GLOBALIZZAZIONE
(PD Zona 7: seminario 7 novembre 2015)
GLOBALIZZAZIONE
• DESCRIZIONE DEL FENOMENO
• EFFETTI
• GOVERNANCE
• SFIDE PER L’ITALIA
ALCUNE DEFINIZIONI
• La globalizzazione è un processo di interdipendenze
economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui
effetti hanno una rilevanza planetaria, tendono ad uniformare il
commercio, le culture, gli stili di vita ed il pensiero.
• Globalizzazione si manifesta attraverso la crescente
interdipendenza economica raggiunta attraverso un aumento
continuo dell’ interscambio di beni e servizi, di flussi
internazionali di capitali e di tecnologia, veicolata attraverso
ambienti di sviluppo integrati .
– Liberalizzazione commerciale ha avuto inizi negli anni 50
– Liberalizzazione finanziaria ha avuto inizio con i primi anni
80: enorme crescita dei flussi di capitale
PROCESSO DI GLOBALIZZAZIONE: CAUSE
• Minori costi di comunicazione e scambio informazioni
• Minori costi di trasporto (aumentano beni commerciabili a
livello internazionale)
• Minori tariffe (liberalizzazione commerciale e finanziaria)
PROCESSO DI GLOBALIZZAZIONE: STRATEGIE E RUOLO
MULTINAZIONALI
Maggiore interdipendenza attuata anche mediante crescente
delocalizzazione produttiva tramite forme di integrazione,
appalti all’esterno di parte o tutto il processo produttivo.
– In una prima fase integrazioni sono orizzontali
(ricerca di mercati): imprese multinazionali replicano
all’interno di mercati esteri l’intero ciclo produttivo.
– Nella fase più recente integrazioni sono verticali
(ricerca di efficienza): imprese multinazionali
replicano all’interno di mercati esteri solo una parte
del ciclo produttivo che viene frammentato dando
luogo a reti globali di produzione (global production
networks).
SPECIALIZZAZIONE VERTICALE
La realizzazione di reti di produzione globali consente la cosi detta specializzazione
verticale:
• il ciclo di produzione di un bene viene suddiviso in fasi (spezzettata la catena del
valore) che vengono svolte in località differenti talvolta molto distanti tra loro. Esempi
classici TOYOTA, APPLE!
In tal modo la divisione internazionale del lavoro si è arricchita di un’ulteriore
dimensione:
• oltre a quella dovuta alla produzione di beni finali (differenziati e non) si è andata
realizzando una divisione del lavoro incentrata sulla produzione di semi-lavorati e
componenti, che ha impresso una ulteriore crescita al commercio internazionale.
Circa un terzo del commercio mondiale è dovuto a scambi (tra multinazioneli)
soprattutto di componenti e semi-lavorati. Non è più un commercio internazionale
di vino in cambio di stoffa! (come economia classica). E’ anche e soprattutto
commercio di compiti (tasks).
Perché la globalizzazione produce benefici in termini aggregati?
• Maggior concorrenza tra imprese
• Maggior divisione internazionale del lavoro (produttività più
elevata)
• Maggior estensione dei mercati (economie di scala)
• Maggior differenziazione del prodotto (scelta tra un numero
più ampio di varietà)
• Migliore allocazione dei risparmi (trasferimento risorse da
economie/soggetti che risparmiano a economie soggetti che
si indebitano)
• Miglior gestione del rischio (maggior diversificazione)
• Maggior mobilità dei fattori di produzione (lavoro,
tecnologia e capitale finanziario)
Perché la globalizzazione danneggia alcuni soggetti?
E’ causa di modificazioni strutturali che producono
• Alterazione vantaggi comparati
• Nuove scarsità relative
• Modificazione compensi dei fattori di produzione
• Fenomeni di concorrenza al ribasso (“corsa verso il basso”)
dovuta all’arbitraggio regolatorio riconducibile alla presenza
di standard differenti.
PROCESSO DI GLOBALIZZAZIONE: SVILUPPO E
DIVERSIFICAZIONE FLUSSI FINANZIARI
Maggior interscambio e interdipendenza finanziaria
consente uno
sviluppo e una diversificazione dei flussi finanziari a livello internazionale
•
si stabilizza andamento dei consumi,
• si diversifica il rischio
• si favorisce la specializzazione produttiva.
Flussi di portafoglio negli ultimi anni crescono fortemente
Si accentua il rischio di repentini cambiamenti nella direzione dei flussi
con scoppio di situazioni di crisi.
PROCESSO DI GLOBALIZZAZIONE:EFFETTI
• A) Maggiore o minor crescita del reddito?
MAGGIORE (negli ultimi anni reddito cresce
anche nella regione africana)
• B) Maggiore o minore povertà?
MINORE (ma non tutti sono d’accordo, la stessa
WB produce statistiche contraddittorie. Molto
dipende dal livello della poverty line)
• C) Maggiori o minori diseguaglianze?
MAGGIORI (ma non tutti sono d’accordo,
dipende da come si misura la diseguaglianza)
I LEGAMI TRA GLOBALIZZAZIONE e CRESCITA
Dal 1980 il commercio mondiale è aumentato di 5 volte ed è
passato dal 36% al 55% del gdp, la globalizzazione della
finanza da 58% gdp nel 1990 a 131% gdp nel 2004.
Nel periodo 1997-2006 la crescita media annua in termini reali
del prodotto mondiale è stata del 4%, quella dei paesi avanzati
2,8%, quella dei paesi emergenti e in sviluppo del 5,4%
(emergenti e in sviluppo Asia 7,1%).
Nel 2014 l’incidenza sul PIL mondiale: economie avanzate
42,9%, mercati emergenti ed economie in sviluppo 57,1%;
l’incidenza sulla popolazione economie avanzate 14,7%,
mercati emergenti ed economie in sviluppo 85,3%; di
conseguenza a fine periodo il PIL pro capite delle economie
avanzate è quattro volte superiore a quello delle economie
emergenti / in sviluppo.
INTEGRAZIONE FINANZIARIA E CRESCITA
• Integrazione finanziaria non è condizione
necessaria per realizzare una elevata crescita.
Cina e India sono cresciute molto negli ultimi 1015 anni pur mantenendo elevati controlli sui
movimenti di capitale. Cina si apre agli
investimenti diretti ma non ai flussi di portafoglio
• Integrazione finanziaria non è condizione
sufficiente per realizzare una elevata crescita.
Giordania e Perù si sono aperte al resto del mondo
sul piano finanziario, ma hanno sofferto una
diminuzione della loro crescita
I LEGAMI TRA GLOBALIZZAZIONE, POVERTA’ E DISUGUAGLIANZA
• La globalizzazione è un processo che aumenta la ricchezza complessiva,
ma determina vincitori e vinti. Si riducono i divari tra i vari paesi, ma
cresce la disuguaglianza all’interno dei singoli paesi.
• Le disuguaglianze in termini di reddito sono cresciute all’interno della
maggior parte dei paesi e regioni (nei vent’anni precedenti), di più nei paesi
a reddito medio alto .
• La globalizzazione del commercio e la crescita delle esportazioni ha
esercitato un impatto di avvicinamento dei redditi, la globalizzazione
finanziaria (investimenti stranieri diretti, investono nei settori ad alta
intensità di manodopera qualificata) si associa ad un ampliamento delle
disparità di reddito.
FATTORI CHE INFLUISCONO SU DISUGUAGLIANZA
Diversamente della comune percezione, le osservazioni non suggeriscono una correlazione
tra variazioni della disuguaglianza e variazioni del grado di globalizzazione. Diversi fattori
interagiscono(IMF ottobre 2007)
• Un fattore chiave è rappresentato dal ruolo della tecnologia e dell’organizzazione
del lavoro: i cambiamenti tecnologici favoriscono i soggetti dotati di maggiori
capacità ed esalta il gap di conoscenze, influisce sulla distribuzione dei redditi nei
paesi avanzati e nei paesi in via di sviluppo, riduce la domanda per attività che
richiedono lavoro poco qualificato e premiano le attività di lavoro più qualificato.
• la globalizzazione ha a che fare in primis con la conoscenza e con la capacità
tecnologica beni economici particolari. I sistemi economici basati sulla
produzione di idee tendono a generare più ineguaglianza dei sistemi basati
sulla produzione di merci
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Un altro aspetto importante riguarda l’accesso all’istruzione: dato un certe
livello di tecnologia un maggior accesso all’istruzione riduce la disuguaglianza
permettendo ad una quota maggiore di popolazione di essere inserita in attività
più qualificate. Le opportunità di formazione sono cresciute in tutti i paesi.
Un terzo fattore che influisce sulla distribuzione del reddito è costituito dalla
quota settoriale degli occupati: da uno spostamento dalla agricoltura
all’industria ci si attende un miglioramento della distribuzione del redito a favore
di quelli più bassi.
Lo sviluppo della finanza, avrebbe potuto favorire l’accesso al capitale dei
meno abbienti, ma se le istituzioni finanziarie locali sono deboli i benefici di una
maggiore presenza della finanza favorisce in modo sproporzionato i ricchi e
quindi accrescere la disuguaglianza.
DOPO LA CRISI: I PAESI EMERGENTI
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I mercati emergenti hanno dovuto affrontare una volatilità senza precedenti nei flussi di capitale: si
teme che un eccesso di ingresso di capitali possa causare un surriscaldamento dell’economia, ma più
recentemente i timori riguardano l’ impatto di una loro improvvisa interruzione, ad esempio in seguito
ad un prevedibile aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti.
Riforme volte ad aumentare la resilienza delle economie in presenza di oscillazioni nei movimenti
di capitale: importanza della cornice istituzionale, capacità di promuovere regolamentazione e
controllo per limitare un eccesso di assunzione di rischio
La decelerazione della crescita nei paesi emergenti negli ultimi due anni, dopo un prolungato periodo
di rapido sviluppo, ha accentuato le preoccupazioni sulle prospettive di questi paesi, possibili
conseguenze di:
– Aumento tassi di interesse nei paesi avanzati
– Minor tasso di espansione Cina
La crisi finanziaria globale ha cambiato la relazione tra crescita ed i suoi fattori chiave, e il
trend di crescita si è spostato su un piano più basso
I paesi in via di sviluppo devono affrontare un ambiente di crescita più complesso rispetto al pre
crisi: maggiore dipendenza dall’andamento delle economie avanzate, maggiore sensibilità a possibili
improvvise oscillazioni dei flussi finanziari internazionali, potenziali di crescita della domanda
interna ancora modesti.
L’economia globale è preparata ad un effetto domino determinato da una significativo
contenimento della crescita dei paesi emergenti?
GLOBALIZZAZIONE E CRISI FINANZIARIE
• Uno degli aspetti critici dell’attuale fase di
globalizzazione è costituito dalla manifestazione di
episodi di crisi finanziaria nel corso degli ultimi 25
anni.
• Dal momento che le crisi finanziarie sono
estremamente costose (Messico 1995, Far East 199798, Russia 1998, Brasile 1999, Argentina 2002-03, USA
e Paesi Avanzati 2007-08, Grecia 2010, Russia 2014)
ciò costituisce un problema non piccolo, che mette in
dubbio
i
benefici
del
processo
di
integrazione/globalizzazione finanziaria sulla crescita!
Le attuali crisi finanziarie, economiche e fiscali conducono ad una crisi sociale?
I governi possono rendere le politiche sociali più pronte ad affrontare la crisi ?
…… i governi devono proseguire nelle riforme dei sistemi di protezione sociale iniziati
prima della crisi, richiedono oggi una accelerazione (nel settore delle pensioni qualche
futuro pensionato rischia una maggiore insicurezza come conseguenza di lunghi periodi di
disoccupazione nell’età lavorativa, nel settore sanitario si richiedono misure strutturali per
eliminare servizi non necessari una maggiore attenzione a possibili miglioramenti di
efficienza, evitare tagli non mirati che possono colpire i più vulnerabili).
• Dalla crisi usciremo con innovazioni nell’ingegneria sociale della stessa
importanza di quelle avviate circa 80 anni fa?
– Passi indietro nella regolamentazione dei mercati finanziari e bancari,
normativa più stringente: consenso ampio (escluso operatori)
– Passi indietro nello stato sociale, perché deve essere finanziato da debito
pubblico, non più finanziabile progressività imposte che non c’è più, ne
dalla crescita che ora langue: molte opposizioni, repentaglio coesione
sociale
LA GLOBALIZZAZIONE ASPETTI POLITICI (CHI E’ IN GRADO E COME GESTIRLA)
Situazione
• Crisi economica (accelerazione di una economia sempre più dipendente dalla finanza)
• Conflitti e guerre locali estese e sempre più drammatiche
• Comunità internazionale divisa, incerta
• Stati nazionali rivendicano riserva di sovranità, ma incapaci ad incidere sui processi globali
• Stenta ad emergere un orizzonte di cambiamento condiviso
Charles Kindleberger, studiando gli effetti della depressione del 1930: “Dieci anni persi di scontri
commerciali, disoccupazione e svalutazioni alla fine hanno condotto ad una corsa agli armamenti e a una
guerra mondiale, un paese deve essere responsabile per mantenere il mondo sicuro nel futuro. Il sistema
economico internazionale è stato reso instabile (allora anni 30) da incapacità della Gran Bretagna e dalla non
volontà degli US di assumere la responsabilità di stabilizzarlo. Quando ogni paesi si limita a proteggere gli
interessi nazionali privati, l’interesse pubblico mondiale è minato.
•
ONU ha fissato obbiettivi di sviluppo sostenibile per i prossimi anni, un quadro di riferimento globale
delle politiche di sviluppo fino al 2030, concetto di sviluppo sostenibile integra sviluppo economico,
sviluppo sociale, protezione ambientale (limiti biofisici), non possono essere considerati separate. Il ruolo
centrale nell’architettura post 2015 a chi può essere affidato
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•
Ad una istanza politica sotto l’egida dell’ONU
A un club ristretto più o meno tecnocratico: FMI, G 8, OCSE etc
La definizione dell’assetto istituzionale a cui sarà affidato il compito di monitorare l’attuazione degli
obbiettivi è per molti versi più importante della loro stessa stesura.
Una leadership confusa e priva di visione da parte ONU, favorisce i tentativi di svuotamento del
contenuto multilaterale.
• Solo grandi stati dalla dimensione continentale possono oggi godere di
una relativa autonomia nelle decisioni e pesare nel consesso mondiale.
• C’è bisogno di un livello sovranazionale di poteri pubblici
– per garantire l’efficacia di una politica sociale,
– per promuovere interventi discrezionali nella sfera produttiva e industriale,
– per il mantenimento di una spinta della domanda che permetta di avvicinarsi
all’obbiettivo del pieno impiego,
– per porre fine alla concorrenza fiscale e riconquistare sovranità in questo campo, per
promuovere regole mondiali per il capitalismo dei nostri giorni etc (Biasco Il Mulino
5/15)
LE SFIDE PERL’ITALIA INSORMONTABILI?
• Difesa livelli di benessere (dopo crisi)
– Dipende dai livelli di produttività di chi lavora e dal rapporto tra il numero delle persone che
lavorano e quelle che non lavorano: se la crescita è bassa l’incremento di produttività nel settore
esposto alla concorrenza internazionale può essere raggiunto solo con una riduzione della
relativa occupazione, quindi l’occupazione può aumentare solo se i mercati-settori protetti
dalla concorrenza internazionale sono sufficientemente dinamici.
– Quesiti fondamentali
• Saremmo in grado a uscire dalla trappola della tecnologia di fascia bassa nella quale i bassi
salari ed un livello medio di capitale umano non troppo elevato ci hanno rinchiuso?
• Saremmo in grado di ridurre le posizioni di rendita dei settori protetti dalla concorrenza
internazionale?
• Saremmo in grado di investire nel livello di istruzione, anche degli immigrati, e
nell’innovazione delle aziende?
•
Rientro dal debito pubblico
– Processo lungo: riduzione costo degli interessi, rappresentano il 5,6% del PIL, 11,5% delle
entrate correnti
– Unica strada vendere ogni anno quota di immobili?
•
Invecchiamento della popolazione
– Si riduce l’offerta di lavoro, aumenta l’impiego di fattori produttivi verso settori non
propriamente “commerciabili” sanità, non autosufficienza, pensioni
– Pensioni: intervento radicale riforma Fornero (a parte esodati) ha stabilizzato la nostra spesa
pensionistica in termini di PIL per i prossimi 20 anni (ipotesi crescita economia media 1%
anno)
– La stabilizzazione degli esborsi per pensioni rende più sostenibile l’aumento inevitabile della
spesa sanitaria e di quella per la non autosufficienza
SFIDA DELLA GLOBALIZZAZIONE:UN DECENNIO PER IL RILANCIO DELLA PRODUTTIVITA (dopo
aver perso i dieci anni precedenti)
• Obbiettivi
– Necessità di finanziare la dipendenza della popolazione che non lavora da
quella che lavora
– Conciliazione lavoro responsabilità familiari
– Sostegno mobilità occupazionale
• Politiche attive per favorire rioccupazione
• Gestione segmento mercato lavoro 55-65 anni particolarmente fragile
• Come (possibili aree di intervento)
– Universalismo dei diritti
• Selettività della fruizione gratuita
• Riforma sistema di prova dei mezzi, adeguato peso patrimonio
immobiliare e mobiliare rigorosi controlli delle dichiarazioni (ISEE)
• Riduzione evasione fiscale
– Pubblica Amministrazione in grado di gestire misure di Welfare attivo,
capacità di gestione discrezionale (efficienza, evitando opportunismi)
– Integrazione offerta pubblica e privata
• Nei paesi avanzati negli ultimi anni si è riscontrata una
tendenza alla riduzione del peso dei sistemi di welfare:
– L’Italia che non ha conosciuto l’esplosione del welfare
di 50-60 anni fa localizzata nell’Europa continentale,
deve affrontare i temi di welfare
• riallocando la spesa pubblica e non aumentandola,
• evitando di contare troppo sulle compensazioni che
possono avvenire all’interno delle famiglie,
Compensazioni che potranno arrivare fino alla tenuta dei
baby boomers: quando la ricchezza da essi accumulata
sarà consumata dalla generazione successiva, le
responsabilità dell’organizzazione sociale per le sorti dei
nostri nipoti saranno più elevate.
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