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Tifoni, uragani e cicloni
Il tifone nelle Filippine e l’alluvione in Sardegna
Il giorno 8 novembre 2013, il tifone Haiyan (nell'immagine) ha colpito le Filippine con venti che hanno raggiunto i 315
km/h al suolo e onde superiori a 5 m di altezza.
Un'immagine del tifone Haiyan sul golfo di Leyte, ripresa dall'Agenzia Meteorologica giapponese. Credits: Zuma/rex
Una potenza distruttiva che non ha precedenti tra gli eventi registrati, nonostante il paese sia frequentemente colpito da
questo tipo di calamità naturali. Moltissime persone sono state evacuate dalle loro case, ma la maggior parte degli
edifici costruiti nell'arcipelago non sono stati in grado di reggere al passaggio di perturbazioni e venti tanto forti; ciò ha
aggravato pesantemente il bilancio delle vittime, dei dispersi e dei danni causati del passaggio di Haiyan, con un lungo
blocco delle telecomunicazioni. Insomma, una furia che ha spazzato via tutto ciò che ha incontrato, come testimoniato
dalle immagini.
Un sopravvissuto tra le macerie lasciate dal passaggio del tifone Haiyan a Tacloban, una delle città più colpite.
Credits: Noel Celis/AFP Getty Images
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In media, 20 tifoni all'anno si abbattono sulle Filippine, oltre a numerosi incidenti causati dalle inondazioni, ma anche da
siccità, terremoti e scosse, occasionali eruzioni vulcaniche, che rendono questo paese uno dei più colpiti al mondo dalle
calamità naturali. Tornando in Italia, un ciclone (chiamato dai media Cleopatra) ha colpito la Sardegna il 18 novembre,
abbattendosi sulle province di Olbia e Nuoro. Nel giro di poche ore, sulla zona sono caduti 450 mm di pioggia (450 litri
per metro quadro, circa la metà della quantità annua che in Sardegna è di 1000 mm), raffiche di vento fino a 100km/h,
evento eccezionale che ha provocato l'esondazione dei fiumi presenti nella zona, con strade e case allagate, ponti
crollati e black-out elettrici.
Un'abitazione in campagna colpita dall'alluvione in Sardegna (Credits: Ciro Fusco, Ansa)
I due eventi non hanno una connessione climatica e meteorologica tra di loro, ma esistono dei punti in comune.
Innanzitutto, che differenza c'è tra tifoni, uragani e cicloni? E come si formano?
Ma sono tutti uguali? Distinguere tra tifoni, uragani e cicloni
Uragani, cicloni e tifoni appartengono allo stesso fenomeno meteorologico e vengono classificati come cicloni tropicali,
che cambiano nome a seconda della zona di origine del fenomeno stesso. Nell'Atlantico e nel Pacifico nordorientale si
parla di uragani (come ad esempio, gli uragani Sandy e Katrina) e derivano da Hurrican, il dio caraibico del male. Nel
Pacifico nordoccidentale invece ci riferiamo ai tifoni (come appunto, il tifone Haiyan), e il termine ha origine incerta, forse
derivante da una parola greca o cinese dal suono simile e che indicavano una tempesta. Mentre per gli eventi che si
originano nell'Oceano Indiano si applica l'appellativo di cicloni, a causa della forma circolare assunta dal fenomeno.
Perchè le tempeste vengano classificate come tifoni, uragani o cicloni, la velocità del vento deve essere almeno pari a
119 km/h. Oltre alla geografia, cambia anche il periodo dell'anno in cui questi eventi si possono verificare: dal 1° giugno
al 30 novembre è possibile imbattersi in un uragano atlantico; dalla metà di maggio a fine novembre e dalla fine di
giugno a fine novembre possono verificarsi eventi nel Pacifico nord-orientale e nord-occidentale, rispettivamente; mentre
la stagione dei cicloni dell'Oceano Indiano si estende da aprile a dicembre.
Come accade per i terremoti, esiste una scala utilizzata per classificare l'intensità dei cicloni tropicali, la scala di SaffirSimpson, messa a punto nel 1969 da due scienziati, Herbert Raffir e Robert Simpson. La scala è divisa in 5 categorie, da
1, livello minimo, a 5, livello di intensità disastroso, utilizzato per i fenomeni con venti che soffiano a una velocità
maggiore di 252 km/h, come Haiyan.
A differenza dei terremoti però, nel caso dei tifoni il problema non è la previsione, ma il poter reagire alla calamità.
L’arrivo di un ciclone infatti si può prevedere con circa 2-3 giorni di preavviso e una probabilità di accadimento del 9097%, mentre a 10 giorni dall'evento la stessa probabilità scende al 70%. Molto più complicato è riuscire a prevedere la
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traiettoria dei cicloni, a causa dell'influenza esercitata dai fattori locali.
Avrai notato inoltre che i cicloni hanno sempre un nome, ma chi lo sceglie e come? I nomi di persona attribuiti ai cicloni
tropicali vengono assegnati per facilitare le comunicazioni tra i meteorologi, ma anche nei riguardi del pubblico, dal
momento che sono considerati più facili da ricordare rispetto a un termine tecnico o a un numero generico. L'esperienza
dimostra che l'uso di brevi nomi distintivi agevola le comunicazioni scritte e orali e inoltre è meno soggetto a errori
rispetto ai vecchi metodi di identificazione con latitudine e longitudine. La scelta dei nomi viene operata attenendosi a
una lista ordinata alfabeticamente e precedentemente stabilita da una commissione internazionale della World
Metereological Organization; sei liste vengono utilizzate in rotazione e sono consultabili qui
(http://www.wmo.int/pages/prog/www/tcp/Storm-naming.html). L'unico caso in cui è previsto un cambiamento dei nomi
avviene per fenomeni talmente distruttivi da considerare inappropriato l'uso futuro dello stesso nome per ragioni di
sensibilità.
Come ti formo un uragano
Affinchè si creino le condizioni ambientalmente favorevoli per la formazione di questi violenti fenomeni, devono
coesistere i seguenti ingredienti: temperatura delle acque marine superiore ai 26 °C, intensa evaporazione, presenza di
un'area centrale di bassa pressione circondata da zone a pressione più elevata e venti convergenti, umidità. Queste
condizioni sono necessarie, ma non del tutto sufficienti, dato che fenomeni che presentano queste caratteristiche
favorevoli non sempre si sviluppano. Gli uragani traggono la loro energia dall'aria calda e molto umida che si trova solo
nella zona di oceano compresa nella fascia tropicale. Nel momento in cui l'aria converge e sale verso l'alto, inizia la
perturbazione, che può crescere fino a divenire uragano. Il moto di convezione tra l'aria calda e umida che sale verso
l'alto e l'aria fredda, più densa che scende verso il basso genera un vortice esteso che si prolunga in una sorta di cono,
attorniato da correnti dirette dal basso verso l'alto, in un moto a spirale che porta l'aria umida ad alta quota. Le condizioni
favorevoli per la nascita di un ciclone si riscontrano tra gli 8° e i 20° di latitudine, a una distanza di 500km dall'Equatore.
Oltre al movimento di circolazione dell'aria dall'alto verso il basso, esiste un movimento rotatorio che determina la
traiettoria del fenomeno.
Diagramma di un uragano in formazione nell'emisfero boreale. Credits: Kelvinsong (Own work) [CC-BY-3.0
(http://creativecommons.org/licenses/by/3.0)], via Wikimedia Commons
All'interno del cono, si trova l'occhio del ciclone, un'area del diametro medio di 25 km, relativamente calma e senza nubi,
a causa del moto di subsidenza (dall'altro verso il basso) dell'aria. Hai mai sentito la frase "essere nell'occhio del
ciclone"? Indica proprio il trovarsi in una posizione difficile o nel momento più convulso di una situazione. Attorno
all’occhio ruota l’intero sistema in un movimento a spirale, il cui bordo è formato da uno strato spessissimo di nuvole, un
vero e proprio muro che si estende dalla superficie oltre i 15 km di altitudine (in inglese chiamato proprio eyewall).
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Attorno all'occhio, si estende una vasta regione con un diametro medio di 500 km, in cui si scatena la tempesta vera e
propria, con raffiche di vento superiori ai 200 km, piogge molto intense e fulmini. Man mano che l'uragano si sposta e
raggiunge la terraferma, perde la sua intensità, lasciando però dietro di sè gravi danni e distruzione nelle città costiere.
Stando a quanto detto sopra e nel paragrafo precedente, il ciclone che ha colpito la Sardegna non sarebbe un vero
ciclone, bensì viene definito un TLC (Tropical Like Cyclone, ciclone simil-tropicale) che ha acquistato potenza sul Mar
Mediterraneo. Le immagini satellitari mostrano che questo tipo di perturbazione ha degli elementi comuni con i cicloni,
ovvero la presenza dell'occhio attorno al quale ruota la spirale nuvolosa, ma non raggiungono la stessa intensità e si
sviluppano ambienti più secchi, con meno presenza di umidità. Proprio per la loro origine geografica, si parla di
medicanes, dall'unione delle parole Mediterraneo e hurricanes (uragani, in inglese). Nonostante i meteorologi siano a
conoscenza dei fattori necessari perchè si sviluppi un medicane, la prevedibilità di questi eventi purtroppo è limitata,
perchè condizionata da molti processi e fattori di incertezza.
Un'immagine satellitare della perturbazione che ha colpito la Sardegna.
Credits: Servizio Meteorologico dell'Aereonautica Militare
Cambiamento climatico, dissesto idrogeologico ed eventi estremi
Eventi di questo genere fanno parte della storia meteorologica e climatica del nostro pianeta e già nel 1600 un
missionario documentava la furia e le devastazioni prodotte dai tifoni nelle Filippine. Sia Haiyan sia la tempesta in
Sardegna sono eventi rari, ma non del tutto eccezionali, dato che comunque sono avvenuti nel periodo dell'anno in cui
solitamente si verificano questi fenomeni.
Purtroppo però, ciò che gli scienziati stanno riscontrando negli ultimi anni non è tanto un aumento della loro frequenza,
ovvero quante volte si verificano durante l'anno, ma un aumento dell'intensità e della violenza con cui si abbattono
queste perturbazioni eccezionali. A essere eccezionale non è l'evento in sè, ma l'aumento del numero di questi eventi
molto violenti.
La causa di tale aumento, sia per Haiyan, sia per quanto accaduto in Sardegna, è da ricercarsi principalmente nei
cambiamenti climatici in atto. Tempeste come l'uragano Sandy dell'anno scorso, o come Katrina, non sono più eventi rari
ed eccezionali nella loro intensità, ma stanno quasi diventando la norma. Il quinto rapporto dell'IPCC
(Interngovernmental Panel on Climate Change, l'ente scientifico delle Nazioni Unite che si occupa di studiare i
cambianmenti climatici) conferma che gli eventi estremi saranno probabilmente più frequenti e più intensi.
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Ma come vengono influenzati esattamente? I climatologi sostengono che i cambiamenti climatici possono farlo in tre
modi. Innanzitutto, il riscaldamento globale causa un aumento del livello del mare, il quale a sua volta amplifica le onde
di tempesta e le alluvioni associate ai cicloni, uragani e tifoni. In secondo luogo, il riscaldamento globale aumenta il
contenuto di umidità dell'aria, causando più piogge e amplificando gli allagamenti durante gli uragani. Infine, un aumento
di temperatura dell'acqua oceanica comporta un maggiore rilascio di energia che alimenta gli uragani.
Oltre all'intensificarsi dei fenomeni, un altro fattore particolarmente importante che riguarda gli eventi estremi è il dissesto
idrogeologico delle aree in cui questi si abbattono. Il ciclone, o meglio il medicane, in Sardegna non è una novità
nell'isola, tanto che in realtà gli episodi di grande criticità si sono verificati quasi annualmente negli ultimi 15 anni. Nello
studio redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2008 “Il rischio idrogeologico in Italia”, il numero di comuni in Sardegna con
rischio idrogeologico elevato è molto alto, 306 in tutto, pari all'81% del totale. La situazione meriterebbe quindi grande
attenzione, ma purtroppo non se ne è tenuto abbastanza conto nella programmazione urbanistica e del territorio, ovvero
nella redazione dei piani in cui viene stabilito dove e come si può costruire. Le aree costiere sarde sono state
massicciamente urbanizzate, si è costruito troppo senza tenere abbastanza in considerazione le esigenze dell'area,
anche con situazioni di abusivismo edilizio, a volte condonate da piani di "risanamento". Anche se indirettamente, quindi,
gli esseri umani stanno avendo un'influenza anche su questi eventi catastrofici; è molto importante conoscere e prendere
atto di ciò che sta accadendo in modo da poter essere in grado di far fronte a queste emergenze prevedendole.
Prevenire è meglio che curare
Prevenire è meglio che curare! Quante volte abbiamo sentito questa frase per convincerci a fare qualcosa adesso, per
poterne trarre un beneficio maggiore in seguito? Anche in questo caso, il proverbio non potrebbe essere più adeguato.
Ma si possono prevedere uragani, tifoni e cicloni? E cosa possiamo fare per evitare cure amare e dispendiose? Per
quanto drammatiche e disastrose, le tempeste fanno parte della natura e non possiamo evitarle. Grazie però ai progressi
della meteorologia possiamo conoscere con qualche giorno di anticipo e poco margine di errore l'arrivo di queste
calamità naturali. Nelle aree a rischio è possibile operare una serie di interventi da realizzarsi prima e dopo l'evento, al
fine di prevenire conseguenze molto drammatiche. Gli interventi di mitigazione si dividono in due grandi categorie:
interventi strutturali, che puntano a ridurre la frequenza e la severità di un pericolo (come le azioni di manutenzione e
consolidamento degli edifici o degli argini di un fiume ad esempio), e quelli non strutturali, che invece cercano di ridurre
le conseguenze (come la predisposizione dei piani di intervento per aiutare la popolazione civile). Un esempio del
successo di questa strategia riguarda proprio un'area frequentemente colpita dai cicloni, la regione di Orissa, nel nord
est dell' India. Il 29 ottobre 1999 un super ciclone colpì l'area con venti fino a 260 km/h, piogge torrenziali e inondazioni. I
decessi e le persone ferite furono migliaia, centinaia di migliaia le case distrutte e i danni calcolati ammontarono a 4.5
miliardi di dollari. Considerando l'alto rischio cicloni dell'Orissa, davanti a un evento così disastroso e drammatico, le
autorità decisero di intervenire per evitare che danni simili potessero ripetersi. Istituirono un piano di emergenza che
riguardava interventi sia strutturali, sia non strutturali, come: la pianificazione di rotte di evacuazione, di rifugi adeguati e
delle forniture di cibo, ma anche interventi per il mantenimento delle aree rurali e un limite di 500m allo sviluppo delle
zone costiere. Il 13 Ottobre 2013 un ciclone di caratteristiche e potenza simili, il ciclone Phailin, ha messo alla prova
questo intervento, con ottimi risultati: i danni calcolati sono scesi a 696 milioni di dollari e le vittime diminuite
drasticamente.
Purtroppo, questi interventi a monte spesso sono molto costosi o non concretamente realizzabili, quindi qualsiasi azione
spesso viene rimandata ed eseguita solo quando gli eventi si sono già verificati. Secondo Legambiente, la cifra erogata
dallo Stato Italiano per la difesa del suolo è circa un terzo di quanto viene speso per le emergenze, con finanziamenti
che riguardano interventi isolati sul territorio e non opere di prevenzione più estese. Negli ultimi anni la comunità
scientifica sta studiando nuove soluzioni non strutturali a basso costo, che possono essere applicate sia nei paesi in via
di sviluppo, sia in paesi sviluppati. Una di queste sono i sistemi di Early Warning, le cui prime applicazioni hanno
restituito risultati soddisfacenti per la riduzione del rischio legato a tifoni, uragani e cicloni.
A cura di Nadia Mirabella