto
perciò al livello generale al rango diSULQFLSLR
5. 6LVWHPDGHLGXHFRUSL
Ha particolare interesse la considerazione di un sistema di due corpi puntiformi, che in
concreto possono essere un pianeta e il suo satellite, il protone e l’ elettrone di un atomo
d’ idrogeno ecc.
In assenza di forze esterne le equazioni di moto si possono scrivere (cfr. (1.1b))
[
[
[
[
P1G [1GW =)(U)P2G [2GW -)(U) .
(5.1)
Se introduciamo il vettore di posizione del centro di massa e il vettore di posizione
relativa delle due particelle,
15
;cm = ( P1 [1+ P2 [2 ) ( P1+ P2 ) ,
U = [1- [2
(5.2)
,
le (5.1) assumono la forma (sommando le due equazioni o ,rispettivamente sottraendole
dopo aver moltiplicato la prima per P2 e la seconda per P1)
[
[
[
[
PTG ;cm GW =0 (5.3a) ,PRG UGW =)(U)
(5.3b) ,
dove PT= P1+ P2 denota la PDVVDWRWDOH del sistema, PR= P1 P2/ (P1+ P2) la
cosiddetta PDVVDULGRWWD
La (5.3a) ci dice semplicemente che il centro di massa del sistema si muove di moto
rettilineo uniforme. La (5.3b), che descrive il moto interno, è formalmente identica
all’ equazione per una singola particella di massa PR sotto una forza esterna diretta verso
un centro fisso. Più specificamente la (5.3b) può essere interpretata come equazione di
moto per la particella 1 in un sistema di riferimento con assi paralleli a quelli del sistema
originario e origine disposta sulla particella 2. Il fatto che in essa compaia la massa
ridotta e non la massa P1 corrisponde alla circostanza che a motivo del moto della
particella 2 il sistema in questione non à evidentemente un sistema inerziale
Invertendo le relazioni (5.2), si ha
[1= ;cm + (P2 / PT ) U, [2= ;cm - (P1 / PT ) U.(5.4)
Segue da queste relazioni che U è proporzionale ai vettori di posizione U1 = [1-;cm e U2
= [2 - ;cm delle due particelle in un sistema di riferimento che origine nel centro di
massa (VLVWHPD GHO FHQWUR GL PDVVD). Per questa ragione, si dice anche, che la (5.3b) è
l’ equazione di moto nel sistema del centro di massa.
Per sviluppi successivi sono interessanti le espressioni nelle nuove variabili del
momento lineare, dell’ energia cinetica e del momento angolare totali. Indicate con X =
GU GWX1 = GU1 GW = P2 PT Xe X2 = GU2 GW = - P1 PT Xla YHORFLWjUHODWLYD e le
velocitò delle due particelle nel sistema del centro di massa, si ha in primo luogo
Y1 = 9cm + X1 = 9cm + P2 PT XY2 = 9cm + X2 = 9cm - P1 PT X(5.5)
E quindi
3= P1 Y1 \ P2 Y2 = PT 9cm
(5.6a)
,
(cin = ½ P1Y12 + ½ PZ YZ 2 =
½ PT 9cm2 + ½ P1X12 + ½ PZ XZ
2
= ½ PT 9cm2 + ½ PRX2
,
(5.6b)
0= [1 ™ P1 Y1 \ [2 ™ P2 Y2 =
; cm ™ PT 9cm + U1 ™ P1 X1 \ U2 ™ P2 X2 = ; cm ™ PT 9cm + U ™ PR X,
(5.6c)
avendo utilizzato la relazione
16
P1 X1 \ P2 X2 = 0 .
(5.7).
Nel sistema del centro di massa, come risulta dalle (5.6) (e (5.7)), il momento lineare
totale delle due particelle è nullo, mentre l’ energia cinetica e il momento angolare sono
formalmente uguali (come l’ equazione di moto) a quelli di una singola particella di
posizione U e massa PR.
Coerentemente con la terza legge della dinamica la forza che compare nella (5.3b)
dovrà essere supposta della forma (cfr (4.19) e (4.27)) ) )(U) UU . E’ chiaro, allora,
che, come nell’ esempio (3.1), il moto dovrà essere piano. Inoltre, nell’ ipotesi di forze
attrattive ( )(U) < 0 ), tra gli infiniti moti possibili sul piano [\ per ragioni di simmetria,
deve esisterne una classe in cui la particella 1 si muove di moto circolare uniforme
attorno alla particella 2. In questa situazione, note considerazioni geometriche elementari
[
[
mostrano che |G UGW | = X2 /U La (5.3b) prende allora la semplice forma
PR X2 /U = |)( U )| .
(5.8)
Questa permette di calcolare |X| e quindi, l’ energia (cm nel sistema del centro di massa
semplicemente in funzione di U. Indicata con 8(U) l’ energia di posizione relativa alla
forza )(U) definita dalla (4.21), abbiamo la relazione
(cm = ½ PR X2 + 8(U) = ½ U| G8(U) GU| + 8(U) .
(5.9)
Per due particelle dotate di carica elettrica di segno opposto T1 e - T2 che si attraggono
secondo la legge di Coulomb la (5.9) diviene in particolare (cfr eq. (4.23)
(cm = -
1 1 T1T2
.
2 4pe 0 U
(5.10)
L’ interesse di un’ equazione del tipo (5.10) apparirà chiaro, tra l’ altro, a proposito dei
modelli atomici.
6. (VHPSLGLVLVWHPLFRQYLQFROL
Abbiamo finora parlato di sistemi di particelle o corpi puntiformi. Un sistema esteso si
può sempre idealmente pensare come un aggregato di piccole parti, ciascuna delle quali
può essere trattata come puntiforme. Queste parti, che diremo ancora particelle, possono,
in alcuni casi, essere identificate proprio con gli atomi o le molecole che costituiscono il
corpo, ma anche, più semplicemente, in molti altri, con aggregati macroscopici di
dimensioni sufficientemente piccole rispetto a quelle d’ interesse.
Siano dunque 1 le particelle componenti il corpo. Per specificarne completamente la
loro posizione nello spazio sarebbero necessarie 31 coordinate. Tra di esse esisteranno,
tuttavia, delle forze che terranno insieme il corpo. Nel caso dei corpi solidi queste forze
sono così intense, che il corpo si può a molti effetti considerare indeformabile, nel senso
che la distanza tra due particelle, almeno all’ interno di alcune parti dello stesso non può
17
essere alterata. Si parla di sistemi rigidi o, più in generale di sistemi con vincoli. In queste
condizioni le 31 coordinate non potranno più essere considerate come indipendenti, ma
dovranno poter essere espresse in funzione di un numero ridotto di variabili, T1, ] T2 , . . . T^
. Queste sono dette FRRUGLQDWHJHQHUDOL]]DWH ed Iè detta numero dei JUDGLGLOLEHUWjdel
sistema. Deve essere allora possibile scrivere in luogo delle (1.11) un sistema ridotto di
equazioni che coinvolgano solo le variabili T1, ] T2 , . . . T^ .Questo può essere fatto nella più
grande generalità utilizzando un formalismo sviluppato da Lagrange. Nei casi più
semplici, però, allo stesso risultato si può arrivare utilizzando le leggi di conservazione
del momento lineare e del momento angolare sopra discusse. Consideriamo alcuni
esempi.
,,
3523$*$=,21('(//(21'(
/DFRUGDYLEUDQWH
Consideriamo un filo teso tra due punti che indichiamo con $ e %. Possiamo pensare alla
corda di un violino o di altro strumento musicale. Attraverso, ad esempio, una chiave
supponiamo di esercitare sulla stessa una certa WHQVLRQH t Intendiamo con questo
termine la forza applicata dalla chiave che sarà controbilanciata dall’ elasticità del filo.
In condizioni di equilibrio il filo assumerà una configurazione rettilinea. Su ogni
piccolo tratto di corda 33‡ il tratto residuo 3‡% della stessa eserciterà una forza di
modulo uguale a t , parallela ad $% e diretta verso %. Questa sarà equilibrata da una
forza uguale e contraria applicata in 3 esercitata dal tratto $3 e che possiamo
brevemente indicare con -t . Assunto il punto $ come origine del sistema d’ assi di
riferimento e la retta $% come asse delle [, supponiamo di deformare il filo sul piano [\,
scostandolo dalla sua configurazione di equilibrio. Supponiamo, inoltre la deformazione
così piccola che la lunghezza del filo e quindi la sua tensione non siano modificate in
modo apprezzabile. Quella che cambierà sarà invece la direzione delle forze distribuite
lungo la corda che rimarranno in ogni punto tangenti alla stessa. In particolare, le due
forze applicate alle estremità di ogni piccolo segmento non saranno più parallele, e
tenderanno a riportarlo verso la sua posizione di equilibrio. Vogliamo scrivere
un’ equazione che descriva il moto della corda nel suo insieme.
La configurazione assunta dalla corda ad un certo istante W sarà rappresentata da
una funzione del tipo \([W) e indichiamo con a([W) l’ angolo che la tangente alla
corda nel punto di coordinata [forma con l’ asse [. Ovviamente abbiamo tg a([W) =
18
› \([W) /› [ . Se indichiamo con [ l’ ascissa del punto 3e con [+G[ l’ ascissa del
punto 3‡la componente lungo \ della risultante delle forze che agiscono 33‡ sarà
G)_ = t [sin a ( [ + G[, W ) - sin a ( [, W )] .
(1.1)
Nell’ ipotesi che abbiamo fatto di deformazione piccola, anche a ([ W) sarà piccolo e
quindi sin a([W) @ a([W) @ tg a([W) . Possiamo, perciò scrivere
› 2 \ ( [, W )
Î ›\ ( [ + G[, W ) ›\ ( [, W ) Þ
G)` = t Ï
=
t
G[ .
›[
›[ ßà
›[ 2
Ð
(1.2)
Se m è la GHQVLWjOLQHDUH della corda, cioè la massa per unità di lunghezza, l’ equazione
di moto sarà allora
m G[
› 2 \ ( [, W )
› 2 \ ( [, W )
=
t
G[
›W 2
›[ 2
(1.3)
e quindi
› 2 \ ( [, W ) 1 › 2 \ ( [, W )
t
- 2
=0
con
Y=
.
(1.4)
2
2
›[
Y
›W
m
La (1.4) è l’ equazione cercata e prende il nome di HTXD]LRQHGHOODFRUGDYLEUDQWH
Supponiamo ora la corda di lunghezza infinita. Più precisamente supponiamola così
lunga rispetto alle dimensioni del tratto d’ interesse da poterla idealizzare in questo modo
e consideriamo un’ espressione della forma
\ = $ cos(N[ - w W + g ) .
(1.5)
Sostituendo nella (1.4) si trova che questa è una soluzione per $N e g qualsiasi, purché
w 2 = N 2 Y 2 e quindi , supposto w sempre positivo, per w = Y | N | ovvero N = –w / Y . Per
ogni w noi abbiamo quindi due distinte soluzioni della forma
\a = $a cos[| N | ( [ - YW ) + g a ]
e
\b = $b cos[| N | ( [ + YW ) + g b ] .
(1.6)
Ad un determinato istante la (1.5) o le (1.6) rappresentano delle sinusoidi di altezza
massima $, $+ e $c rispettivamente. Tali sinusoidi al trascorrere del tempo scorrono
come appare dalle (1.6) verso le [ crescenti (con le convenzioni usuali verso destra) per
N positivo, verso quelle decrescenti (verso sinistra) per N negativo. Soluzioni di questo
tipo sono dette RQGH PRQRFURPDWLFKH. Esse sono doppiamente periodiche, nel tempo e
nella coordinata [ . La \, cioè, riassume il medesimo valore se W varia di una quantità
7 (SHULRGR) data, come nel caso dell’ oscillatore armonico, dalla relazione w7 = 2p , e [
della quantità l (OXQJKH]]DG¶RQGD) data da Nl= 2p . Le grandezze N e w sono perciò
legate a l e alla frequenza n = 1/ 7 dalle relazioni
19
2p
,
con ln = Y .
(1.7)
l
Si osservi che l può in particolare essere definita come la distanza tra due massimi o
due minimi (YHQWUL) dell’ onda o il doppio della distanza tra due zeri (QRGL). La quantità $
è detta DPSLH]]D dell’ onda e la quantità g IDVHLQL]LDOH.
Si osservi che la velocità YGDWDGDOOD è indipendente dalla frequenza e quindi
dalla lunghezza dell’ onda ed è funzione solo della tensione e della densità lineare del
filo. Più precisamente essa aumenta al crescere di t e diminuisce al crescere di m .
Si osservi ancora che l’ equazione (1.4) è lineare, essa quindi è soddisfatta non
soltanto da singole espressioni della forma (1.6) ma anche da qualunque combinazione
lineare di espressioni dello stesso tipo. Queste nuove soluzioni sono dette ottenute per
VRYUDSSRVL]LRQH di più onde monocromatiche. In particolare la (1.4) sarà soddisfatta da
espressioni del tipo
w = 2pn
e
N=
d
\ = ×e d GN D(N ) cos[N[ - w W + g (N )]
(w = Y|N| ),
(1.8)
dove D (N ) sta ad indicare una funzione di N che si annulla abbastanza rapidamente
all’ infinito da rendere l’ integrale convergente. Si dimostra che al variare di D (N ) la (1.8)
rappresenta la più generale soluzione della (1.4) ad HQHUJLDILQLWD.
ijfgi f 2
1
Per D(N ) = $H h ( 0 ) , con a ?
e g (N ) = 0 l’ integrale in (1.8) può essere
N0
calcolato esplicitamente e si ottiene 1
(1.9)
k q lon 2
m
p q ( 4p )
\=$
H
cos[N0 ( [ - YW )]
a
.
Il significato della (1.9) è chiaro. Essa rappresenta un’ onda piana con N= N0 , e quindi
2p
lunghezza d’ onda l0 =
, modulata da una gaussiana che scorre sulla stessa con la
N0
1
significa che la gaussiana in N è molto
medesima velocità Y. La condizione a ?
N0
stretta attorno al valore N0 e corrisponde ad una sovrapposizione di frequenze molto
ristretta rispetto al valore dominante. Significa anche che il profilo di modulazione in [è
molto largo rispetto alla lunghezza d’ onda l0 .
Tali caratteristiche generali non sono esclusive della forma gaussiana di D (N ) ma
restano qualitativamente vere per ogni funzione D (N ) fortemente piccata attorno ad un
1
Il risultato segue con qualche manipolazione dall’ integrale
ponga w = NY anche per N negativo, come lecito nel limite
×u v
v
a?
GNH
utr
1
.
N0
2
s2
p u 4t
cos(Nx ) =
H
quando si
a
20
qualche valore N0 . Soluzioni di questo tipo delle equazioni delle onde sono dette
SDFFKHWWL G¶RQGD o anche JUXSSL G¶RQGD. Le onde monocromatiche considerate sopra
possono essere considerate casi limite di pacchetti d’ onda per D (N ) infinitamente strette.
Vediamo ora cosa si intende per energia della corda e per energia trasportata
dall’ onda.
1
Ë ›\ ( [ , W ) Û
L’ espressione m G[ Ì
Ü rappresenta ovviamente l’ energia cinetica del tratto
2
Í ›W Ý
2
1
Ë ›\ ( [ , W ) Û
G[ di corda. Mostreremo che t G[ Ì
Ü
2
Í ›[ Ý
potenziale e corrispondentemente la grandezza
Z( [, W ) =
2
può essere interpretata come energia
1 Ë ›\ ( [, W ) Û 1 Ë ›\ ( [, W ) Û
mÌ
Ü + tÌ
Ü .
2 Í ›W Ý 2 Í ›[ Ý
2
2
(1.10)
come GHQVLWjGLHQHUJLD (WRWDOH). Si tratta nella sostanza di verificare che l’ energia totale
del filo così definita
w
: = ×x w G[ Z( [ )
(1.11)
si conserva come conseguenza dell’ equazione del moto.
Usando l’ eq. (1.4) abbiamo
2
›Z
›\ › 2 \
›\ › 2 \
›\ › 2 \
› Ë ›\ ›\ Û
2 ›\ › \
=m
+
t
=
m
Y
+
t
=t Ì
.
2
2
›W
›W ›W
›[ ›W ›[
›W ›[
›[ ›W ›[
›[ Í ›W ›[ ÜÝ
(1.12)
Posto perciò
- ( [, W ) = -t
›\ ( [, W ) ›\ ( [, W )
,
›W
›[
(1.13)
possiamo scrivere
›Z( [, W ) ›- ( [, W )
+
=0,
›W
›[
(1.14)
che è detta HTXD]LRQH GL FRQVHUYD]LRQH ORFDOH o HTXD]LRQH GL FRQWLQXLWj SHU O¶HQHUJLD
Consideriamo allora l’ energia portata dal tratto finito di corda delimitato dai punti [1 e [2
y2
:( yz1 ,y 2 ) = ×y G[Z( [, W ) , per la (1.14) abbiamo ulteriormente
1
G:( {|1 ,{ 2 )
GW
= - ( [1 , W ) - - ( [2 , W ) .
(1.15)
21
In quest’ equazione, se \ ( [, W ) e le sue derivate si annullano abbastanza rapidamente
all’ infinito, come accade per la soluzione (1.9), si può passare al limite per [1 “ -Š e
[2 “ +Š e :( }~1 ,} 2 ) tende all’ energia dell’ intera corda : mentre - ( [1 , W ) e - ( [2 , W )
tendono a 0. Si ottiene perciò, , come preannunciato,
G:
= 0,
(1.16)
GW
cioèO¶HQHUJLDGHOO¶LQWHUDFRUGDVLFRQVHUYD.
La (1.15) ci mostra, inoltre, che la quantità - ( [, W ) può essere interpretata come
IOXVVR o FRUUHQWHG¶HQHUJLD attraverso il punto [ (cioè come energia che fuisce nell’ unità
di tempo attraverso tale punto) e che la variazione di :( }~1 ,} 2 ) in un certo intervallo di
tempo è uguale alla differenza tra l’ energia che entra attraverso [1 e quella che esce
attraverso [2. In altri termini per effetto del moto della corda l’ energia fluisce con
continuità attraverso quest’ ultima e quella che sparisce da un certo tratto di corda si
ritrova in un tratto adiacente. Per effetto della propagazione dell’ onda si ha quindi
WUDVPLVVLRQHGLHQHUJLDVHQ]DFKHFLVLDVSRVWDPHQWRGLPDWHULD.
Ritorniamo ora sull’ onda monocromatica e riferiamoci per esempio al caso N!0,
cioè alla prima delle (1,6). Sostituendo nelle (1.10) e nella (1.13) abbiamo
Z = t N 2 $2 sin 2 [N ( [ - YW ) + g ]
e
- = Yt N 2 $2 sin 2 [N ( [ - YW ) + g ] .
(1.17)
Queste espressioni sono periodiche in [ per ogni fissato W H non si annullano per
[ “ –Š . Di conseguenza l’ energia dell’ intera corda risulterebbe infinita e l’ equazione
(1.16) perde senso. Le (1.14) e (1.15) conservano, però, perfettamente senso. Abbiamo
sempre una densità di energia ben determinata ed un continuo flusso di energia che per
N > 0 procede in senso positivo, cioè nello stesso senso di propagazione dell’ onda;
risulta - = ZY . Per N < 0 , invece, abbiamo - = - ZY e il flusso di energia procede in
senso negativo.
Il fatto che per un’ onda monocromatica : risulti infinita mostra che le
idealizzazioni del filo infinitamente esteso e dell’ onda perfettamente monocromatica
cadono in difetto quando ci riferiamo al filo intero. Soluzioni del tipo (1.5) devono
sempre considerarsi, come si è detto, caso limite di soluzioni del tipo (1.8); esse possono
essere però proficuamente utilizzate nei casi in cui l’ attenzione è concentrata su un tratto
di filo limitato. Espressioni come le (1.17) risultano comunque periodiche anche nel
tempo e, poiché nella maggior parte dei casi concreti il periodo d’ oscillazione
7 = 2p / w è molto piccolo rispetto ai tempi di osservazione, sono significativi solo i
loro valori medi Z e - = ZY su un tale periodo. Dalla relazione
×
2
0

2
1 2
Gq sin 2q = [ × Gq cos 2 q + × Gq sin 2 q ] = p
0
2 0
(1.18)
si ha
22
Z=
1
7
×
€
0
1
GW Z( [, W ) = t N 2 $2
2
1
- = ZY = t N 2 $2Y .
2
e
(1.19)
La grandezza - prende il nome di LQWHQVLWjGHOO¶RQGD. E’ importante osservare che essa
risulta proporzionale al quadrato dell’ ampiezza.
Consideriamo ora il caso di un filo di lunghezza O fissato agli estremi, come una
corda di violino. Se scegliamo l’ origine degli assi coincidente col primo di tali estremi,
la circostanza si traduce nelle FRQGL]LRQLDOFRQWRUQR
\ (0, W ) = \ (O , W ) = 0 ,
(1.20)
che deve essere soddisfatta ad un tempo qualsiasi. Queste condizioni non possono essere
ovviamente soddisfatte da singole soluzioni della forma (1.5). Lo sono tuttavia in
maniera automatica se poniamo
\ = f (W ) sin N  [
con
N = Q
p
O
(n=1,2,...) ,
(1.21)
e sostituiamo questa espressione nella (1.4). Otteniamo in tal modo l’ equazione
G 2f (W )
= - N ‚ 2Y 2f (W ) ,
2
GW
(1.22)
che coincide formalmente con l’ equazione per l’ oscillatore armonico e ha per soluzione
f (W ) = $ cos(w ƒ W + g ) con w ƒ = Nƒ Y . In conclusione troviamo una soluzione della (1.4)
del tipo
\ = $ cos(w „ W + g ) sin N „ [
con
w „ = N„ Y = QY
p
.
O
(1.23)
Analogamente a quanto accadeva nel caso della corda di lunghezza infinita, si dimostra
poi che la soluzione più generale che soddisfa le (1.20) si può porre sempre nella forma
\ = Ê D… cos(w … W + g … ) sin N … [ .
…‡1
†
(1.24)
Le soluzioni (1.23) e (1.24) meritano qualche commento. Osserviamo in primo
luogo che in esse compaiono solo delle frequenze discrete e le corrispondenti lunghezze
2p 2O
d’ onda lˆ =
=
risultano semplicemente sottomultipli interi del doppio 2O della
Nˆ
Q
lunghezza della corda. Le (1.23) sono inoltre delle soluzioni stazionarie; esse hanno,
cioè, la struttura di sinusoidi la cui ampiezza varia periodicamente col tempo assumendo
alternativamente valori positivi nulli e negativi ma senza però che vi sia scorrimento del
23
profilo. In particolari restano fissi i punti di zero (QRGL) e i punti di massimo e di minimo
(YHQWUL), che semplicemente oscillano scambiando continuamente i loro ruoli.
Per comprendere la relazione tra una soluzione del tipo (1,23) e una del tipo (1.5)
osserviamo che, utilizzandole formule di somma delle funzioni trigonometriche la (1.23)
si può riscrivere come2
1
\ = $ [sin(N‰ [ - w ‰ W ) + sin(N‰ [ + w ‰ W )] ,
(1.25)
2
avendo posto per semplicità g Š = 0 . Questa relazione mostra che la (1.23) può essere
interpretata come il risultato del successivo riflettersi di un’ onda del tipo (1.5) sugli
estremi della corda. Solo quelle onde potranno sussistere che si ritroveranno in
concordanza di fase dopo due successive riflessioni sugli estremi della corda. Queste
saranno appunto quelle la cui lunghezza d’ onda è un sottomultiplo intero di 2O.
Le proprietà che abbiamo descritto, della corde con estremi fisse, sono quelle che
vengono sfruttate negli strumenti musicali appunto a corda per emettere specifiche note.
Il violinista, il chitarrista, ecc. ottengono dalla stessa corda suoni diversi modificandone
la lunghezza effettiva con la pressione della ditta. Normalmente naturalmente nel
suonare uno strumento quello che viene indotto nella corda non è una semplice
vibrazione monocromatica ma un moto più generale del tipo descritto dalla (1.24). La
nota che viene percepita come dominante in questa situazione è quella di frequenza più
bassa o nota fondamentale corrispondente ad Q = 1 . Le altre componenti concorrono a
quello che viene chiamato il WLPEUR del suono.
2. 3URSDJD]LRQHGLYLEUD]LRQLOXQJRXQFLOLQGUR
Supponiamo di avere un tubo con pareti perfettamente rigide pieno di un fluido in
equilibrio ad una certa pressione S0 e scegliamo come asse [ l’ asse del tubo. Siano [ e
[ + D[ le coordinate di due sezioni ortogonali, $$ e %% rispettivamente. Supponiamo
ancora di inviare con un qualche sistema un impulso di pressione ad un’ estremità del
tubo. Si originerà un’ onda di pressione che si propagherà lungo lo stesso. Vogliamo
determinare l’ equazione di una tale propagazione.
Ad un certo istanteW per effetto di tale perturbazione ogni piccolo strato di molecole
si sposterà dalla sua posizione di equilibrio. Così un piccolo strato aderente alla sezione
$$ si porterà nella posizione $‡$‡ , lo strato aderente a %% nella posizione %‡%‡ ecc.
Indichiamo con V ( [, W ) lo spostamento $$‡ e corrispondentemente con V ( [ + D[, W ) lo
spostamento %%‡ . Se 6 è la sezione del tubo, e indichiamo con D90 = 6 D[ il volume
delimitato da $$ e %% all’ equilibrio e D9 il volume delimitato da $‡$‡ e %‡%‡ , abbiamo
evidentemente
2
sin(a + b ) = sin a cos b + sin b cos a e sin(a - b ) = sin a cos b - sin b cos a
1
si ha sin a cos b = [sin(a + b ) - sin(a - b )] .
2
Dalle relazioni
.
24
D9 - D90 = 6 [ V ( [ + D[, W ) - V ( [, W )] .
(2.1)
La variazione percentuale di volume per compressioni non troppo elevate si potrà
supporre proporzionale alla variazione di pressione e potremo scrivere
S0 - S = e ‡
D9 - D90
D90
(2.2)
dove e‡ è il cosiddetto FRHIILFLHQWHGLFRPSUHVVLRQHDGLDEDWLFD. Combinando la (2.2) con
la (2.1) abbiamo per D[ infinitesimo
S0 - S = e ‡
›V ( [, W )
.
›[
(2.3)
Se adesso applichiamo l’ equazione della dinamica ad un piccolo strato di fluido
compreso tra i piani di coordianate [ e [G[, indichiamo con r la densità dello stesso ed
osserviamo che la forza esercitata dalle parti contigue sul piccolo strato è
›S ( [, W )
6 [ S ( [, W ) - S ( [ + G[, W )] = - 6
G[ , abbiamo
›[
6 G[ r
› 2 V ( [, W )
›S ( [, W )
= -6
G[ .
2
›W
›[
(2.4)
Tenendo conto della (2.3) otteniamo infine
› 2 V ( [, W ) 1 › 2 V ( [, W )
- 2
= 0,
›[ 2
Y
›W 2
con
Y=
e‡
,
r
(2.5)
che, a parte l’ espressione di Y, coincide formalmente con la (1.4). Per la (2.3)
un’ identica equazione vale per la pressione S ( [, W ) .
Il fatto che nell’ espressione della velocità Y compaia il coefficiente di
compressine adiabatica e‡ piuttosto che il FRHIILFLHQWH LVRWHUPR e cioè al coefficiente
misurato staticamente, è dovuto alla rapidità del fenomeno che determina alterazioni
nelle temperature senza permetterne, però, l’ uniformizzazione. Se S = S (9 , 7 ) è
›S (9 , 7 )
l’ equazione di stato del fluido, si ha e = - 9
, mentre per argomenti
›9
termodinamici di carattere generale risulta e ‡ = ge , essendo g = &‹ / &Œ il rapporto tra i
calori specifici a pressione costante e a volume costante. Notiamo che nel caso di un
gas perfetto, con equazione di stato S9 = 1N7 (dove 1 è il numero di molecole e
1
N = 1.3807 ¼10  23 J 0 K -1 la costante di Boltzmann), si ha e = N7 = S e quindi
9
25
Y= g
S
N7
= g
.
r
Pmol
(2.6)
Tenuto conto che nel caso dell’ aria la massa molecolare media è
Pmol = 28,81 u.m.a. = 28,81 ¼1, 6605 ¼10 Ž 27 kg e g = 1, 40 per una temperatura di 300 0K
otteniamo per la velocità del suono nell’ aria in tali condizioni Y = 348 m/s in ottimo
accordo con le misure dirette, purché il raggio del tubo sia, tuttavia, sufficientemente
grande da ridurre le perturbazioni indotte dalle pareti ( : 1 m ). Maggiore la velocità
nell’ acqua ( circa 1400 m/s), a causa della sua minore comprimibilità.
Nell’ ipotesi ideale di un tubo di lunghezza indefinita, la (2.5) ammette soluzioni
identiche a quelle della (1.4), abbiamo cioè soluzioni monocromatiche del tipo (cfr
(1.5), (1.6), (2.3))
V = $ cos(N[ - w W + g )
o
S - S0 = e ‡N$ sin(N[ - w W + g )
(2.6)
o pacchetti d’ onda della forma (1.8), (1.9). Per un tubo di lunghezza finita dobbiamo
distinguere tra il caso di un tubo chiuso alle estremità o aperto ad una o ad entrambi.
Nella prima circostanza dovremmo porre condizioni al contorno del tipo delle (1.20),
V (0, W ) = V (O , W ) = 0
(2.7)
e avremo ancora soluzioni della forma (1.23) per lo spostamento V ovvero
S - S0 = -e ‡N $ cos (w  W + g ) cos N  [ , corrispondente a
›S (0, W ) ›S (O , W )
=
, (2.8)
›[
›[
per la pressione. Nel caso di un tubo aperto alla seconda estremità, si potrà supporre che
su questa la pressione abbia un valore uguale a quello di equilibrio, cioè che sia sempre
›V (O , W )
V (0, W ) = 0 ma anche S (O , W ) = S0 e quindi
= 0 . La soluzione appropriata sarà
›[
1 p
1 p
allora sempre della forma (1.23) ma con N  = (Q + )
e w ‘ = N‘ Y = (Q + )Y . Nel
2 O
2 O
›V (0, W ) ›V (O , W )
caso, infine, di estremità entrambi aperte dovrà essere
=
= 0 e quindi
›[
›[
V = $ cos(w ’ W + g ) cos N ’ [ ,
(2.9)
con N “ e w “ di nuovo della forma (1.21), (1.23).
Come le (1.21)-(1.24) erano alla base del funzionamento degli strumenti a cosrda, le
(2.26) e seguenti sono alla base di quello degli strumenti a fiato o dell’ organo.
Supponiamo invece di considerare una sbarra sempre cilindrica, ma di materiale
solido. Potremo in questo caso eccitare delle vibrazioni percuotendo l’ oggetto nel senso
della lunghezza o trasversalmente ad esso. In entrambi i casi avremo ancora equazioni
della forma (2.5). Nel primo caso V ( [, W ) ed e ‡ avranno lo stesso significato che hanno
26
nei fluidi. Denoteranno cioè uno spostamento longitudinale e un coefficiente di
compressione; l’ onda sarà appunto di tipo ORQJLWXGLQDOH. Nel secondo e ‡ andrà sostituito
con l’ analogo coefficiente c ‡ che esprime la reazione del materiale ad uno sforzo di
WDJOLR ad uno sforzo che tende cioè a flettere la sbarra stessa. La grandezza vibrante
r
sarà poi lo scostamento WUDVYHUVDOH V ( [, W ) di ogni singola sezione dalla sua posizione di
equilibrio e sarà rappresentato da un vettore ortogonale in ogni punto all’ asse
longitudinale. In generale e ‡ e c ‡ sono abbastanza diversi tra loro anche per un
materiale omogeneo e le RQGH WUDVYHUVDOL hanno una velocità di propagazione Y” che
può essere anche molto diversa da quella delle RQGHORQJLWXGLQDOL Y• . Mentre g per un
solido è molto vicino ad 1 (varia comunemente da 1,01 a 1,05), entrambi i coefficienti
e ‡ e c ‡ sono molto più grandi del corrispondente coefficiente e ‡ per i fluidi. Ad
esempio la velocità di propagazione del suono ( Y• ) nell’ acciaio è di 5000 m/s, la velocità
di propagazione delle onde sismiche longitudinali all’ interno della terra è di 7,1 km/s e
quella delle onde sismiche trasversali di circa 4 ,0 km/s.3
3. 3URSDJD]LRQHGLRQGHQHOORVSD]LR
Osserviamo che le grandezze e ‡ o c ‡ e r che compaiono nella (2.5), a differenza
delle t e m , che compaiono nella (1.4), sono grandezze di volume e non grandezze
lineari. Quelle che corrispondono a t e m sono in effetti e ‡6 e r 6 , piuttosto che e ‡
e r direttamente. La (2.5) è perciò più direttamente estendibile al caso della
propagazione di onde in un mezzo a tre dimensioni.
A questo scopo la (2.5) va modificata in modo che tutte le coordinate siano messe
sullo stesso piano e ci si riduca alla forma originale per una deformazione dipendente
dalla sola coordinata [. Una tale equazione è evidentemente la seguente
›2V ›2V ›2V 1 ›2V
1 ›2V
2
+
+
٦ V- 2 2 =0
Y ›W
›[ 2 ›\ 2 ›] 2 Y 2 ›W 2
(3.1)
›2
›2
›2
+
+
. In particolare si
›[ 2 ›\ 2 ›] 2
potrebbe verificare che questa equazione resta immutata per ogni trasformazione
ortogonale di coordinate (cioè è indipendente dalla scelta degli assi).
Nell’ ipotesi di un fluido indefinitamente esteso (l’ aria dell’ atmosfera o l’ acqua del
mare sufficientemente lontano da ostacoli), una soluzione della (3.1) che generalizza la
(1.5) è
dove Y è ancora dato dalla (2.5) e si è posto ¶ 2 =
v v
V = $ cos(N ¼ [ - w W + g ) ,
(3.2)
3
Le onde che producono i maggiori effetti distruttivi in un terremoto sono, però, onde secondarie di
superficie sia trasversali sia longitudinali che si propagano alla stessa velocità di 3,6 km/s.
27
v
dove [ Ÿ ( [, \ , ] ) è il vettore che specifica la posizione di un generico punto nello spazio
v
, N—š
, N ™ ) è il cosiddetto vettore di
per un dato sistema di riferimento adottato, N = (N–˜
propagazione d’ onda, g è una fase iniziale e
v
w = N Y = NY .
(3.3)
Il luogo dei punti di fase costante ad un dato tempo W nella (3.2) è dato dall’ equazione
v v
N ¼ [ - w W + g = const .
(3.4)
v
Questa rappresenta un piano ortogonale a N , che al trascorrere del tempo si sposta
parallelamente con velocità Y (cfr. (3,3)). Queste proprietà si possono vedere nella
v
maniera più semplice scegliendo l’ asse [ parallelo al vettore N , circostanza sotto la quale
la (3.2) si assume la forma (1.5). Nello stesso modo si può vedere che resta valida la
v
(1.7) pur di intendere ora N come modulo del vettore N .
In analogia con le (1.11) e (1.13) l’ espressione
2
2
2
2
v
1 Ë ›V Û 1 ÎË ›V Û Ë ›V Û Ë ›V Û Þ
Z( [, W ) = r Ì Ü + e ‡ ÏÌ Ü + Ì Ü + Ì Ü ß
2 Í ›W Ý 2 ÏÍ ›[ Ý Í ›\ Ý Í ›] Ý ß
Ð
à
(3.5)
ur
può essere interpretata come GHQVLWjGLHQHUJLD (di volume) e il vettore 6 di componenti
6› = -e ‡
›V ›V
,
›W ›[
6 œ = -e ‡
›V ›V
,
›W ›\
6  = -e ‡
›V ›V
›W ›]
(3.6)
r
come GHQVLWj GL FRUUHQWH G¶HQHUJLD (cioè, se Q è il vettore unitario normale alla
r ur
superficie G$ , la quantità Q ¼ 6 G$ rappresenta l’ energia che nell’ unità di tempo fluisce
r
attraverso G$ nella direzione Q ). Tali grandezze soddisfano l’ equazione di continuità
›Z ›6Ÿ ›6 ž ›6 +
+
+
=0
›W ›[
›\
›]
(3.7)
che segue dalla (3.1) e generalizza la (1.12).
La (3.7) mostra che per una soluzione del tipo
r r
r r
r
V = × G 3 N D (N ) cos[N ¼ [ - w W + g (N )] ,
(3.8)
r
che generalizza in tre dimensioni le (1.8), (1.9) e per un D (N ) conveniente si annulla
all’ infinito, l’ energia totale
28
ur r
: = × G 3 [ Z( [, W )
(3.9)
si conserva 4. Per una soluzione qualsiasi essa mostra invece che l’ aumento nell’ unità di
G:¡
tempo dell’ energia contenuta nel volume 9 ,
è uguale al bilancio tra flusso entrante
GW
ur
e uscente del vettore 6 attraverso la superficie che delimita 9(come si potrebbe vedere
integrando esplicitamente la (3.7) nel caso di un volume di forma parallelepipeda o
usando un appropriato teorema generale per un volume di forma qualsiasi).
Nel caso dell’ onda piana (3.2) si ha
r2
r r
Z = e ‡N $2 sin 2 (N ¼ [ - w W + g )
ur
r
r r
e 6 = e ‡Nw $2 sin 2 (N ¼ [ - w W + g ) .
(3.10)
ur
v
Ricordando la (3.3), il flusso di 6 attraverso una superficie unitaria ortogonale a N e
mediato su un periodo (intensità dell’ onda) è allora dato da
1 r2
, = e ‡N $ 2 Y ,
2
(3.11)
ancora proporzionale al quadrato dell’ ampiezza $(cfr. (1.17), (1.19)).
Nel caso di un fluido racchiuso all’ interno di una cavità, come nel caso della corda
con estremi fissi o dei vari casi contemplati per un cilindro di lunghezza finita avremo il
fenomeno delle onde stazionarie e delle frequenze discrete. La soluzione appropriata sarà
della forma
r
V = cos(w ¢ W + g ¢£
) X¢ ( [ ) ,
(3.12)
r
dove X¢ ( [ ) è a sua volta una soluzione dell’ equazione
r w¢2
r
¶ X¢ ( [ ) + 2 X¢ ( [ ) = 0
Y
2
(313)
che si annulla sulla superficie della cavità e soddisfa una condizione più complessa
r
corrispondente alla S ( [ , W ) = S0 sulle aperture. Il carattere discreto delle frequenze
r
r
G 3 N e G 3 [ stanno ad indicare integrazioni in tre dimensioni nelle rispettive variabili e
possono più esplicitamente essere scritte come GN¤¦
GN¥j
GN § e G[G\G] .
4
Le espressioni
29
dipende dal fatto che solo per specifici valori delle w ¢ la (3.13) ha soluzioni
soddisfacenti le condizioni indicate.5
Passiamo ora alla propagazione di onde in un mezzo solido esteso come può essere
l’ interno della terra. In tal caso oltre alle onde longitudinali, per cui vale una trattazione
analoga a quella di un fluido, abbiamo, come abbiamo visto nel paragrafo precedente,
r
onde trasversali. Per queste ultime lo spostamento longitudinale V ( [, W ) andrà sostituito
r r
r
con un vettore V ( [, W ) ortogonale alla direzione di N e in luogo della (1.2) si potrà
scrivere
v v
r r
V = $ cos(N ¼ [ - w W + g )
(3.14)
r r r
r
dove $ è appunto un vettore ortogonale a N : $ ¼ N = 0 e w è sempre data dalla (3.3).
r
Nel caso dell’ equazione (3,14) V oscilla mantenendosi sempre nel piano
r
r
r
individuato dai vettori N e $ . Si parla di SRODUL]]D]LRQHSLDQD nella direzione di $ .
r
Questa non è però la situazione più generale. Se supponiamo N parallelo all’ asse ],
possiamo anche porre
V¨ = $1 cos(N] - w W + g 1 ) ,
V© = $2 cos(N] - w W + g 2 ) .
(3.15)
r
Per g 1 = g 2 la (3.15) rientra nella forma (3.14), se però g 1 ž g 2 l’ estremità di V
descriverà un’ ellisse più o meno aperta (SRODUL]]D]LRQH HOOLWWLFD). Se in particolare
p
$1 = $2 , g 1 = 0, g 2 = –
la (3.13) per ] = 0 si riduce a
2
Vª = $ cos w W ,
V« = – $ sin w W .
(3.13)
La polarizzazione diviene FLUFRODUH e sarà GHVWURUVD o VLQLVWURUVD a seconda del segno
che si è scelto.
)HQRPHQLGLULVRQDQ]DRUJDQLGHOODIRQD]LRQHHGHOO¶XGLWR
L’ esempio più semplice di fenomeno di risonanza si ha nel caso di un oscillatore
armonico smorzato, come quello considerato nell’ esempio 1.3 della I parte, a cui sia
ulteriormente applicata una forza periodica di tipo sinusoidale nel tempo.
L’ equazione del moto in luogo della (I.1.7‡) sarà
5
Nell’ ipotesi di una cavità chiusa di forma cubica e lato / per esempio si ha
con QUV1,2,3 … e
r
Ë Qp
X¯° ± ( [ ) = $ sin Ì
Í /
Û
Ë Up Û
Ë Vp
[ Ü sin Ì
\ Ü sin Ì
Ý
Í / Ý
Í /
w ¬%­ ® = Y
p
Q2 + U 2 + V 2
/
Û
] Ü , che generalizza la (1.23).
Ý
30
G 2[
G[
P 2 = - N[ - h + )0 cos w W .
GW
GW
(4.1)
Quest’ equazione ammette una soluzione particolare della forma
[ = $ cos(w W + d )
(4.2)
con
$=
)0
P
1
(w 2 - w 02 )2 + h 2w 2 / P 2
e
tgd =
hw
1
,
2
P w - w 02
(4.3)
dove si è posto w 0 = N / P . Le (4.3) si ottengono sostituendo la (4.2) nella (4.1), usando
la relazione cos(w W + d ) = cos w W cos d - sin w W sin d e uguagliando separatamente i
coefficienti di cos w W e sin w W nei due membri.
La (4.2) non è naturalmente la più generale soluzione della (4.1). Un’ altra soluzione
può essere ottenuta semplicemente aggiungendo alla (4.2) una qualsiasi soluzione
dell’ equazione (I.1.7‡), a cui la (4.1) si riduce per )0 = 0 . In particolare, nell’ ipotesi che
sia ad esempio h< 2(PN)½ , una nuova soluzione sarà data da (cfr. (I.1.8‡))
[ = DH
µ ´³ ²
2
cos(w W + g ) + $ cos(w W + d )
(4.4)
con w = w 02 - (h / 2P) 2 . Questa espressione dipende, come la (I.1.8‡), da due costanti
arbitrarie D e g che possono essere determinate in modo da soddisfare prescritte
condizioni iniziali. Essa è ora, perciò, effettivamente la più generale soluzione. A causa
del fattore esponenziale, tuttavia, il primo termine si annulla rapidamente al crescere di W
Dopo un breve transitorio, quindi, il moto del nostro sistema è sempre rappresentato
dall’ equazione (4.2). Esso diviene, cioè, un moto oscillatorio con frequenza identica a
quella della forza forzante e con un ampiezza e una differenza di fase date dalle (4.3),
indipendenti dalle particolari condizioni iniziali.
Osserviamo che la quantità d è sempre negativa. Il moto del corpo segue quindi
sempre con un certo ritardo l’ andamento della forza forzante. Tale ritardo si annulla
all’ annullarsi del coefficiente d’ attrito h o, per un coefficiente d’ attrito finito, per
w “ 0 . Sale ad un quarto di periodo, corrispondente a d = -p / 2 , per w = w 0 e
ulteriormente a mezzo periodo ( d “ -p ) per w “ Š . L’ ampiezza $ , invece, cresce al
crescere di w , assume un valore massimo per w = w ¶ Ÿ w 02 - h 2 / P , si annulla per
w “ Š . Il massimo è tanto più accentuato quanto più piccolo è il coefficiente d’ attrito
h.
Al fenomeno si da il nome di ULVRQDQ]D e w · (o più precisamente n ¸ = w ¸ / 2p ) è
detta IUHTXHQ]DGLULVRQDQ]D. Per h piccolo evidentemente w ¸ @ w @ w 0 e la frequenza di
31
risonanza si identifica con la frequenza propria dell’ oscillatore. E’ questa stessa la base
per la discussione di situazioni più complesse.
Consideriamo, ad esempio, il caso di una corda vibrante di lunghezza finita, di un
tubo chiuso ad un’ estremità o di una cavità di un materiale opportuno, piena d’ aria e con
una piccola apertura verso l’ esterno. Ciascuno di questi oggetti possiede, come abbiamo
visto, un sistema di frequenze discrete caratteristiche su cui può vibrare ed equivale
formalmente ad un sistema di oscillatori armonici con quelle frequenze. La
sollecitazione dovuta ad un’ onda acustica monocromatica che si propaga nell’ atmosfera
equivale ad una forza periodica, del tipo considerato sopra, che agisce su tali oscillatori.
Nel caso in cui l’ onda incidente abbia una frequenza vicina a quella di uno degli
oscillatori equivalenti, essa ecciterà il costituirsi all’ interno dello strumento di un’ onda
stazionaria con quella frequenza, che poi a sua volta genererà una nuova onda acustica
nell’ atmosfera circostante. L’ energia ricevuta dagli oscillatori non in risonanza andrà in
gran parte spesa nel costituirsi dei regimi transitori e tenderà a ridistribuirsi sugli altri
oscillatori, che agiranno come smorzatori, rifluendo alla fine almeno in parte su quello
risonante o dissipandosi per il resto sotto forma di calore. Nel caso che l’ onda incidente
sia una sovrapposizione di più onde monocromatiche, l’ energia assorbita tenderà a
concentrarsi su quelle in risonanza che verranno perciò esaltate a spese di quelle che non
si trovano in tali condizioni. E’ su questo fenomeno che si basa fondamentalmente il
funzionamento delle casse di risonanza degli strumenti musicali a corde o l’ attivazione
delle frequenze proprie negli strumenti a fiato.
Veniamo ora al meccanismo della emissione della voce da parte dell’ uomo o
comunque di suoni da parte di altri animali superiori (mammiferi e uccelli).
L’ organo primario di emissione sono in questo caso le FRUGHYRFDOL, due membrane
poste all’ interno della laringe, in corrispondenza di un restringimento mediano di
quest’ ultima (JORWLGH). Queste membrane sono controllata da appropriati muscoli che ne
regolano l’ apertura e la tensione. Durante la fonazione esse vengono quasi a toccarsi e
chiudono in misura maggiore o minore il lume respiratorio. Le corde vocali sono messe
in vibrazione dal passaggio di aria spinta dai polmoni e tale vibrazione si traduce
nell’ emissione di un suono.
La frequenza fondamentale del suono, cioè la nota emessa, e più in generale la sua
qualità iniziale, viene regolata dal soggetto adattando la tensione della corde e
modificando la posizione e la forma stessa della laringe. La cavità formata dalla bocca e
dalla faringe agisce poi da risonatore. La conformazione della volta del palato rende
nell’ uomo tale cavità particolarmente efficiente. La posizione della lingua,
l’ atteggiamento del palato molle, delle guance e delle labbra permettono di modificarne
la forma e le dimensioni e quindi variare le armoniche selezionate e il timbro del suono
emesso. Il linguaggio articolato è reso possibile proprio dal concorso di tutti questi
meccanismi di controllo. In particolare, le vocali corrispondono a diversi rapporti di
intensità tra la nota fondamentale e le varie armoniche (indipentemente dal valore
assoluto della frequenza fondamentale), le consonanti a discontinuità nell’ emissione
dovuta a ostacoli che sono creati in diverse posizioni del tubo di fonazione (consonanti
gutturali, palatali, dentali e labiali).
Le frequenze fondamentali normalmente presenti nella voce di una singola persona
coprono circa un ottava (un fattore 2 tra gli estremi dell’ intervallo). Nel canto
l’ estensione raggiunge due ottave. La posizione di tali intervalli cambia da individuo a
individuo, cambia con l’ età e con il sesso. La voce di basso va da circa 160 a 650 hz (1
32
hertz = 1 vibrazione al secondo), quella di soprano da 500 a 2000, o poco più. L’ intero
arco della voce umana si estende perciò per meno di quattro ottave. Le armoniche
possono, tuttavia, raggiungere parecchie migliaia di hertz.
Passiamo all’ organo dell’ udito.
Anatomicamente l’ orecchio ha sede (a parte il padiglione) in un sistema di cavità
ricavate nello spessore di una delle ossa del cranio; più specificamente all’ interno della
SLUDPLGHWHPSRUDOH. Si distingue un orecchio HVWHUQR, un orecchio PHGLR e un orecchio
LQWHUQR. L’ orecchio esterno consiste nel padiglione, che ha il compito di raccogliere le
onde sonore e nel FRQGRWWRHVWHUQR che termina nella membrana del WLPSDQR e lo separa
dall’ orecchio medio. Quest’ ultimo è formato da una cavità in cui è disposta la catena
degli RVVLFLQLformata dal PDUWHOOR, l’ LQFXGLQH e la VWDIID (sostanzialmente un sistema di
leve), che hanno il compito di trasmettere le vibrazioni che arrivano al timpano
all’ orecchio interno. La staffa si inserisce come un pistone nella ILQHVWUDRYDOH, che mette
in comunicazione l’ orecchio medio (in comunicazione con l’ aria atmosferica attraverso
le WURPEHVL(XVWDFFKLR) con l’ orecchio interno ripieno di liquido. Immediatamente sotto
la finestra ovale è la ILQHVWUDURWRQGD chiusa da una membrana elastica, che ha lo scopo
di permettere una maggiore escursione della staffa (data la poca comprimibilità dei
liquidi) e quindi una più facile trasmissione del segnale da un ambiente gassoso ad un
ambiente liquido. L’ orecchio interno è costituito da un insieme di cavità piuttosto
complesso, detto ODELULQWRRVVHR all’ interno del quale si trova il ODELULQWRPHPEUDQRVR,
un sistema di vescicole e tubuli comunicanti tra loro e racchiusi appunto da membrane.
Nello spazio tra osso e membrana si trova un liquido detto SHULOLQID, all’ interno del
labirinto membranoso vi è un altro liquido detto HQGROLQID La cavità ossea che si trova
subito dietro la staffa, il YHVWLEROR contiene le due vescicole mebranose dell’ XWULFXOR e
del VDFFXOR in comunicazione diretta. L’ utriculo comunica poi, posteriormente, con tre
canali semicircolari, disposti secondo tre piani ortogonali nello spazio, che sono sede
dell’ organo dell’ equilibrio. IL sacculo comunica, invece, anteriormente con il FRQGRWWR
FRFOHDUH al cui interno si trova l’ organo dell’ udito vero e proprio, l’ RUJDQRGHO&RUWL. Il
condotto cocleare è disposto all’ interno della FKLRFFLRODRVVHD. Quest’ ultima è una cavità
avvolta a spirale per due giri e mezzo attorno ad una formazione conica ossea detta
PRGLROR e ha l’ apice chiuso. La cavità è suddivisa in due rampe (UDPSD LQIHULRUH o
WLPSDQLFD e UDPSDVXSHULRUHo YHVWLERODUH) da una lamina, pure a spirale, ossea verso il
modiolo ma completata verso l’ esterno da una membrana (PHPEUDQD EDVLODUH) Il
condotto cocleare occupa la parte più esterna della rampa vestibolare, ha sezione
triangolare, ed è delimitato dalla stessa membrana basilare e da una seconda membrana,
detta PHPEUDQDGL5HLVVQHU, che parte dalla lamina ossea e forma un angolo acuto con la
precedente Ovviamente, le due rampe ossee contengono perilinfa, il canale cocleare
endolinfa.
L’ organo del Corti si sviluppa longitudinalmente all’ interno del condotto cocleare
è appoggiato alla membrana basilare e protetto superiormente dalla PHPEUDQDWHFWRULD
che forma una specie di tunnel. Esso è costituito da vari tipi di cellule di sostegno e dalle
cellule sensoriali, in numero di circa 16000 per ogni orecchio. Queste ultime sono
provviste all’ estremità superiore di piccole ciglia che toccano la membrana tectoria, sono
inoltre in contatto attraverso VLQDSVL con i GHQGULWL di neuroni i cui FRUSL sono disposti in
un ganglio a spirale nello spessore del modiolo e i cui DVVRQL si riuniscono a formare la
33
parte cocleare del nervo acustico6. La membrana basilare è formata da un sistema di fibre
elastiche parallele che connettono la parte ossea della lamina a spirale con la parete della
chiocciola. Esse hanno un lunghezza diversa che varia dai 200 m verso la base della
chiocciola ai 480 m verso l’ apice. Nello stesso senso appare diminuire la tensione delle
fibre, accentuando in tal modo gli effetti della variazione di lunghezza.
In dipendenza delle loro caratteristiche, le cellule che costituiscono la membrana
basilare si comportano come piccole corde vibranti, accordate su diverse frequenze e
capaci di entrare in risonanza con vibrazioni di quella frequenza trasmesse al liquido
circostante attraverso il timpano e la catena degli ossicini. Entrando in risonanza, le
singole fibre sollevano le cellule sensoriali su di esse appoggiate, mandano le ciglia di
queste ad urtare contro la membrana tectoria e provocano sulle stesse uno stimolo che
viene successivamente trasmesso ai neuroni e raggiunge la corteccia auditiva. Fibre
diverse capaci di risuonare con frequenze diverse sono in contatto con regioni diverse
della corteccia. Il potere di discriminazione delle varie frequenze presenti in un suono
che l’ orecchio umano raggiunge con tale meccanismo è estremamente elevato. Esso è di
molto superiore a quello posseduto dall’ occhio nei riguardi dei colori. Si pensi che
nell’ intervallo di massima sensibilità, compreso tra i 200 e i 2000 hz, l’ orecchio
esercitato di un musicista può arrivare a percepire la differenza di 1 hz. E’ anche
elevatissima la sensibiltà a suoni molto deboli, se nuovamente confrontata in temini
energetici con quella dell’ occhio. Il campo di udibilità infine, cioè l’ intervallo di
frequenze che il nostro orecchio può percepire, va di regola dai 20 ai 12000 hz. Negli
individui molto giovani può raggiungere i 20000 hz.
,,,(/(77520$*1(7,602
Dal libro:
R.A.Serway, 3ULQFLSLGL)LVLFD, seconda edizione, EdiSES
Fanno parte del programma d’ esame i seguenti capitoli
)RU]HHOHWWULFKHHFDPSLHOHWWULFL
3RWHQ]LDOHHOHWWULFRHFDSDFLWj
&RUUHQWHHFLUFXLWLDFRUUHQWHFRQWLQXD
0DJQHWLVPR
/HJJHGL)DUDGD\HLQGXWWDQ]D
6
Si tratta in realtà di neuroni in cui i filamenti che si dipartono dal corpo cellulare si dividono a T in due
diversi filamenti, strutturalmente simili, ma di cui uno ha funzione di ricezione, quindi di GHQGULWH, l’ altro
ha funzione di trasmissione e quindi di neurite. Sul corpo delle cellule sensoriali arrivano anche i neuriti di
neuroni inibitori che hanno il compito di regolare la risposta secondo l’ intensità del segnale.
34
2QGHHOHWWURPDJQHWLFKH
Fanno parte strettamente del programma d’ esame i primi due paragrafi:
24.1 Corrente di spostamento e teorema di Ampere generalizzato.
24.2 Le meravigliose equazioni di Maxwell.
I paragrafi successivi sono sostituiti dalla sezione seguente delle presenti dispense che
contiene una trattazione per molti aspetti più approfondita. Una lettura dei restanti
paragrafi del capitolo (24.3-24.9) è tuttavia utile e può aiutare alla comprensione delle
dispense anche solo per la presenza di numerose figure illustrative.
,921'((/(77520$*1(7,&+(
(TXD]LRQLGL0D[ZHOO
Le equazioni di Maxwell in forma integrale possono essere scritte nella forma
seguente (vedi Serway § 24.2)
r r
G$
Q
¼ ( = 4¹ / e 0
¶×¹
r r
G$
Q
¼% = 0
¶×º
r
r r
r ›%
¶×¼ GV ¼ ( = - ½ ×» G$ Q ¼ ›W
r
›
(
r r
r
¶×À GV ¼ % = m 0 , ¿ ¾ + e 0 m 0 ¿ ×¾ G$ Q ¼ ›W
(teorema di Gauss)
(1.1a)
(teor. di Gauss c. magnetico)
(1.1b)
(legge di Faraday)
(1.1c)
(teor. di Ampere gener.)
(1.1d)
dove abbiamo indicato con $ un’ arbitraria superficie chiusa e con 4Á la carica in essa
contenuta, con & un’ arbitraria curva chiusa, con $Â un’ arbitraria superficie che ha & per
contorno e con , Ä Ã la corrente elettrica che fluisce attraverso la superficie $Â . (N. B.
nelle (1.1) rispetto alle [24.4-7] del Serway le espressioni dei flussi sono state
esplicitate).
In termini microscopici la carica elettrica 4Á è data dalla somma delle cariche di
tutte le particelle (elettroni, protoni od altro) che cadono all’ interno di $. In una
descrizione di tipo macroscopico essa può essere però espressa attraverso una densità di
r
carica continua r ( [ , W ) (in generale dipendente dal posto e dal tempo) tale che
r
G4 = r ( [ , W ) G9 rappresenti la carica contenuta all’ istante considerato nel volume
infinitesimo G9. Similmente la corrente attraverso un elemento di superficie G$ si può
r r
r
esprimere nella forma G, = - ( [ , W ) ¼ Q G$ , attraverso la densità di corrente
r r
r r r
r r
- ( [ , W ) = r ( [ , W ) YÅ ( [ , W ) (in queste ultime YÆ ( [ , W ) indica la velocità di deriva delle
r
r
cariche in un intorno del punto [ e Q , come di consueto, il vettore unitario normale a
35
G$, orientato secondo le convenzioni 7). Possiamo allora scrivere per volumi e superficie
finiti
4È =
G9 r ( [ , W )
É ×Ç
r
e
,Ë Ê =
G$ Q ¼ Ë ×Ê
r r
,
(1.2)
avendo indicato con 9Ì il volume racchiuso dalla superficie $.
Se sostituiamo le (1.2) nelle (1.1), queste ultime possono essere riscritte nella forma
differenziale
›(Î ›(Í
+
›[
›\
›%Ñ ›%Ð
+
›[
›\
›(Ò ›(Ð
›\
›]
›%Ò ›%Ð
›\
›]
+
r
›(Ï
=
›] e 0
›%Ò
=0
›]
›%Ñ
+
=0
›W
›(Ñ
- e 0 m0
= m0 - Ñ
›W
+
(1.3a)
(1.3b)
e cicliche
(1.3c)
e cicliche.
(1.3d)
dove l’ espressione “e cicliche” significa che oltre all’ equazione esplicitamente riportata
se ne devono pensare scritte altre due che sono ottenute dalla precedente per rotazione
ciclica delle lettere [\e ](cioè con le sostituzioni [ “ \ , \ “ ] , ] “ [ ) .
Per verificare l’ equivalenza delle (1.3) alle (1.1) scegliamo, ad esempio, nella (1.1c)
come curva & un piccolo rettangolo disposto su un piano ortogonale all’ asse [ e con i lati
r
paralleli agli assi \H]Siano [ Ÿ ( [, \ , ] ) il suo centro e G\ G] i suoi lati.. Il primo
membro della (1.1c), allora, diviene
(Ó ( [, \ , ] - G] / 2, W ) G\ + (Ô ( [, \ + G\ / 2, ], W ) G] -
- (Ó ( [, \ , ] + G] / 2, W ) G\ - (Ô ( [, \ - G\ / 2, ], W ) G] =
=-
›(Ó ( [, \ , ], W )
›]
G]G\ +
›(Ô ( [, \ , ], W )
G\G]
›\
(1.4)
mentre il secondo membro si scrive semplicemente
-
›%Õ ( [, \ , ] , W )
G\ G] .
›W
(1.5)
Uguagliando le due espressioni (1.4) e (1.5) abbiamo la prima delle (1.3c) e per
rotazione ciclica le altre. Allo stesso modo dalle (1.1d), avendo presente la seconda delle
(1.2), otteniamo le (1.3d). Le equazioni (1.3a) e (1.3b) si ottengono in modo analogo
applicando le (1.1a) e (1.1b) ad una piccola superficie cubica con i lati ancora paralleli
agli assi.
7
Verso l’ esterno sulla superficie chiusa $ e verso il lato che vede & percorso in senso antiorario su $ Ö&×
36
Anche se possono a prima vista apparire più astratte, le equazioni (1.3) sono in
realtà molto più trasparenti e di utilizzo più immediato delle (1.1). Esse sono equazioni
locali che connettono i valori dei campi e delle loro derivate tra loro e con le sorgenti
r r
r
r ( [ , W ) e - ( [ , W ) (cioè le cariche e le correnti) in ogni specifico punto dello spazio.
Supposta conosciuta l’ evoluzione temporale delle sorgenti, esse permettono in linea di
principio di calcolare i campi in qualunque punto dello spazio e a un qualsiasi tempo a
partire dalla loro conoscenza ad un qualche istante iniziale. Esse sono le equazioni
dinamiche del campo.
Inversamente, noti i campi, sappiamo che su una particella carica che si trovi ad un
r
r
dato istante in posizione [ con una velocità Y si esercita una forza data dall’ espressione
r
r r
r r r
) = T [ ( ( [ , W ) + Y ™ % ( [ , W )]
(1.6)
e quindi siamo in grado usando le equazioni della dinamica di calcolare il moto della
r
stessa. Notiamo che anche la (1.6) è un’ equazione locale, nel senso che ) dipende solo
dai valori dei campi nella posizione occupata all’ istante considerato dalla particella.
E’ chiaro che l’ insieme delle equazioni di moto per un sistema di particelle cariche
r r
r
r r r
PØÙDØ = TØ [ ( ( [Ø , W ) + YØ ™ % ( [Ø , W )]
(1.7)
e delle (1.3) costituisce un insieme chiuso, che esprime in modo reciproco l’ azione delle
particelle sul campo e quella del campo sulle particelle, determinando in modo univoco la
dinamica del sistema complessivo. Si noti che in questa prospettiva le azioni di ogni
particella su altre particelle sono tutte mediate dal campo. Non c’ è posto per azioni a
distanza e le sole forze che esistono sono forze per contatto, in piena contraddizione con
quanto originariamente supposto nella fisica newtoniana.
Osserviamo ora che lo spostamento di una particella in moto durante un intervallo di
r r
tempo GW è espresso dalla quantità GV = Y GW . Il lavoro compiuto nell’ unità di tempo dalle
forze del campo sulla particella per effetto del movimento di quest’ ultima è perciò dato
da
r r
r
G:
= ) ¼Y = T ( ¼Y .
GW
(1.8)
Il termine dipendente dalla velocità non da contributo perché, come risulta dalla
r
definizione di prodotto vettoriale, è sempre ortogonale a Y . Se il campo elettromagnetico
r
non dipende dal tempo, allora, il campo ( è conservativo (cfr. l’ equazione (1.3c) e la
r
discussione del & 4 della sezione I) e l’ energia della particella rimane costante. Se %
r
dipende dal tempo, tuttavia, ( , oltre che esso stesso dipendente dal tempo, non è
conservativo e l’ energia della particella non si conserva. Ciò che accade, come vedremo,
in questo caso è però che il campo cede energia alla particella o viceversa. La somma
delle energie del campo e della materia resta in ogni caso costante.
Ricordiamo in proposito che, come visto nel capitolo precedente, al campo si può
attribuire la densità di energia
37
1Ë
1 2Û
r
Zem ( [ , W ) = Ì e 0 ( 2 +
% Ü.
2Í
m0
Ý
(1.9)
Inoltre se, più coerentemente con la notazione usata nelle eq. (1.3), trattiamo la materia
come un continuo esteso e deformabile (fluido o solido elastico), l’ equazione (1.6) può
essere sostituita da
r
r r r
r r r
G) = r ( ( + YÚ ™ %)G9 = ( r ( + - ™ % )G9 ,
(1.10)
che esprime la forza esercitata sulla porzione di materia inclusa nel volume infinitesimo
G9. Similmente, il lavoro compiuto nell’ unità di tempo sulla medesima porzione di
materia può essere scritto come
r r
G:mat
= × G9 - ¼ ( .
GW
(1.11)
Usando le (1.3) si ottiene, d’ altra parte, con alcuni calcoli,
Ë ›6 Ü ›6 Û ›6 Ý Û r r
›Zem
= -Ì
+
+
Ü- - ¼(,
›W
›\
›] Ý
Í ›[
(1.12)
dove
6Þ =
1
( (ßá
%à - (àâ
%ß ) e cicliche
m0
o, in forma vettoriale compatta,
r 1 r r
6=
(™%.
m0
(1.13)
r
r
Nell’ ipotesi che i campi ( e % si annullino abbastanza rapidamente all’ infinito,
r
l’ energia totale del campo :em = × G9 Zem ( [ , W ) risulta finita e, integrando la (1.12)
sull’ intero spazio, i termini con le derivate danno un contributo nullo. Abbiamo quindi
r r
G:em
= - × G9 - ¼ ( .
GW
(1.14)
Confrontando la (1.14) con la (1.11) si ha allora, come affermato,
G
(:em + :mat ) = 0 .
GW
(1.15)
38
Osserviamo, tuttavia, che nella sua forma differenziale originaria la (1.12) resta valida
anche per soluzioni delle (1.3) che non corrispondono ad un’ energia finita e ha un
r r
significato simile a quello della (II.3.7). Essa mostra che la quantità 6 ¼ Q G$ rappresenta
l’ energia del campo che nell’ unità di tempo fluisce attraverso l’ elemento di superficie G$
e che l’ energia del campo originariamente presente in una certa regione, per effetto
dell’ evoluzione, fluisce con continuità verso le regioni adiacenti, sempre come energia
del campo, o si ritrova come energia acquistata dalla materia che occupa il medesimo
volume.
Un discorso simile a quello fatto per l’ energia si può ripetere a proposito del
momento. Si definiscono una GHQVLWjGLPRPHQWR
r r
r r
Jem ( [ , W ) = e 0 ( ™ %
(1.16)
e un momento totale del campo
r
r r
r r
3em = × G9 J em ( [ , W ) = e 0 × G9 ( ™ % .
(1.17)
Con un calcolo algebricamente un po’ più complicato di quello che ha portato alla (1.12),
ma concettualmente identico, si trova
r r
r r r
G r
G
3em = e 0 × G9 ( ™ % = - × G9 ( r ( + - ™ % ) .
GW
GW
(1.19)
D’ altra parte per la (I..3.4) si ha
r r r
G r
3mat = × G9 ( r ( + - ™ % ) .
GW
(1.20)
dove il secondo membro della (1.20) rappresenta la risultante di tutte le forze che il
campo esercita sulla materia (cfr. (1.10)) e si è applicata l’ equazione (I.3.4). Risulta allora
evidentemente che
r
G r
( 3em + 3mat ) = 0 .
GW
(1.18)
Il campo scambia, dunque, con la materia non solo energia ma anche momento e
riflettendosi su quest’ ultima esercita una pressione, la SUHVVLRQHGLUDGLD]LRQH.
2QGHHOHWWURPDJQHWLFKH
Supponiamo ora di essere nel vuoto, in assenza di materia e quindi di cariche e correnti.
r
Dobbiamo allora porre nelle (1.3) r = 0 e - = 0 ed esse si riducono a
39
›(ä ›(㠛(å
+
+
=0
›[
›\
›]
›%ç ›%æ ›%è
+
+
=0
›[
›\
›]
›(è ›(æ ›%ç
+
=0
›\
›]
›W
›(ê
›%ë ›%é
- e 0 m0
=0
›\
›]
›W
(2.1a)
(2.1b)
e cicliche
(2.1c)
e cicliche.
(2.1d)
Derivando la prima delle (2.1d) rispetto al tempo e usando le (2.1c) abbiamo (si
ricordi che sotto condizioni abbastanza generali l’ ordine di esecuzione di due derivate
parziali può essere invertito)
› 2 (í
› ›%î
› ›%ì
e 0 m0 2 =
=
›W
›\ ›W ›] ›W
› 2 (ì › 2 ( î
› Ë ›(ì ›(í Û › Ë ›(í ›(î Û Ë › 2
›2 Û
=- Ì
=Ì
+
Ü+
Ü (í ›\ Í ›[
›\ Ý ›] ÍÌ ›]
›[ ÝÜ Í ›\ 2 ›] 2 Ý
›[›\ ›[›]
(2.2)
Derivando la (2.1a) rispetto ad [ abbiamo inoltre
› 2 ( ï › 2 (ñ
› 2 (ð
.
=›[ 2
›[›\ ›[›]
(2.3)
e infine combinando questa con la (2.2) otteniamo
e 0 m0
› 2 (ò Ë › 2
›2
›2 Û
=
+
+
Ì 2
Ü (ò .
2
›W 2
›] 2 Ý
Í ›[ ›\
(2.4)
r
Equazioni identiche devono valere per rotazione ciclica per le altre due componenti di (
r
e si possono ottenere per le tre componenti di % scambiando i ruoli delle (2.1d) e (2.1c).
Il tutto può essere riassunto nelle due equazioni in forma vettoriale
r 1
¶2 ( - 2
F
r 1
¶2 % - 2
F
›2
›W 2
›2
›W 2
r
( =0
r
%=0
(2.5)
dove si è posto
40
F=
1
e 0m0
(2.6)
›2
›2
›2
+
+
.
›[ 2 ›\ 2 ›] 2
Le equazioni (2.5) hanno la forma delle equazioni delle onde. Si conclude che il
campo elettromagnetico si propaga per onde con una velocità finita Fdata dalla (2.6) in
funzione delle due costanti fondamentali che compaiono nelle leggi dell’ elettromagnetismo e 0 e m 0 .
Le (2.5) ammettono evidentemente soluzioni del tipo delle onde piane della forma
e come nella (II.3.1) si è usata la notazione compatta ¶ 2 =
r r
r r
( = (0 cos(N ¼ [ - w W + g )
r r
r r
% = %0 cos(N ¼ [ - w W + g )
(2.7)
con w = NF . Osserviamo tuttavia che le (2.5) sono una conseguenza delle (2.1) ma non
sono equivalenti ad esse. Perciò ogni soluzione delle (2,1) è anche soluzione delle (2.5)
ma non è vero il viceversa. In effetti sostituendo la prima delle (2.7) nella (2.1a) abbiamo
r r
(si ricordi che N ¼ [ = N ó [ + Nô \ + N õ ] )
r r
›(÷ ›(ö ›(ø
+
+
Ÿ -( (0 ÷ùN÷ + (0 öúN ö + (0 øN ø ) sin(N ¼ [ - w W + g ) = 0 .
›[
›\
›]
(2.8)
Quindi perché la prima delle (2.7) sia soluzione anche della (2.1a) dovrà essere
r r
r
r
N ¼ (0 = 0 , cioè N dovrà essere ortogonale a (0 , alla direzione di vibrazione del campo
elettrico. Similmente perché la seconda delle (2.7) sia soluzione della (2.1c) dovrà essere
r r
N ¼ % 0 = 0 . Se poi sostituiamo le (2.7) nelle (2.1c) otteniamo
w %0 û = N üþ
(0 ý - N ýÿ
(0 ü
e cicliche,
(2.9)
che possono essere compendiate nella relazione vettoriale
r
r 1N r
%0 =
™ (0 ,
F N
(2.10)
e, come si può immediatamente verificare, rendono soddisfatte anche le (2.1d).
Effettive soluzioni delle (2.1) del tipo (2.7) possono essere quindi scritte nella forma
r r
r r
( = H $ cos(N ¼ [ - w W + g )
r
r r
r N r$
% = ™ H cos(N ¼ [ - w W + g )
N
F
r r
( H ¼ N = 0 ),
(2.11)
41
r
che rende esplicite tutte le condizioni trovate. Nella (2,11) H rappresenta un qualsiasi
r
r
N
è evidentemente il vettore unitario parallelo
vettore unitario ortogonale a N , il vettore
N
r
r
r
r
N r
a N , il vettore ™ H è uguale al vettore unitario ortogonale a N e a H che forma con
N
questi una terna destra.
In conclusione OH RQGH HOHWWURPDJQHWLFKH VRQR RQGH SXUDPHQWH WUDVYHUVDOL H LO
FDPSRPDJQHWLFRqVHPSUHRUWRJRQDOHDOFDPSRHOHWWULFR. Come nel caso delle vibrazioni
elastiche trasversali considerate nella II sezione, un’ onda del tipo si dice polarizzata
r
r
linearmente o a polarizzazione piana ed H si dice il vettore di polarizzazione. Per ogni N
esistono evidentemente due stati indipendenti di polarizzazione rettilinea. Tramite
sovrapposizione (somma) di due onde aventi lo stesso vettore di propagazione, vettori di
polarizzazione ortogonali e fasi iniziali opportune è possibile ottenere onde polarizzate
ellitticamente e, in particolare circolarmente in senso destrogiro levogiro.
Veniamo all’ energia e al momento trasportate dall’ onda. Poiché, ovviamente,
r
r
r Ë N rÛ N
H ™ ÌÌ ™ H ÜÜ = , sostituendo le (2.11) nelle (1.9), (1.14) e (1.16), abbiamo
ÍN
Ý N
r r
Zem = e 0 $ cos 2 (N ¼ [ - w W + g )
r
r
r
r
r
N
N
6 = e 0 $ F cos 2 (N ¼ [ - w W + g ) = Zem F
N
N
r
r
r r
Zem N
r
$ N
2
J em = e 0
cos (N ¼ [ - w W + g ) =
F N
F N
(2.12)
(2.13)
(3.14)
Come a proposito delle (II.310), più significative di queste espressioni istantanee sono
tuttavia i loro valori medi su un periodo 7 = 1 /n = 2p / w , che si ottengono rimpiazzando
il quadrato del coseno con ½. In particolare il valore medio del modulo del vettore di
Poynting 6 è assunto come LQWHQVLWjGHOO¶RQGD Esso rappresenta il flusso di energia per
r
unità di superficie e di tempo attraverso una superficie ortogonale a N ed è dato da
,=
1
e 0 $ 2 F = Z F .
2
(2.15)
E’ anche interessante osservare che un’ onda piana che incida ortogonalmente su una
superficie materiale, trasmette a quest’ ultima un impulso per unità di tempo e di
superficie uguale a J F se è completamente assorbita e a uguale 2 J F se è
completamente riflessa (in questo secondo caso la densità di momento portata dal campo
r
r
varierà infatti sulla superficie da J a - J ). Quest’ impulso si traduce in una
pressione esercitata dalla radiazione sulla superficie. Nella seconda ipotesi per la (3.14)
questa SUHVVLRQHGLUDGLD]LRQHè data da
42
3rad = e 0 $ 2 = 2
,
F
(2.16)
Veniamo ora al valore della velocità F Nel sistema internazionale si pone per
definizione m 0 = 4p 10 7 , risulta allora e 0 = 8,8542 ™ 10 12 . Sostituendo questi valori nella
(2.6) si trova
F = 2.9979 ™ 108 m/s = 299 790 km/s ,
(2.12)
che coincide con la velocità della luce nel vuoto. Fu questa coincidenza, riscontrata entro
gli errori sperimentali di allora che (insieme ad altre caratteristiche qualitative, come la
trasversalità dell’ onda) indusse Maxwell a formulare l’ ipotesi, oggi ampiamente
confermata che la luce non fosse altro che radiazione elettromagnetica appartenente ad un
determinato intervallo di lunghezze d’ onda (400-750 nm, 1 nm = 10 9 m).
Oltre alla luce visibile esistono altri ti pi di radiazione elettromagnetica che possono
essere classificate secondo le loro lunghezze d’ onda. Notare che posto come nella II
sezione l = 2p / N e n = w / 2p si ha la relazione
ln = F
e si può costruire la seguente tabella
________________________________________________________________________
TABELLA 2.1
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------nome
l
n
onde radio
>1m
microonde
1 m - 1 mm
infrarosso
1 mm – 750 nm
luce visibile
750 – 400 nm
ultravioletto
400 – 1 nm
< 3 108 Hz
3 108 – 3 1011 Hz
3 1011 – 4 1014 Hz
4 1014 – 7.5 1014 Hz
7.5 1014 – 3 1017 Hz
raggi X
1 – 1 10-3 nm
3 1017 – 3 1020 Hz
raggi g
< 1 10-1 nm
>3 1018 Hz
Fin qui abbiamo considerato la propagazione di onde elettromagnetiche nel vuoto.
Vogliamo ora considerare la propagazione in un mezzo materiale non conduttore.
43
Supporremo sempre che nel mezzo non vi siano cariche libere al livello
macroscopico. Al livello microscopico tuttavia, in molte molecole il baricentro delle
cariche positive non coincide con quello delle cariche negative. Ad esempio nell’ acqua a
motivo del carattere elettronegativo dell’ atomo di ossigeno ed elettropositivo dell’ atomo
d’ idrogeno, il baricentro delle prime è appunto spostato verso i due atomi d’ idrogeno
quello delle seconde verso l’ atomo d’ ossigeno. Queste molecole vengono quindi a
possedere un momento di dipolo elettrico che sotto l’ azione di un campo elettrico tende
ad orientarsi parallelamente a questo, pur essendo disturbato dall’ agitazione termica. Lo
stesso campo elettrico, poi, modificando la distribuzione di carica all’ interno della
molecola tende a creare un dipolo in molecole che in assenza di esso ne sarebbero prive,
ad accrescerlo in molecole che già ne sono dotate. Complessivamente il mezzo si
SRODUL]]D, cioè ogni piccola porzione di materia G9 acquista un momento di dipolo
r r
elettrico che si può esprimere attraverso un vettore di polarizzazione 3 ( [ , W ) nella forma
r
r
3 G9 . In un mezzo isotropo, per ragioni di simmetria 3 deve essere diretto in ogni
r
punto come ( e, per molti materiali, per campi non eccessivamente intensi, si può
r
r
r
semplicemente supporre proporzionale a ( stesso: 3 = c ( . Se allora immaginiamo di
r
introdurre nel mezzo una carica elettrica positiva puntiforme 4, il vettore 3 deve
disporsi nelle adiacenze di questa in direzione radiale. Si crea perciò attorno 4 una
distribuzione di carica elettrica negativa che, per il teorema di Gauss, ne scherma in parte
l’ azione. L’ effetto netto è che il campo elettrico creato dalla carica 4 all’ interno di un
mezzo uniforme equivale a quello creato nel vuoto da una carica ridotta 4eff = 4 / k con
k = 1 + c > 1 . Equivalentemente si può tener conto della presenza di un mezzo
polarizzabile semplicemente sostituendo in tutte le leggi dell’ elettromagnetismo, espresse
per esempio nella forma (1,1) o (1,3), la costante dielettrica nel vuoto e 0 con la FRVWDQWH
GLHOHWWULFD DVVROXWD GHO PH]]R e = k e 0 . La grandezza k è detta FRVWDQWH GLHOHWWULFD
UHODWLYD essa è direttamente misurabile attraverso il rapporto tra le capacità di un
condensatore di caratteristiche geometriche fissate, quando tra le armature è disposto il
materiale in questione o praticato il vuoto. Alcuni valori sono riportati nella tabella 2.2, si
osservi in particolare che per l’ aria e altre sostanze allo stato gassoso essi sono molto
vicino a 1. A questi effetti perciò queste sostanze si comportano praticamente come il
vuoto. Si noti invece il valore particolarmente elevato posseduto dall’ acqua (dovuto
appunto all’ alto momento di dipolo della molecola), che è responsabile di molte delle
proprietà specifiche di questa sostanza (quale l’ elevato potere solvente dei composti
ionici) di notevole importanza anche dal punto di vista biologico.
Nelle ipotesi precedenti, all’ interno di un mezzo uniforme varrà ancora un’ equazione
delle onde con velocità di propagazione, tuttavia, data dalla relazione
9 =
1
em 0
=
1
k
F.
(2.19)
La quantità
Q = F /9 = k (2.20)
44
rappresenta ovviamente l’ indice di rifrazione del mezzo. Poiché, infatti, la frequenza di
un onda elettromagnetica è indipendente dal mezzo in cui si propaga (perché determinata
dalle caratteristiche della sorgente, v. paragrafo successivo), si ha immediatamente dalla
definizione che l0 / l = Q (essendo l0 la lunghezza d’ onda nel vuoto e l quella nel
mezzo) e, con un semplice ragionamento geometrico, la legge della rifrazione di Cartesio
sin a / sin a = Q
(2.21).
Nella (2.21) si suppone che un onda piana proveniente dal vuoto entri attraverso una
superficie piana nel mezzo considerato; a e a rappresentano allora, ovviamente
l’ angolo di incidenza e quello di rifrazione.
Nella tabella 2.2 sono posti a confronto i valori di k ottenuti con misure
elettriche statiche e quelli di Q ottenuti con misure dirette sulla propagazione delle onde.
Come si vede l’ accordo è molto buono per le onde radio, che corrispondono a basse
frequenze. Per la luce visibile, invece, i valori misurati di Q sono in una parte dei casi
sensibilmente minori di quelli previsti sulla base delle misure di elettrostatica. Ciò non
sorprende, se si pensa che il processo di orientazione delle molecole dotate di dipolo
elettrico è un processo dinamico, che richiede del tempo. Non appena, quindi, il relativo
tempo caratteristico diventa confrontabile o col periodo del campo che lo genera, c’ è da
attendersi che il valore effettivo di
k diminuisca e diventi funzione della frequenza.
TABELLA 2.2
k
elettrostatico
k
elettrostatico
Q
luce gialla
Q
onde radio
Ossigeno
1,000530
1,000265
1,000272
1.000266
Idrogeno
1,000270
1,000135
1,000132
1.000136
1.000578
1,000289
1,000293
1,000288
Materiali
Aria ( 0 )
Acqua ( 20 )
80
8,9
1,33
9
Benzolo
2.3
1,514
1,502
1,510
Allume
6.66
2,58
1.46
2,5
Calcite
8,40
2,90
1,66
2,7
45
(PLVVLRQHHDVVRUELPHQWRGLUDGLD]LRQH
Maxwell aveva previsto l’ esistenza delle onde elettromagnetiche teoricamente, come
conseguenza delle sue equazioni, e aveva suggerito che la luce potesse essere interpretata
come radiazione elettromagnetica. Chi per primo riuscì a produrre onde
elettromagnetiche tramite circuiti elettrici e a studiarne le proprietà, confermando la
correttezza delle equazioni, fu Hertz una ventina d’ anni più tardi.
Il dispositivo base per la produzione di onde elettromagnetiche a livello
macroscopico è il circuito /&, cioè un circuito costituito da un condensatore le cui
armature sono collegate agli estremi di una bobina. Detta & la capacità del condensatore,
9(t) la differenza di potenziale tra le due armature al tempo W, / l’ induttanza della bobina
ed 5 la resistenza complessiva, l’ equazione del circuito è data da
9 -/
G,
= 5,
GW
(3.1)
o anche, in funzione della sola carica,
/
G 2T
GT T
+5
+ = 0,
2
GW
GW &
(3.2)
T
GT
e , =- .
&
GW
Si noti che l’ equazione (3.2) è formalmente identica all’ equazione di moto per un
oscillatore armonico smorzato (cfr. (I.1.7‡)) di massa / e costante elastica 1/&. Se per
semplicità consideriamo 5trascurabile, ci si riduce all’ oscillatore senza smorzamento e la
soluzione più generale sarà della forma
dove si sono usate le relazioni 9 =
9Ÿ
T
= $ cos(w t + g )
&
con
w Ÿ 2pn =
1
.
/&
(3.3)
La (3.3) mostra che il circuito /& ha un comportamento periodico e il potenziale del
condensatore o la sua carica oscillano con un frequenza determinata dalle caratteristiche
del circuito stesso.
Sembrerebbe che, nei limiti in cui è lecito trascurare la resistenza, le oscillazioni
dovessero andare avanti indefinitamente senza smorzarsi. Osserviamo, tuttavia, che nello
scrivere l’ equazione (3.1), mentre abbiamo tenuto conto (attraverso il termine di
induttanza) della retroazione del campo magnetico generato dalla corrente sul campo
elettrico, abbiamo viceversa ignorato la retroazione del campo elettrico sul campo
magnetico, che è espressa dal termine di corrente di spostamento nella (1.3d). In realtà è
intuitivo, anche senza una trattazione completa dal punto di vista matematico, che, se
avessimo tenuto conto di tutti i termini nelle (1.3), una qualunque modifica del campo
dovuta ad un cambiamento nella distribuzione delle cariche elettriche avrebbe dovuto
propagarsi con la stessa velocità finita F che abbiamo visto propria delle onde
elettromagnetiche. Un circuito oscillante deve cioè necessariamente emettere delle onde
46
elettromagnetiche di frequenza uguale alla propria frequenza e per le considerazioni
energetiche riportate nel paragrafo 1, ciò non può avvenire che a spese dell’ energia
accumulata nel circuito stesso. L’ ampiezza di oscillazione deve, perciò,
progressivamente ridursi e rapidamente annullarsi come l’ energia si esaurisce.
Se si vuole mantenere l’ ampiezza dell’ oscillazione e il livello di emissione costante
occorre fornire al sistema l’ energia continuamente dissipata. Ciò può essere ottenuto
attraverso un dispositivo costituito da un secondo circuito, alimentato da un generatore,
in cui ò inserito un interruttore (in concreto un triodo a transistor) controllato dallo stesso
circuito oscillante e che aprendosi e chiudendosi alternativamente permette di comunicare
al primo impulsi di tensione successivi in fase con l’ oscillazione libera. Il meccanismo è
concettualmente simile a quello di un orologio meccanico il cui moto è controllato da un
bilanciere o da un pendolo che a loro volta sono mantenuti in movimento dal resto del
dispositivo.
Tutte le apparecchiature macroscopiche per la produzione di onde elettromagnetiche sfruttano sostanzialmente il medesimo principio. Esse possono differire anche
notevolmente per dimensioni, possono ridursi a semplici sistemi di cavità o di armature
metalliche. Sono però sempre dei circuiti aperti con una certa capacità e induttanza
mantenuti costantemente in oscillazione da un qualche generatore controllato in
retroazione dal circuito stesso.
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